strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Positivisti, grazie a Dio!

19 commenti

Questa notte mi prendo un’ora per buttare giù di getto un paio di idee che mi frullano in testa da prima di cena – una specie di irritazione che devo in qualche maniera grattare, per darle uno sfogo.
Ed essendo uno che scrive (non necesariamente bene, ma scrive), lo faccio qui, ora, per iscritto, approfittando del fatto che questo post andrà online il sabato prima di Pasqua e quindi non credo lo leggeranno in molti.

È agli atti il fatto che io non scrivo “per me stesso”, ma questo è un caso particolare.
Devo scrivere ciò che segue, e devo scriverlo prima di tutto e soprattutto per me stesso.

Il fattore scatenante – in un blog qui vicino mi sono dovuto sciroppare per l’ennesima volta il solito ragionamento, la solita storia per cui

gli scienziati scrittori sono spesso positivisti… and god save us from that!

Io sono uno scienziato.
Lo sono per preparazione, storia personale, cultura e pratica quotidiana.
Sono – per hobby, ma anche per lavoro – una persona che scrive.
E temo di essere un positivista – per lo meno in linea generale (non scendiamo troppo a fondo nella discussione filosofica).
L’atteggiamento che sottende quella frase mi urta, mi irrita e mi offende profondamente.
È uno dei pochi atteggiamenti che hanno il potere non solo di farmi infuriare, ma anche e soprattutto di suscitare in me una reazione violenta.

Ma la violenza è futile.
Vediamo allora di mettere la cosa in prospettiva.

Sorvolerò sul fatto che questo atteggiamento di superiorità arrogante e stupida è parte di una certa cultura e non sembra ci sia modo di far capire a queste romantiche mammole che sospirare e scrollare sconsolati il capo al positivismo nel ventunesimo secolo (e per di più farlo usando la rete) è segno di ipocrisia, ignoranza, o semplice schizofrenia.
Ann Druyan* ha fatto questo discorso meglio di quanto io potrei mai farlo. 

Partiamo da qualcosa di semplice.
Siedo in questo momento al centro di una valle fluviale nel sud del Piemonte. È notte, ho sulla mia scrivania una tazza di té fumante, e la notte, per quanto nuvolosa, è piacevole al punto che ho la finestra aperta, e vedo il ciliegio nel chiarore della luna.
Ci sono diciotto gradi – non un’intuizione o una rivelazione divina, ma un dato fornitomi da un grosso termometro.
Non è un palpito della mia anima a comunicarmi la temperatura – è uno strumento scientifico.
Io so che ci sono diciotto gradi.
Sopra casa mia, mentre scrivo, sta incrociando, all’apparenza lentissimo ma di fatto non troppo in alto, un aereo. Le luci viaggiano in direzione sudovest (ho una bussola per confermarmelo).
Io non penso che sia un aereo e non credo che sia un aereo – io so che si tratta di un aereo.
Quindici milioni di anni or sono, quell’aereo non sarebbe stato un aereo, ma un sottomarino.
Perché qui c’era il mare, come non si stancano di ripetere gli indigeni.
Io so che qui c’era il mare.
Non lo credo, non lo penso, non lo immagino o lo presumo o lo desidero.
Lo so, entro un margine ben definito di approssimazione.

Il saperlo, sapere che nell’arco di quindici milioni di anni in questo posto, qui dove siedo questa notte, si sono succeduti un mare ampio e tempestoso, una costa ripida, una serie di lagune tropicali, delle paludi, una salamoia asfittica e poi milioni di metri cubi di sabbie e argille che il vento e l’azione delle acque ruscellanti hanno rimosso e modellato…
Questa consapevolezza, fondata su dati solidi e misurabili, e su un corpo di conoscenze costruito attraverso secoli da persone che condividevano un metodo e una passione…
Tutto questo non mi deruba di alcuna meraviglia, non uccide la mia immaginazione e non recide o strangola o fa appassire alcuna mia capacità di sentire.
Anzi.
Io considero assolutamente meraviglioso l’essere qui, sul fondale di un oceano morto da eoni, su un grumo di materia in rotazione attorno ad una stella che non è altro che un grano di polvere in una galassia che viaggia verso l’ignoto con l’espandersi di un universo che ospita stelle, e pianeti, e fondali di oceani morti, a milioni, a centinaia di milioni.

