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ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Il Crocevia del Mondo

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OK, un pezzo leggero e avventuroso per il finesettimana, in parte ispirato dal post contiguo sul lama dai guanti verdi dell’amico Alex Mcnab, in parte dolorosamente necessario per tenere alla larga depressione e umor nero in questi primi giorni di sole primaverile.
Un pezzo del piano bar del fantastico, per i miei amici Orientalisti Anonimi, e per il gruppo dei Taoisti Torinesi.
Ecco, considerate quanto segue l’abstract di una mia ipotetica tesi di dottorato in Orientalismo Anonimo…

E per quanto tenda ad allargarsi a macchia d’olio, ed a scappare da tutte le parti, la nostra storia, che poi non è esattamente una storia, diciamo piuttosto una lista della spesa, comincia e finisce in quel posto noto ai viaggiatori ed agli avventurieri come Tartaria, come Turkestan Orientale o Turkestan Cinese, come Sinkiang o Xinjian.
Quell’area della Cina schiacciata fra l’altopiano del Tibet a sud e la Mongolia esterna a Nord e il Deserto del Gobi a est, nella quale secondo gli antichi geografi cinesi si trovavano le porte dell’oltretomba.
Uno di quei settori della mappa che uno guarda e non c’è niente.
Tranne naturalmente il deserto del Taklamakan – che nel dialetto locale significa qualcosa del tipo Se Ci Entri Non Ne Esci, e che i più raffinati traducono come Il Deserto della Morte Inevitabile.
Il genere di posto attorno al quale anche la Via della Seta – mi personale ossessione da sempre – tendeva a fare il giro largo…

Il giorno in cui mi metterò a scrivere bestseller d’avventura come Clive Cussler (e perché no?), il Sinkiang e le aree limitrofe figureranno prominentemente nelle mie storie.
Il posto è troppo maledettamente romanzesco.

Sembrerebbe un posto tranquillo

Il Sinkiang – e aree limitrofe – è uno di quei settori della mappa dove i confini arbitrari della storia e della geografia proprio non ce la fanno a restare nitidi e nella sfocatura risultante tutto sembrerebbe possibile.
E probabilmente lo è.
Cnsideriamo l’intervallo 1920-1940…

[e, ammettiamolo, partendo dal ’20, ci lasciamo indietro una fetta della Terza Guerra Afghana che nel 1919 tracimò oltre le montagne con i Waziri in fuga braccati da un contingente inglese dotato, tra l’altro, di cannoni trainati da elefanti]

Partiamo dal 1920, e ricordiamoci che in Sinkiang – ok, è la dicitura più antiquata, fatemi causa – ci sono i dinosauri.
No, non fate quella faccia.
Sono fossili.
Se è vero che al secondo posto nella lista dei miei sogni impossibili in campo accademico c’è l’idea di poter entrare in una sala da conferenze, salire sul podio, far partire PowerPoint e annunciare agli astanti “Contrariamente a ciò che sostengono i miei stimati colleghi, i dinosauri sono ancora vivi, e posso dimostrarlo!”, non è questo il caso.

I dinosauri del Gobi e del Taklamakan sono una delle più spettacolari scoperte scientifiche del ventesimo secolo.
Sorvoliamo sul fatto che i cinesi di fatto disseppellissero i fossili da millenni, e li usassero per preparare i loro bibitoni.
Il bacino di Junggar contiene i più ricchi giacimenti di dinosauri fossili al mondo.

Roy che fa Indy

Nella prima metà degli anni ’20, Roy Chapman Andrews, avventuriero e naturalista, guidò una carovana di automobili a occidente da Pechino, con l’intento di scavare fossili.
Ne trovò parecchi – soprattutto nel Gobi – con gran piaere della Smithsonian Institution che sponsorizzava la sua impresa; in Cina ancora oggi lo considerano un predone del patrimonio nazionale, ma questo è, come si suol dire un dettaglio dovuto all’incapaciotà di alcuni di apprezzare le bravate dementi di altri…
Roy Chapman Andrews, cacciatore di dinosauri ed abilissimo promotore di se stesso, Boy Scout ad honorem, scorrazzò su e giù per le regioni che stiamo considerando per una decina di anni, compiendo l’ultima spedizione nel 1930.
Roy Chapman Andrews è anche – ipoteticamente – l’ispiratore di Indiana Jones.
Se è vero che Lucas e Spielberg sono nella fascia di età adatta per aver letto i libri divulgtivi per ragazzi nei quali Chapman Andrews racontava (con qualche ovvio abbellimento) le proprie imprese, è anche vero che, sì, ok, Chapman Andrews portava cappello e pistola al fianco… ma Chuck Heston ne Il Segreto degli Inca, è molto più Indy di lui.

