strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Studiosi & Soldati

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Nellla primavera del 1999 mi trovavo a passare, nelle prime ore del pomeriggio, per Piazza Madama Cristina, a Torino, scansando i mucchi di pattume lasciati dal mercato del mattino e cercando di evitare le pozzanghere lasciate dal temporale che aveva imperversato per gran parte della mattinata.
Camminavo spedito, puntando verso Via Accademia Albertina.
L’aggressore mi arrivò addosso da sinistra e dietro, correndo.
E mentre con una spallata mi sbatteva verso una delle colonne della tettoia del mercato, con la sinistra (presumo) mi strappava via la tasca sinistra della giacca.
Rimettendomi in piedi dal mucchio di gambi di sedano e foglie di cavolo ed altra verzura marcescente che aveva attutito la mia caduta, lo vidi allontanarsi di corsa verso Corso Vittorio, stringendo ciò che aveva arraffato dalla mia tasca lacerata.Rats & Gargoyles
Una sagoma smagrita e frenetica, con in pugno una copia in paperback, edizione Roc, di Rats and Gargoyles, di Mary Gentle.

Da dieci anni mi domando se davvero l’imbecille mi aveva strappato una giacca, causato varie contusioni e rovinato un paio seminuovo di jeans, macchiati e squarciati su un ginocchio, credendo davvero che io girassi con in tasca un portafogli delle dimensioni di un tascabile di 400 pagine (eh, magari!), o se per caso non si trattasse di un misterioso bibliofilo sociopatico, un collezionista di libri rubati o, peggiore delle ipotesi, un fratello in spirito, appassionato dell’opera di Mary Gentle.
Mentre riprendevo zoppicando la mia marcia verso via Cavour, potevo solo consolarmi per il fatto di avere un’altra copia (identica a quella rubata) del medesimo libro, a casa.

Questo è un pezzo fatto a richiesta, una sorta di prestazione da piano-bar del fantastico.
Ma poi, non è così male, come idea, quella del piano-bar dell’immaginario.
E se IguanaJo mi scrive…

Invece ti chiedevo se hai voglia di approfondire il discorso su White Crow.
Io l’ho provato a leggere dopo essermi innamorato di Ash, ma l’ho mollato a metà del secondo racconto. Probabilmente il mio inglese non era (non è) all’altezza della prosa della Gentle perché ricordo di aver sputato i classici pallini per cercare di dare un senso a quanto leggevo (cosa che invece con Ash, letto sempre in lingua originale non era successa). Ora giace nel limbo dei libri che prima o poi riprenderò in mano, ma se insisti un po’ potrebbe scavalcare qualche altro volume in attesa.

… chi sono io per frappormi sulla strada della vera conoscenza?

Ho scoperto Mary Gentle attraverso Hawk in Silver, citato da Michael Moorcock nel suo saggio Wizardry and Wild Romance, il classico studio pubblicato dall’autore inglese sul linguaggio ed i temi del fantastico.
Doveva essere più o meno il 1990.
Il primo incontro con Valentine White Crow avvenne in condizioni meno che ideali, attraverso la traduzione di Rats and Gargoyles pubblicata da Fanucci, che trovai assolutamente incomprensibile.
Quella prima impressione venne spazzata via dai racconti dell’eccellente Scholars & Soldiers, e dalle risate sgangherate strappatemi sul tram da Grunts!, per cui decisi di provare a rileggere R&G, questa volta in originale.
E scoprii un altro mondo.

