strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Le Variazioni Tolkien

68 commenti

Prima o poi, se bazzichi il fantastico, qualcuno te lo chiede…

tu del Signore degli Anelli cosa pensi?

A questo punto il primo trucco consiste nell’osservare attentamente la persona che ha posto la domanda.
Se indossa orecchie appuntite di gomma, un ciondolo o una spilla o un orecchino a forma di foglia, gioiellerie pseudoceltica assortita o se cinge una spada lunga un braccio o una faretra piena di frecce, l’ideale è buttarla su una risposta generica, prendere tempo ed intanto arretrare lentamente verso la porta più vicina.

Se invece la domanda ve la pone un frequentatore abituale di strategie evolutive, beh, tocca mettere il cervello al lavoro, e far partire il piano bar del fantastico, e sperare che quando arriveranno gli omini col lanciafiamme, la camicia madida di sudore per lo sforzo di gestire un simile argomento ci salvi almeno per qualche secondo dal finire carbonizzati.

A mio parere Il Signore degli Anelli

Già, sarebbe facile, così.
Il fatto è che l’investimento emotivo di moltissime persone, nei confronti di questo volume, è tale, che ogni opinione deve essere pesata con curo onde evitare vetrioleggiamenti.
Ed al contempo il successo del volume è tale, che qualsiasi giudizio diviene secondario – ci sono posti dove questo libro è più veduto della Bibbia (o del testo sacro che preferite), e quindi, cosa importa se io dico che è buono, cattivo o – come poi credo che sia – molto mediocre?

Tuttavia, un impegno è un impegno.

edizione ACE, con una copertina da normale romanzo fantasy

Ma prima, mettiamo giù qualche informazione aggiuntiva.
Ho letto Il Signore degli Anelli (titolo da qui in poi abbreviato come LotR) quattro volte – due in italiano, e due in inglese.
Più varie occasioni in cui mi sono riletto solo questo o quel passaggio.
In particolare, possiedo la copia Ballantine dei tre volumi, quella con le illustrazioni dell’autore e la notarella pietistica in cui Tolkien mi dice che sono un galantuomo perché ho acquistato i volumi dell’edizione autorizzata (Ballantine gli versava le royalties) e non quella “rubata” (Ace aveva pubblicato LotR, senza permesso sfruttando un’area grigia della legislazione sul copyright).
La mia versione in italiano è la solita Rusconi in paperback, ma moddata ad arte con copertina in pelle di pelgrano selvatico (*).
Tutto ciò – lettura, rilettura, modding, nota pietistica – circa vent’anni prima che Peter Jackson ci facesse un film.
E se siete di quelli che prima hanno visto il film e poi letto il romanzo, riderò di voi e vi scaccerò dal mio cospetto, come Crom (*)

Detto ciò…

Primo e fondamentale – credo che LotR sia un libro da leggere.
Poi può non piacere (ci arriveremo) ma è imprescindibile.
Ha una tale massa, un tale campo gravitazionale letterario, che ignorarlo è suicida, e frequentare il fantastico senza aver letto LotR è come viaggiare sulla metropolitana di Parigi con una mappa degli autobus di Praga (**).

Detto ciò, credo si tratti di un lavoro ampiamente criticabile – che è poi ciò che capiterà qui di seguito.

Il mio primo problema con LotR è, ovviamente, che non si tratta di un romanzo.
Se diamo un’occhiata alle sue lettere edalle sue interviste, l’idea di Tolkien era più o meno quella di emulare il processo mitopoietico originario, creando per così dire in vitro una autentica mitologia.
Ciò fa di LotR – e di tutti i dannati testi ad esso connessi, salvo forse Lo Hobbit – una sorta di realtà virtuale, un colossale baraccone in cui una forma narrativa estranea (quella del romanzo, che è di molto posteriore ai modelli utilizzati) vien imposta ad una gran massa di materiale sfuso, che tende a sfuggire di qua e di là, tanto che tocca riordinarlo e pubblicarlo sotto forma di (barbosissimi) volumi secondari.

Tolkien è convinto di svolgere un lavoro antropologicamente valido – e va ad accrocchiarsi sulle ricerche di quegli allegroni della Folk Lore Society, Thomas Crofton-Crocker e tutti gli altri, che vedono nella fiaba e nel racconto folklorico memorie distorte di un passato reale in cui – per dire – la razza Turanniana dominava il mondo, ma venne soppiantata dai nostri antenati indoeuropei e celti, opportunamente ammaestrati da misteriose dame bianche possibilmente arrivate da Atlantide.
E non per niente Tolkien rimane abbastanza perplesso dai disegni dei Fratelli Hildebrandt, che rappresentano gli orchetti come cosi zannuti e squamosissimi, quando lui, a dire il vero, se li era immaginati come asiatici di ceppo mongolico (in altre parole, Turaniani).

Quindi, un esperimento di antropologia applicata, in forma di narrativa.
Con brani poetici.
In elfico.
Hmmm, già suona come troppo ambizioso.

Eppure, a certi livelli funziona.
Nel suo tentativo di creare una mitologia artificiale – una sorta di versione neutra delle mitologie reali – Tolkien riesce in due istanze che decretano il successo del suo lavoro.

Primo, LotR è una realtà virtuale, è un’esperienza immersiva, è un mondo tratteggiato con una tale definizione (in senso fotografico), che non si può che restarne sopraffatti leggendolo (beh, ok, poi lo rileggete e trovate gli errori e le idiozie, ma la prima volta è uno shock) ed una volta arrivatio alla fine, se ne vuole ancora. Prima lo si rilegge, poi si leggono i (barbosissimi) volumi a corollario, poi finalmente ci si schianta su Terry Brooks ed il suo ciclo di Shannara (che è poi LotR senza le parti noiose, per un pubblico moderno).

Secondo, LotR è un sistema mitico talmente privo di contenuti, a tal punto meramente formale, che chiunque, dall’estrema destra all’estrema sinistra passando per gli Scismatici Olandesi e la Chiesa Satanica Riformata, i Verdi Arcobaleno e orde di new-agers di tutte le età ci può riconoscere il proprio messaggio, e lo ha in effetti abbracciato come testo di riferimento in un momento della loro storia.

Ed ora qui qualcuno potrebbe anche imbizzarrirsi, perché di contenuti ce ne sono eccome.
Certo, ma sono contenuti narrativi, non mitologici.
La lotta fra il Bene e il Male.
Il re in esilio.
La spada spezzata.
Il tradimento.
Il sacrificio.
Sono tutti elementi neutri, sono tutti frammenti di altre storie, senza ciò che rendeva unica e viva quella storia.

L’unico elemento narrativo e mitologico per cui LotR viene giustamednte ricordato è per il suo approccio all’Anello del Potere, e l’idea che il potere sia qualcosa da rifuggire in quanto fonte di corruzione.
Ottima idea, non originalissima, ci si sente lo zampino di C.S. Lewis, ma è ok.
Certo, nel momento in cui mi rifiuto di usare gli strumenti del Male per combattere il Male, e piuttosto tiro su un esercito di centomila uomini armati di spade affilatissime e vado a fargli il culo di persona, al Male… beh, ho come l’impressione che il mio messaggio orginario si stia un po’ annacquando.

Il messaggio centrale di LotR soffre di questa schizofrenia.
Rifiuto le armi più potenti del Male, ma non le altre… rifiuto l’anello ma non il ricorso alla violenza, rifiuto l’anello ma non il disprezzo per il nemico, rifiuto l’anello ma non l’idea di fare a gara a chi ne ammazza di più, come se fosse un fottutissimo gioco, e non una guerra.

E al contempo, sembra quasi che affrontare un nemico soverchiante rinunciando ad un vantaggio-chiave, e facendosi massacrare nel processo, sia la parte divertente di tutta l’impresa.
La parte utile.
Quella che funziona.
Quella che mi pone su un piano morale più elevato.

Ohibò – Mastro Frodo deve Andare a Piedi fino al Vulcano della Morte Tonante per buttarci l’Anello del Potere, cosa possiamo fare per aiutarlo?
Beh, potremmo restare qui a farci macellare dalle orde mongolico-panasiatiche del Signore del Male…
Grande idea, vediamo intanto chi ne accoppa di più!

E naturalmente, poiché questa è una storia con un fortissimo afflato mitico bla bla bla, il senso del sacrificio viene sottolineato dal fatto che, al netto di un dito ed un parvenù anche abbastanza burino (Boromir), a sacrificarsi sono solo i comprimari.

Tutto ciò rende LotR non solo schizofrenico, ma anche moralmente ambiguo.
Il gusto del sacrificio fine a se stesso, la retorica della morte eroica, sono cose che grattano su certe sensibilità moderne.
O per lo meno dovrebbero.
Ma dell’ambiguità morale e del linguaggio spesso farraginoso di Tolkien se ne è già occupato – ampiamente – Michael Moorcock.

Sul linguaggio, mi limito a ripetere e sottoscrivere l’osservazione di Moorcock, secondo il quale Tolkien scrive prendendo seriamente le parole, ma senza piacere(***).

Sorvoliamo le osservazioni dei pedanti sugli “errori” di Tolkien in campo oplologico.
Non è il tipo di apriscatole usato dai nani che rende questo romanzo buono o cattivo – anche se, vista la cura meticolosa nel riercare l’acentazione esatta del termine aeròn in alto elfico, un po’ di cura con la gestione dell’equipaggiamento sarebbe gradita.

Ed allo stesso modo sorvoliamo sul fatto che gli hobbit sono – dopo gli Ewoks – la cosa peggiore che sia mai capitata al fantasy: un intero popolo di grassi piccolo-borghesi ignoranti e retrogradi, egoisti e vigliacchi, avidi e superficiali, che ci vengono presentati come il sale della terra, o qualcosa del genere.
Ammettiamolo, se Sauron vuole davvero ammazzare tutti gli hobbit, allora non è completamente cattivo.

In dipartimenti più seri, Tolkien viene piuttosto accusato in genere di razzismo (abbiamo visto cosa ne pensava degli orchetti) e di misoginia (i suoi personaggi femminili sono esangui e passivi), oltreché di un certo classismo.

Certamente, l’idea che la razza determini le scelte morali è orribile – eppure non ci sono orchetti buoni, non ci sono uomini selvaggi redimibili, se non a fil di spada.
C’è addirittura una nazione di pirati, tutti cattivi.
Si rischia il ridicolo – ma intanto si flirta con l’aplogia del genocidio.

L’anti-modernismo di Tolkien arriva a vertici quasi sublimi nel momento in cui equipara la conquista e devastazione della Contea (quell’allegro posto dove qualcuno lavorava i tuoi campi mentre tu fumavi la pipa) con l’installazione di impianti pseudo-industriali – un atteggiamento che ha per controparte la forte impressione che in fondo il peggio che le Orde del Male possano fare sia calpestare le aiuole e lasciare un sacco di pattume e lattine di birra vuote in giro.

Allo stesso modo, le menate sui piaceri della vita bucolica nella contea diventano noiose dopo la sedicesima volta che ci vengono ripetute (****), e sono odiose se – come appare evidente – l’idillio campagnolo della middle class degli hobbit è garantito dal lavoro di poveracci come Sam, che non solo viene trattato di cacca, ma è pure orgoglioso di avere gli stessi diritti di un cavallo da tiro.
Potremmo anche far notare come le classi inferiori siano le uniche ad avere una vita sessuale – per lo meno fra gli Hobbit – ma non vogliamo andarci giù pesanti con Tolkien.

Eppure…

Eppure ci sono momenti in cui il totale è superiore alla somma delle sue parti.
La discesa nelle miniere di Moria, la madre di tutti i dungeon-crawl, ha un forte IMPATTO.
È claustrofobica, intensa, costellata di misteri e pericoli e trappole, e poi compare il Balgrog e zap! bang!, il vecchio stregone schiatta…
Grande.
E non dubito che ci siano altre sequenze memorabili – anche se al momento non me ne viene in mente nessuna.
Beh, no, ok, la prima parte, tra Brea e Rivendell, non è male.

Ma allora, cosa ne penso, de Il signore degli Anelli?

Penso sia un libro da leggere.
In primis perché fu, per la sua epoca, un esperimento coraggioso.
Secondariamente, perché senza LotR nel mio bagaglio culturale, non posso apprezzare tutte quelle parti, frammenti e scene che, rubati da LotR, sono finiti in una quantità di romanzi fantasy post-tolkieniani e tolkienoidi.
Senza LotR non posso capire Shannara, non posso capire perché ci siano tanti toponimi pseudoceltici nella letteratura d’immaginazione…
Poi, perché l’ombra lunga del lavoro di Tolkien grava su tutta una sottocultura fatta di libri, film, giochi di ruolo, videogiochi, corsi di elfico, cosplay, scherma medievale…
Ioltre, perché LotR è la miglior introduzione alle teorie di Joseph Campbell – dopo Guerre Stellari – e le teorie di Campbell sono qualcosa con cui si devono fare i conti se si legge o se si scrive (o se si va al cinema).
E per finire, perché posso studiare LotR per ossevare da una parte come Tolkien abbia costruito nella maniera più inefficiente ed antieconomica (ma una manna, per i suoi eredi) un intero mondo immaginario, e dall’altra quali soluzioni narrative abbia adotatto, in quali casi funzionino, in quali casi no.
E perché posso imparare che mai e poi mai dovrei avere due personaggi che si chiamano Pipino e Merry.

