E così è arrivata l’estate.
Non l’ho intuito dall’aumento delle temperature, dall’umidità da giungla del Borneo, dai temporali che con regolarità inquietante ci innaffiano alle cinque quasi tutti i pomeriggi.
Non c’entrano le lucciole – mai viste in quantità così elevate in passato – le cicale o i grilli.
Gelati, té ghiacciato e misteriosi bibitoni gelidi hannoa poco a che vederci.
No, io capisco che l’estate è qui perché mi si azzera quasi completamente la voglia di leggere narrativa, e vengo colto da una furia per la saggistica.
Divulgazione scientifica, al momento.
La fortuna vuole che sullo scaffale d’emergenza ci sia ancora una copia intonsa di The World is Blue, di Sylvia Earle.
Sottotitolo, Come il nostro destino e quello dell’oceano sono una cosa sola.
Gran bel volume.
Che per una volta non si sbrodola a raccontarci dall’inizio come gli oceani si siano formati, ma ci si tuffadentro fin da pagina uno, descrivendo con cura e con precisione il legame forte che esiste fra la vita sulla terra e l’oceano.
C’è tutto – il plancton, i molluschi e i crostacei, i pescecani e le balene.
Le ostriche.
La scienza.
L’economia.
La politica.
Ci sono i rischi, gli abusi, le sciocchezze e le conseguenze nefaste di azioni spesso motivate dalle migliori intenzioni.
È un gran bel libro, insomma, ed un libro importante.
sa il cielo che non mangerò mai più una scatoletta di tonno sott’olio con lo stesso atteggiamento…
Io Sylvia Earle la idolatro da quando si installò sul fondale oceanico con un gruppo di acquanauti e un habitat sperimentale, una trentina d’anni or sono (sì, ho sempre avuto un debole per le donne in muta da sub… psicanalizzatemi fin che vi pare).
Ho letto i suoi articoli e le sue interviste, ho un po’ di suoi libri qui sul mio scaffale, ed è certamente uno dei motivi per cui da anni mi dico che se riuscissi a scucire una seconda laurea, sarebbe certamente in Oceanografia.
Ora ha messo in piedi il progetto Mission Blue, che è il genere di cosa che mi fa urlare per il fatto che io sto qua nel paese del pallone e della velina, mentre là fuori succedono cose…
Ecco, visto?
Sarà un’estate lunga.
Per fortuna ho una pila alta così di saggi scientifici da leggere.
E se volete farvi un’idea (ok, è in inglese, ma vi serve, fare un po’ d’esercizio…)
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11 luglio 2011 alle 9:15 AM
E se dico che a me piacevano i programmi di Jacques Costeau, cosa rischio?
11 luglio 2011 alle 9:24 AM
Rischi che ci faccia un post 😀
Anch’io ho nel mio passato i documentari di Cousteau.
Senza dimenticare Folco Quilici.
11 luglio 2011 alle 9:34 AM
A me a pensare a Quilici viene sempre in mente Joe Cocker (e i Procol Harum)! 🙂
BTW non conoscevo Sylvia Earle, ma a leggerti capisco benissimo come si possa finire per idolatrarla. Buone letture!
11 luglio 2011 alle 9:41 AM
“Ho visto le menti migliori della mia generazione
Distrutte da una trasmissione televisiva intitolata Avventura”
Mino Damato con Avventura ha segnato la nostra generazione – potremmo riunirci in una sorta di culto.
Quilici, Cousteau, Heyerdahl, lo Skylab…
E Cocker che cantava “She came in Through the Bathroom Window”.
Che anni meravigliosi.
11 luglio 2011 alle 11:47 AM
Posso urlare anche io? Così , giusto per esprimere la mia frustrazione. Poi non mi passa ma almeno mi sfogo per un momento.
11 luglio 2011 alle 11:50 AM
Unisciti al coro.
A volte urlare serve – scarica la frustrazione, sfoga l’aggressività accumulata.
Poi, a mente chiara, si può riprendere la corsa.
Perché dopo aver urlato, tocca darsi da fare.
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