Strane connessioni.
Striscio nottetempo attraverso la rete in cerca di notizie di Tarzan.
Cosa ne è stato dei romanzi di Burroughs, dei film di Johnny Weissmuller?
Ne ho già parlato – l’uomo scimmia è stato rimosso dal nostro immaginario; troppo politicamente scorretto, troppo poco vestito, pericolosamente ambientalista ma pronto a fare la lotta nel fiume col coccodrillo…
E così, incespicando su Edgar Rice Burroughs, casco e rotolo giù nel limbo dei giganti rimossi – Emilio Salgari, H. Rider-Haggard, Anthony Hope, Rafael Sabatini, W.E. Johns, Dennis Wheatley, fino a schiantarmi su quel colosso che è Talbot Mundy.
Davanti alla statua basaltica pre-atlanteana che ricorda Mundy e le sue gesta letterarie mi genufletto tre volte, e mi si scalda il cuore per la peraltro misera consolazione che un bel plico dei lavori dell’autore inglese sia reperibile attraverso le pagine del Progetto Gutenberg.
Nato William Lancaster Gribbon in quel di Londra nel 1879, il giovane che sarebbe divenuto autore di riferimento per scrittori quali Robert E. Howard, Leigh Brackett, C.L. Moore, Fritz Leiber e Michael Moorcock, fuggì di casa per cercare avventure, prima entrando a far parte della troupe di un circo (esiste qualcosa di più classico?) in Germania, e poi spostando il proprio sguardo più lontano, in Africa e in Asia.
Quindici anni dopo, avendo servito come militare nella Guerra Boera (o così diceva lui) e passato qualche tempo ai lavori forzati in Kenya per aver bracconato elefanti, si stabilì negli Stati Uniti (arrivandoci dal Sudafrica, passando per l’Australia) e prese a sfornare narrativa con lo pseudonimo di Talbot Mundy.
Sarebbe anche stato conosciuto coi nomi di Makundu Viazi, Talbot Chetwynd Miller Mundy (figlio del conte di Shrewsbury), Thomas Hartley e Walter Galt.
Resta ancora da verificare se abbia davvero servito nei servizi segreti britannici in medio ed estremo oriente.
Insomma, non un tipo noioso.
Cantore dell’epica coloniale britannica e di un mondo segreto ed eroico mai esistito, sospeso fra suggestioni teosofiche, misteri della giungla e vibrazioni proto-lovecraftiane, Mundy fu uno dei personaggi centrali nella creazione di una narrativa storico-avventurosa con elementi fantastici dalla quale discendono tutti i grandi eroi – da Conan e Solomon Kane giù giù fino a Indiana Jones.
Parallelamente, con le storie dedicate a Tros di Samotracia ambientate durante l’invasione romana della Britannia, Mundy riuscì a mescolare storia antica, spionaggio, intrigo e fantasy, in un baraccone pirotecnico che ha dentro tutto – dai druidi a Giulio Cesare, da Cleopatra ai pitti assetati di sangue – senza mai perdere una battuta.
Autore competente, ben informato e con una prosa colorita e personale, Mundy rimane ancora oggi – al suo meglio – un gran divertimento.
Per dare un’idea del tipo, ecco l’incipit di Jimgrin and Allah’s Peace (del 1936)
There is a beautiful belief that journalists may do exactly as they please, and whenever they please. Pleasure with violet eyes was in Chicago. My passport describes me as a journalist. My employer said: “Go to Jerusalem.” I went, that was in 1920.
I had been there a couple of times before the World War, when the Turks were in full control. So I knew about the bedbugs and the stench of the citadel moat; the pre-war price of camels; enough Arabic to misunderstand it when spoken fluently, and enough of the Old Testament and the Koran to guess at Arabian motives, which are important, whereas words are usually such stuff as lies are made of.
Mi vien quasi da paragonarlo ad un attacco di un brano jazz – nelle prime quattro battute, rapide e disordinate, gli strumenti cascano dentro la melodia.
Che poi parte a razzo, ironica e sincopata, nelle strofe successive.
Ci acchiappa.
Ci tira dentro.
Pulp fiction, che diamine, ma di quella vera e certificata.
E che dire di questo frammento, preso da OM: The Secret of Ahbor Valley (1924)
There used to be a cafe, in Vienna, where a man might learn enough in fifty minutes to convince him that Europe was riding carelessly to ruin; but that was before 1914 when the riders, using rein and spur at last, rode straight for it.