Detto ciò, LotR non è altissimo nella mia lista dei libri preferiti.
Ha dei gravi difetti strutturali, ideologici e formali, e fallisce, forse, per il troppo impegno.
Spesso è involontariamente comico.
Con un po’ di fortuna, si possono ignorare le falle e godersi la corsa, finché dura.
Basta saltare le parti noiose, e tutte quelle stupide poesie in elfico.

Resta forte il desiderio di leggere un romanzo fantasy ed epico nel quale il Male venga annientato con una resistenza passiva ed una assoluto rifiuto di confrontarsi.
Ma per il momento, ci accontentiamo anche di meno.

(*) … e chi capisce la citazione, in primis già sà dove andremo a parare, e poi si becca dieci punti extra.

(**) Non è naturalmente né il primo né l’unico testo imprescindibile del fantastico – io nella lista ci metterei l’Odissea, Le Mille e una Notte, lo Liaozhai Zhiyi, e tre belle collezioni spesse di Leiber, Moorcock e Bob Howard – per cominciare.

(***) Per farsi un’idea di cosa possa significare prendere le parole sul serio e con piacere, si consigliano autori come Fritz Leiber, Jack Vance, John Crowley o Barry Hughart

(****) … vale a dire attorno a pagina 30.

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Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

68 thoughts on “Le Variazioni Tolkien

  1. Grazie Davide, ora sono soddisfatto. Ho apprezzato la recensione per i suoi contenuti, ma soprattutto per l’onestà intellettuale che traspare da essa…

  2. Bell’articolo, mi aspettavo questo livello qualitativo.

    posso studiare LotR per ossevare da una parte come Tolkien abbia costruito nella maniera più inefficiente ed antieconomica un intero mondo immaginario

    Questo mi sfugge, perchè inefficiente ed antieconomica?

    Resta forte il desiderio di leggere un romanzo fantasy ed epico nel quale il Male venga annientato con una resistenza passiva ed una assoluto rifiuto di confrontarsi

    Insomma volevi Gandhi-alf 🙂

  3. Inefficiente ed antieconomica perché vent’anni di lavoro e svariate migliaia di appunti, storie supplementari e mappe sono eccessivi per un romanzo fantasy.

    Con questo non intendo dire che Tolkien abbia sbagliato, proprio perché il suo non era un romanzo.
    Ma il “modello alla Tolkien” di creazione del mondo secondario è dispendioso – in termini di tempo ed energia – ed inefficiente – in termini di ore di ricerca/lavoro per pagine scritte – se applicato alla “normale” narrativa.

    Sul Gandhi-alf, considerando che Tolkien scrisse LotR proprio nel periodo in cui Gandhi portava a compimento la propria campagna, non sarebbe stato impossibile.
    Ma Tolkien probabilmente considerava Gandhi un orchetto sdentato.

    Personalmente non so nemmeno se si possa scrivere un fantasy fondato sul confronto passivo, e non so neppure se mi interesserebbe leggerlo (forse sì).
    Però sarebbe qualcosa di nuovo.

  4. Un passaggio secondo me è errato nella tua analisi (o meglio: è giusto negli “intenti” ma non in quello che traspare realmente IMHO): il rifiuto dell’anello come male ed invece l’accettazione di tutta l’altra violenza senza problemi… OK le intenzioni di fondo erano sicuramente quelle (rifiuto del male) ma alla fine nei fatti l’anello non viene rifiutato perchè rappresenta il male, ma semplicemente perchè se ne viene soggiogati… insomma se l’anello avesse rappresentato Satana in persona ma senza effetti deleteri sull’utilizzatore, probabilmente nessuno si sarebbe fatto alcuno scrupolo

    Poi si, OK c’è il messaggio di fondo, ecc… ma del resto io l’ho letto una sola volta, DOPO aver visto il film (e via di pernacchie XD ), e non mi è neanche piaciuto… come del resto qualsiasi altro fantasy con elfi e affini che abbia mai letto (finora credo che l’unico fantasy che ho retto con piacere è Conan… ma non è certo lo stesso fantasy)

  5. Mi sorge spontanea una domanda: cosa ne pensi della saga di Shannara? Io mi sono cimentato più volte con il primo libro e ho sempre interrotto la lettura, perchè da giovane fan di Tolkien mi sembrava una brutta scopiazzatura.

    P.S. fantastici i tag “centro”, “destra” e “sinistra”, per non scontentare nessuno!

    P.P.S. Spero di non finire di nuovo nello spam

  6. Pingback: Le Variazioni Tolkien « strategie evolutive

  7. Apprezzo l’onestà intellettuale, anche se su questo campo siamo su fronti differenti, visto che vado in brodo di giuggiole ogni volta che vedo i brani poetici (originali, s’intende, mica le porcate in traduzione) vedendoci un immenso piacere per l’uso della parola e per la giocoleria linguistica, e non condivido l’idea sul “razzismo” di Tolkien, che invece a me sembra un gran pessimismo sull’umanità e sugli esseri senzienti in generale (visto che non c’è un solo popolo di quelli da lui narrati che non finisca per fare tante di quelle bastardate da augurargli l’estinzione, maledettissimi orecchie-a-punta compresi), pessimismo naturalmente emendabile solo in una visione cristiana – accettiamo il fatto compiuto, quest’uomo andava a messa tutte le mattine prima di fare colazione, era più cattolico lui del papa.

    Comunque un gran bell’articolo, non solo per il coraggio di mettersi contro orde di fan assatanati mostrandosi critico nei confronti del loro idolo. Mi hai dato di che pensare, ed è sempre cosa buona.

  8. @Engellium
    Se il rifiuto dell’anello è puramente meccanico, allora è addirittura peggio.

    @Francesco
    No, ok, le poesie sono semplicemente stucchevoli, ma magari Tolkien ci si divertiva pure. Io se cerco certe cose, mi leggo il Mabinogion.
    Ma Tolkien manca di levità nella narrativa – prova ad aprire il libro tre o quattro volte, a caso, e leggerlo ad alta voce.

    Il razzismo non deve essere confuso col fatto che ogni gruppo contenga personaggi corruttibili.
    Boromir a cui salta il controllo – ma possiamo capirlo, lui non è veramente nobile, è un discendente di maggiordomi che hanno fatto carriera, per fortuna ha il buon gusto di morire ed espiare così i suoi peccati… Boromir, dicevo, non rappresenta l’intera specie, ma solo una possibilità.
    Lo stesso vale per Grima, o per Gollum, o Galadriel… sono vittime dell’occasione, non della razza.
    Gli orchetti sono tutti monoliticamente malvagi.
    Ditto gli uomini selvatici.
    Ditto i popoli orientali e meridionali coi loro olifanti.
    Quello dalle mie parti si chiama razzismo.

    Il pessimismo verso l’umanità è vero, c’è, ma è parte del sistema – gli umani avrebbero potuto essere come gli elfi, ma hanno ceduto alle lusinghe della materia (per questo diventa così importante vedere chi sposerà Aragorn).
    Ma questa è un’idea Cattolico-friendly ma di fatto quasi-teosofica, mutuata dagli studi della Folk Lore Society…

  9. @Messer Sottile
    No spam.
    Su Shannara – ci faccio un post a partte a metà settimana.
    In prima battuta – ne ho letti solo sette o otto… le prime due serie. Il gradimento è progresivamente calato, poi ho smesso di leggerli.
    I primi sono una competente heroic fantasy (con venature fantascientifiche) che ricicla tutto il riciclabile da Tolkien.
    Ma è parte del gioco, e ci sta.

    Comunque ne parliamo ancora…

  10. Ottimo articolo Davide.All’incirca la penso come te è un libro che andrebbe letto,ha una certa importanza ma non necessariamente è il migliore libro fantasy che mi possa venire mente.Nel mio caso quando si parla di fantasy io penso subito a Bob Howard (Crom rules!) o Sprague de Camp (Harold Shea rules!).
    P.S.Conoscendo la tua passione per Leiber voglio segnalari un sito che si chiama “The warrior’s comic book den” dove è possibile leggere tra i molti titoli sotto l’etichetta Sword and sorcery i primi adattamenti a fumetti di Fafhrd e il Gray Mauser realizzate da Dennis O’Neil per la Dc.

    http://thewarriorscomicbookden.blogspot.com/search/label/Sword%20and%20Sorcery

  11. Grazie della segnalazione.

    A proposito di Sprague de Camp, proprio ora sto leggendo Goblin Tower.
    Stranissimo, ci farò un post.

  12. Potrei ritirare fuori il fatto che nel testo traspare pena per gli uomini costretti a combattere per la parte sbagliata, che gli orchi sono una mutazione etc. ma giustamente tutti hanno diritto ad un’opinione. Voltaire era una gran testa di cavolo ed uno schiavista, ma quella frase sul diritto di esprimere opinioni contrarie mi pare più che giusta.
    i testi poetici mi piacciono più che mai per questione di lingua e di orecchio. Adoro il metro allitterativo e che una poesia possa essere musicata senza dover fare i salti mortali per adattarla, ed i versi di Tolkien, noiosi che possano sembrare, sono delle gemme di metrica (sì, sono decisamente antiquato per quanto riguarda la poesia). Semmai potrei criticarli perché di seguito altri pennaioli hanno dedotto dalla loro presenza in un libro di tale successo che fosse lecito inserire versi a caso nelle loro opere riciclate…

  13. Non puntare un Voltaire carico nella mia direzione.
    Tutti hanno il diritto di esprimere opinioni informate.
    Le opinioni a capocchia non godono di alcuna franchigia.

    E la pena, purtroppo, non esclude il razzismo.
    Posso compatire quei poveracci inferiori fin che mi pare – e sentirmici anche piuttosto bene.
    White man’s burden e tutto quel genere di cose.

    Ma non litighiamo per colpa di Tolkien.

  14. Appunto. Per quanto, una volta tanto, avere opinioni divergenti può essere stimolante.
    Peraltro anche come gusti musicali non siamo sempre esattamente sulla stessa lunghezza d’onda, ma penso che su questo influisca anche la differenza d’età e di contesto.

  15. Sai che quando dici “…che è poi LotR senza le parti noiose, per un pubblico moderno” io ho pensato subito a Peter Jackson?
    (occhio, che a me i film son piaciuti parecchio!)

    Detto questo io ho un ottimo ricordo di LofR, l’ho letto un paio di volte, la prima a 15 anni la seconda un dieci anni dopo. Ne ho un ottimo ricordo nonostante possa sottoscrivere ogni parola di quel che hai scritto sopra.

    Il fatto è che all’epoca non avevo mai letto nulla di così incredibilmente avvolgente e complesso (realtà virtuale. Absolutely!) e tutto il resto (razzismo, classismo, ideologia, sono passati inavvertiti e inascoltati, probabilmente perché legati non alla realtà presente, ma al passato mitico – e incivile, e per certi versi davvero semplice – di cui narrava Tolkien).
    Del resto tutti quei difetti li potevo trovare in praticamente tutte le mie letture “infantili”, da Verne fino a Salgari (anche se effettivamente Tolkien ci va giù pesante. Ma oh, lui era inglese…)

  16. @IguanaJo
    Ciò che dici in fondo conferma ciò che ho detto – la forza del libro sa nella sua capacità di sopraffazione del lettore.
    E uso sopraffazione senza connotazioni negative.

    Su Salgari e Verne (e Burroughs, e Howard…) posso anche concordare.
    Tuttavia, nessuno ha mai organizzato i “Campi Sandokan”, nessuno ha usato Ventimila Leghe come testo di riferimento ideologico…
    Beh, ok, i boy scout hanno usato Il Libro della Giungla come base ideologica…
    Insomma, sono moltissimi gli autori che pur condividendo (in parte o in toto) i difetti di Tolkien, e spesso scrivendo cose più interessanti, non sono straripati dalla narrativa in maniera così prepotente.