Ma non siamo qui per parlare di Indiana Jones (del quale tuttavia esiste un romanzo nel quale compaiono dinosauri cinesi vivi).

Ufficiali della Marina Nipponica

Un poco più a sud dell’area dove Chapman Andrews scavava fossili, si muovevano intanto i pellegrini buddhisti giapponesi che, col senno di poi, sappiamo essere stati nient’altro che ninja… beh, ok, uffciali di marina legati all’intelligence, alla disperata ricerca di qualcosa… una stele, un’iscrizione, un rotolo di carta di riso, qualsiasi cosa, che giustificasse l’annessione di quei territori all’Impero Giapponese (con la scusa del “C’eravamo prima noi!”, già usata per annettersi la Corea); la tradizione dei falsi pellegrinaggi era stata lanciata dal Conte Kozui Otani, un raffinato intellettuale giapponese e membro della Royal Geographical Society che sveva sguinzagliato “monaci” per tutta l’Asia alla ricerca di pezze d’appoggio per le annessioni, ed intanto si era costruito una delle più importanti collezioni d’arte orientale al mondo.

Lui preferì un giro in macchina della Mongolia

Otani che naturalmente fu amico di Sven Hedin, l’uomo che aveva scoperto il Transhimalaya e le sorgenti del Bramaputhra, e che sostanzialmente zampettò per l’Asia in lungo e in largo; e che negli anni che stiamo considerando aveva progettato una spedizione nel Turkestan Cinese, ma aveva poi desistito – optando per una traversata della Mongolia in auto (aveva superato la sessantina) – considerando la situazione politica troppo instabile.

Troppo instabile?!
Andiamo, Sven, non rovinarci la festa!

Il Barone Pazzo

Certo, poco più a nord dell’area in cui Chapman Andrews scavava fossili, e più o meno negli stessi anni della sua prima spedizione, cavalcava naturalmente l’armata del barone Roman von Ungern-Sternberg, alias il Barone Pazzo, alias il Barone Sanguinario, probabilmente il modello per il Conte Zaroff di The Most Dangerous Game e di tutti i russi pazzi del cinema dagli anni ’20 in poi. Un russo bianco nominato Dio della Guerra dal Dalai Lama, l’idea del quale era di aprire una strada dalla Mongolia a Parigi, segnandone il percorso con uomini crocefissi.
Aveva una lunga lista di persone che mal sopportava.
Individuo pacato ed amorevole, come potete immaginare, Ungern-Sternberg – che aveva adottato la svastika come bandiera molto prima del Caporale (quello che intrallazzava col lama dai guanti verdi citato in apertura) – venne fucilato dai bolscevichi semplicemente perché i suoi stessi uomini non erano riusciti ad ucciderlo (usando una mitragliatrice per crivellarlo di colpi mentre dormiva!)
Ungern-Sternberg era convinto di essere la reincarnazione di Gengiz Khan.

Il Khan di Bukhara

Cosa che non doveva fare molto piacere a Mohammed Alim Khan, che di Gengiz diceva di essere diretto discendente (certo, come no…), e che in quegli stessi anni, appena più a ovest se la stava giostrando proprio coi bolscevichi in qualità di Emiro di Bukhara.
Quando la Rivoluzione arrivò Bukhara, Alim Khan fuggì con i propri uomini prima a Dushambé e poi in Afghanistan, strada facendo dandosi a piccoli atti di brigantaggio, grazie anche al supporto dei Basmachi, popolazione locale alquanto belligerante, che mal sopportava i bolscevichi e che misein campo qualcosa come 30.00 uomini.
Non incontrò né derubò Roy Chapman Andrews, né ovviamente Ungern-Sternberg (peccato, perché entrambi odiavano i bolscevichi, ed avendo una specie di legame di parentela… sarebbe stato l’inizio di una bella amicizia).

Enver Pascià

Così come sarebbe stata una gran bella festa se Ungern-sternberg o Alim Khan avessero incontrato Ismail Enver, alias Enver Pascià, già ministro della guerra della Turchia, che era stato chiamato per mediare la tregua fra Basmachi e russi, ma preferì unirsi ai basmachi e proseguire la rivolta – arrivando a prendere il controllo di oltre metà del territorio che era stato… di Mohammad Alim Khan (per cui no, forse non sarebbe stata una bella amicizia).
Enver Pascià, che era già stato all’onore delle cronache per aver cannoneggiato Odessa e Sebastopoli durante la Prima Guerra Mondiale, era stato il fautore dell’eccidio degli Armeni, dei Greci e degli Assiri durante il conflitto ed aveva proposto di mettere in campi di concentramento i cittadini delle nazione alleate residenti in Turchia, ma ora – non più persona grata nel proprio paese – cercava di scavarsi una nicchia nell’oriente misterioso, sognando un grande impero turco che si estendesse da… mah, facciamo da Pechino a Istambul.
Lui e Ungern-Sternberg avrebbero fatto scintille.

