strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Fiacchi & Soporiferi 1 – Ricordi

2 commenti

Intendevo “fiacchi e soporiferi”, non “mosci”, trattasi di refuso, scusami dai…
Tanto ora sui gusti musicali ci imbastisci sopra cinque post a valanga, di cui uno con diramazioni filosofiche, uno con excursus sulla genetica e i restanti tre con gallerie storiche di tuoi vari ricordi, lo sappiamo entrambi, no?

Beh, questo è il primo, ed ha a che fare con la galleria storica dei miei ricordi.
Non proprio un piano bar del fantastico, non esattamente un cat blog…

Alcuni giorni or sono, un allegro venditore di dischi e Cd mi ha chiesto 97 euro per l’edizione rimasterizzata di Famous Blue Raincoat.
Sorvoliamo sul fatto che il disco – proprio quel disco – lo si trova a una decina di euro online.
Il fatto èp che io, di Famous Blue Raincoat, ho il vinile.
Edizione canadese.

Era il 1987 ed io stavo finendo il liceo.
Possedevo un solo disco di Leonard Cohen, che però avevo sentito interpretato da altri – Joan Baez, Nancy Collins…
Joan Baez l’avevo scoperta prima, molto prima – perché aveva fatto una versione cantata di Annabelle Lee, di Edgar Allan Poe.

Io al liceo ascoltavo musica che nessun altro ascoltava.
Fatemi causa.

Era il 1987, dicevo.
Due anni prima avevo scoperto Suzanne Vega. Un’altra fan di Leonard Cohen.
Avevoscovato il disco, appena infilato sugli scaffali, da Ricordi (e così il titolo del post c’ha anche il doppiosenso… cool, eh?)
Il brano incriminato era Marlene on the Wall, che oltre ad agganciarmi facendo leva sulla passione per i vecchi film in bianco e nero, descriveva abbastanza bene una certa confusione sentimentale associata alla chiusura dell’avventura liceale.

Lasciamo perdere.
Io comunque la discografia di Sazanne Vega ce l’ho tutta.
Diciamo che, considerando che i miei compagni di liceo stavano cominciando a sbarellare per Madonna – oppure erano ribelli ed ascoltavano Vasco… ecco, diciamo che la musica che ascoltavo io veniva giudicata piuttosto fiacca e soporifera.
Ah, ad ognuno il suo, immagino.

Ma era il 1987, dicevo, e stava per finire il liceo – e non un minuto troppo presto.
Conoscevo ma non frequentavo Leonard Cohen.
Poi mi capitò di inciampare su una cantante che non conoscevo, che cantava una canzone che non conoscevo, ma che si apriva con una frase che… ah!
Quella la conoscevo bene! (o così credevo)

They sentenced me to twenty years of boredom.
Dove devo firmare?

Ora potrei buttarla sulla biologia e la genetica e far notare il cambiamento nei timbrri di voce delle tre cantanti fatte ascoltare fino a questo punto.
E legare lo shift di gradimento ad un maturamento non solo biologico.
Ma questo non è il post su musica e biologia – questo è il post su musica e ricordi autobiografici.

La cantante era Jennifer Warnes (voce splendida).
La Canzone era First We Take Manhattan, di Leonard Cohen.
Ed il disco era Famous Blue Raincoat, una collezione di canzoni e poesie di Cohen eseguite dalla Warnes con un backup di musicisti di classe.

Ed io mi sbagliavo – quella frase che credevo di conoscere, l’avrei sentita risuonare per migliaia di volte nella mia testa negli anni successivi – e soprattutto a partire dal 1992.
E solo allora avrei imparato a conoscerla bene, intimamente, a fondo.
Fino a perderci il sonno.
Ed il giorno della mia laurea, prima di salire in pedana e fare il mio numero, quella era la canzone che ascoltavo nel mio lettore mp3 (un vecchio Creative MuVo con ben 256 mega di spazio…).
Questa…

Poi naturalmente andai a Bonn, non a Berlino, per il master in Micropaleontologia Applicata, ma quella è un’altra storia.
La condanna a vent’anni di noia tuttavia era stata finalmente scontata, e potevo cercare di farmi una nuova vita, avendo pagato il mio debito.

Ed ora potrei buttarla sul filosofico e mettermi a parlare di Zen, visto che io e Leonard Cohen abbiamo se non altro quello in comune – ed il fatto che miglioriamo invecchiando, naturalmente.
Ma questo non è il post su musica e filosofia – quello verrà poi.
Questo è un post musical-autobiografico, per cui, torniamo al 1987.

Io Famous Blue Raincoat, d’importazione, edizione canadese, lo pagai diecimila lire.
Che era il prezzo di un vinile medio.
Me lo lasciaronoper poco – perché non interessava a nessuno.
Ora me lo offrono a tre volte il prezzo di un cd medio – forse di più.
Perché non interessa a nessuno, mi dice il sorridente commesso.
C’è qualcosa di molto malato, in tutto questo.
Ma poi, io di cosa mi preoccupo?
C’ho il vinile.
Ed è impigliato in un incredibile groviglio di ricordi.

Esco dal negozio, lasciando dietro di me due ragazzine che vogliono l’ultimo singolo di Lady Gaga.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

2 thoughts on “Fiacchi & Soporiferi 1 – Ricordi

  1. Mana emana ricordi anche solo accendendo il computer, è più forte di lui…
    Poi ha sta cosa che ha sì il senso dell’umorismo (io i primi tempi che lo conoscevo pensavo di no e avevo anche un po’ timore eh) ma comunque qualsiasi battuta o cosa se le segna tutte e poi ci fa i post a valanga.

    Potete farci gli esperimenti, con Mana. Nominate, chessò, una immagine dettagliata inventata, tipo “vecchio tronco di legno sulle rive del Danubio”, lui elaborerà e via un post…

    Io purtroppo su Lady Gaga ci scrivo (ma mi pagano eh, giuro, altrimenti no).

    Meno male che hai messo Stevie Ray Vaughn (visto in concerto, una sfinge con le mani veloci) altrimenti era da spararsi eh…

    🙂 (questa è una faccina, indica che lo scrivente sta scherzando e che in realtà apprezza anche altri autori proposti oltre al suddetto chitarrista).

  2. Bello vedere Stevie Ray Vaughan dal vivo, quando ancora si poteva.
    Sul mio senso dell’umorismo, è noto che non sempre il mio atteggiamento post-ironico viene letto come tale…

    E poi, credi che sia facile trovare argomenti per un blog che si chiama “strategie evolutive”?
    Mica c’è gente in giro che parla a vanvera di Brontosauri o di statistica… 😉
    Avere una scusa per fare cinque post di fila non pare vero.

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