Si diceva ieri con Massimo Citi che noi leggiamo solo gli Urania che fanno schifo.
Quelli belli, ce li perdiamo tutti, sistematicamente.
Sarà perché, tanto per me quanto per Massimo, Urania è ormai un acquisto da stazione, o da capolinea dell’autobus.
Si prospetta una lunga percorrenza sui mezzi pubblici?
Allora compro un Urania, anche se magari ho già un altro libro in tasca.
È un vizio, un’abitudine, al punto che se Trenitalia e le varie compagnie di trasporti locali facessero un contratto con Mondadori, e mi rifilassero un vecchio Urania con ogni biglietto acquistato, la troverei una piacevole commodità.
Certo, ci sono dei brutti effetti collaterali – tipo questa specie di certezza statistica che, se acquistato al volo in stazione, l’Urania si rivelerà
a . una ristampa di qualcosa di già letto
b . il bellissimo terzo tomo di un romanzo ripartito in sette volumetti
c . una ciofeca inesprimibile
È subordinando la mia frequentazione di Urania alle stazioni ed alle fermate d’autobus che sono riuscito a perdermi sistematicamente i volumi 1432, 1455, 1465, 1486 ed il supplemento numero 27 al 1509.
Ed è con rammarico che me ne rendo conto ora, mentre leggo con gran piacere una copia in condizioni eccellenti di Mother Aegypt, dell’americana Kage Baker – già insegnante di lingua elisabettinana, classe 1952, forse l’autrice più vicina, per tematiche, stile e per la miscela di umorismo e compassione, al miglior Leiber d’antan.
E questo non è un complimento che io faccia alla leggera.
Della Baker avevo già letto Anvil of the World, piacevole fantasy revisionista molto intelligente, costruito sul più semplice degli inganni e molto, molto soddisfacente.
Mother Aegypt raccoglie tre racconti ambientati nello stesso universo di Anvil, più altre storie sfuse, un paio connesse a quel ciclo della Compagnia le cui uscite in Urania mi sono così colpevolmente sfuggite.
Storie complesse, ciniche e sostanziose, imperniate sui viaggi nel tempo, e su ciò che si può ottenere – in termini di potere, e guadagni – controllando il flusso degli eventi.
Grandi storie, superbamente scritte.
Ma io me le sono perse – perché in quei giorni, evidentemente, non viaggiavo in treno o in autobus.
Il che significa che dovrò rimediare – e poiché i libri di Kage Baker meritano di essere riletti, e conservati a lungo, farò in modo di raccattare le edizioni di lusso in lingua inglese.
Le si trova allo stesso prezzo di vecchi Urania usati, sono stampate su carta migliore, e permettono di apprezzare in originale la prosa misurata, controllatissima, infinitamente letteraria della scrittrice.
Se Karl Schroeder rimane la mia scommessa vincente per ciò che riguarda il futuro della hard-sf e dell’avventura spaziale, Kage Baker sembra essere la nuova promessa per ciò che riguarda i viaggi nel tempo e un certo fantasy lontano dalle tediose terre degli elfi.

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