Il piano-bar del fantastico è di nuovo aperto.
Mettete le mance nel bicchiere da brandy, parlate a bassa voce, e se volete un pezzo specifico, chiedetelo – se non ricordate il titolo, accennatemi il motivo…
Il primo pezzo in scaletta stasera è Rocketeer.
Dave Stevens è scomparso pochi anni or sono.
Era un eccellente fumettista, ed un appassionato di vecchi film, vecchi serial, e dei pulp degli anni ’30 e ’40.
Faceva parte di quella schiera di fumettisti che, agli inizi degli anni ’80, in qualche modo cercarono di sganciarsi dai fumetti di supereroi che dominavano – e probabilmente dominano ancora – il mercato americano.
Stevens lo fece con The Adventures of Rocketeer.
Il fumetto descrive le avventure di Cliff Secord, un bravo ragazzo americano tutto torta di mele e 4 Luglio – e di conseguenza un po’ scemotto per i cinici standard europei – che per una serie di giravolte criminal-spionistiche si ritrova sulla schiena uno zaino-jet che gli permette di volare come un uomo proiettile.
Come i protagonisti del vecchio serial di Commando Cody e dei Rocket Men.
Beccatevi il filmato…
Il povero Cliff si trova quindi a dover sfuggire ai servizi segreti ed alle spie naziste, mentre intanto cerca di tenere in piedi la relazione con la provocante fidanzata Betty.
Stevens co-opta un vasto campionario di americana nel comporre le proprie tavole, ed un cast di comprimari abbastanza facilmente identificabili dai lettori avveduti – personaggi presi di peso da Doc Savage, Lamont Cranston (The Shadow) in persona e addirittura Bettie Page come modello della capricciosa Betty.
Il fumetto ebbe un certo successo.
Poi, nel 1991, la Disney decise di farci un film.
Ecco, questo è probabilmente il grosso problema.
Disney che fa un film basato su un fumetto indipendente, con più di un pizzico di umorismo ribldo, con una procace protagonista femminile e con i Nazisti…
Sì, sì, vi vedo sghignazzare, là dietro – lo sappiamotutti qual’era il problema ideologico di Walt, giusto…?
Ma che volete, erano gli anni del dopo Indiana Jones, e qualsiasi avventuriero anni ’40 sarebbe stato il benvenuto a Hollywood…
A suo rischio e pericolo.
Il film del 1991 basato sul fumetto di Stevens è un buon film di serie B, fermamente dieselpunk, con una regia indifferenziata che non esita a rubare inquadrature da altri film (The Right Stuff, ad esempio) che ha nei propri attori disupporto probabilmente la carta migliore.
Alan Arkin è un’eccellente mentore per il piuttosto insipido Cliff di Billy campbell.
Terry O’Quinn è un eccellente Howard Hughes.
Jennifer Connelly è splendida come sempre, ma l’ombra della Disney le impedisce probabilmente di brillare.
Solo il cattivo di Timoty Dalton lascia un po’ perplessi – ma c’è mai stato un film nel quale Dalton non abbia destato perplessità? Forse Hot Fuzz…
Il risultato deve di più agli effetti speciali ed alle sequenze di volo che non alla rtecitazione del protagonista (che è al meglio quando indossa l’elmo d’ottone) o alla trama, che segue senza scrolloni il classicissimo script di tuttii pulp.
Forse è proprio questa fedeltà canina al formato, insieme con l’eccellenza tecnica della produzione, ad impedire a Rocketeer di essere l’orrido baraccone che è The Shadow (altro esempio di cast stellare in ruoli di secondo piano e cast sciapo a cetro scena) o l’inammissibile farsa che è The Phantom.
Ma spesso, non è semplicemente la scelta di un interprete a fare la differenza fra un capolavoro ed una memorabile ciofeca?
O forse è il fatto che la storia sia in effetti una rielaborazione anni ’80 dei cliché… mentre le altre due pellicole sono adattamenti, ehm, originali…
Di fatto, Rocketeer si lascia guardare, e se la trama mostra dei buchi e i protagonisti sono sbiaditi, le scene nelle quali lo zaino jet fa il suo lavoro rimangono esilaranti.
17 marzo 2010 alle 12:01 PM
Vai coi pezzi “a gentile richiesta”…
Ah, Rocketeer.
