Mi è stato appena fatto notare che leggere e scrivere sono due attività che non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra.
Inutile dire che non sono daccordo.
E mi fa pertanto piacere segnalare, per coloro che potessero anche solo lontanamente pensarla come me, un bel volume di John Mullan – How Novels Work, pubblicato da Oxford nel 2006 e recentemente ristampato in paperback.
Giornalista oltre che docente di letteratura all’Università di Londra, Mullan è stato curatore di alcune recenti edizioni di Defoe, ed è considerato un’autorità sulla letteratura inglese del diciottesimo secolo.
In How Novels Work, con un linguaggio semplice e divertito, Mullan fà essenzialmente il suo lavoro – quello di insegnante di letteratura.
L’idea è quella di vedere quali siano i meccanismi del romanzo, aprire il libro per vedere gli ingranaggi, le molle, i sistemi integrati.
A partire dal titolo.
E poi via, l’epigrafe, il prologo, la prima frase del primo capitolo.
Le scelte di persona narrante, i punti di vista.
I titoli dei capitoli.
I personaggi.
I generi.
Voci, dettagli, stile.
L’importanza dei dettagli.
I trucchi del mestiere.
L’editing.
E si rimane sospesi – cos’è questo, un manuale di scrittura o un manuale di lettura?
E ci si ritrova a fareun giro guidato di quelle cose alle quali l’autore deve pensare, e sulle quali deve lavorare affinché funzionino ma non si vedano, e che il lettore apprezza senza vedere, e che solo successivamente impara a percepire e apprezzare.
Pensato e scritto per i gruppi di lettura, il manuale di Mullan è una lettura sorprendente, che scivola con tranquillità da Poe a Rushdie, da Thackeray a Byatt, da DeLillo a Mitchell.
È, di fatto, un manuale di critica letteraria.
Insieme col già menzionato Artful Sentences: Syntax as Style, di Virginia Tufte, è un testo indispensabile per chi legge, chi scrive e per chi si limita aparlarne.
A meno che non voglia dire sciocchezze.

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26 aprile 2009 alle 6:21 PM
Non credo che un testo simile verrà tradotto in italiano. Purtroppo io conosco solo un inglese scolastico.
26 aprile 2009 alle 8:36 PM
Più che tradurlo bisognerebbe adattarlo.
Lo vedo come estremamente improbabile.