Letteralmente, un altro mondo.
Mary Gentle ha lungamente sostenuto che Rats & Gargoyles non è un romanzo fantasy, bensì un romanzo di fantascienza.
L’azione si svolge in una città servita da treni (a vapore?), e che occupa una porzione consistente di un intero universo; la scrittura è considerata inaffidabile ed è illegale mettere per iscritto documenti ufficiali, la cultura e gran parte della tecnologia sono di tipo tardo rinascimentale, la bussola mostra cinque punti cardinali, complanari e perpendicolari gli uni agli altri.
Già, 5 angoli da 90°.
Il governo discende direttamente da divinità immanenti, ed è amministrato da una elite di ratti giganti e antropomorfi (che molto debbono ai ratti di Lankhmar).
E la Natura non imita l’Arte (o viceversa) semplicemente perché Natura ed Arte sono la stessa cosa.
Molto semplicemente (si fa per dire) l’azione si svolge in un universo governato da regole ferree, ma non quelle della fisica newtoniana, bensì quelle dell’alchimia e della magia ermetica.
La stessa Gentle ha osservato…

It just isn’t the science you are probably used to. I was besotted with the early 17th century world view, especially that part of it called Hermetic science, which says that the world works on magical patterns and resonances, but it works predictably, scientifically.

Alla base della narrativa di Mary Gentle si trova un’arroganza che non può non rendermi simpatica l’autrice.
Si tratta dell’arroganza di sostenere che se il lettore non è abbastanza sveglio e colto per cogliere tutti i riferimenti e costruirsi così un’immagine esatta dell’ambientazione, della società, delle regole del gioco… beh, è un problema suo.
In questo senso, la Gentle si inserisce nello stesso filone di autori come Gene Wolfe o M. John Harrison, che a partire da un universo perfettamente formato e definito, narrano storie nelle quali solo accenni al background vengono forniti, il minimo indispensabile per garantire una narrativa realistica.
Il resto – che c’è, nella testa o negli appunti dell’autore – deve essere ricavato per induzione, ricomposto come un puzzle, decriptato da riferimenti obliqui e, spesso, velati d’ironia.
Se tutto ciò può risultare spossante – specie per lettori abituati ad un certo fantastico precotto con tanto di mappa, dizionario elfico e appendici esplicative – dall’altra parte lo sforzo viene premiato più che abbondantemente, ed il romanzo diventa un luogo da visitare più volte, per scoprire ogni volta un nuovo elemento, una nuova possibile interpretazione.

Se Rats & Gargoyles obbliga il lettore a un buon numero di prove di forza – sorvoliamo sul linguaggio, usato in maniera strumentale per acuire il senso di estraneità del mondo in cui ci troviamo – gli altri lavori del ciclo di White Crow sono costruiti per spiazzare ulteriormente i lettori più pigri.
Se infatti i personaggi rimangono uguali a se stessi, ed ogni nuova avventura aggiunge semplicemente sfaccettature alla loro caratterizzazione, gli universi in cui si muovono cambiano da una storia all’altra.The Architecure of Desire
The Architecture of Desire sposta l’azione in un mondo capovolto nel quale la storia della Restaurazione Britannica si svolge contrapponendo una Regina Carolina ad una Lady Protettrice Olivia; ma questo non è il Mirror Universe di Star Trek…

Part of The Architecture of Desire comes from Hobbes’ Leviathan, that wonderful attempt to answer the perennial question: how do we organise society so that we can have a social life, without organised violence making a total hash of it?

Left to HIs Own Devices si svolge invece in un mondo moderno, forse venti minuti nel futuro, e solidamente thatcheriano, per quanto gli ideali rinascimentali non risultino mai troppo lontani.
Se vi piacciono le etichette, è cyberpunk.

Valentine, Casaubon e gli altri comprimari della serie scivolano da un universo ad un altro (spesso all’interno dello stesso romanzo – ma bisogna essere veloci nel cogliere il passaggio!) in maniera non troppo diversa da Jerry Cornelius e compagni nelle storie dell’Assassino Inglese di Mike Moorcock. Si comportano come una compagnia di attori della commedia dell’arte, uguali a se stessi, familiari e prevedibili (entro certi limiti) indipendentemente dalla storia in cui sono coinvolti.

Il fatto che Mary Gentle sia estremamente ferrata in campo storico garantisce tanto la qualità dei riferimenti quanto la qualità delle alternative offerte dall’autrice.
Non senza le solite trappole per chi non si impegna…

And since it was background, I didn’t bother to mention it. It’s just more of the same thing: needing to make a story believable to me before I can write it. It didn’t occur to me that the reader would need to know it too.