Geologo

Strano invece, se ci pensate, che Ferdynand Ossendowski, che ebbe modo di incontrare Ungern-Sternberg, e ne parla nel suo Bestie, Uomini e Dei, non dica nulla di Alim Khan o di Enver Pascià…
Certo, lui vagando a lungo (era un geologo) per quella stessa area, in quegli stessi anni, incontrò il Re del Mondo e visitò l’Agartha, quindi possiamo immaginare avesse altro da fare.

Questa donna è un lama

E peccato che non abbia neanche incontrato Alexandra David Neel – che suona britannica, ma era in realtà francese e si chiamava Louise Eugenie Alexandrine Marie David – che in quegli stessi anni, poco più a sud, si occupava di Buddhismo, tanto da essere la prima donna investita del titolo di lama.
Ne avrebbero avute, di cose da dirsi, la David Neel e Ossendowski – e certamente anche Nicolaj Roerich, che dal 1924 al 1928 esplorò queste regioni, avrebbe avuto delle belle storie da raccontare.

Mistico

Roerich, un pittore e mistico russo influenzato artisticamente da Gauguin e VanGogh, lasciò abbastanza di sale, in effetti, i suoi accompagnatori cinesi, dimostrandosi più ferrato di loro nelle pratiche mistiche locali. E naturalmente dipinse – ed i suoi dipinti, esposti a New York pochi anni dopo, avrebbero influenzato H.P. Lovecraft (doveva esserci anche lui, giusto?) nelle sue descrizioni delle architetture aliene di Alle Montagne della Follia.
La cosa interesante è che se Ossendowski visitò l’Agartha, la David Neel incontrò dei lama provenienti da Shanbhala, la mitica atlantide Hymalaiana alla quale – col nome di Shangri-La – James Hilton avrebbe dedicato una decina di anni dopo un romanzo, Lost Horizon (che fu anche il primo paperback tascabile della storia, ed un film del ’37 che inspiegabilmente venne distribuito in versione integrale solo in Svezia).
Roerich nel frattempo vide un disco volante sul Transhimalaya, e sulle eventuali connessioni Agartha-Shanbhala-UFO-Terra cava, apriremo un giorno o l’altro un dibattito.

Nazaroff era talmente sfuggente, che non ci rimane neanche una sua foto

Ma per tornare ai geologi, categoria che come capirete mi sta a cuore – in quegli stessi anni, i bolscevichi in Sinkiang stavano anche dando la caccia a P.S. Nazaroff, un geologo russo che, per sfuggire al carcere (stava a Tashkent ed aveva venduto informazioni ai Francesi ed agli Inglesi), nel 1919 aveva preso la via dei monti, passando in Cina e frequentemente spacciandosi per indigeno; le probabilità che riuscissero a beccarlo, natuiralmente, erano quantomai scarse, considerando che l’uomo che gli agenti russi avevano assoldato per dare la caccia a Nazaroff era… Nazaroff.
Nel 1932 riuscì ad arrivare in Inghilterra, dover divenne estremamente popolare avendo scritto un libro sulla propria esperienza – Hunted through Central Asia.

Aurel Stein con cane

Nello stesso anno usciva anche On Ancient Central Asian Tracks: Brief Narrative of Three Expeditions in Innermost Asia and Northwestern China, di Aurel Stein, un esploratore che, ispirato dai lavori di Sven Hedin e dalla figura di Alessandro Magno, svolse una vasta ed approfondita esplorazione della Via della Seta, con incursioni nell’area che stiamo discutendo ne 1900, 1906-8, 1913–16 e 1930.
Ebbe modo di perdersi nel Taklamakan ed arrivare strisciando all’oasi della salvezza, e scoprì Dunhuang, uno dei più importanti centri perla comprensione della diffusione delle informazioni nel mondo antico (fra i testi ritrovati c’è anche il noto Sutra di Gesù, vangelo apocrifo in salsa buddhista).
Con Stein ed i suoi compari, collaborò anche Lady Catherine Macartney, signora inglese con marito diplomatico, che si ritrovò nel Turkestan Cinese in quegli anni, e ci scrisse pure un libro. Non sappiamo se la signora avesse legami di parentela col bassista di un gruppo che – una quarantina di anni dopo, avrebbe visitato l’India…

