Volevo l’avventura.
Andai giù in messico, e presi tutti i soldi che avevo ed acquistai un somarello, alla perifera di Mexico City, per novanta dollari. Un somarello molto piccolo.E partii in groppa al somarello, lasciando Mexico City e prendendo su per le montagne verso Cuernavaca – che è parecchio lontana. Il somarello se la cavò bene per le prime trenta miglia, ma alla fne mi resi conto che avrei cciso quella povera bestia perché era troppo piccolo. Era un piccolo bastardo minuscolo. Quando incontrai un ragazzino lungo la strada, gli diedi semplicemente il somarello, e poi feci l’autostop fino a Cuernavaca. Quando ci arrivai, cominciai a cercare altri americani – perché Cuernavaca era una specie di località turistica, all’epoca – e riuscii a trovare un lavoro in un negozio di Huarache, fabbricando sandali.
Una sera, venni invitato a questa cena a casa di qualcuno, insieme con un gruppo di altri espatriati che vivevano laggiù. Ed uno degli ospiti era questa cantante d’opera con calvizie incipiente. Era praticamente l’anima della festa, perché era molto spiritosa. Ad un certo punto, mi fissò e fece una lettura psichica a freddo. Mi disse, “Ti vedo come un soldato. Sei stato un soldato di basso grado in molte guerre diverse. Ti vedo picchiare sul portello di un carrarmato in fiamme nella Prima Guerra Mondiale, mentre cerchi di uscirne.” E poi disse, “Sei stato un soldato in ogni vita, fino a questa. Ora sei ben deciso a diventare un artista.”
Dopo quel fatto, partii per Tepotzlan, che è più su nelle montagne, affittai una stanza e cominciai a dipingere.
Not Bad, For a Human, è l’autobiografia di Lance Henriksen, scritta a quattro mani con il regista e documentarista Joseph Maddrey.
Ora se devo spiegarvi chi è Lance Henriksen, siete probabilmente sul blog sbagliato.
Ma ci proviamo lo stesso…
Ci sono domande?
L’autobiografia di Henriksen è strana (ma strana bene) fin dall’inizio – ha il formato di un albo a fumetti, una copertina spettacolare.
All’interno, oltre a poche foto essenziali, ci sono i ritratti di Henriksen ad opera di Bill Sienkiewicz, Mike Mignola, Asley Wood, Eric Powell, Tim Bradstreet, Tom Mandrake e Kelly Jones.
Si tratta di un volume autoprodotto, pubblicato dalla Alexander Henriksen Press, in collaborazione con la Bloody Pulp Books.
Ed è un libro molto molto soddisfacente.
Henriksen parla brevemente della propria infanzia, prima di partire con i ricordi dei set, delle interpretazioni, delle storie.
Scopriamo intanto che è un pittore piuttosto apprezzato, un vasaio.
Scopiamo che è stato analfabeta fino all’età di trent’anni – quando ha imparato a leggere guardando film con il copione aperto in grembo.
Scopriamo la sua passione per fantascienza e horror.
Scopro con una certa sorpresa che Lance Henriksen esordisce come “attore parlante” in Quel Pomeriggio di un Giorno da Cani, nella parte di un detective della polizia che i coleghi prendono in giro perché “ha la faccia buffa”.
E non mancano le riflessioni sulla personale filosofia di vita che l’attore ha maturato nel corso degli anni.
Le 214 pagine del volume includono – oltre alle immagini già citate e alle riproduzioni di alcuni dipinti di Henriksen – anche una filmografia (ma quanti film ha fatto?!) ed una bibliografia.
Un eccellente acquisto, ed una lettura un po’ diversa dal solito – per staccare.
E poi, diversa dal solito…
Su uno scaffale qui in casa, nella mia biblioteca, ci sono due delle più divertenti e interessanti autobiografie che mi sia capitato di leggere.
If Chins Could Kill, del sempre colossale Bruce Campbell.
All Those Moments, di Rutger Hauer.
Beh, questo libro va a completare un terzetto ideale, e per più di un buon motivo.
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15 settembre 2011 alle 11:54 AM
Splendido:-)
Non me la sento di aggiungere altro… mi fischia un orecchio
15 settembre 2011 alle 12:20 PM
Che bello!
(Quando penso a lui mi travolge sempre lo sconforto per il modo in cui hanno lasciato naufragare Millennium…)
15 settembre 2011 alle 12:20 PM
Fantastico. 🙂
Grande attore e gran voce… sentire le edizioni originali dei suoi film per credere.
15 settembre 2011 alle 3:08 PM
Bellissima segnalazione.
Inizio raccontato… yeah! 😀
@ Ferru
Quello è Supperberg che vuole verificarti l’account. 😀
15 settembre 2011 alle 3:25 PM
Stupendissima notizia!
Spero di far cosa gradita segnalando un mio personale omaggio al grande Lance 😉
http://vimeo.com/23143979
15 settembre 2011 alle 4:06 PM
Un grande, sarà mia al più presto. Se per certi versi la paragoni al bellissimo If chins could kill, che sa essere spassosa e incredibilmente profonda (penso non dimenticherò mai il capitolo sulla realizzazione di Evil Dead), devo leggerla per forza. 🙂
15 settembre 2011 alle 4:29 PM
Si tratta in entrambi i casi – in tutti e tre, in effetti, perché ci metto anche la bio di Hauer – di autobiografie dalle quali emergono personaggi estremamente umani e realizzati.
Per tutti e tre c’èil grande momento cinematigrafico – Evil Dead, Blade Runner, Aliens… ma poi la routine dei film di Serie B viene vissuta con un certo orgoglio artigianale.
15 settembre 2011 alle 5:51 PM
Invidia… già a partire dai ritratti. L’attore è notevole, una delle ‘maschere’ a cui sono più affezionato. Sospetto che l’uomo sia molto più interessante.
16 settembre 2011 alle 10:04 AM
Potrei liquidarlo come una versione zen di Clint Eastwood, ma è molto meglio di così.
Oltretutto ha una carriera teatrale alle spalle da far paura.
Ed una vita personale, prima di diventare attore, veramente da film.
17 settembre 2011 alle 1:50 PM
Da quel che leggo, lo immagino come una persona in possesso d’infinite riserve di volontà; e non posso che rimanere basito davanti la sua filmografia. Porca miseria! Vuoi vedere che in realtà lui è proprio Bishop… e finge di essere Henriksen?!
Quoto Giacomo riguardo Millennium.
Appena ricarico la ppay lo ordinerò insieme a Paragaea. Ovviamente, date le copertine, si accomoderanno di fianco all’antologia di Charles de lint… (non ti ringrazierò mai abbastanza per averne parlato.)
17 settembre 2011 alle 2:20 PM
Felice di aver conquistato un altro fan di De Lint.
Henriksen ha davvero una carica da paura – e doti interpretative notevolissime, da come ne parlano i registi che hanno lavorato con lui.
Quanto all’essere Bishop… la scena qui sopra, il giochino col coltello, NON è accelerata.
La versione accelerata faceva schifo, perciò Cameron chiese a Henriksen e Paxton (entrambi brilli), di rifarla con la camera in ripresa normale, la notte dell’ultimo giorno di riprese.
Il grido terrorizzato di Paxton è autentico.