È una frase assolutamente “buttata via”, poiché mai più – nelle duecento e più pagine successive – sentiremo far menzione di quel particolare caffé di Vienna.
Ma quante funzioni svolge?
Data la nostra storia, ne colloca i riferimenti politici, allude ad una vasta ragnatela di informazioni nascoste agli occhi dei più, e ne certifica l’affidabilità…
Col paragrafo successivo siamo trasportati in India, e dopo un altro breve paragrafo, l’avventura comincia.
Ora lo so, me ne rendo conto, sembro un vecchio nostalgico, perduto nel ricordo di quando i libri si scrivevano a mano o a macchina, e che brontola in un angolo dicendo che “non li fanno più come una volta”.
Ma non è esattamente così.
Il passato nasconde tesori dimenticati.
Scoprire e leggere Mundy (e tutti gli altri autori che l’editoria ha consegnato all’oblio) potrebbe portare molti lettori a rivalutare le proprie attuali infatuazioni, e molte delle proprie convinzioni scolpite nella roccia su cosa sia fantastico (saghe norrene o niente, vero?), su cosa sia valido, su cosa funzioni.
Potrebbe addirittura insegnare ad alcuni autori molto popolari a scrvere meglio.
Ma credete che succederà?
Qui da noi qualcosa deve essere uscito – ma il Vegetti mi abbandona non listando nemmeno il povero Mundy.
Qualcosa nel dopoguerra?
Mascherato da romanzo mainstream, da narrativa avventurosa per ragazzi?
Chissà.

Powered by ScribeFire.
6 agosto 2009 alle 8:23 AM
Questo Tros di Samotracia, mi intriga, sono sempre alla ricerca di autori che trattino la storia “reinventata” piuttosto che il fantasy puro.
Mi suggeriresti qualche titolo in lingua originale?
6 agosto 2009 alle 8:40 AM
Sottoscrivo in toto… cialtrone, ma assolutamente geniale. Però non solo gli editori son dei norcinaj microcefali: penso pure a che razza di occasioni mancate s’è lasciato sfuggire il cinema: possibile che nessuno abbia mai pensato di produrre un film biografico su T. M.? Io, personalmente, ci avrei visto benissimo un Michael Caine, a impersonarlo…
6 agosto 2009 alle 5:23 PM
Concordo in pieno.
La biografia di Mundy (o come diavolo lo si volesse chiamare) è alla pari – se non superiore – rispetto alle sue storie.
E Michael Caine ci sarebbe stato benissimo – ora è un po’ avanti con gli anni.
Ma ci sono un sacco di buoni attori…
Per compensare, c’è un colossale volumone, una collezione di biografie e reminiscenze, pubblicato a suo tempo da Donald Grant – con la solita cura certosina e la solita tiratura da collezionisti (1400 copie, mi pare) – che include un saggio di Leiber su Tros di Samotracia.
Molto molto bello.
6 agosto 2009 alle 5:48 PM
@ursha
Il primo volume della serie si intitola Tros of Samothrace (Mundy non era uno che ci andasse molto per il sottile coi titoli).
Lo trovi da scaricare gratis sulle pagine del progetto Gutenberg australiano (diverse leggi sulla scadenza dei copyright)
http://gutenberg.net.au/plusfifty-a-m.html#mundy
Seguono Queen Cleopatra, Purple Pirate e Caesar Dies.
L’ultimo lo trovi sulle pagine del progetto Gutenberg base.
In cartaceo se ne trovano varie edizioni attraverso il solito Amazon – c’era una bella edizione in quattro volumi della Leonaur, ad esempio (gli stessi che ristampano Tarzan).
6 agosto 2009 alle 8:26 PM
Ho cominciato a leggere il volume su guthemberg.net, in effetti Mundy ha uno stile piacevole. E’ stato veramente una bella scoperta.
6 agosto 2009 alle 8:37 PM
Un altro cliente soddisfatto di strategie evolutive 😉
Dove vecchi narratori eccentrici trovano nuovi lettori.
Pingback: Il signore delle scimitarre « strategie evolutive
Pingback: Sull’ereader per l’estate « strategie evolutive
Pingback: Tros di Samotracia | strategie evolutive