    Sul fatto che Tolkien fosse inglese… dovremo farcene una ragione 😀

  17. Ecco, ora vorrei sapere cosa pensi di Eddison…

  18. Sul discorso ideologico andrebbero spese un paio di parole. Anzi, parecchie di più. Le spendo? Ma sì.
    Il povero Tolkien, che essendo inglese con la politica italian nulla aveva a che fare, è stato strumentalizzato a sproposito dalla destra italiana – e solo da quella italiana – perché è stato pubblicato da Astrolabio e poi da Rusconi, e da questo la sinistra dell’epoca (1967) ha dedotto che fosse un testo destrorso, o peggio, qualunquista, e se n’è lavata le mani. Del resto non c’era la lotta di classe, c’era la figura di un re, tutte cose che facevano storcere il naso a persone capaci di giudicare l’orientamento politico di un lettore anche dalla posizione in cui si sedeva per leggere. Di conseguenza la destra di Rauti e soci ha preso come una manna dal Cielo questo libro disprezzato dalla parte avversa, e acriticamente l’ha fatto suo, aiutata anche da De Turris, che per quanto importante come studioso è indubbiamente ideologizzato, da Paron che cercava un appiglio qualsiasi per dare una spinta al suo sogno di una “Società Evoliana” senza dover arrivare a fondare prima un club di Superman per attirare soci (il suo insuccesso è riscontrabile ad ogni manifestazione della Società Tolkieniana, guardando il bancone dei libri dove i testi di Evola ingialliscono e prendono polvere ogni anno di più), e da Zolla che nello scrivere la prefazione doveva essersi fumato l’impossibile, visto che cita a più riprese brani che nel libro nemmeno ci sono – oltre a narrare a modo suo la trama. Sul fatto che in realtà il testo contraddica in un sacco di punti la visione della destra italiana – e non solo quella – è stato anche pubblicato tempo fa un libro, “l’Anello che non tiene”.
    Insomma, almeno a mio giudizio la destra italiana si è detta ispirata a Tolkien – in modo acritico ed assai fallace – solo perché i loro intellettuali non volevano ammettere di essersi invece ispirati al ciclo di James Allison di Bob Howard, che per quanto bravo non aveva dalla sua una carica di Professore Universitario da sventolare sotto il naso degli scettici. Basti guardare il modo diametralmente opposto in cui i due autori trattano un tema come Beowulf, o la lotta dell’eroe col mostro. Quello che per Howard è eroico e possente, per Tolkien è da scriteriati imbottiti di testosterone.

  19. Grazie per il chiarimento di qualche commento fa.
    Effettivamente spendere tutti quegli anni in un romanzo diventa accettabile, come giustamente sottolinei, solo se il romanzo in questione in pratica è stato un incidente di percorso.
    Sul fantasy non-violento: non saprei se effettivamente potrebbe funzionare, penso che sia una tematica un pò estranea a questo tipo di ambientazioni. Ci vedrei meglio un’ucronia o un certo tipo di fantascienza sociale.

    Premetto di essere uno dei tolkieniani di vecchia data, avevo letto due o tre volte ogni sua opera maggiore ben prima che si parlasse di film. Non sono un fanatico però, lungi da me farne una religione, e ho apprezzato molto anche la versione cinematografica.
    Nonchè quella di Leo Ortolani, Sedobren Gocce docet.

    Sulla scelta di non usare l’anello ma di ricorrere senza troppi problemi all’utilizzo della violenza “tradizionale” bisogna tenere conto che dopo che a Sauron venne distrutto il corpo fisico, la sua persona è diventata in parte un occhio su una torre (un Big Ben malvagio senza lancette!) ed in parte anello.
    L’anello dunque non è proprio uno strumento del nemico, è il nemico esso stesso, con una volontà propria. Fra l’altro questo è pure il motivo per il quale distruggendolo sconfiggi automaticamente anche Sauron e vinci l’orsacchiotto.
    Il non utilizzarlo a mio avviso è stata una scelta più pratica che ideologica.

    Io poi considero quanto narrato come il particolare punto di vista di alcune delle fazioni in guerra, con qualche connotazione propagandistica.
    Il concetto che elfi, gondoriani e tutti i loro amici sono tutti buoni, e chiunque gli si pari contro irrimediabilmente sia malvagio, sinceramente si regge in piedi solo se si considera che si tratta di una storia scritta da chi ha vinto.
    Non è un processo molto diverso da quanto avveniva nelle descrizioni dei popoli germanici, i barbari, da parte degli autori latini e greci, oppure dei resoconti dei delegati dell’Impero romano-germanico alla corte di Costantinopoli, che dipingevano i bizantini in maniera altrettanto negativa.

    Gli orchi sono tutti cattivi, ma li si può considerare in buona parte dei fanatici a cui è stato fatto il lavaggio del cervello, che, complica anche la bassissima alfabetizzazione, sono capaci di vedere solamente quello che viene loro mostrato e non sanno formarsi opinioni informate e consapevoli. Viene detto loro di massacrare chiunque abbia le orecchie a punta (fortunatamente Spock non era nei pareggi) e loro lo fanno senza porsi troppi problemi.
    Tanto più che originariamente erano elfi pure loro, fatti furono a viver come bruti senza seguir virtute e canoscenza: da ciò scaturisce anche il profondo odio tra elfi ed orchi, i primi perchè forse sotto sotto vedono come il male potrebbe trasformarli, i secondi perchè sono invidiosi dei cugini.
    Poi probabilmente sono giustificazioni artefatte, ma perlomeno Tolkien si è preso il disturbo di spiegare come mai fra queste razze intercorrano questi rapporti.
    E per restare in tema Elfi, va ricordato che la lor altezzosità li rende odiosi pure a quelli che dovrebbero essere loro alleati: hanno litigato con tutti tranne che con gli hobbit, probabilmente perchè di questi ultimi hanno sentito parlare troppo tardi.
    Altri autori a lui seguiti hanno solo preso a prestito connotazioni di questo tipo senza darne una giustificazione all’interno del loro mondo.

    Ma il discorso propagandistico esce in maniera molto più forte nei rapporti fra Gondor ed i suoi nemici politici, ovvero i Corsari, i Numenoreani Neri, gli Haradrim, gli Esterling (questi ispirati apertamente alle popolazioni mongoliche).
    Qui è ovvio che questi avversari sono considerati cattivi solo in quanto nemici di Gondor, perchè ad esempio i Numenoreani Neri erano Gondoriani scacciati dal regno per motivi politici (mi vengono sempre in mente le contese fra guelfi e ghibellini dell’Italia comunale), e trovandosi a dover prendere parte ad una guerra, si sono schierati in maniera abbastanza naturale contro i loro nemici storici.
    A questo punto la retorica politica gondoriana ha avuto vita facile: se ti schieri con Sauron sei per froza malvagio, e io come tale ti presento ai miei alleati. Alleati che guarda caso sono Elfi, e non vedono l’ora di scontrarsi contro una razza inferiore secondo il loro punto di vista.

    Insomma, il sunto è che io vedo la questione come il frutto della retorica di una delle parti, che lascia poco spazio alle motivazioni ed alla visione delle cose della parte che è stata sconfitta.
    Sarebbe stato interessante leggere anche qualche punto di vista contrario, ma non penso che Tolkien avesse molta simpatia per questo genere di cose.

  20. Interessante valutazione. Tutti questi aspetti a me sono sfuggiti. Ho letto il libro nel ’95, anni prima avevo letto La spada di Shannara. Entrambi mi piacquero, anche se per ora non vedo questa scopiazzatura del secondo sul primo 🙂

    Ma è passato tanto tempo e non ricordo bene tutto. In futuro rileggerò i due libri, prima Tolkien e poi l’altro, per vedere se mi balzano agli occhi le pecche che hai trovato e la scopiazzatura 🙂

  21. Wow!
    Grazie a tuti per gli eccellenti commenti – grazie.
    Incredibile quanto di buono si possa cavare dal parlare del Signore degli Anelli 😉

    @Jonnie
    Mi annoto Eddison – che era effettivamente citato nel mio post, ma poi ho deciso di tagliarlo perché sennò ci allargavamo in troppe direzioni.

    @Francesco
    Sottoscrivo in toto.
    E mi pareva, che Zolla si fosse invenato un po’ di citazioni… ma d’altra parte, ha probabilmente scritto la prefazione senza aver letto il libro.

    E poi, insomma, in questo paese, da Topolino in su, hanno politicizzato qualsiasi cosa… che tristezza.

    Però Tolkien un tantinello reazionario lo era, eh…

    @Sekhemty
    Sì, sì, certo… non sono razze inferiori, sono compagni che hanno sbagliato… 😛

    Diciamo che l’approccio dell’autore non è esattamente pluralista.
    E se vai a leggere certi passaggi, non è che sia neanche tanto delicato, con certi gruppi.

  22. Una critica ben dettagliata e motivata: complimenti.. Ecco alcune mie osservazioni puramente personali (io difendo tolkien e il libro, non esente da difetti, risulta uno dei miei favoriti):

    1) lo spreco di tempo fatto da T. per creare l’ambientazione e le lingue, era come sappiamo il suo intento principale.. poi un editore gli ha pubblicato lo Hobbit e allora T. ha messo insieme gli sforzi e ne ha tratto narrativa.. ma sappiamo che il suo piacere più grande (e anche quello di molti lettori) è esplorare la terra di Mezzo che ruota attorno al romanzo.
    2) i paragoni fatti con Howard, Brooks, Moorcock e Lieber sono secondo me impietosi.. la scrittura di Tolkien, nonostante sia oggi considerata da alcuni “ormai datata” è molto più convincente di quella di tutti i piccoli-grandi che gli stanno attorno, prima e dopo. ok, questa è opinione.
    3) nel SdA Tolkien voleva emulare le grandi saghe nordiche e riscriverle “come avrebbero dovuto essere”.. lo fa anche con la storia di Hurin, quella di Beren e Luthien, Earendil e così via.. lui vuole prendere tutti i topos, i nomi, i personaggi del passato letterario d’inghilterra (che conosceva piu di chiunque altro) e riscriverli. “E perchè io me li devo leggere?” potrebbe essere la domanda.. ma se si è disposti a leggere il Mabinogion o altre cose così datate.. rileggerseli “scritti bene” non può che essere divertente..
    4) il pippone sugli hobbit: bè, era come si sentiva lui e l’inghilterra rurale tonta che amava.. che gli possiamo dire? ricordiamo anche che con una visione “inner” il SdA è scritto da Frodo, quindi potremmo reinterpretare tutto alla luce della sua ottica di io narrante 😉
    5) scrittura moderna? no, ma oggi chi salviamo? se facciamo gli iper-modernisti chi rimane tra i big, tolti tutti i difetti di scrittura? George Martin? un conteggio un pò misero..
    6) i film: i film sono fighi, meglio il libro o il film? bò.. il film è moderno dove il libro non lo è, giusto? alla fine stiamo parlando sempre e indubitabilmente della più colossale opera fantasy (per crediti e diffusione, se non per mole) della storia della letteratura..

    scusate se vi ho annoiato

  23. @maurolongo
    Nessuna noia.
    Il punto uno è ormai accertato – Sekhemty l’ha detto meglio di quanto lo abbia detto io: la narrativa di Tolkien è un effetto collaterale di un lavoro molto più ampio, che al limite mi piace e mi interessa molto di più.
    Sul paragone impietoso al punto 2 – ti lascio 1800 pagine di Tolkien per 150 pagine di Leiber qualsiasi giorno della settimana, ma questa è una questione di gusti.
    Il punto tre mi terrorizza perché giustifica brutture come l’Iliade riscritta da Baricco “come si deve” – “senza tutte quelle menate di dei e portenti che sono palesemente impossibili” 😉
    Il punto 4 è un po’ come dire che non è vero che Arthur Conan Doyle fosse misogino, era il dottor Watson che era un idiota… è un gioco che possiamo fare con mio grande piacere, ma definiamone con precisione le regole.
    Il punto cinque – il fatto che ci siano scarsi autori moderni validi (discutiamone – io credo che Crowley si fumi Tolkien ogni giorno della settimana) non toglie che lo stile di Tolkien sia datato. Poi può piacere o meno – chi sono io per censurare il modo in cui il mio prossimo si diverte? 😉

  24. Non oso pensare a come tu giudichi Robert Jordan e il suo monumentale ciclo della Ruota del Tempo (WoT), secondo me l’unica alternativa al fantasy di Tolkien. Un po’ lunghina, ma interessante.

    E mi dispiace che nessuno si sia ricordato la bellissima riduzione del Signore degli Anelli animata da Bakshi una trentina di anni fa 😦

    Barney

  25. Io il film di Bakshi lo vidi al cinema 😀
    Ed ho qui da qualche parte il doppio vinile della colonna sonora.
    Il che mi data parecchio, credo.

    Jordan, mi spiace, non ce l’ho fatta a finire il primo libro.
    Proprio non ce l’ho fatta.
    Non so perché.

  26. ehi, grazie della pronta risposta..
    per quello che riguarda crowley, devo dire che lo conosco poco provo a leggere qualcosa.. la mia unica esperienza fu la Città dell’Estate ma non sono andato oltre qualche pagina..

  27. @maurolongo

    2)Immagino conoscerai il detto inglese sulle opinioni 🙂
    Sto leggendo “Strange Wonders” una collezione di pezzi rari e abbozzi mai pubblicati di Fritz Leiber.
    In frammenti di 2-3 pagine magari neache rivisti trovo frasi e paragrafi da ricopiare sul quaderno. Ci sono sicuramente, come espresso da Davide, Iguana e altri, molti motivi di fascino nel Signore degli Anelli. L’esaltazione della qualità della scrittura però la può fare solo un fan.

