strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Per chi l’ha visto e per chi non c’era…

8 commenti

E così ieri la mostra di grafica giapponese ospitata dall’Accademia Albertina di Torino ha preso il via.
Conferenza stampa davanti ad una nutrita schiera di giornalisti.
Riprese televisive.
Affollatissima inaugurazione ieri sera.

Quelle che seguono sono alcune considerazioni messe insieme chiacchierando con alcuni dei partecipanti all’inaugurazione, con i congiurati che hanno reso possibile la mostra, con supporter e sponsor.
Un pork chop express alla giapponese, insomma.
Un sushi di delfino.
Trattandosi delle opinioni di uno dei curatori, andranno ovviamente prese con le dovute riserve.
ma siete grandi, ormai, saprete come valutare ciò che segue…

Punto 1 . La mostra “Dall’ukiyo-e all’illustrazione contemporanea: la grande grafica giapponese” è colossale.
OK, lo sapevamo, guardando i dati sulla carta, ritirando e disimballando i pacchi arrivati dal Giappone, discutendone fra di noi in fase di elaborazione.
Ma vedere i trecento pezzi esposti nelleloro cornici, illuminati come si deve, disposti lungo percorsi tematici tanto sottili da essere quasi subliminali…
L’impatto di trovarsi al cospetto di una tale concentrazione di talento e tecnica…
Wow!

Il che ci porta direttamente al

Punto 2 . i ragazzi dell’accademia che con il professor Raffaele Mondazzi hanno materialmente allestito la mostra, martellandosi le dita nel piantare i chiodi, rischiando la decapitazione nell’inserire le lastre di vetro nelle cornici, e sostanzialmente facendo un lavoro improbo con tempi strettissimi e intanto frequientando i corsi dell’Accademia, e poi si sono pure sciroppati il servizio d’ordine, sono gli eroi troppo poco celebrati di quest’intera avventura.
Un grazie da parte mia, e da parte di tutti i curatori ed i visitatori, è il minimo.

Il che ci porta al

Punto 3 . È stata una valanga colossale di lavoro, svolto assolutamente gratis, da parte di tutti, ed è incredibile quanto ci sia da fare per raccattare trecento opere d’arte di altissimo livello, la maggior parte provenienti dall’altro capo del mondo, appenderle alle pareti di alcune sale e farci passare davanti il popolo affinché possa meravigliarsi e trasecolare.
Davvero, detto così pare nulla, ma è un lavoro colossale.
E, dannazione, non finisce il giorno in cui si aprono i battebnti e si lascia entrare il pubblico.

Da cui, il fondamentale

Punto 4 . Il pubblico resta senza fiato, ed è giusto che sia così.
Ed è bello, e interessante, da un punto di vista strettamente antropologico, il fatto che a restare affascinati siano individui che nulla sanno di arte o cultura giapponese, che mai hanno letto un fumetto, guardato consapevolmente un cartone animato o giocato un gioco alla Playstation.
La bellezza, oggettiva, delle tavole – anche le più grottesche, anche quelle che ritraggono orrori lovecraftiani o incubi shintoisti – è tale che le considerazioni culturali, i filtri a posteriori si spengono.
E la reazione rimane … Wow!

Ed in fondo, questo ci porta quasi automaticamente al

Punto 5 . … ed è un bene che i filtri culturali non contino, poiché coloro i quali tali filtri li posseggono, e li sbandierano quasi quotidianamente, e tormentano i media con manifesti, dichiarazioni d’intenti, lettere pietistiche all’editore e rivendicazioni varie, brillano qui ed ora per la loro latitanza.
Dove sono gli otaku, i mangamaniaci, i matroska-dipendenti, i cosplayer d’assalto, quelli che ci hanno francamente triturato in polvere fine gli zebedei dibattendo per l’eternità ed oltre dei meriti culturali di Kimagure Orange Road rispetto a Maison Ikkoku, tentando invano di decidere se Mazinga sia meglio di Ken il Guerriero…?
Eppure allignano abbondanti in Torino e provincia.
Non se ne vede traccia.
Nessuna risonanza hanno dato sui loro blog e siti web all’iniziativa.
Non hanno chiesto informazioni.
Non hanno espresso opinioni – per lo meno pubblicamente.
Tra loro, probabilmente, si staranno dicendo che alla mostra non ci sono stati e non si andranno, ma che comunque se l’avessero fatta loro l’avrebbero fatta meglio.

Ed è grande a questo punto vedere invece emergere dalle cantine nelle quali si riuniscono come carbonari per parlare di zen e calligrafia, tiro con l’arco e taoismo, gli Orientalisti Torinesi, una strana accozzaglia di menti acute e curiose, che da anni se ne stanno ai margini, infischiandosene del fracasso degli otaku e del sussiego polveroso dell’Università (altra entità misteriosamente assente).
Gli Orientalisti Torinesi ci sono tutti.
Si ri-incontrano magari dopo diec’anni, e si godono la serata.
Li riconoscete facilmente – sono quelli che al buffet usano le bacchette, o che il buffet lo snobbano, continuando piuttosto a chiacchierare di Shinto di Stato e cultura post-bellica giapponese.

Ieri è stata una giornata massacrante.
Ed è stato divertentissimo.
Grazie per avermi permesso di partecipare.

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Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

8 thoughts on “Per chi l’ha visto e per chi non c’era…

  1. Bella manifestazione.
    Peccato essere così distanti.

  2. Con il pensiero c’ero. Sono contenta che tu sia soddisfatto. Cento di queste mostre 😉 (magari recuperando almeno le spese…)

  3. Ma che bel post entusiasta! Complimenti!

    A ‘sto punto non vedo l’ora di gustarmi la mostra dal vivo.

    Voi aspettatemi che arrivo!

  4. @CyberLuke
    La distanza è un’illusione… ma tu dove sei?
    Io ti immaginavo a Milano.
    Tieni presente che il 30 p.v., a quanto pare, i blogger nazionali calano sulla Mostra…

    @Maria Grazia
    Solo cento? 😀

    @Iguana Jo
    Noi stiamo aspettando.
    Questa mostra, per sua natura, è di tutti.

  5. Io domani ci faccio un salto con tanto di moglie ikebanista. In soffitta ho un pacco di narrativa giapponese, è un vero peccato vivere in un loculo. Dopo salgo sulla mole antonelliana (che c’è da ridere, non ci sono mai stato..).

  6. Verissimo il punto 2. Questa mostra e’ costata lacrime e sangue (nel senso piu’ letterale del termine). Ok, poi e’ stato lavato via dal pavimento e quindi nessuno dei visitatori se ne accorgera’…

  7. Pare davvero un gran bell’evento, mi spiace non riuscire a vederla, anche le conferenze mi incuriosiscono.

    Leggevo atamani su Repubblica della mostra sul Giappone a Milano, e mi son stupito come i due eventi sembrano vivere in compartimenti stagni, senza il minimo rimando l’uno all’altro. E’ solo impressione mia? O la situazione è davvero così “antergica” (mio conio del contrario di “sinergica”)?

  8. Si lavora molto a compartimenti stagni.
    La burocrazia costituisce un primo grande ostacolo – cose tipo attendere sei mesi e due riunioni plenarie per avere il permesso di linkare un sito istituzionale… figurati una collaborazione fra due eventi in competizione, sotto due diverse amministrazioni…

    E poi è una questione di scala – il progetto di Torino è partito in grande ma poi, per sopravvivere, ha dovuto mutare in qualcosa di radicalmente diverso.
    Credo di non sbagliare se dico che il nostro budget totale equivale a ciò che a Milano hanno speso in manifesti e locandine.

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