Gideon Coxall ha poche prospettive.
Smobilitato dopo che un’auto-bomba gli ha danneggiato l’udito e gli ha regalato una piastra di titanio nel cranio, pensionato a mezza paga dall’esercito inglese, Gideon tira a campare con un lavoro da commesso in un negozio in cui si rigenerano cartucce da stampante.
In un futuro molto prossimo, la crisi ambientale ha preso una piega per il peggio – gli inverni sono rigidi, le estati piovose, il cibo comincia a scarseggiare, una tazza di té e una ciambella costano più di sette sterline.
In America, se possibile, le cose vanno anche peggio – il primo presidente donna degli Stati Uniti è una fondamentalista che ha intrapreso la carriera politica per ordine diretto di Dio (al confronto Sarah Palin è liberal), e il compartimento industriale-militare la adora: truppe americane hanno ormai esportato la democrazia a Cuba, a Taiwan, in Corea del Nord… Kiev è stata bombardata.
Il mondo sta andando all’inferno in un secchio, e Gideon ha un sacco di assegni arretrati da versare alla sua ex moglie.
Poi il suo amico Aborto – lo avevano soprannominato così sotto le armi – arriva con una voce raccattata via internet.
C’è un tale, su al nord, che assolda contractors.
Duemila la settimana, niente domande, non và troppo per il sottile.
Cerca ex militari adestrati, gente che abbia visto un po’ d’azione.
Gideon tentenna, ma poi accetta.
Arrivare ad Asgard Hall, sede del Valhalla Project, è di per se una battaglia contro gli elementi.
E quando Gideon arriverà, distrutto, a destinazione, dovrà decidere se Odino, capo del progetto, sia uno sciroccato terminale, o se sia davvero chi dice di essere.
Perché questo è il Fimbulwinter.
Gli Aesir si preparano alla battaglia finale, ed il nemico ultimo sono gli Stati Uniti d’America.
Giganti dei ghiacchi.
Troll.
Thor.
Loki.
Poi arrivano i mecha….
Non sono mai stato un grande fan della fantascienza militare.
Troppo Flandry, troppo Retief.
Mi piacciono le storie in cui è l’astuzia, non il volme di fuoco a fare la differenza.
Ma che diavolo, The Age of Odin, di James Lovegrove, è una lettura intelligente e divertente.
Nonostante il tema – una banda di mercenari malandati agli ordini degli dei del Valhalla contro la fanteria meccanizzata americana al soldo del Male – Lovegrove ci và piano con il gunfondling, e non infarcisce la sua narrativa di infiniti riferimenti a modelli, calibri, cadenze di tiro, velocità d’uscita o quant’altro.
Questa è la storia di Gid Coxall, ed è raccontata in un inglese diretto e semplice, che fila come un treno, per cui le quasi 600 pagine del volume se ne vanno in quattro-cinque sere di lettura.
Il tono è ironico ma non scade mai nella farsa o nella parodia, e la storia è buona, piena di scene d’azione e di trovate.
I più nervosi grideranno all’infodump – lunghi brani sono dedicati alla spiegazione di questo o quel dettaglio della mitologia norrena.
Ma si tratta di isterismi inutili, e la gestione delle informazioni non spezza affatto l’azione o lo scorrere della narrazione.
Allo stesso modo, molte situazioni sono “telefonate”, e il lettore scafato di fantasy – o chiunque abbia dimestichezza con le saghe nordiche – potrà prevedere certi sviluppi.
Ma in questo caso, la prevedibilità di certe situazioni è parte del pacchetto – ed è più he controbilanciata dalla imprevedibilità di altre.
Il meglio, a mio parere, Lovegrove lo tira fuori nel tratteggiare il suo protagonista/narratore – ignorante ma intelligente, incosciente ma con una coscienza, divorato dalla furia di menar le mani ma con delle priorità meno che banali.
Imperdibile la scena in cui Gid cerca di convincere Odino e le Norne a non andare a provocare gli USA in un conflitto, un divertito e divertente confronto fra il buon senso terra.-terra dell’essere umano ed i destini superiori ravvisati dalle divinità.
Eccellente anche la gestione del mix di mistica norrena e hardware più o meno moderno.
I poteri ormai affievoliti, Odino non può più cavalcare il destriero Sleipnir, e lo ha rimpiazzato con un Chinook di seconda mano.
Le Norne non tessono più su un telaio i destini degli uomini – li registrano su vecchie videocassette della Sony.
Heimdahl monta di guardia ai cancelli di Asgard con un AK-47.
Ciò che sulla carta parrebbe un’idea storta con il potenziale di diventare un’orrido baraccone si rivela invece un buon romanzo di intrattenimento.
Ed è parte di una trilogia – non un romanzo in tre parti, ma tre romanzi con lo stesso tema, ma ambientazioni e personaggi diversi.
Dei e soldati.
Vista la qualità di The Age of Odin, The Age of Ra e The Age of Zeus sono già sulla mia lista della spesa.
L’ideale per le vacanze.
Ah, e non dimentichiamo che questo è pronto per essere filmato – con Sean Bean nella parte di Gid e Terence Stamp nella parte di Odino.
Se solo ci fosse un produttore con un cervello…
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22 Maggio 2011 alle 3:06 PM
Ha tutta l’aria di essere spettacolare! Yum yum…
22 Maggio 2011 alle 3:11 PM
Lo è, decisamente.
22 Maggio 2011 alle 3:12 PM
Bella segnalazione, grazie.
22 Maggio 2011 alle 4:09 PM
La trama mi attira non poco. Qualcuno ne ha acquistato i diritti per l’Italia?
22 Maggio 2011 alle 4:20 PM
Non mi risulta – l’autore per lo meno non mi pare abbia segnalato nulla del genere sul suo blog.
Del nutrito catalogo di Lovegrove, d’altra parte, in Italia mi risulta uscito solo un racconto, nel 1998.
22 Maggio 2011 alle 4:23 PM
Speriamo che non lo legga Zack Snyder.
22 Maggio 2011 alle 6:02 PM
Fico.
E anche gli altri due non sembrano da meno: Age of Ra mi stuzzica!
22 Maggio 2011 alle 6:29 PM
Passare da queste parti è un attentato alla mia Visa 😛
22 Maggio 2011 alle 6:53 PM
@Mcnab
Capisco – in effetti leggendolo ti ho pensato.
@Sekhemty
Ra è il prossimo sulla mia lista della spesa.
Qui la premessa è che gli dei dell’Antico Egitto si siano divisi il mondo ed esista una sorta di guerra fredda fra divinità.
Age of Zeus ruota invece attorno alla resistenza umana contro la dittatura del pantheon greco.
22 Maggio 2011 alle 9:36 PM
Intanto mi è arrivato Black Hand Gang. Giusto in tempo per inoltrare un altro ordine, a quanto pare….
22 Maggio 2011 alle 9:41 PM
una distopia olimpica! E in Egitto gli dei che si dividono il mondo… Come in Atlantide di Battiato 🙂
23 Maggio 2011 alle 3:56 PM
Cosa vedono gli occhietti miei… una trilogia. Una vera, invece che un romanzo in tre puntate!
24 Maggio 2011 alle 12:40 AM
Però in inglese…
Vorrei sapere perché per scegliere quali libri tradurre non chiamano un “che se ne intende”. Sicuramente ci sarebbero molti libri migliori e meno cagate straniere.
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