    3) Il Signore degli Anelli è sicuramente più accessibile di Beowulf o Edda in versione originale.
    In questo senso si può intendere rileggerseli “scritti bene” – in altri mi sembra azzardato.
    Al di là di discorsi stilistici, però, quello che hanno in più gli originali è la tensione soggiacente fra visione pagana e visione cristiana, che li rende meno schematici e prevedibili, meno facilmente riconducibili ad una formula univoca.
    Il Beowulf, L’Edda, il Nibelungenlied, il Mabinogion, Sir Gawain and the Green Knight hanno ispirato opere affascinanti, spesso in rapporto dialettico cogli originali. Il Signore degli Anelli ha codificato tropi e generato cloni.

    4) Di cose spiacevoli ne trovo in tantissimi autori, per cui tutto sommato il conservatorismo più o meno consapevole di Tolkien non mi disturba molto.

    5) Di scrittori ce ne sarebbero parecchi.
    Il problema magari è che non scrivono high-fantasy pseudomedievale, che – sbaglierò – non ha più molto da dire, se mai ne ha avuto, ma sembra essere l’unico sottogenere conosciuto (anche dai fan) ed è quello che continua a dominare commercialmente.

    @Barney

    Ahem… E’ notizia fresca che la serie di posts di Adam Roberts sulla WoT
    http://punkadiddle.blogspot.com/2010/06/robert-jordan-wheel-of-time-1990-2005.html

    è stata candidata ai British Science Fiction Award per la sezione nonfiction. A leggerla è divertente, ma immagino che se sei un fan potresti rimanerci male o minacciarlo di morte come tutti quegli altri 🙂

    Io l’ho visto il cartone animato del Signore degli Anelli, più o meno trent’anni fa, alle elementari, era quello?

  28. @marco.. quando trovo una bella discussione come questa, trovo più piacere a sentire chi la pensa diverso da me che chi mi da ragione.. per la storia delle opinioni, adotto la versione di clint eastwood 😉
    l’unica cosa che mi sento di aggiungere è che ho letto TUTTO il ciclo del campione eterno di moorcock e tutta la serie Fafhrd-Grey Mouser (compresa quella cosa del tedesco sul drago a due teste) di lieber e oddio, non mi ha fatto impazzire (e ci andavo a cercarmeli con la sete di fantasy che non mi si spegne mai, non è che partissi prevenuto).. in quanto a Terry Brooks, per farmi del male continuo a comprare le cose di Shannara man mano che escono in italiano, ma giuro che non si possono leggere.. banalità, inforigurgiti, spiegoni, scioudontell e tutti i difetti di genere possibili e immaginabili..
    un salutone

  29. No, per favore, Bakshi no. Chiunque non sopporti Tolkien guardando il cartone animato potrebbe detestarlo ancora di più. Se Peter jackson si è preso molte libertà, il cartone non se le è prese proprio quando sarebbe stato il caso, per di più tagliando e travisando elementi chiave per capire la trama, appiattendo i personaggi come fogli di cartavelina (per chi pensa che già fossero sagome di cartone, direi che con Bakshi sono stati pure pressati), smorzando i toni quando invece andavano tenuti alti, infilando sfondi psichedelici a caso, orchi modello trogloditi, cavalieri stile He-Man, elfi ancor più checche del previsto, scene incomprensibili con una colonna sonora insensata, il balrog farfalla, Treebeard uscito da una scatola di cereali Kellog’s, un Aragorn orrido (non stupisce che manchi un’Arwen) ed un Gandalf ossesso, per non parlare di Boromir il vichingo da operetta e di Alvaro Vitali detto Sam (senza voler mancare di rispetto al sig. Vitali). Anche se non ci sono tutti i voli pindarici e le invezioni di Jackson, facendo un analogia, direi che la trilogia cinematografica recente è un dipinto ispirato a Tolkien, il cartone una fotocopia col toner quasi finito della fototessera stropicciata. Di uno che gli somiglia vagamente.

  30. (*) Devo dire che alla prima, sul pelgrano, ho tentennato.
    Poi quando ho letto “Crom” mi s’è illuminato un bel sorriso in mezzo al faccione ebete.
    La risposta a tutto quanto di soprannaturale si possa manifestare, o anche solo di razionale. A tutto quello che non può essere semplicemente risolto con un colpo di spada.
    Anche all’incomprensibile tabellina del sette.
    Espressione idiota, sguardo al cielo e quell’esclamazione: “Crom!”

    😉

  31. Io preferisco Bakshi a Jackson. Almeno ha qualche buona idea e una o due scene che vale la pena di vedere. Il Rotoscopio poi rulla di brutto. Il fOsso di Helm fa DAVVERO paura. Jacson invece sembra che abbia finito soldi ed energie a metà del primo film: il secondo stenta ed il terzo è inguardabile, con le scenografie di cartone da peplum che fanno tanto tristezza.

  32. @marolongo
    Quella cosa del tedesco sul drago a due teste o è Scylla’s Daughter, e quindi tu possiedi una copia originale di Fantastic del 1961, o è Le Spade di Lankhmar (che include Scylla’s daughter).
    E ti lascio l’opera intera di Tolkien per Le Spade di Lankhmar.
    Diavolo, ti lascio tutta l’opera di tolkien per Ill Met in Lankhmar. 😀
    E poiché non ho voglia di scrivere (altre) 70 pagine su Leiber, mi limito a dire – prova a leggerli ad alta voce.

    E credo che molto, davvero molto, dipenda dalle aspettative con cui ci si avvicina al testo.
    Se affronti Leiber (o Moorcock!) cercando ciò che hai trovato in Tolkien, sei destinato alla delusione.
    Ma non è colpa né di Moorcock, né di Leiber.
    Casomai di Tolkien… 😉

  33. @Ale-
    Sì, ok… ma il pelgrano, da dove viene?
    Vogliamo un titolo… o un autore …
    O magari un disegno… 😀

  34. Beh, Bakshi aveva davvero finito soldi ed energie. Il rotoscopio è l’unica cosa che aveva, e ci si è bellamente adagiato. Per la cronaca, quella tecnica che sembrava tanto rivoluzionaria l’aveva usata Walt Disney in Biancaneve, e pure meglio.
    e visto che si parla del fosso di Helm, in Bakshi non ci si capisce un tubo, anche per colpa di una colonna sonora buttata lì a caso. Chi vince? Chi perde? Senza il narratore a dircelo, vai a sapere. Narratore che, oltretutto, fin dall’inizio rompe le scatole raccontando fregnacce e propinando inforigurgiti e spoiler a destra e a manca. Sì, proprio nella sequenza a ombre cinesi.
    Peraltro, i fondali di cartapesta da peplum io non li ho visti negli ultimi film. Né sembra che li abbiano visti i membri dell’Academy Awards, ma mi fido di più dei miei occhi.

  35. Il rotoscoping lo aveva inventato Max Fleischer nel ’15.
    Niente di nuovo.

    Onestamente degli adattamenti cinematografici non ne ho trattato nel post e non intendo trattarne nei commenti.
    Il film di Bakshi è un prodotto della sua epoca esattamente quanto il film di Peter Jackson.
    E se di Bakshi preferisco Fire & Ice, di Jackson preferisco Forgotten Silver.

  36. @Sekhemty
    Sì, sì, certo… non sono razze inferiori, sono compagni che hanno sbagliato… 😛

    Diciamo che l’approccio dell’autore non è esattamente pluralista.
    E se vai a leggere certi passaggi, non è che sia neanche tanto delicato, con certi gruppi.

    Aspetta, aspetta, c’è una cosa che mi preme chiarire.
    È ovvio che Tolkien abbia scritto con l’intento di mostrare anche molto chiaramente che da una parte ci stavano i buoni e dall’altra i cattivi, con pochissime eccezioni a questa regola generale. È una cosa che chiunque lo abbia letto deve necessariamente riconoscere.

    Quello che volevo dire, e che forse non sono riuscito ad esprimere adeguatamente, è che quando leggo Tolkien lo faccio con due diversi approcci.

    Il primo naturalmente è prendere per buono quanto mi dice lui.
    Si tratta di fiction, l’autore è il demiurgo e la sua parola è il verbo divino, se mi dice che in quel mondo gli elfi sono buoni e gli orchi cattivi lo accetto, pure se me lo giustifica con un semplice “perchè sì” (banalizzazione che comunque Tolkien non fa, solitamente nel suo universo le cose sono spiegate più o meno dettagliatamente); poi in base a quanto l’autore mi chiede di accettare secondo questo criterio, deciderò se è un autore onesto o se mi sta prendendo in giro.
    In sintesi, considero la narrazione come una finzione e il narratore come infallibile ed onnisciente.

    Poi c’è un diverso livello di lettura.
    L’ambientazione della Terra di Mezzo, come altri anche in questi commenti hanno rilevato, è dettagliatissima e costruita in maniera ineccepibile, a volte si fa fatica a pensare che si tratta di una finzione narrativa, considerando il tutto come se avesse una sorta di veridicità storica, una plausibilità che va al di là del semplice romanzo. Ed infatti qui mi riferisco a tutto il corpus mitologico tolkieniano, compresi quindi Silmarillion, storie antiche e via dicendo.
    Ecco, quando vedo le cose da quest’ottica, mi cambia un pò la prospettiva: non considero più l’ambientazione come un palcoscenico su cui l’autore fa muovere i personaggi, ma tutto mi appare vivo e reale.
    Quindi, in sintesi, considero la narrazione non come una finzione ma come una vera e propria “realtà” (seppure solamente plausibile e non “reale”); di conseguenza, il narratore non è più infallibile ed onnisciente, ma si trasforma solamente in un cronachista, in uno storico. Va da sè che sotto questa luce, la sua parola non è più presa come oro colato, ma viene filtrata e confrontata con ciò che emerge sotto la coltre delle sua personale visione e delle sue personali idee e convinzioni.

    So che è un modo un pò strano di analizzare un libro di narrativa, è un approccio più consono alla lettura di testi storici, dove ad esempio le parole di un Cesare o di un Liutprando da Cremona non vengono prese per buone solamente perchè ce le hanno dette loro ma vengono confrontate con quelle di altri autori e con altre prove storiche ed archeologiche, per vedere quanto di ciò che ci raccontano è influenzato dalle loro idee personali.

    Va da sè che parlando di Terra di Mezzo non si possa fare nessun confronto con altri autori e tantomeno intraprendere campagne di scavi per scoprire qualcosa di più, ma la vera grandezza di Tolkien in definitiva penso che sia proprio in questo: aver dato vita ad un mondo che sa reggersi in piedi da solo, essere riuscito ad ammantarlo di veridicità quasi storica pur con le ovvie incongruenze (la più clamorosa delle quali è appunto l’ottocentesca ed inglese Contea, dove mancano solo la Regina Vittoria ed i treni a vapore) in cui l’autore svolge solo una piccola parte come narratore mentre ha un ruolo molto più importante come creatore.

    Su Robert Jordan: a me invece è piaciuto parecchio, il primo volume parte un pò in stanca ed inizia anche lui con una fotocopietta tolkieniana di stampo shannaresco, ma fortunatamente ben presto ambientazione e personaggi prendono una loro ben definita caratterizzazione e la lettura diventa molto piacevole ed intrigante.
    Nonostante questo mi sono arenato dopo quattro o cinque volumi (tutti mediamente sulle mille pagine) perchè la cosa stava andando un pò per le lunghe… Però è una serie che prima o poi dovrò portare a termine.

  37. In effetti all’inizio del primo libro, nella Contea, un treno c’è… una piccola svista – Tolkien era probabilmente troppo intento a verificare i genitivi del Sindarin, per badare a certe cose 😛

    Ma di fatto, a parte le battute, non stai dicendo nlla di troppo diverso da ciò che dico io – il lavoro di world-building di Tolkien è colossale ed ineguagliato, e non può che lasciare incantati.
    Il problema – per me, poiché qui si parlava della mia opinione a riguardo – è che purtroppo a fronte di questo colossale lavoro di costruzione e documentazione, la narrativa che ne deriva soffre di molti difetti, a livello di linguaggio (checché ne dicano i fan), a livello di ideologia soggiacente la narrazione, a livello di sviluppo dei personaggi.
    Ci sono autori che a fronte di un lavoro di world-building molto più modesto, hanno creato romanzi che, nel complesso, sono scritti meglio. Un po’ di nomi li abbiamo anche già fatti, ne potremmo fare altri – Mervyn Peake, ad esempio.

    Un punto, piuttosto, che emerge dalla discussione e che forse non ho sottolineato nel mio post prioncipale, è quanto maledettamente ingombrante sia Il Signore degli Anelli nell’ambito del fantastico.
    Questo meriterebbe una discussione a parte.

  38. Infatti mi pare che non la pensiamo troppo diversamente, salvo forse che a me l’opera di Tolkien piace veramente tantissimo nonostante i suoi difetti, che ci sono anche a livello narrativo.

    Anche sul fatto che sia ingombrante ci sono pochi dubbi, ma qui la responsabilità è più dei seguaci che non di Tolkien.
    E, più che altro, di chi si ostina a leggere solamente cose derivate da quel modello considerandolo l’unico lecito, osannando dei quindicenni autori strapagati che hanno l’unico merito di essere dei buoni amanuensi, lasciando nell’ombra chi ha idee innovative o comunque di stampo diverso.
    Vabbè, c’est la vie. Noi scegliamo ciò che preferiamo e lasciamo che gli altri facciano lo stesso, se poi si precludono da soli delle strade interessanti peggio per loro.