La narrativa di Mary Gentle infrange tutte le buone regole:
. il linguaggio non è neutro e trasparente
. la sequenza narrativa non segue un plot lineare
. i dialoghi sono ellittici
. abbondano i riferimenti ad eventi sconosciuti al lettore, o non ancora presentati nella narrativa.

Non c’è la mappa.
Non ci sono gli elfi.
Non ci sono le foreste oscure e silenziose.
Non c’è l’oscuro signoredi turno.
Gli hobbit (in Grunts!) sono bastardi incestuosi e malevoli.
Gli dei sono sfingi – in tutti i sensi.

E non si tratta di fantasy, nonostante ciò che gli editori si ostinano a spiaccicare sulle quarte di copertina.
Invece no – il ciclo di White Crow, così come Ash (che ha messo a disagio i candidi lettori di fantasy nostrani per il suo frasario da caserma), come il ciclo degli Orthe (con la sua fantascienza terzomondista e la sua storia alternativa), come il perfido Sundial in a Grave (con il suo pastiche di Dumas e di Shogun), è fantascienza.
O se siete ancora nervosi, chiamatela narrativa d’immaginazione.
Ma gli editori proprio non ce la fanno.
E dobbiamo capirli, poverelli – non vogliono confondere i lettori, che sono (ai loro occhi, per lo meno) ancor più poverelli di loro.
Perciò, spade? Fantasy.

Ecco, Mary Gentle rispetta i propri lettori.
Ammettendo che alcuni non ce la faranno ad arrivare fino in fondo.
Ma si tratterà comunque di una loro scelta.

Addendum:
I più interessati possono trovare un paio di interviste alla Gentle qui, e qui.
Ed un articolo critico su White Crow qui.

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Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

26 thoughts on “Studiosi & Soldati

  1. Accidenti che presentazione!

    Da parte mia non posso che confermare che, per il poco che la conosco, l’idea della Gentle che m’ero fatto corrisponde grosso modo alla tua descrizione (Ash docet).
    (a me era risultata immediatamente simpatica dopo aver scoperto le sue capacità di schermitrice medievale :-))

    Temo comunque che il mio problema con With Crow non sia tanto nella complessità narrativa della storia (delle storie) della Gentle, quanto piuttosto nell’essere costretto alla lettura in lingua originale con un bagaglio di conoscenze linguistiche non all’altezza dell’inglese dell’autrice.

    Comunque un’occhiata al volume torno a dargliela, non sia mai che questo post vada sprecato! 🙂

  2. Bellissimo profilo, dovrò proprio riesumare dalle profondità ctonie della cantina il paperback di Rats and Gargoyles. Devo ammettere però che, se qualche anno fa il genere di “sfide” al lettore presentate da autori come la Gentle mi intrigavano molto, adesso sono più pigro, o stanco, e tendo ad andare sul facile. Ma mi sono appena temprato con un bel De Lillo (seppure in italiano), perciò…

  3. Concordo sulla simpatia suscitata dal fatto che la Gentle maneggi una spada come si deve – quello, ed il fatto che allevi maialoni setolosi nella campagna britannica 😛

    Le storie di White Crow sono quelle probabilmente più intricate, linguisticamente – dopo, la Gollancz deve averle imposto di darsi una regolata.
    Da appassionato di fantascienza, ti suggerirei di dare un’occhiata ai due romanzi sugli Orthe – che avendo un io narrante moderno sono linguisticamente meno assassini, e sono una eccellente alternativa a molta space opera “alla Dune”.

    C’erano una volta in rete degli articoli della Gentle (segnalati anche da una delle interviste che ho linkato), ma non paiono più reperibili.
    Peccato, perché sintetizzavano molto bene l’approccio dell’autrice al genere, ed erano una bella alternativa alle solite banalità stile “Come scrivere fantascienza e fantasy per diletto” o simili.