Il sapere che il chiaro di luna sui ciliegi è luce solare riflessa non rende la scena meno piacevole, e romantica, ed emozionante.
Il conoscere la temperatura dell’aria umida della notte non la rende meno piacevole.
E credo si debba essere molto stupidi per pensare che sia possibile, che la conoscenza ci derubi della poesia, della meraviglia o della gioia.
Che in qualche modo il sapere, o la fiducia nel progresso, possano assiderare la nostra immaginazione.

L’esse uno scienziato, ed un positivista, non mi deruba di alcuna caratteristica umana.
Non uccide la mia capacità di sentire.
E non rende le mie opinioni e le mie convinzioni, i miei sentimenti e le mie idee inferiori a quelle di un qualsiasi altro individuo.
Sono un positivista, nel senso che nel mio universo non esistono domande senza risposte – anche se forse ancora non le conosco, e ricercarle è parte del divertimento.
E sono un relativista, nel senso che nel mio universo non esiste necessariamente una sola risposta per certe domande – fatto questo che rende ancora più divertente ricercarle, quelle risposte.
E riesco anche ad essere un ottimista, nei limiti del ragionevole, proprio perché nel mio universo sta a me cercare quelle risposte, e valutarne il valore, ed il significato, ed agire di conseguenza.

La scienza, la sua frequentazione e la sua pratica, mi rendono accessibile un universo amplissimo, in cui rimangono infinite domande alle quali cercare risposta, e mi rende parte di una cultura, di una tribù, che è votata alla ricerca di quelle risposte.

Non esiste meraviglia più grande.
E davvero il campo d’azione è vastissimo.
Miliardi di anni di storia da studiare.
Eventi che coinvolgono il movimento di interi continenti o che limitano la propria influenza alla cima di un solo albero in una foresta.
La fisica dell’atmosfera e delle correnti oceaniche.
La vita, in tutte le sue multiformi manifestazioni mutevoli, la sua storia, i suoi meccanismi, le interazioni e le reti di organismi.
Le stelle, e i corpi celesti, e le loro interazioni.
Atomi fatti di particelle che si comportano come onde in una direzione, e infiniti universi nell’altra, legati dalle stesse relazioni quantiche.
La natura stessa della realtà.

Non esiste impresa più meritevole di rispetto.

L’arte?

Ricordo vent’anni fa, quasi esattamente, seduto a pranzare su un muricciolo a secco nelle Highlands scozzesi.
Di fronte a noi, il contatto tettonico fra due unità, portava a contatto rocce di età e provenienza diversa, in ampie pieghe che davano all’orizzonte l’aspetto di un’onda, una serie di onde successive, congelate nella pietra.
C’era un tale, con noi, che continuava a parlare di arte – da un paio di settimane usciva con una studentessa d’arte, ed era stato folgorato da Velasquez e dall’ampiezza della scollatura della malcapitata.
Ad un certo pnto la donna più bella del mondo – ed era davvero la donna più bella del mondo – gli indicò le grandi pieghe all’orizzonte, perse nella foschia, e gli chiese…

E questa cosa sarebbe, se non arte?

Esattamente.

Sono uno scienziato, e questo non fa di me né uno scientista con la bava alla bocca, né un fenomeno da baraccone, né una persona “diversamente sensibile”, in qualche modo menomata, priva di capacità espressive comuni in altri.
Le espressioni della mia intelligenza (per quel che vale) e della mia creatività (idem) non sono per qualche motivo da evitare, con l’aiuto del buon Dio, con un superficiale e arrogante sorrisetto di superiorità.

E sono francamente stanco di essere costantemente obbligato a sciropparmi i pistolotti spocchiosi e stupidi e le battute deliranti di qualche spirito ipoteticamente ipersensibile, che avendo trovato un set di risposte esteticamente gratificanti e predigerite nell’opera di qualche poeta morto da secoli, consuma il mio ossigeno dando vento ad opinioni indegne ed offensive, nel vano tentativo di darsi un tono e dimostrare di possedere un’anima che teme di non avere.

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* Il caso vuole che proprio in questi giorni stia leggendo Shadows of Forgotten Ancestors, di Carl Sagan e Ann Druyan.
Si tratta di un ottimo testo, vivamente consigliato – ma se foste interessati ad approfondire il discorso qui sopra, leggendovi al contempo un gran bel libro, consiglio piuttosto Billions & Billions, sempre di Sagan e della Druyan. Esiste anche in italiano, e vale maledettamente la pena.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

19 thoughts on “Positivisti, grazie a Dio!