  39. Intanto mi scuso se ho tirato nel mezzo il film del ’78. A me e’ piaciuto parecchio, e mi pare molto piu’ cupo della trilogia – Jackson. Fatta con stranguglioni di Gollari in piu’, peraltro.

    Voglio inoltre spezzare uno spadone a due mani per l’opera di Jordan (se non s’e’ capito, a me piace :-)): e’ un onesto scrittore che non nasconde l’influsso (per usare un understatement)che Tolkien ha avuto per il suo mondo immaginario.
    E non solo Tolkien, perdio! C’e’ un ottimo -e banale- commento sul sito segnalato da Marco, che evidenzia il chiaro parallelismo tra Aes Sedai e Bene Gesserit.
    E andando oltre il primo libro: vogliamo parlare di Aiel versus Fremen? E sicuramente c’e’ altro che adesso mi sfugge.

    Oh, sempre di lotta del bene contro il male si tratta, e sicuramente si spendono -come in LotR- duemila parole laddove ne basterebbero quattro.
    Ma e’ buona se non ottima letteratura, considerato che che in Italia abbiamo le saghe di Licia Troisi. E scusate il flame che ho attizzato di nuovo…

    Barney

  40. Nessun flame, questo blog è fatto in materiali refrattari.
    Io piuttosto sono sorpreso dalla quantità di chiacchiere che si riesce a sollevare semplicemente dicendo che Tolkien era un mediocre narratore 😛

    Chissà cosa succede adesso se faccio unpost su Star Trek… 😀

    Su Jordan, ripeto, l’ho preso probabilmente in un periodo in cui non ero per quello.
    Di fatto, quando un autore ha un seguito colossale come quello di Jordan (o di altri prima e dopo di lui), i giudizi di merito perdono significato, se non come spunto per allegre chiacchierate.
    … e poi Wheel of Time è troppo lungo.
    Non ho più voglia di iniziare cose che rischiano di non finire prima della mia dipartita

    Sul fatto che ci sia di peggio, credo nessuno abbia nulla da ridire.
    I più si imbizzarriscono, come avrai notato, quando si prova a suggerire che ci sia di meglio 😉

  41. Ho seguito con molto interesse la discussione seguita al post e sono sinceramente ammirato dal livello di tutti gli interlocutori coinvolti (lo dico senza la seppur minima ironia), però sono colpito da alcune mancanze.
    Leggendo il post e la discussione ho avuto la stessa impressione che mi dà l’ascolto di certi dischi prog, o jazz. Dischi composti e suonati da musicisti talmente abili e tecnici da dimenticarsi che, alla fine, la musica dovrebbe anche saper veicolare emozioni (Maria De Filippi mode off).
    Ho letto LOTR solo due volte, la prima da ragazzino, la seconda appena uscito dall’adolescenza, per capire cosa mi avesse così tanto colpito di quel libro. Al momento, quella che conta è la prima lettura. L’idea che emerge dal post e dalla discussione è che ciò che rende interessante e appetibile il libro di Tolkien è la grandiosità del mondo di LOTR e la meticolosità con cui è tratteggiato. Personalmente, in quella prima lettura, la cosa non mi colpì in alcun modo. A quell’età, se anche lo scrittore non si è preoccupato di disegnarti un mondo dettagliato, sei perfettamente in grado di farlo da solo. Questo aspetto lo scoprii anni dopo e comunque non mi impressionò particolarmente. Quello che mi colpì, invece, quello che mi fece attraversare le tante pagine del libro ed anni dopo mi portò a rileggerlo furono i suoi personaggi, perché – per strano che possa sembrare – anche LOTR, come qualsiasi altro libro – parla di persone (al di là della loro altezza o della forma delle loro orecchie).
    Ancora oggi, ricordo con chiarezza la sensazione di sicurezza che mi dava la semplice presenza di Gandalf. Quando lui era con la Compagnia, io sentivo che nulla di male poteva accadere. Poi Gandalf morì.
    Mi aggrappai a ciò che restava della Compagnia, convinto che lì risiedesse la sicurezza di cui, come giovane lettore, avevo bisogno, ma anche la Compagnia andò in frantumi. Non restava che aggrapparsi al protagonista, a quel piccolo hobbit, che ai miei occhi rappresentava tutto ciò che di giusto c’era ne Il Signore degli Anelli. Immaginate lo shock quando mi resi conto che il Male filtrava anche in quella creatura che avrebbe dovuto essere il mio protagonista positivo…
    È interessante notare come nessuno abbia ricordato questo parlando dell’ideologia de Il Signore degli Anelli. Certo, il Male sta da una parte e il Bene dall’altra, eppure i confini sono facilmente valicabili. Mi si obietterà che è merito dell’Anello, che si tratta di eccezioni e che le razze di appartenenza sono comunque distinte nettamente in buone e cattive, ma io credo che questo modo di guardare la storia sia dimenticarsi della funzione del protagonista in una struttura drammaturgica. Tutto il resto è sfondo, è il protagonista che ci mostra l’idea del mondo dell’autore. E Tolkien ha saputo mostrare a me – in un’età in cui ero sensibile a questo tipo di messaggio – che il male può anche sembrare distante, ma è in realtà interiore. L’Anello non crea il male, si limita ad amplificarlo, estrarlo, portarlo in superficie. Anche oggi continuo a ritenere questa un’idea di rara raffinatezza. Raffinata perché estremamente semplice, eppure potente. Quante soluzioni drammaturgiche Tolkien affida all’Anello? Come aspirante scrittore, credo sinceramente che non si possa liquidare la perfezione di questa intuizione – simile alla perfezione di tratto di certi pittori – come se non fosse poi chissà cosa, per passare subito oltre. Dalla mia prima lettura di LOTR ad oggi non mi è capitato spesso di imbattermi in una soluzione narrativa che coniugasse con la stessa eleganza potenza e semplicità.
    Non sono un amante di Tolkien – gli preferisco numerosi altri autori – e LOTR non è di certo in cima alla lista dei miei libri preferiti, però non posso non stupirmi che in tutta questa discussione si sia parlato quasi esclusivamente dell’ideologia di Tolkien, del mondo da lui tratteggiato e della sua prosa. Lasciar fuori storia e personaggi non mi sembra dimenticanza da poco :).
    Penso, sinceramente, che molta SF e molto fantasy commettano un errore simile. LOTR è uno dei libri con la peggior struttura che abbia mai incontrato, con incisi infiniti che spezzano la narrazione, e linee parallele mescolate senza la minima perizia (altro aspetto su cui sarebbe interessante discutere), ma è anche un romanzo che vive di personaggi. Archetipi, certo, ma incarnati perfettamente, coerenti lungo tutta la narrazione, e dai risvolti inaspettati. Al suo ritorno, Gandalf il Bianco ha qualcosa di diverso e inquietante, in qualche misura abdica al suo ruolo di mentore, e questo non è in alcun modo scontato… (senza contare che l’idea dell’illuminazione che porta al distacco ha molto, molto poco di occidentale e cattolico).
    Si tratta ovviamente di valutazioni e riflessioni del tutto personali. Nell’insieme, avercene di discussioni come questa.

  42. Un commento così lungo e articolato richiederebbe alcune pagine di testo come risposta.

    In primo luogo, non è mia intenzione sminure l’impatto che un libro come LotR possa avere su un adolescente – specie nel generale deserto narrativo che la scuola tende a generare.
    Se si tratti poi di trovare un mondo in cui ci piacerebbe vivere, o personaggi insieme ai quali vorremmo stare, è probabiolmente una questione di temperamento.
    Io personalmente non ho una grande simpatia per i personaggi di Tolkien (salvo forse Boromir), ma si tratta di questioni di gusti e temperamento.

    Sull’eleganza dell’anello come plot device, questa è innegabile – ma deve di più (io credo) al solito Lewis che non a Tolkien (che ne Lo Hobbit ci andava molto più leggero, e risentiva molto di più di influenze germaniche standard).
    Ma l’anello non è un unicum – dalle Mille e Una Notte in avanti, il fantastico è un campionario di plot device usati molto bene (oppure no).
    Persino una cosa “di plastica” come la Spada di Shannara (nel romanzo omonimo) funziona piuttosto bene, per ciò che deve fare.

    Mi rimane comunque forte la sensazione che il lavoro di Tolkien non riesca ad essere superiore alla somma delle sue parti.
    Ma notoriamente, io sono uno che ascolta jazz…

  43. Come dicevo, sono opinioni. Solo una cosa. Io non parlo di simpatia, parlo della costruzione di un personaggio, o di un gruppo di personaggi (che è un aspetto tecnico). Ridurre il successo di LOTR alla “grandiosità del paesaggio” mi sembra molto riduttivo e in fondo un po’ miope. Ripeto, non sono un fan accanito – anzi – ma credere che l’impatto avuto dal Signore degli Anelli – un impatto culturale che ha pochi eguali – sia frutto di un fraintendimento globale, e nulla abbia a che fare con la sostanza emotiva (qualsiasi sostanza drammaturgica è sostanza emotiva, ben al di là dell’originalità delle singole soluzioni o del gradimento soggettivo) mi sembra una posizione difficile da sostenere.
    Credo, banalmente, che un libro sia stile, prosa, ricerca, ideazione, ma sia anche – e soprattutto – personaggi, storia, emozione.
    Ciò detto, ribadisco: avercene di post e discussioni come queste.

  44. La butto lì: i manuali di ambientazione dei giochi di ruolo fantasy sarebbero come li conosciamo, se non fossero esistite le appendici a lotr?

  45. @Luca
    resta il fatto che nella narrativa fantasy, il paesaggio è una componente integrante degli stati d’animo e dei sentimenti dei personaggi, e quindi costruzione del setting e cast non sono separabili.
    E non so quanti dei fan torinino alla Terra di Mezzo per i personaggi, e quanti per il setting.

    @Jonnie
    No.
    Forse Forgotten Realms sarebbe giocabile 😛

  46. Post spettacolare e commenti molto interessanti, mi sa che anziché rispondere qui farò un post a parte da me. Ti volevo solo fare una richiesta: parla di John Crowley, perché e percome. Sono curioso. Molto, dopo aver letto la sua pagina su Wikipedia. Penso quasi di comprarmi il “miglior titolo per iniziare” che consiglierai, nel prossimo ordine da Play.com che comprenderà pure il cofanetto con 12 film di Russ Meyer.

    Faccio solo un piccolo appunto: nemmeno io condivido l’ideologia di Tolkien, ma… siamo sicuri che uno debba condividere l’ideologia di uno scrittore, per apprezzarne lo scritto? Voglio dire, razionalmente Saruman fa bene a spazzare via gli alberi per farci le acciaierie, nel libro poi parteggi (pure io, immorale merdaccia inquinante) per gli Ent e la Natvra, ma te la godi come storia ed epica. No?

  47. Post su Crowley, ben volentieri, lo facciamo per il weekend.

    No, ok, non devo aderire all’ideologia per apprezzare il romanzo.
    Ma mi riservo il diritto di dire che – ok, scrittura mediocre, world-building 11/10, ideologia orribile.
    Ci sono romanzi con ideologie altrettanto turpi (o peggio) ma scritti meglio.

  48. Leggendo il post e la discussione ho avuto la stessa impressione che mi dà l’ascolto di certi dischi prog, o jazz. Dischi composti e suonati da musicisti talmente abili e tecnici da dimenticarsi che, alla fine, la musica dovrebbe anche saper veicolare emozioni

    Questa non te la lascio passare. Dio solo sa quanto ho SOFFERTO per il jazz.

    Copio altri due passaggi dai tuoi interventi e poi rispondo

    Credo, banalmente, che un libro sia stile, prosa, ricerca, ideazione, ma sia anche – e soprattutto – personaggi, storia, emozione.

    credere che l’impatto avuto dal Signore degli Anelli – un impatto culturale che ha pochi eguali – sia frutto di un fraintendimento globale, e nulla abbia a che fare con la sostanza emotiva (qualsiasi sostanza drammaturgica è sostanza emotiva, ben al di là dell’originalità delle singole soluzioni o del gradimento soggettivo) mi sembra una posizione difficile da sostenere.

    Stile prosa storia personaggi originalità importano a seconda di quanto il determinato libro si regga su quell’aspetto. Possono piacermi libri in cui ognuno di questi aspetti è poco sviluppato o anche malriuscito, se non rema contro l’effetto complessivo.
    Potrei anche essere d’accordo sul discorso che molta fantasy e fantascienza è carente in storia e personaggi, il problema è che in molti altri casi storia e personaggi non sono facilmente scindibili dallo stile, e cioè dal modo spesso obliquo o indiretto in cui vengono tratteggiati.
    Ad esempio dire che in Little, Big di Crowley non succede nulla e i personaggi non sono simpatetici, come fanno molte recensioni da una stella su Amazon, significa essere interessati solo a modi molto tradizionali e scontati di intendere storia e personaggi.