  4. @Quiller
    Io DeLillo lo devo prendere a piccole dosi, o mi metto a urlare.
    Il fatto è che non riesco a leggerlo senza tentare di immaginare come diavolo pianifichi e delinei i propri romanzi, e la prospettiva è sempre agghiacciante nella sua immensità.

    Per il resto, come si sarà capito, io per Rats & Gargoyles ho una sorta di venerazione (ed ho le cicatrici per dimostrarlo).
    E devo dire che l’idea di obbligare il lettore a darsi da fare mi è sempre piaciuta.

  5. I maiali, è vero! 🙂

    Beh… la Gentle è anche la tizia che dalla via che doveva fare le ricerche per i suoi romanzi s’è pure presa un paio di lauree in storia (o roba simile) lunga la strada, no?

    Un mito, ‘sta donna.

  6. C’ho anch’io un DeLillo per le mani in ‘sti giorni. Ma faccio una fatica…

    (per i curiosi è Great Jones Street)

  7. Pingback: Studiosi & Soldati « strategie evolutive

  8. Quella di iscriversi all’università per fare ricerca e documentarsi in previsione di un romanzo è un’idea geniale – specie se
    a . hai a disposizione l’università inglese (e non la nostra)
    b . hai un editore che ti appoggia e paga parte delle tasse

    Anche se la Gentle, per mantenersi mentre scriveva Ash, ha avviato una fiorente carriera come autrice di romanzi erotici…

  9. iguana jo :
    C’ho anch’io un DeLillo per le mani in ’sti giorni. Ma faccio una fatica…
    (per i curiosi è Great Jones Street)

    Nella produzione più vecchia ti consiglio anche Americana: ogni tanto ci si perde, ma ci sono ampi brani genuinamente comici

  10. Davide :
    Quella di iscriversi all’università per fare ricerca e documentarsi in previsione di un romanzo è un’idea geniale…

    Anche se nelle mani sbagliate la troppa documentazione è davvero deleteria: non so se vi è mai capitato di leggere qualcosa di Connie Willis. La signora ha studiato…e praticamente la metà del romanzo è il rigurgito del materiale di ricerca: insostenibile! E’ quel difetto che in non so quale manuale americano di scrittura creativa veniva sintetizzato con “I’ve suffered for my art”

  11. Di Connie Willis ho letto solo To say Nothing of the Dog, che ho trovato piuttosto piacevole.
    Quello dell’information overload è un rischio che si corre con autori che usano ambientazioni storiche – ma anche un paio di pilastri dela hard sf non scherzano, fra appendici e postille tecniche… 😛

    E poi, naturalmente, il buon autore di narrativa d’immaginazione dovrebbe riuscire a convincermi inventando gran parte del proprio materiale.
    Burroughs su Marte non c’era mai stato… 😉

  12. @ Quiller: non toccarmi la Willis, che per me è una delle autrici più sottovalutate (almeno qui da noi) tra le poche che frequentano i territori della fantascienza!
    Romanzi come Il fattore invisibile o racconti come… – o beh… ce ne sono decine di ottimi – sono tra le cose più divertenti degli ultimi decenni.

    (un dubbio, ma non è che ti stai confondendo con Nancy Kress?)

  13. Uno dei libri della Willis è quello, famoso o famigerato, che rispedii all’editore con gli errori e le brutture della traduzione segnati in rosso sulle prime sessanta o settanta pagine, e chiedendo un rimborso per aver acquistato merce fallata.

    E qui chiudo l’argomento, perché di essere vetrioleggiato non ne ho voglia.
    Bisogna imparare ad essere discreti, in rete 😛

  14. Sì, ricordo anch’io vagamente le polemiche sulla traduzione di quel romanzo (in altri lidi, con altri protagonisti, erano i bei tempi della lista di fantascienza).