Suo fratello inventò James Bond

E parlando di libri, proprio in quegli anni critici in cui Chaspman Andrews chiudeva le spedizioni a caccia di fossili per tornare in patria e darsi alla politica, Nazaroff e Stein pubblicavano i propri libri e Hilton scriveva Lost Horizon, nella stesse zona dell’Asia Centrale passava il fratello dell’autore di Jamers Bond, il giornalista e avventuriero Peter Fleming, che viaggiava in compagnia di Ella Maillart – una ragazza svizzera che…
Beh, ok, fatemi causa – una ragazza svizzera, fotografa e cineasta, giornalista ed olimpionica di vela nel ’24, che era molto più interessante di Peter Fleming.

Aveva un'amante eroinomane

In primis, perché lei, il Turkestan orientale, se l’era già attraversato, da sola, nel ’32, e poi nel ’39 la Maillart si fece in macchina da Ginevra a Kabul – passando per questi dintorni – in compagnia della sua amante eroinomane Annemarie Schwarzenbach.
C
he come potete immaginare, a Kabul si trovò benissimo – anche perché a Kabul si vendeva l’eroina prodotta in Sinkiang da Kent Allard, alias Lamont Cranston, che diventerà the Shadow ed avrà per radio la voce di Orson Welles.
Il resoconto scritto dalla Mallart di quel viaggio, The Cruel Way, è da tempo suilla mia lista degli acquisti, ma si fatica a reperirlo.

Ma attenzione, non lasciamo che l’avvenente signorina Maillart e la torbidissima storiaccia della corsa in macchina Ginevra-Kabul ci distraggano al punto di dimenticarci che Peter Fleming (che viaggiava con documenti falsi ed era un allegro cialtrone quasi come ogni altro personaggio citato fin qui) aveva un amico di nome John Blofeld (e suo fratello lo usò nei suoi romanzi, ovviamente) che pensava di essere la reincarnazione di un brahamino, o di un fachiro, o di un mistico orientale… insomma, un noto orientalista che fece base a Hong Kong dagli anni ’30 e nel ’37 cominciò a girare per la Cina, arrivando nel ’40 proprio da queste parti, in cerca dell’antica sapienza taoista.
E poiché ci credeva, la trovò – o così dice lui, nel suo Il Segreto e il Sublime, il più affascinante (e inaffidabile) saggio sul taoismo mai scritto.

Indovinate chi era nelle SS...

Abbiamo scordato qualcosa?
Beh, naturalmente la Spedizione Schafer del ’38-’39, voluta da Himmler, sponsorizzata dalle SS, e concentrata sull’area himalayana a sud del Sinkiang, con la speranza di ritrovare tracce dell’originario ceppo ariano dal quale discendevano tutti gli ubermesch del Reich… o quialcosa del genere.
Non è questa la sede per discutere come la spedizione Schafer sia un esempio da manuale della prostituzione della scienza a fini ideologici o meramente carrieristici.
I tedeschi fecero le loro analisi, presero le loro misure antropometriche, fecero dei calchi facciali (spesso senza preoccuparsi di praticare fori per garantire la respirazione dei soggetti) e poi se ne tornarono a casa.
Ernst Schafer portò anche un abito da lama per Hitler – e se riuscite a immaginarvi Hitler vestito da lama…
Le SS finanziarono naturalmente anche una spedizione al Nangat Parbat – ma quella storia (incredibilmente nazi-free) l’avete vista in Sette Anni in Tibet.

L'uomo che spese l'oro del lama

Ed è strano che Herrer, che pure trascorse sette anni in Tibet (…) non ci parli mai del Ministro dell’Innovazione del governo tibetano, quello strano avventuriero americano che si paragonò a Kim nella propria autobiografia, e che aveva avuto dal Parchen Lama l’incarico di convertire tutto l’oro del Tibet in hi-tech (beh, per l’epoca) in modo da rendere il Tibet la più moderna nazione dell’Asia.
ma non è solo Herre che se ne scorda.
Nessuno, a quanto pare, ricorda Gordon Enders (né io riesco a trovare un editore per un articolo sulla sua avventura).
Era il 1936.

Non male, eh?
Ed immaginate che abbiamo consioderato solo 20 anni di storia…

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Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

17 thoughts on “Il Crocevia del Mondo

  1. Articolo affascinante e tutt’altro che leggero,inoltre mi hai fatto venire in mente due bellissime storie di Corto Maltese
    (“Corte sconta detta Arcana” e “La casa dorata di Samarcanda”) in cui compaiono Enver Pascià e Von Ungern-Sternberg.
    P.S.Quell’area dell’oriente rimarrà così frequentata anche negli anni successivi?

