Continua la desertificazione del panorama accademico nazionale – e chi campava, anche degnamente coi corsi a contratto, ora si sente proporre di andare a fare il bracciante per la vendemmia a sette euro e cinquanta l’ora, e non può neppure prendere a pugni sui denti chi lo propone.
Resta il settore privato, nel quale la formazione continua ad essere richiesta e che forse in futuro riceverà più fondi della povera vecchia università.
Cosa fare?
Semplice – si delinea un programma di corso, con un bel titolo ad effetto, e lo si spedisce assieme ad un curriculum “tattico” ai potenziali promotori.
E poi si incrociano le dita.
Era un gioco che facevamo spesso, all’università, quello di immaginarci il nostro corso ideale – materia, testi di riferimento, tipo di attività proposte ai partecipanti.
Era un modo per passare il tempo, e per esorcizzare l’ipotesi di divenire creature incartapecorite ed abuliche come i nostri docenti.
Oggi quel gioco diventa una strategia evolutiva – inventarsi il corso, dargli un nome, giustificarne l’esistenza, proporre attività e testi…
E poi tutti i dettagli – numero di partecipanti, ore e loro scansione, supporti didattici…
Io per buona misura, ne ho sei in preparazione – tre connessi alle mie attività diurne, tre alle mie attività notturne.
Sulla quantità….
18 agosto 2008 alle 12:46 PM
Fo violenza a me stesso evitando scientemente di farmi irretire dalle sirene di K’n-yan (e di non commentare neppure le simpatiche bizzarrie quasi-spraguedecampeane da te anticipate nella tua review alle avventure del cpt. Isambard Smith) per suggerirti la lettura di questo elzeviretto, che sarebbe utile commentassi:
http://obelix.cisi.unito.it/turindamsreview/sezione.php?idart=451&idsezione=30
18 agosto 2008 alle 2:39 PM
Letto e commentato in un post ad hoc.