    Mi sembra ovvio che il successo del Signore degli Anelli abbia a che fare con una “sostanza emotiva”. Però credo che questo tipo di risonanza emotiva spesso venga da aspetti che colpiscono l’immaginazione individuale al di là della loro effettiva realizzazione.
    Peter Pan è un romanzo mediocre, non credo sia molto letto oggi.
    Ma offre non tanto personaggi o una storia, quanto una configurazione di simboli – ragazzo che non vuole crescere, isola che non c’è, fatina, capitan uncino – che colpiscono l’immaginazione e ne assicurano il successo a cent’anni di distanza, attraverso molteplici remix che dell’originale conservano solo lo scheletro.
    Nel successo di LOTR, Star Wars, Twilight o anche del mito di Chtulu,, non si può sottovalutare questo aspetto. Prova ne è il successo di spin-off sempre più distanti(tie-in, novelizations, atlanti, cronologie, action figures, giochi di ruolo) e imitazioni via via più scolorite.
    Sono cresciuto leggendo fumetti Marvel. Sono molti gli ingredienti del successo dell’Uomo Ragno – ragazzo normale,timido, “secchione”, la vita da studente che crea un ponte di identificazione,l’origine con la morte delle zio Ben, la tragedia della morte di Gwen, etc.
    Se riprendo in mano i primi chessò 150 numeri mi fanno quasi lo stesso effetto di allora. Però non posso pretendere che persone adulte che non si sono mai interessate ai fumetti vi vedano quel che vedo io, che quei temi e motivi, di per sè riscontrabili in moltissime altre narrazioni, abbiano lo stesso effetto. Quando faccio il pusher di fumetti di solito uso dosi di Gaiman e Moore.
    Tolkien probabilmente copre il bisogno di un certo tipo di narrazione epica su vasta scala, e preme bottoni corrispondenti.
    Da piccolo ho letto Dei ed Eroi della Mitologia Nordica – sostanzialmente l’Edda – e i miti di Re Artù e della Tavola Rotonda, per ragazzi e con illustrazioni, ma senza dolcificante (in entrambi alla fine muoiono tutti). Entrambi presentavano una narrazione epica di bene contro male, ma anche aspetti irriducibili a schematismi, che rimanevano senza risposta, e tanto più affascinanti per questo. Dopo leggere il Signore degli Anelli semplicemente non mi ha fatto lo stesso effetto che ad altri. E quindi posso scomporlo negli aspetti che sono comunque notevoli (world-building e lingue inventate) e in quelli problematici, fermo restando che dall’unione di questi elementi non scattano particolari scintille.
    Giusto un paio di giorni fa citavo qui un romanzo per ragazzi che ho letto da adulto, The Owl Service.
    Un capolavoro, da tutti i punti di vista: linguaggio, tratteggio dei personaggi, struttura drammaturgica. Anche lì l’ elemento soprannaturale fa da catalizzatore per il male interiore, idea espressa in maniera davvero elegante e sofisticata, con un crescendo impercettibile e la precisione di un miniaturista. La differenza è che è una storia breve, realistica nonostante l’intromissione del fantastico, concentrata su pochi personaggi, senza grandi scenari, eserciti draghi balrog elfi e signori oscuri, quindi non particolarmente “epica”.

  49. Analisi eccellente, Marco.
    Non c’è nulla che si possa aggiungere.
    Grazie.

  50. @marco
    Per carità, più che d’accordo. Il problema è che mi fa sempre un certo effetto ascoltare lunghe dissertazioni sull’ideologia di questo o quell’autore, di questa o di quell’opera (attività molto quotata qui da noi), riducendo il valore di un libro in buona sostanza a quell’aspetto. Nello stesso modo, mi fa sempre un certo effetto sentir parlare di originalità.
    I simboli non “assicurano il successo”. Quando si parla dal punto di vista tecnico di un libro – come mi sembra si sia fatto qui – non ha senso tralasciare elementi – struttura emotiva, personaggi, svolte drammaturgiche – che sono aspetti tecnici fondamentali di qualsiasi libro e del suo successo. Non basta calare a forza un po’ di simboli dentro un’opera perché quella diventi un best-sellerrr, e riprova ne siano i tanti tentativi falliti che hanno seguito ogni fenomeno di culto (da LOTR a Star Wars a Harry Potter, per venire all’oggi). Quindi, il mio punto di vista è che se LOTR riesce a usare quei simboli in modo talmente efficace da creare un’intera sottocultura, mentre molti altri no, forse sarebbe interessante chiedersi perché accade. Perché Tolkien si e Crowley no? Perché Crowley è più obliquo e complicato? Perché i grandi numeri si raggiungono solo annacquando e rimanendo nell’ovvio? Io questa idea – che mi sono sentito ripetere fino alla nausea, e che trovo frutto di semplice pigrizia – la rifiuto a priori.
    Per me non si tratta di difendere LOTR – primo perché non mi fa impazzire e, secondo, perché di difensori ce ne sono fin troppi – si tratta di capire. Di aprire la semplicità di qualcosa che ha funzionato e osservarne il meccanismo. Di non liquidare come ovvio un aspetto che ovvio non è. La drammaturgia non sono i tre atti, il viaggio dell’eroe o qualche elenco di regolette e archetipi da infilare nei propri lavori per vendere di colpo milioni di copie. Questa è una visione sciatta e ridicola, che accetto solo da chi non si è mai cimentato con la scrittura, o da chi liquida ciò che non ha saputo incarnare nel proprio lavoro. La drammaturgia è una forma di equilibrio dinamico che riverbera con qualcosa di molto profondo dentro di noi (se è vero, come è vero, che la forma racconto è in sé immutabile). Leggiamo storie, ce ne innamoriamo e modifichiamo la nostra vita in ragione di esse non perché siamo dei poveri idioti privi degli strumenti culturali necessari ad apprezzare opere più sofisticate, e neppure perché le abbiamo conosciute quando eravamo piccoli e ingenui. Altri sono i motivi, e io nel mio piccolo provo a riflettere su questo. Perché queste storie si e mille altre no? È ovvio ai limiti dell’offensivo rimarcare che in queste storie ci sono una serie di simboli, di archetipi. È ovvio e non spiega nulla.
    La perfezione del tratto – fosse anche tratto drammaturgico, molto meno evidente della prosa – si sublima in quella che agli occhi del profano appare come semplicità. Siccome qui profani non siete, mi aspettavo qualche parola anche su questo aspetto.
    That’s all.

  51. PS Nel mio commento non ho parlato del jazz o del prog – due generi che frequento con notevole soddisfazione – ma di “certi dischi jazz o prog*. Non è una differenza di poco conto, è più o meno la stessa differenza che passa tra dire che un senegalese mi ha rubato la macchina e affermare che i senegalesi sono tutti ladri di macchine.

  52. Per me non si tratta di difendere LOTR – primo perché non mi fa impazzire e, secondo, perché di difensori ce ne sono fin troppi – si tratta di capire. Di aprire la semplicità di qualcosa che ha funzionato e osservarne il meccanismo.

    La semplicità in questo la si ritrova pure nel protagonista, il bistrattato Frodo. Non è un’eroe, non èì un grande guerriero, non è il principe predestinato, non è un grande sapiente, non è al centro di nessuna profezia, non ha nessun potere divino. Nel SdA ci sono anche personaggi che ricoprono questi ruoli e li ricoprono pure bene, ma, cosa fondamentale, non sono i protagonisti.
    Frodo è solo un tizio che si ritrova al centro di un grande casino, molto più grande di lui e che non riesce nemmeno a capire tanto bene, sicuramente molto meno dei grandi che lo attorniano.
    E questo casino lo affronta. Mostra che non esistono difficoltà troppo grandi da non poterle nemmeno affrontare, e nonostante alla fine fallisca, ha un amico su cui contare (un amico che ha dimostrato di essere veramente tale), che lo aiuterà a non rovinare tutto.
    Io più che vederci tutte le questioni ideologiche e razziste, ci vedo una rappresentazione di questo tipo. Ok, gli orchi e Sauron sono brutti, sporchi e cattivi, ma da un certo punto di vista simboleggiano le avversità e le difficoltà che appaiono insormontabili, ma che alla fine vengono vinte proprio da quello su cui non avresti scommesso un centesimo.
    Insomma si parla anche di cose prettamente umane come la paura, il coraggio, la disperazione, la fede che qualcosa di giusto esista e che valga la pena lottare anche solo per un’idea.
    Sono concetti semplici e magari non originali, è vero, ma non per questo per forza semplicistici o banali.

    E poi naturalmente c’è tutta l’ambientazione, di cui abbiamo già parlato ampiamente. Una storia semplice in un mondo dettagliato. Non so se sia questa la formula che ha decretato tutto questo successo, ma può essere una delle concause.

  53. Mi sa che dovrò ripetermi…

    I simboli non “assicurano il successo”.

    Non lo “assicurano” ma possono benissimo esserne la causa principale. Peter Pan ha successo, ancora oggi, sulla base di adattamenti cinematografici, cartoni animati e fumetti che non sono fedeli nè al romanzo originale nè alle descrizioni originarie dei personaggi.

    Non è questione di semplice o complicato – determinate storie, temi e motivi hanno a priori più fascino di altri, o perché intercettano narrazioni che hanno forte presa nell’inconscio collettivo o perché sono in sintonia con un determinato Zeitgeist.
    Se ci sono state molte più versioni cinematografiche di Romeo e Giulietta rispetto a Re Lear, il motivo è che “amor fou di giovani sfortunati finisce in tragedia” è più sexy di “vecchio rincoglionito si fa abbindolare dalle figlie cattive e caccia quella buona”.
    Non c’è da perder tempo a discutere sulla diversa efficacia dei personaggi o della struttura drammaturgica, che è del tutto racchiusa in questa semplice contrapposizione.

    Il successo dei fumetti Marvel, considerando le innovazioni che hanno portato rispetto ai fumetti precedenti, ampiamente meritato.
    Parlando dell’uomo ragno, la struttura drammaturgica e la varietà dei personaggi comprimari sono aspetti fondamentali. Però se non si fosse messo la calzamaglia rossa e blu per combattere Elektro Lizard Dr.Octopus e compagnia bella, dubito Peter Parker: Angsty Student avrebbe avuto lo stesso successo.

    e riprova ne siano i tanti tentativi falliti che hanno seguito ogni fenomeno di culto

    Ma ce ne sono tanti di riusciti. Il Fantasy epico fa la parte del leone nel mercato del fantastico, al di là di qualsiasi considerazione comparativa sul livello qualitativo medio.
    Da Brooks in poi un gran numero di epigoni ha fatto carriera con versioni annacquate di Tolkien. Ogni tanto sui forum si legge qualcuno che ha bisogno del “fix” di fantasy e si legge il tal romanzo o la tal serie anche se nel complesso sa che è mediocre.
    E ci sono autori che passando dallo scrivere fantascienza o horror a fantasy e paranormal romance hanno aumentato di molto le vendite.

    Sul successo di Tolkien incidono molti fattori: anche personaggi e drammaturgia, sicuramente Tolkien è meglio di molti epigoni.
    Da soli però non sono sufficienti, e altri hanno fatto meglio in altri contesti. Il paragone non era fra Tolkien e Crowley – sono troppo diversi come stile e obiettivi.

    Nessuno ha detto che obliquocomplicato sia necessariamente meglio di semplicediretto, che semplicediretto non possa risultare in capolavori o obliquocomplicato essere solo pretenzioso e irritante. Ma continuando con l’ovvio, obliquocomplicato richiede un maggiore impegno immediato, e quindi statisticamente sui grandi numeri saranno meno le persone che riterranno utile lo sforzo.
    Il discorso della singola stella su Amazon nasce dal fatto che una persona può benissimo decidere che non ne vale la pena, ma non giudicare sulla base di aspettative errate. E’ come liquidare Gita al Faro dicendo che non succede niente e quella signora Ramsay è antipatica.
    Un piccolo sforzo per capire cosa ci trovino quelli a cui piace, anche se poi decidi che non fa per te, non sarebbe male.

    Nel caso di Tolkien e Garner il paragone invece ha ancora senso.
    The Owl Service ha comunque una grande popolarità in Inghilterra, ed ha ispirato almeno due riduzioni televisive. E’ un tipo di storia molto diverso, magari meno eccitante in partenza del grande scenario Tolkieniano. Non si presta ad aprire un filone – non ha nessun elemento facilmente copiabile e riciclabile.
    Ma in tutti gli aspetti in cui è possibile fare un confronto – semplicità, eleganza e profondità di struttura, soluzioni, personaggi, implicazioni “morali” – per me, ma direi oggettivamente, è superiore.