    Però nonostante le evidenti mancanze di quella traduzione (ricordo ancora qualcosa sui pattini e l’impressione che il traduttore fosse troppo indietro per tradurre un romanzo simile), il romanzo a me ha divertito assai.
    Figuriamoci fosse stato tradotto a regola d’arte.

  15. No, IJ, Nancy Kress è nella mia lista dei buoni, malgrado il marcato USAcentrismo. Riguardo la Willis, mi erano dispiaciuti particolarmente “Il sogno di Lincoln” e “Il fattore invisibile”. Molto meglio nei racconti, in effetti.
    Trivia: ma era la Willis che Harlan Ellison aveva palpeggiato qualche Hugo fa?

  16. Questa scrittrice, ammetto, non l’avevo mai sentita nominare, ma ora ho una curiosità enorme e voglio cimentarmi con Rats 6 gargoyles. Tirare in ballo Gene Wolfe ha acuito ancora di piu’ la questione… argh, ormai posso riempire una piscina coi “da leggere”! 🙂

  17. Ma no! Tutto il tempo perso a parlare di Ash su icf è andato perso? Che delusione!

    🙂

  18. Incredibile come menzionare ICF ammazzi la conversazione, eh? 😛

  19. Iguana, mica posso ricordare tutti i thread del pianeta! 🙂

  20. Questo post mi era passato del tutto inosservato.

    Io peno di avere affrontato Ash in un momento della mia vita in cui non avevo ancora la cultura per capirlo e forse il mio giudizio risente anche del fatto che magari la versione originale non è stata resa del tutto dalla traduzione. Frose se adesso affrontassi il testo inglese magari sarei diverso.

    In buona sostanza l’ho presa più come uno studio doveroso sulle tecniche di reinvenzione della storia (ai fini della mia grande passione per Kata kumbas) e non come una vera e propria opera di diletto. Ammetto che il mio stile come master ha risentito del suo influsso, ma non ho mai trovato motivo di dover leggere altre sue opere.

    Forse infondo il fatto è che,con la nobile eccezione di Gene Wolfe (unico autore di cui abbia riletto i libri per ben quattro volte), non apprezzo minimanete gli autori che iniziano le storie in medias res lasciando che io debba poi scervellarmi in miliardi di congetture per completare ciò che resta inspiegato.

  21. Ho molti amici che hanno mollato Ash dopo qualche centinaio di pagine – e la suddivisione in quattro tomi non ha certo aiutato.
    Niente paragonato allo stillicidio a cui sono stati sottoposti i fan di Peter F. Hamilton, ma certo fare a fette un’opera che era intesa come unitaria, obbligando il lettore a lunghe attese fra una fetta e l’altra, non ne agevola la lettura.

    Invecchiando, mi accorgo che gli autori che mi spiazzano, se riescono poi a mantenere le promesse fatte, sono quelli che preferisco.
    Scarseggia casomai il tempo per rileggerli, ma non la voglia.

  22. Pingback: Bibliografia di Kata kumbas – Ash « Iho's Chronicles

  23. Bellissimo post di presentazione. Io scoprii la Gentle un paio di anni fa, quando lessi il suo nome incluso in una lista di autori science-fantasy. “Ash” mi piacque molto, lessi anche “Il tramonto degli Dei”, ovvero “Rats and Gargoyles” tradotto dalla Fanucci; mi vergogno un pò ad ammetterlo, ma a me piacque, forse sono un lettore poco attento. Comunque, prima o poi proverò a leggerlo anche in inglese, anche se temo vado oltre le mie competenze.

    Ne approfitto per segnalare, a chi è interessato, un racconto della Gentle leggibile online qui: http://www.infinityplus.co.uk/stories/roadto.htm

  24. Davide, non conoscendo il tuo indirizzo e-mail mi riallaccio a questo articolo abbastanza pertinente. Mi ritrovo 2 copie di “The lives and times of Jerry Cornelius” di Moorcock e mi chiedo se ti interessa (in regalo ovviamente) la copia di troppo. Mi puoi rispondere qui o a loacker_it@yahoo.com
    Ciao!

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