  1. “Lo sforzo di capire l’universo è tra le pochissime cose che innalzano la vita umana al di sopra del livello di una farsa, conferendole un po’ della dignità di una tragedia.” (Steven Weinberg)

  2. A me basta leggere qualcosa di tuo per avere la certezza che il tuo essere uno scienziato non ti priva di sentimento, fantasia, creatività.
    Mi stupisce che ci siano ancora certi meccanismi mentali, al di fuori dai fanatici religiosi che per me non fanno testo (ok, è un giudiio severo ma io non riesco più a sopportare certi ragionamenti del tipo “non devi mangiare carne perché è venerdì”, oppure “non posso fare le trasfusioni di sangue perché il mio credo me lo vieta”).
    In effetti basterebbe ragionare a tutto ciò che la scienza ci ha dato, non precludendoci nulla, per fare pace con certe idee balzane.

  3. Che post meraviglioso! Davvero pieno di poesia!

    Ieri anche io mi sono imbattuta nell’affermazione che dici e non ho preso fuoco solo perchè mio marito mi ha blandito dicendomi di lasciar perdere, che anche ad arrabbiarsi ci vogliono energie e a me quelle energie servono per i piccoletti che brulicano per casa.

    Condivido ogni parola di quello che hai scritto.
    Davvero un post stupendo, grazie per aver scritto quello che anche io penso, ma soprattutto grazie per averlo fatto con tanta lucidità, precisione e sensibilità!

    Anche a me capita di sentirmi dire certe cose.
    La peggiore?
    “Non pensavo che saresti stata una mamma così dolce…sei così razionale!”

    Dove “razionale” sta per “arida in fatto di sentimenti” insomma tutta testa e niente cuore…solo perchè mi piace la Scienza e lavoro tra matematica, fisica e ingegneria.

    Mi hai davvero commosso. Ma niente lacrime, però, perchè io un cuore non ce lo ho. 😉

  4. Dillo a me, che sono un matematico (arido e razionalista della peggior specie quindi..)!
    In Italia poi, il pregiudizio antiscientifico è particolarmente forte, grazie a Croce e Gentile:
    http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-04-16/cosi-italia-azzoppo-scienza-164249.shtml?uuid=AaJFoZPD

    In Francia non è cosi, un mio collega di Tolosa mi ha detto che la prima scelta per gli studi universitari è l’ingegneria. Seguono le scienze pure. Poi, molto indietro gli studi umanistici. Addirittura là il pregiudizio è rovesciato: nessuno si vanterebbe di non sapere cos’è una radice quadrata, e chi fa studi umanistici è considerato un fricchettone che non ha voglia o capacità di fare scuole serie!

    Lungi da me approvare il modello francese.. non si potrebbe semplicemente apprezzare il sapere in tutte le sue forme, senza tifoserie assurde?

    In fondo Leonardo da Vinci si destreggiava bene in tutto…

  5. E’ la solita, idiota, necessità di contrapporre. Devono per forza etichettare, classificare, mettere nel giusto cassettino mentale le persone in qualche modo. Scienziato? Positivista? Allora, per deduzione (?), per conseguenza (??), per forza (???) devi anche essere arido, con i paraocchi, incapace di esprimere sentimenti etc.
    Sono solo io che vedo similitudini, inquietanti, con i fanatismi religiosi? Sono davvero uno dei pochi che pensa che il delimitare in questo modo le cose sia figlio di un numero insufficiente di neuroni attivi?
    Davide, è vero che la violenza non paga. Dopotutto si può sempre fare qualcosa pro bono, no? 🙂

  6. La scienza è poesia! C’è ancora chi pensa che impoverisca l’animo umano, ma non credo di aver visto uno scienziato impoverito dalla scienza (a meno che non lo fosse già).