C’è un progetto in piedi (un progetto della serie “sé, sé, sé, promesse, promesse”) di due vecchietti – uno sono io- per mettere assieme un gruppo cosplay Rocketeer, prima o poi.
Più poi che prima, da anni.
Io dovrei fare il Gangster (ho già di mio il fedora, il thompson e le scarpe bicolori, oltre al Physique de Role), pronti o prestofatti un po’ dei personaggi minori, abbiamo aggiunto d’autorità la cantante in raso vestita, molto Hayworth/dary Lady.
Qualche problema per Betty, o meglio per qualcuna abbastanza coraggiosa da (s)vestirsi all’uopo.
Ci siamo anche messi a fare tutto un lavoro preparatorio per avere un “Von Rocketofen”, ovvero un nazi a razzo come nel filmato di propaganda: mescolando uniformi da Fallshrimjager con lo zaino razzo di Boba Fett opportunamente chiodato e dieselpunkato, panzergrau e dotato di testata da panzerfaust al posto del razzo alla RPG-7 dell’originale (un in-joke, tanto per…)
Siamo bloccati dall’altro omino che non metet mano a zaino e casco rocketeer.
Non lo faremo mai, ma è una cosa che torna nei discorsi.
A bomba: Rocketeer, quello serio.
I fumetti, a quel che ho capito, hanno avuto la storia complessa di testate aperte e chiuse, due numeri stampati da tizio e quattro da Caio, lo spleen dello stesso Steven, pasticci di copyright perché aveva – appunto- infilato dentro personaggi presi di peso da altrove e la cosa ha creato grattacapi – uno spaccato di turbolenza fumettistica anni’80.
La cosa più parata era il personaggio di Betty – dato che l’autore era amico personale della signorina Page.
Al di la di tutto, fumetti affettuosamente demodè: nel tratto, nell’ambiente, nella stessa azione dell’eroe anni’40 (tagliato con l’accetta, o poco più).
Il piacere di ripescare e giocare sulle Toasted Buns, le chiappe fritte dei zaini razzo, e di tutta una atmosfera degli anni che furono, tra fedora, impermeabili, thompson, aviazione eroica col cielo negli occhi, Hollywood di cartapesta e wierdo d’ogni tipo.
Ho ripescato qualche albo dopo aver visto il film, e la differenza, ahimè, si vede.
Il film, bhe, è Disney. Addomesticato, per famiglie.
Per carità, onesto prodotto, anzi opportunamente giocato sul filo tra la serietà e la parodia, la mascella dura e la commedia.
Ed usando, tutti, ma proprio tutti i clichè del genere: TV tropes ne fa una lista più o meno completa. 53 punti: non male.
Tutto un giochino e rigiochino, scoperto e coperto: la statua di Lindbergh rubata (Abbiamo bisogno di un casco), Hughes e la sua Spruce Goose (ma allora vola!), la stessa Disney che si autocita mettendo un cartoon “bellico” come filmato di propaganda nazista, nello stesso stile usato da loro.
Il film ha quella precisione e cura che gli americani sanno mettere in queste cose: si fa anni’40, è anni’40. Dai telefoni di Bogart alle canzoni dalla radio, dalla pettinatura della cameriera alla villa dell’attore.
Rievocazione senza pretenziosità, ma sguazzandoci dentro con soddisfazione.
La botta dura è stata perdere la discinta Betty per la slavata Jenny, il cui massimo è una breve chiaccheratina biricchina con la compagna di stanza mentre si infila le calze e si mette il rossetto (anni’40, rosso ematoma).
Che la Connelly è un bel faccino, ma fa veramente poco più che la “damsel in distress” fuorviata dal baffetto da sparviero.
Il protagonista, diciamolo, era slavato dall’origine: certo, un omino meno legnoso poteva anche servire, ma non è che lo si rimediava.
Dalton, qui, m’è dispiaciuto meno che quando ha danneggiato film come “007” – la parte del “magnificent bastard” c’era tutta.
17 marzo 2010 alle 12:46 PM
Io sono alieno al cosplay – anche perché col fiico chemi ritrovo potrei solo fare Jabba, ma conosco parecchi LARPer e lo stile anni ’30 và sempre molto forte.
Sul Rocketeer, questo è probabilmente il genere di film al quale unsequel avrebbe giovato – usare il primo film come giro di prova, e poi alzare la posta con qualcosa di un po’ più teso e roboante.
ma non era il momento giusto.
