L’altra sera ho rivisto la ragazza di Gibson.
Non che la stessi cercando.
Neanche mi ricordavo di lei a dire il vero.
Non consciamente, per lo meno.
Stavo spazzolando altri argomenti, cercando vecchie figurine Russe di fantascienza pre-rivoluzionaria e stralci di articoli dell’epoca edwardiana.
Ed è stato appunto su un giornale americano del 1909 che l’ho rivista, e l’ho riconosciuta immediatamente.
A chi paragonarla?
A Naomi Campbell?
A Paris Hilton?
A Madonna?
La Gibson Girl è stata indubbiamente la modella più popolare e ricercata, sulle riviste ed i cataloghi di mezzo mondo, per oltre vent’anni.
I suoi abiti sono stati copiati e riprodotti.
Le sue misure sono state il sogno di una generazione di uomini e la dannazione di unagenerazione di donne.
La sua pettinatura è diventata la pettinatura di un’epoca.
I suoi lineamenti e la sua espressione un ideale.
E naturalmente, la Gibson Girl non è mai esistita.
Posarono in molte, per dare alla Gibson Girl la sua figura a clessidra ed il suo carattere leggendario – Irene Langhorne, Evelyn Nesbit, Camille Clifford,
Ma la magia stava naturalmente nella mano di William Dana Gibson, disegnatore satirico ed illustratore, che distillò i tratti di quelle tre donne (avendone sposata la prima) per creare in assoluto la figura femminile più popolare ed onnipresente del periodo fra il 1889 ed il 1915.
“She was taller than the other women currently seen in the pages of magazines.. infinitely more spirited and independent, yet altogether feminine. She appeared in a stiff shirtwaist, her soft hair piled into a chignon, topped by a big plumed hat. Her flowing skirt was hiked up in back with just a hint of a bustle. She was poised and patrician. Though always well bred, there often lurked a flash of mischief in her eyes.”
Susan E. Meyer – America’s Great Illustrators
Alta, raffinata, con una cascata di riccioli scuri acconciati in quella ce si chiamava una pettinatura alla pompadour, il naso dritto, le sopracciglia sottili ma ben definite, le labbra piene appena piegate in un sorriso enigmatico, stretta in un corsetto ed avvolta da sete sontuose, la Gibson Girl era la modella ideale.
Poteva assumere qualsiasi posizione, indossare qualsiasi abito – anche abiti che esistevano solo come bozzetti.
Non si lamentava per sessioni lunghissime, non esprimeva giudizi, non richiedeva cachet vertiginosi e non avanzava pretese assurde.
Poteva presentare i nuovi capi della colelzione di pret-a-porter di un grande magazzino, ordinabili in qualsiasi angolo d’America, per posta.
Poteva interpretare il ruolo di Irene Adler o della Principessa Flavia per edizioni illustrate dei lavori di Conan Doyle o de Il Prigioniero di Zenda.
Poteva reclamizzare la Coca-Cola.
Era al centro di vignette satiriche ed era la protagonista femminile di quella che oggi chiameremmo una graphic novel – il legendario volume Mr Pipp’s Education, satira di un certo perbenismo americano nel suo scontrarsi contro la scollacciata, vecchia e decadente Europa.
Aveva gusti e personalità, la Gibson Girl, una sdegnosa superiorità verso i bellimbusti che invano ne desideravano le attenzioni.
Aveva misure fisiche (vita diciotto – quarantasette centimetri di girovita… quanto di più malsano si possa immaginare).
Praticava sport moderni e maschili quali il ciclismo e la scherma.
Su di lei si scrivevano canzoni, commedie, persino un film.
C’erano collezioni di immagini, porcellane, arredi domestici, incisioni su legno, persino una carta da parati, che ritraevano la Gibson Girl.
La sua presenza sulle copertine veniva contesa a colpi di migliaia di dollari; centinaia di migliaia di dollari, si dice, li offrì la rivista Collier’, per avere l’esclusiva – e non l’ottenne.
Venne riprodotta – per infiniti multipli.
Venne copiata e piratata.
Vennero pubblicate imitazioni fotografiche – se vi riesce di concepire l’assurdo: il tentativo di replicare il successo dell’originale immaginario con ritratti di persone realipiù o meno somiglianti.
Ne vennero fatte circolare rielaborazioni sconce e pornografiche.
Eppure, potremmo essere cinici, era soltanto un profillo ed una acconciatura.
Pochi tratti a penna.
Ma a tal punto pervasiva era la presenza della Gibson Girl, che oggi difficilmente riusciamo, quando immaginiamo una donna di quegli anni, una bellezza tardo-vittoriana o edwardiana, ad immaginare una figura diversa.
E nel 2007, un disegnatore di moda, Alexander McQueen, creò una collezione primaverile ispirata alla Gibson Girl.
Nel 2010 Dover pubblicherà una nuova collezione dei migliori disegni di Gibson.
E tutto ciò è quantomai steampunk, naturalmente (o proto-steampunk, se preferite), se consideriamo che la Gibson Girl fu di fatto la prima celebrità virtuale della storia moderna.
Informazione priva di forma fisica e materiale.
Con buonapace di Kyoko Date, piuttosto grezza (a ben guardare) prima aidoru nipponica, ragazzina virtuale creata nel 1996 per la gioia degli otaku.
Domo arigato, mister roboto… troppo poco e troppo tardi.
[questo pezzo è una anteprima del dossier dedicato allo steampunk che verrà pubblicato sul prossimo numero della rivista LN-LibriNuovi]
17 aprile 2010 alle 11:40 AM
Una settimana in giro, il blog langue. il counter non gira. Che si fa?
Si parla di gnocca…
Tzè, bloggers.
( 😛 )
17 aprile 2010 alle 1:07 PM
Capaci tutti, a criticare…
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