    Hai frainteso il discorso sul Jazz. Io ho un miglior amico (etero) e un ex compagno fanatici. Ci sono state serate del tipo “non fate caso a me, vado al pub il tempo di una birra o sei, continuate pure con Fresu, vibrato, Rubalcaba e chi nel tal concerto era in ritardo di 1/128, prego prego”.
    Essere indirettamente paragonato a loro è una grande offesa 🙂

  54. “Non è questione di semplice o complicato – determinate storie, temi e motivi hanno a priori più fascino di altri, o perché intercettano narrazioni che hanno forte presa nell’inconscio collettivo o perché sono in sintonia con un determinato Zeitgeist.
    Se ci sono state molte più versioni cinematografiche di Romeo e Giulietta rispetto a Re Lear, il motivo è che “amor fou di giovani sfortunati finisce in tragedia” è più sexy di “vecchio rincoglionito si fa abbindolare dalle figlie cattive e caccia quella buona”.
    Non c’è da perder tempo a discutere sulla diversa efficacia dei personaggi o della struttura drammaturgica, che è del tutto racchiusa in questa semplice contrapposizione.”

    L’idea che l’efficacia della struttura drammaturgica sia “del tutto racchiusa in questa semplice contrapposizione” mi piacerebbe vederla argomentata e non semplicemente enunciata. Sicuramente alcuni concept sono più appetibili di altri, ma di romanzi/film basati su ottimi concept sfruttati male se ne contano a centinaia. Io parlo da sceneggiatore e scrittore che con queste affermazioni si confronta nel suo lavoro, a dire che la facilità di cui tu parli io, nella mia esperienza e nell’esperienza delle persone con cui lavoro e ho lavorato, non la trovo e non l’ho mai trovata.
    Esemplificando, sarebbe come dire che disegnare belle fighe è sempre meglio che disegnare boschi, e che quindi chi disegna belle fighe vende sicuramente di più di chi disegna boschi, indipendentemente da come le disegna. Ergo, che senso ha interrogarsi sulla tecnica di Bisley? Su come ottiene certi riflessi sui volumi di un corpo, o su come modula il tratto? Disegna fighe.
    Auguri.

    “Ma ce ne sono tanti di riusciti. Il Fantasy epico fa la parte del leone nel mercato del fantastico, al di là di qualsiasi considerazione comparativa sul livello qualitativo medio.”

    Certo, ma ci sono pochissimi fantasy che creano fenomeni culturali di ampiezza rilevante. Il successo commerciale inteso come numero di copie vendute è solo una parte del successo complessivo di LOTR, di Star Wars o di Harry Potter. Questi prodotti non vendono semplicemente di più, creano appassionati, generano movimenti che attraversano intatti gli anni. C’è una certa differenza, che mi sembra abbastanza ovvia. Forse sono le circostanze, il “momento giusto”, un mix di fattori al di là del controllo degli autori – impossibile escluderlo – ma ancora una volta, visto che questi sono fattori al di là anche del mio controllo, piuttosto che concentrarmi su questo preferisco interrogarmi sulla struttura interna di quello che ho di fronte e chiedermi, senza risposte pre-cofenzionate: “c’è qualcosa dentro questo libro/film/fumetto che lo rende unico, che lo distacca da tutto il resto?”. Nello stesso modo, preferisco non accontentarmi delle prime risposte che trovo, ma continuare a scavare. Le osservazioni qui fatte sull’unicità del mondo creato da Tolkien sono una parte rilevante della risposta e io sospetto che anche l’approccio ideologico ne sia una parte. Un’altra parte è data dal concept. Io semplicemente mi chiedevo e mi chiedo se sia tutto qui o se non ci sia anche altro.
    Nella mia esperienza (chiedo venia, ma è l’unica che ho) non c’è nulla che io trovi ad un tempo più complicato e più affascinante dell’approccio drammaturgico all’analisi di un’opera. Liberissimo di liquidare ciò che dico come idiozie, ma mi è capitato in diverse occasioni di scoprire equilibri interni della narrazione che non avevo sospettato all’inizio, e che spesso mi hanno illuminato sui possiibili motivi di alcuni clamorosi successi commerciali.

    “Il discorso della singola stella su Amazon nasce dal fatto che una persona può benissimo decidere che non ne vale la pena, ma non giudicare sulla base di aspettative errate. E’ come liquidare Gita al Faro dicendo che non succede niente e quella signora Ramsay è antipatica.
    Un piccolo sforzo per capire cosa ci trovino quelli a cui piace, anche se poi decidi che non fa per te, non sarebbe male.”

    Mi fa piacere che tu concluda – non so esattamente su che base -che la mia sia una contrapposizione tra ciò che mi piace e ciò che non mi piace (perché non l’ho letto). In effetti, gli autori citati in questa discussione sono tutti autori che stimo e leggo volentieri, e che non contrappongo. Come suggerisci di fare anche tu, giudico ognuno cercando di modulare le mie aspettative sul prodotto. Non giudico un libro di Vollmann per la sua immediatezza o la sua linearità, e non lo metto a paragone con Simmons. Sono due cose diverse e io provo a interrogarmi su cosa mi attira, ed attira altri, in ognuna delle due opere. Paragoni e comparazioni non mi entusiasmano.

    Concludendo, sono ovviamente d’accordo sul fatto che esistano concept più o meno interessanti. Forse è come dici tu, e tutto si giustifica con questo fatto. Se è così, non ha senso spingere oltre l’analisi. Io dubito che sia così, ma non ho certezze.
    Nel mio lavoro, quando finalmente la struttura drammaturgica trova il suo giro, non soltanto avverto una personale epifania ma scopro che chi legge ciò che scrivo lo trova diverso, migliore, più solido. Spesso e volentieri, il commento riguarda la fluidità di quanto ho scritto. Sapendo quanta fatica costi raggiungere quella fluidità, quanto non sia in alcun modo immediato, fatico a digerire chi ci passa sopra con tanta facilità come, mi sembra, stia facendo tu.

    Ciò detto, mi taccio per non creare flame e perché ormai la discussione mi sembra abbastanza sterile.

  55. boia quanto l’avete fatta lunga…
    ma alla fine, il pelgrano selvatico, che diavolo è?
    😉

  56. Mi fa piacere che tu concluda – non so esattamente su che base -che la mia sia una contrapposizione tra ciò che mi piace e ciò che non mi piace

    Non parlavo di te; mi riferivo alle persone che danno 1 su Amazon, esempio che a sua volta veniva fuori da un tuo discorso su lacune diffuse relative a “storia e personaggi” che secondo me viene molto spesso usato a sproposito. Mi è successo, anche recentemente, di leggere recensioni che lamentavano l’assenza di “storia e personaggi” abbastanza a cazzo. E uno degli esempi che saltano più agli occhi è proprio Crowley, che era stato già citato in precedenza da altri nel thread.
    Come minimo, quindi, visto che sei stato tu a porre l’accento su questi aspetti, bisognerebbe specificare che esistono vari modi di intenderli, e che almeno in potenza alcuni sono più facilmente comunicabili di altri, senza che questo implichi giudizi di valore.

    Ergo, che senso ha interrogarsi sulla tecnica di Bisley? Su come ottiene certi riflessi sui volumi di un corpo, o su come modula il tratto? Disegna fighe.
    Auguri.

    Scusa ma questo è uno straw man bello e buono. Il motivo per cui ho scelto due opere dello stesso autore è proprio per ridurre al minimo altre considerazioni.
    Tu pensi che Giulietta e Romeo abbia più successo di Re Lear a causa di un efficacia della struttura drammaturgica che prescinde dallo sfruttamento del concept di base? Io ho letto e studiato entrambi e non lo credo. Poi ne avessi voglia potrei andarmeli a riprendere e scriverci un trattato, ma non mi pare il caso.

    Forse è come dici tu, e tutto si giustifica con questo fatto. Se è così, non ha senso spingere oltre l’analisi.

    No, non tutto si giustifica con questo fatto.
    Però in alcuni casi, ad esempio quelli in cui (ancora Peter Pan) l’integrità testuale non viene salvaguardata, (Peter Pan e Wendy ormai non assomigliano per nulla ai personaggi originari) mi sembra difficile negare abbia un peso notevole.

    Forse sono le circostanze, il “momento giusto”, un mix di fattori al di là del controllo degli autori – impossibile escluderlo – ma ancora una volta, visto che questi sono fattori al di là anche del mio controllo, piuttosto che concentrarmi su questo preferisco interrogarmi sulla struttura interna …

    Magari, a fronte dell’esistenza di un mix di circostanze esterne e fattori al di là di controllo che esiste SEMPRE ed è concausa ma non spiegazione diretta delle fortune di qualsiasi cosa, al contrario di te altre persone non hanno riscontrato una struttura drammaturgica talmente straordinaria o innovativa da menzionarla fra le cause principali del sucesso, ma al limite una efficace se collegata ad altri fattori di traino, come nel caso di Peter Parker e l’Uomo Ragno?
    E visto che, povere creature fallibili come siamo tutti, non vedono nella struttura drammatica, nel tratteggio dei personaggi, nell’impiego del anello etc. elementi così straordinari o realizzati senza sbavature, non ritengono che, presi in isolamento, siano la causa principale di questo successo?

    E non è il caso, almeno per quanto mi riguarda, di parlare di flame o di prenderla sul personale.

  57. Mi sa che non se ne esce.
    Il punto sta tutto qui:
    “Come minimo, quindi, visto che sei stato tu a porre l’accento su questi aspetti, bisognerebbe specificare che esistono vari modi di intenderli, e che almeno in potenza alcuni sono più facilmente comunicabili di altri, senza che questo implichi giudizi di valore.”
    Io sostengo, in estrema sintesi, che quelli che tu ritieni “più facilmente comunicabili” non lo sono affatto, ma, al contrario, sono molto difficili da comunicare, proprio per la loro semplicità apparente. Tutto qui, senza che questo implichi sminuire un qualsiasi altro approccio, modo di lavorare o sensibilità.
    Utilizzare gli archetipi, le strutture classiche, i riferimenti simbolici è estremamente difficile, e più sono potenti, più è complicato. Certo che si possono appiccicare alla storia senza cura, ma è qualcosa che si nota subito e che genera quelle storie di cartapesta che si dimenticano nel giro di un paio d’ore. Se poi tu, o chiunque altro, pensa che questo sia il caso di LOTR la cosa è ovviamente più che legittima.
    Pensa a Star Wars. Quello che si chiedono i fan di mezzo mondo è come diavolo sia riuscito Lucas a sfornare tre film terrificanti quando aveva: 1) mitologia e mondo belli e pronti; 2) personaggi carismatici pronti; 3) storia delineata (e stiamo parlando di una storia classica che più classica non si può, visto che di base è la cacciata di Lucifero); 4) storia d’amore con finale tragico pronta; 5) schiere e schiere di fan adoranti che non chiedevano altro che di innamorarsi anche della nuova trilogia.
    Eppure ha fallito in pieno, ed è stato un fallimento epico (non parlo di incassi, ovviamente, avrebbe incassato anche mandando al cinema i filmini delle sue vacanze, parlo di reazione di quella fan base che continua a coccolarsi la trilogia originale ancora oggi). Lucas ha fallito perché non c’è nulla di facile nel maneggiare ciò che percepiamo come classico, proprio perché è classico, proprio perché è “radicato nell’immaginario collettivo”.
    Io ritengo che sia molto più difficile dire “Ti amo” a qualcuno che dissertare di filosofia. Certo che per parlare di Kant servono preparazione, proprietà di linguaggio, capacità di ascolto e di argomentazione, ecc. ma è un lavoro svolto completamente a livello razionale. Esprimere un sentimento implica crederci, il che è molto facile se hai di fronte la persona oggetto del tuo sentimento, ma è incredibilmente difficile quando devi intesserlo nel tuo lavoro, costretto ad ogni passo a confrontarti con quello che la tua scrittura ti rivela di te stesso. Io sostengo solo che per lavorare con archetipi, simboli e strutture drammaturgiche devi confrontarti con quello in cui veramente credi, altrimenti non funziona, devi trovare il modo di coniugare un sentimento reale con un processo che è di base tutto razionale, il che – almeno per me – è tutt’altro che facile. Personalmente trovo molto più semplice lavorare su un piano di pura razionalità, senza coinvolgimento emotivo (ribadisco: personalmente, e senza con questo voler dire che Crowley o chiunque altro non lavora anche emotivamente).
    Come disegni un mentore? Su cosa lo modelli? Come lo rendi convincente? L’unica possibilità è usare le caratteristiche che tu vorresti un mentore avesse per te. L’unica possibilità di rendere efficace una struttura drammaturgica è renderla efficace per te. E se non sei cresciuto a Bora Bora, questo implica rinnovarla ai tuoi occhi, renderla vera una volta ancora. Questo non ha niente a che vedere con la simpatia dei personaggi, ha molto a che vedere con la capacità di un autore di portare la sua interiorità in quello che scrive.

  58. Buttiamo un po’ di benzina sul fuoco: ma il Signore degli Anelli, sul piano emotivo, esprime poi questa tavolozza ampia, variegata e sofisticata di sfumature?
    O ha tanto successo con un pubblico di adolescenti perché, emotivamente parlando, esprime emozioni adolescenziali?