E l’idea di un remake… paura.
In linea di massima, la forte impresione è che dopo gli anni ’80, i film basati sulla narrativa pulp siano stati tutti filtrati attraverso sceneggiatori che non avevano assolutamente alcun feeling per il genere.
17 marzo 2010 alle 1:08 PM
io sono solo “cugino” dei cosplayer, in quanto sono nella Rebel Legion.
E solo all’estero, che in Italia l’ambiente è squallidino.
Il fantomatico progetto Rocketeer (e un discorso di mettere su il Buono, Il Brutto e il Cattivo – io, va da se, faccio il secondo) erano le eccezioni -teoriche- di presentarmi anche come aiuto cosplayer, per il piacere del soggetto.
Quello del feeling è un problema generale: Stevens ha fatto ‘sta cosa perché gli piaceva – indipendente per indipendente, poteva fare tutt’altro.
Lucas e Spielberg hanno stracciato tutti con Indiana Jones perché si sono divertiti come due bimbetti scemi a farlo.
Molti -troppi- altri, non fanno che tirare fuori un bignamino su un tema e uniscono i puntini. “Tutto quello che devi sapere sui Pirati” – “Hard Boiled per dummies” – “Prontuario: gli anni’40” – “come scrivere fantasy: i vampiri sbrilluccicano”.
Pronti a saltare e scrivere domani di moschettieri, o di astronauti, panettieri o spie, a seconda di quello che tira.
Brutta cosa, la prostituzione letteraria.
Un remake di Rocketeer? La Forza ci salvi.
Sarebbe da solleticare lo Zio George o Steven (inteso Spielberg, non il defunto autore) o un cultore pazzo entusiasta.
Ma la vedo dura, con l’ariaccia che tira – han comprato la MGM ed adesso la Disney possiede 007: io c’ho già paura…
17 marzo 2010 alle 2:06 PM
L’unico che potrebbe riuscirci è Joss Whedon, ma non lo fanno più avvicinare ad una macchina da presa neanche se piange cinese…
22 marzo 2010 alle 10:17 AM
Whedon! HHHHIIIIIIHIHIHIIII!
Non nominarlo: i cavalli si imbizzarriscono!
P.S.: noto che non gliene pippa un tubo a nessuno ed è finito nel dimenticatoio come un razzo (paragone pertinente).
É bello vedere che fai proprio parte di una minoranza.
22 marzo 2010 alle 10:31 AM
Credo si siano fatti spaventare da Elton John.
O da William Shatner!
22 luglio 2010 alle 4:08 PM
tanto non interessa a nessuno, ma per cronaca…
Annunciata l’uscita alla San Diego Comic Con di un hardcover Dave Stevens’ The Rocketeer: Artist’s Edition
Notisssssia inutile dal mondo dal Los Angeles Times.
23 luglio 2010 alle 9:16 AM
Eh, ad essere collezionisti di fumetti…
2 settembre 2010 alle 1:41 PM
Nel tentativo tignoso di “bumpare” questo thread (perché Io bumpo. Non va bene? Fucilatemi)
Segnalo nel backlot dei Disney’s Hollywood Studios ad Orlando, in fondo al magazzino, secondo scaffale dall’alto a destra, c’è ancora lì appoggiato lo zaino di Rocketeer e, suppongo, qualche altro tocchetto.
Lo si vede nel giro turistico che fanno fare, che passa attraverso anche il magazzino props prima di farti imbarcare su un trenino che ti porta attraverso la sartoria, il deposito rottami e un po’ di altre sciocchezze.
Sotto la pensilina del trenino c’è anche un delfino che decorava il “Seven Seas”, questo con tanto di targhetta identificativa.
É più o meno all’altezza dello Snowspeeader e dello Skiff di Jabba.
Casomai qualcuno fosse interessato a fare un remake, basta dargli una botta di lucido e via che si va…
2 settembre 2010 alle 2:54 PM
Coi rottami ci si fan delle gran cose – ho citato in passato un film intitolato The Wizard of Speed and Light.
Parte del film è girata nei backlot di Los Angeles, ed il vecchio appassionato può vedere un sacco di pezzi “storici” – dal veicolo multiruote di George Peppard in Damnation Alley all’auto a levitazione (sì, vabbé…) della serie TV Logan’s Run.
E poi, in qualche angolino del magazzino, alligna sempre la carcassa di Robbie il Robot…