  2. Non in maniera così intensa, ma certamente il Crocevia è molto trafficato anche oggi.
    Gli anni ’60 portano nella zona un sacco di gente che la controcultura si è persa per strada.
    E in anni recenti, la presenza di petrolio e la dissoluzione dell’URSS hanno portato altri avventurieri sulle stesse piste.

  3. Troppo lungo da leggere con l’emicrania da influenza che mi tartassa… rimando a domani

    Nel frattempo… io adoro Clive Clusser! ^_^° … quindi hai già un lettore (per quanto anche centurione romano in Egitto…)

  4. Spiacente per emicrania e influenza.
    Consiglio bibitone taoista tradizionale…
    . miele (un cucchiaio)
    . zenzero (mezzo cucchiaino)
    . il succo di mezzo limone
    Aggiungere acqua bollente e bere facendosi coraggio.

  5. Semplicemente fantastico!
    Me lo sono letto d’un fiato, come il migliore dei racconti. Fossi in te penserei a una versione extended da trasformare in ebook. Io lo comprerei al volo 😉

    Certo che a sommare un’epoca affascinante (20-40) a un luogo affascinante (quella zona dell’Asia) possono davvero nascere storie incredibili e bizzare.
    Il barone pazzo poi… sembra uscito da un romanzo!

    Peter Fleming mi era del tutto sconosciuto, sebbene abbia usato il suo famoso fratello come personaggio secondario della mia saga prometeica. Devo studiare di più!

    Infine – e chiudo sennò ti monopolizzo il blog – Roerich è un personaggio di cui avevo sentito parlare, ma che a questo punto voglio approfondire.

    Grazie per la piacevole lettura che mi hai regalato 😉

  6. molto bravo…
    un “racconto” veramente coinvolgente che riporta le menti al Grande Gioco e all’ultima frontiera dell’avventura nel mondo…

  7. mi chiedo da dove le tiri fuori tutte queste cose 🙂 bellissimo, molto interessante e trovo molto bello l’incrocio balcanico/orientale di alcuni personaggi..

  8. A me invece l’articolo ha fatto venire in mente quella storia di Sandman dove Marco Polo si perde nel deserto, più o meno da quelle parti, e incontra Morfeo…
    Per essere zone vuote della mappa, sono piutosto trafficate.

  9. Grazie a tutti – come dicevo altrove, è una cosa che venne fuori mentre davo un’occhiata alla vita di Chapman Andrews per una conferenza sui dinosauri.
    Da lì, la mia vecchia ossessione per la Via della Seta prese il sopravvento, e incrociando nomi noti, date e località… wow!

    E poi, questi personaggi avventurosi vissuti così vicino a noi (temporalmente) mi affascinano. E la vicinanza temporale garantisce che abbiano lasciato testimonianza scritta delle proprie imprese.

    Proprio ieri notte ho trovato il libro della Maillart, in italiano, a meno di nove euro!

  10. Interessantissimo, ma quante cose che succedono in quel posto. Incredibilmente sapevo di un pezzetto di questa storia, quella dell’amante eroinomane perchè ho letto il libro della Mazzucco – Lei così amata – che ricostruisce a modo suo la vita di Annemarie Schwarzenbach. Non mi sono ancora ripresa dalla depressione che mi ha messo quel libro.

  11. Fantastico!
    Quel pezzo di pianeta è tra le aree più misteriose e interessanti, forse perché nonostante le dimensioni è completamente ignorata dalla storia ufficiale che ti propinano a scuola.
    Il luogo romanzesco per eccellenza.

  12. Bellissimo articolo, quoto Alex: se ne facessi un ebook, sarebbe da comprare al vole e leggere d’un fiato! 🙂

  13. Come ho detto altrove, ci sto pensando – anche per rimpolpare le cose qui appena accennate – e inserire quelle lasciate fuori.
    Se solo non avessi tanto da fare in questi giorni…

  14. Una curiosità sui Tre Pascià:
    Ismail Enver, ministro della guerra, fu fucilato dal plotone armeno dell’armata rossa. Memet Talat, ministro degli interni, fu assassianto a Berlino da un armeno, pare con un coltello da bistecca. Amet Jemal, il ministro delal marina, fu invece assasianto a Tbilisi, sempre da armeni. Gli ultimi due omicidi avvenenro nel contesato dell’Oeprazione Nemesi.

  15. Sono queste le cose che mi piacciono di questa faccenda…

    D’altra parte, con questi tre gli armeni avevano dei buonimotivi per essere belligeranti.

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