  59. Anzitutto va detto che io non sono uno di quei fan del Signore degli Anelli che si sentono di dover difendere l’opera come le mamme delle canzoni di Pino Daniele difendono i loro “scarrafoni”.
    Per me Tolkien è stata una lettura e ri-lettura piacevolissima nel corso della vita, ma da un punto di vista strettamente letterario non santifico né l’autore né il libro. Difatti dovendo scegliere, preferisco la letteratura “canonica”, quella che spazia da Joyce a Busi, da Wilde a Tondelli, da Miller a Arbasino, da Kafka a Bajani… il fantasy spesso e volentieri concede troppo alle necessità di rendere credibile l’ambientazione per interessarmi sempre e comunque, e per portare alle estreme conseguenze quello che invece la letteratura è in grado di fare.
    Il fantasy mi ha spesso fatto l’impressione che mi fa Prison’s Break se lo confronti a Schindler’s List. Qualcosa di pregevolissimo, che vedi e rivedresti, che ti tiene incollato al punto che le tue serie tv preferite ce le hai in casa e certi filmoni magari no, e tuttavia sai bene tra Spielberg e il telefilm chi è che rimarrà nella storia del cinema e chi invece rimarrà nella storia della tua vita.

    Quando ho iniziato a leggere il contributo pensavo che l’autore la mettesse su questo piano. Che ci dicesse: bello leggere Tolkien. Ma Joyce è un’altra cosa, ha un altro *senso*, soprattutto.
    Ripeto: è come scegliere tra Schindler’s List e Prison Break.
    Ciò non toglie che in questi giorni mi sto sparando la quarta maratona di Prison Break in due anni… 🙂
    Tolkien scrive bene, non si può dir nulla in merito, ma qua e là è un po’ manierista, un po’ professorale, Joyce con la penna fa quello che vuole. Tolkien sì, magari inventa una lingua, ma Joyce reinventa la sua di lingua, l’inglese, la percorre in lungo e in largo con un lavoro mastodonticamente minuzioso. Tolkien si inventa un mondo mentre Joyce smaschera quello in cui vive quotidianamente; Tolkien rappresenta il conflitto tra bene e male mentre Joyce fa la radiografia all’anima umana, alle sue contraddizioni, ai suoi dissidi, alla psiche… alla lunga tra i due approcci, quello fantasy e quello letterario, finisce col palesarsi una voragine sempre più netta negli scopi, nei mezzi, nelle intenzioni, nelle possibilità.
    In un libro fantasy la storia, la trama è centrale; in letteratura spesso e volentieri è una scusa, e stringi stringi manco c’è, fai fatica a sintetizzarla, è più un concept – rimanendo all’Ulisse di Joyce, ti verrebbe da dire che è la cronaca fedele di una giornata in quel di Dublino all’inizio del secolo scorso.

    Letteratura e fantasy a volte proprio in virtù di questo non coincidono, perché, come nel cinema non è definibile “Cinema” (si noti la C maiuscola) qualsiasi cosa passi sullo schermo, in Letteratura non è definibile Letteratura qualsiasi cosa stia in un libro.
    Ciò detto non sei obbligato a scegliere. Ogni cosa nella vita può avere un suo spazio, un suo tempo. In tv puoi vederti Schindler’s List dalle 20 alle 23 e dalle 23 alle 24 vederti l’ultima puntata della tua serie preferita.

    Attenzione, non lo dico per sminuire Tolkien, altrimenti non lurkerei l’ennegì. Ne faccio una questione di cosa vai ricercando.
    ..
    Nel pezzo segnalato trovo che viene citato un certo “Joseph Cambpell” e viene addirittura detto: se uno non ha mai letto questo signore, allora non può ambire a scrivere di cinema o di letteratura.
    Ohibò!
    Sicuramente il lavoro di questo signore, stando a quel che si legge in Wiki, sarà interessante, ma non esagererei fino a questo punto. Suquest’argomentazione farei una bella croce sopra. Perché i fatti dicono che c’è pieno di gente, là fuori, che ha vergato capolavori o ottimi libri senza essersi sparata i saggi di questo signore. Conosco a fondissimo l’opera di decine di scrittori, da Joyce a Gide a Wilde a Busi a Miller a Kafka a Bene a Proust a Arbasino a Bukowski a Burroughs a Kerouac a Tondelli a Nori a Ellis a Veronesi a Pasolini a Fante a Rushdie a Trevisan, comprese le lettere, i diari, la saggistica su di loro, e a nessuno che io sappia è mai venuto in mente di citare come centrale nella loro produzione l’opera di questo Campbell. Che per carità: non voglio sottovalutare, solo che mi sembra valere quel vale sostenere che non si possa ambire a scrivere se non lo si conosce. Diamine, si può scrivere anche se non si è letto Proust o Joyce – e tanta gente che scrive non l’ha mai fatto.

    Punto secondo. Le implicazioni morali.
    Be’, in sé e per sé non condivido molto del discorso che viene fatto. Non ce la vedo questa schizofrenia. Ma anche se vi fosse, non è detto che renderebbe meno bella o meno coinvolgente o meno di valore l’opera. Anzi! Più un’opera – stando alla distinzione tra Letteratura maggiore e minore – problematizza, fornisce spunti, coglie lo spessore del reale che davvero non può essere diviso in bianco o nero, bene e male, buoni o cattivi, più il suo valore è alto, più è in grado di cogliere le sfumature della realtà, le contraddizioni dell’esistenza.
    La letteratura, quella tra virgolette “vera”, non rinuncia a problematizzare il più minuzioso dei particolari, là dove quelle forme di scrittura basate sulla trama come il fantasy si concentrano più sugli aspetti generali e della storia sacrificando alla bell’e meglio i dettagli, soprattutto quelli che hanno a che fare con l’introspezione psicologica.
    Difatti uno dei difetti che invece io personalmente riscontro in Tolkien è che la necessità di rendere coerente con se stesso il mondo che ha creato, e di far coincidere ogni elemento con la trama, ha svuotato di complessità, di credibilità, di spessore il mondo da lui creato. Manca introspezione psicologica, manca – ripeto – complessità, perché il mondo non è veramente diviso tra persone che operano il bene e aborriscono il male e viceversa. Dunque se da qualche parte l’opera vacillasse in questo dividere le cose con l’accetta, be’, non potrebbe che guadagnarne. Invece secondo me Tolkien per semplificare e semplificarsi le cose, ha cercato di raccontare una storia in cui si capisse chi fossero i buoni e chi i cattivi, cosa fosse considerato bene e cosa fosse considerato male, e tutto si può dire tranne che questa cosa non sia chiara.

    Allo stesso modo i tentativi di fare della critica sociale applicata a Tolkien, mi lasciano freddo e perplesso. Non è che avercela con gli orchetti può veramente essere considerato razzistico. Non può veramente essere un’argomentazione contro il libro, questa.

  60. Grazie de contributo, Stefano.

    Mi concentro qui sulla questione Tolkien/Joice-Schindler’s List/Prison Break.

    Io sottoscrivo in pieno la posizione di Roger Ebert – se qualcuno mi chiede com’è Prfison Break, è inutile che glielo paragoni a Schinsdler’s List, perché parliamo di media, temi, approcci e sviluppi completamente diversi.
    Di aspettative completamente diverse.
    Di fatto, chi mi chiede come sia Prison Break, non è interessato a sapere se sia meglio o peggio di Schindler’s List – è molto più interessato a sapere se sia meglio o peggio di Lost, di NCIS o di Weeds.
    E chi mi chiede di Schindler’s Lis, non è interessato a sapere se sia meglio o peggio de I Predatori dell’Arca Perduta – che pure è dello stesso regista – ma se sia meglio o peggio di Fuga da Sobibor o The Counterfeiters…

    Joyce è meglio di Tolkien?
    Le possibilità sono due – o rifiutiamo le distinzioni fra generi e fra letteratura alta e letteratura bassa… ma allora quali saranno i nostri criteri di giudizio?
    Oppure ammettiamo che esistano distinzioni (non ci interessa al momento basate su quali parametri) di generi e di livello – ed il paragone, la domanda stessa, diviene priva di significato.

    Molto, moltissimo, alla fine, dipende dalle aspettative del lettore – se le mie aspettative sono di natura joyciana… allora cosa ci sto facendo con Tolkien?

  61. Due cose, secondo me.

    1) La prima è che per quella che la mia esperienza, l’interesse letterario cresce con le letture e la difficoltà delle medesime.
    La mia esperienza di lettore ha avuto due fasi. Durante l’infanzia e la prima adolescenza, avevo letto qualcosa dei gialli Mondadori, e poi libri tutto sommato per ragazzi come “Il Buio Oltre la Siepe”, “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie e “Il Signore delle Mosche”. Insomma: libri in cui le cose accadevano, soprattutto. Libri con una trama in primissimo piano e una scrittura tutto sommato semplice e al servizio della narrazione.
    POI un giorno per un po’ smetto di leggere e il primo imput che mi viene offerto a 1 anni è Madame Bovary di Flaubert. Chiaramente l’ho detestato. Non riuscivo a leggere due pagine di fila, credo. Mi sembrava un mattone.
    Questa esperienza mi fece smettere di leggere per un po’. Quando ci ho ritentato è stato proprio Il Signore degli Anelli uno dei libri che mi ha permesso, in crescendo, di accedere a libri di qualsiasi livello.

    2) Ad ogni modo anche se credo che nella vita un lettore piano piano si inoltri su sentieri sempre più complessi, fino a padroneggiare anche le categorie della filologia e della critica letteraria (riuscendo a capire se gli piace di più il minimalismo o il barocco, se ama maggiormente la letteratura dell’800 del 900 o contemporanea…), ci sia la possibilità di vivere in universi paralleli.
    E proprio la tv ti dà la cifra di questo co-galleggiamento.
    Alla tv ti becchi – appunto – Spielberg dalle otto alle ventitré e poi ti becchi Lost. E di solito li guardi entrambi e te li godi entrambi.
    Io sono così anche quando leggo. Tanto che a volte leggo due o tre libri insieme, magari di argomenti e di taglio diverso.

    Pur sapendo che non esistono compartimenti stagni e che ciò che ti intrattiene può spingerti a riflettere e ciò che ti fa riflettere può al contempo farti divertire, penso solo che prima o poi debba emergere una consapevolezza che Tolkien va bene per certi bisogni, e Joyce va bene per altri.
    Insomma: mi fan paura quelli per i quali tutto è a misura di Tolkien (o ultimamente Baricco).
    Però come Pollyanna bisogna trovare il lato positivo nelle cose, e anche nel genere fantasy, qualche volta, puoi trovare cibo per l’anima e la mente allo stesso tempo.

  62. Pingback: Cattivi esempi, brutti messaggi, freni a mano sulla rena « Sei Un Idiota Ignorante

  63. Ne approfitto per uscire dal lurking.
    E per battermi un pugno sulla testa: evito di passare da queste parti per un poco e cosa mi perdo? Un post su Tolkien!

    Dunque. Eh. Tolkien.
    Ci sono arrivato ad undici anni. Trip assoluto, letto qualunque cosa (qualunque!) almeno cinque volte.
    Monopolizzazione assoluta.
    Un trip lungo sei anni.
    Sei.

    Poi sono entrato in una comunità e mi hanno molto aiutato. Ci siamo tolti le orecchie da elfi e abbiamo iniziato a parlare come esseri umani. Ci siamo disintossicati con Reeve, Brunner, Asimov, Sheckley. Rodari. Buzzati. Rubino.
    Alla fine sono riuscito a tornare ad una vita normale.
    Adesso non ho più bisogno della mia dose quotidiana in endovena di Quenya e posso pensare a mondi inventati con delle macchine, pensate, macchine!

    Ciò detto, Tolkien continuo ad adorarlo (nel senso di piacere – to love, not to worship). Anche per i suoi limiti come narratore, e forse proprio per quelli. Ma del resto avete fatto un gran lavoro a riassumere pressappoco tutto, e vi ringrazio per avermi risparmiato la fatica. ^___^

    Per il resto, il mio suggerimento è: leggere, adorare, spararsi il trip, aspettare che gli effetti collaterali scadano… e poi seppellire.
    Altrimenti ti prende e non ti molla più.

    Torno alla mia medicina.
    Vi amo tutti.

    Ehi, ciao, Gandalf! Anche tu qui?

    Shaggley, ex-Tolkienista Anonimo

  64. Ammettere di avere un problema di Tolkien-dipendenza è il primo passo per risolverlo 😉

  65. Pingback: Usa la Forza, Luke – ghiaccionove.com | ghiaccionove.com

  66. Pingback: Progetto Sette Link « strategie evolutive

  67. Fichissima questa discussione, ci ho messo una vita a leggerla tutta (a quasi un anno dal post iniziale).

    Che devo dire? Nato e cresciuto con Tolkien anche io (ho anche fatto la tesi su laurea su Tolkien, ma in modo molto tangente, piu` legata al media che al messaggio), gli ho presto preferito altri autori, in giovinezza soprattutto Eddings.
    Per citare quello che l’Uomo del Belgariad disse sul Grande Vecchio:”Tolkien? Beh, i suoi personaggi femminili iniziano dal collo in su.”

    E se devo dirla tutta anche io, datemi 100 pagine di Leiber (o 50 di Vance) a 1000 di Tolkien.

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