  7. Non posso che firmare quel che scrivi. Penso che l’equivoco stia anche nel fatto che noi talora consideriamo “scienziati” categorie che con la scienza hanno poco a che vedere. La medicina, in quanto pratica clinica, non lo è, e molti dei miei ormai ex colleghi appartengono a quel tipo di persone in cui la razionalità è solo la maschera di una forma di difficoltà a percepire le emozioni. Il buon vecchio zio Jung non mancava mai di sottolineare il suo essere un empirista, ma era allo stesso modo in grado di scrivere:
    “E’ importante avere un segreto, una premonizione di cose sconosciute. Riempie la vita di un qualcosa di impersonale, di un numinosum. Chi non ha mai fatto questa esperienza ha perduto qualcosa d’importante. L’uomo deve sentire che vive in un mondo che per certi aspetti è misterioso; che in esso avvengono e si sperimentano cose che restano inesplicabili, e non solo nell’ambito di ciò che ci si attende. L’inatteso e l’inaudito appartengono a questo mondo, solo allora la vita è completa. Per me fin dal principio, il mondo è stato infinito e inafferrabile”.

    alex

  8. Concordo in tutto. Sorvolando sulla mia identità in rete, provengo pure io da una solida formazione scientifica che ha preso il via in una scuola secondaria superiore che posticipava la scelta dell’indirizzo di studi al terzo anno invece che al primo. Io arrivavo da medie dove il carisma degli insegnanti umanisti era anni luce più forte di quello della prof di matematica e scienze, e la mia idea era fare l’archeologo. Poi ho scontrato con la chimica fatta come dio comanda fin da subito, laboratori a manetta dove “vedere” e “toccare” con mano quello che si studiava e ho mandato l’archeologia in un cassetto per sostituirla con la genetica, la biochimica e i primissimi approcci di biologia molecolare. Il tutto condito lo stesso (come se fosse un liceo) da ampie dosi di letteratura, filosofia e arte. Una mazzata (40 ore di lezione settimanale con ore da 60 minuti, fate voi… in quinta volevamo una tensostruttura per dormire direttamente a scuola, visto che per la maturità tutti abbiamo dovuto portare una tesina sperimentale e bisognava fare turni assurdi in laboratorio) ma che mi ha lasciato dentro proprio il gusto dell’indagine, la voglia di capire il perché delle cose senza dimenticare lo stupore dell’ammirarne la bellezza. La prima volta che ho visto al microscopio un rotifero vivo e vegeto nel mio vetrino è stato “bello” e “stupefacente” così come ammirare a Brera i quadri di Caravaggio. Non è che “avere un atteggiamento razionale” di per sé uccida la capacità di commuoversi davanti a un tramonto del solo dietro la Grigna. Io continuo a emozionarmi anche se insegno matematica, e a non smettere mai di studiare di tutto (vedi la storia cinese, eh davide).
    Una cosa ancora: resto incantato tutte le volte che leggo i tuoi pezzi dalla tua capacità di argomentazione. L’esempio giusto al momento giusto. Saresti un grandissimo insegnante di qualsiasi cosa proprio per la passione che trasuda da ogni tuo scritto 🙂

  9. Questo post-sfogo si fa leggere come un racconto. Anzi, lo è. Bello. Molto bello. 🙂

    Riguardo quelle persone… basterebbe togliere loro tutti gli oggetti che utilizzano quotidianamente, anche i più banali… chesso’, un cavatappi! Forse inizierebbero a capire che le hanno e le possono usare a proprio vantaggio grazie a scienziati/inventori/tecnici/ecc (magari atei) che si son fatti delle domande e hanno trovato non una ma tante risposte… senza aspettare di cozzarvi contro mentre andavano a passeggio.

  10. Ci tenevo a dirti questo, vivo un momento difficilissimo della mia esistenza causato dalla scoperta di una malattia orribile che ha colpito mia moglie, leggere ciò che scrivi mi è stato e mi è utilissimo per puntellare di “emozioni positive” questi giorni complicati. Grazie.

  11. my two cents….

  12. caro davide,
    mi spiace molto che la mia frase sia stata intesa come la deriva di un atteggiamento di superiorità arrogante. lontano da me tutto questo – anche se ignorante, lo ammetto, lo sono sicuramente; sullo schizofrenico invece al momento non ho ancora evidenziato sintomi conclamati.
    Mi spiace perché era niente più che una semplicemente battuta, forse non troppo spiritosa. ma vista la messe di commenti e l’appassionata perorazione del tuo post, vorrei spiegarla, soprattutto alla luce del commento di maio3e perché vorrei davvero evitare di cadere in vecchi cliché e tornare a discutere su quanto sia importante per tutti la ricerca scientifica.

    By the way, “le grandi pieghe all’orizzonte, perse nella foschia” non c’entrano con la scienza, sono natura.

    Assodato questo (non che la natura è una cosa diversa dalla scienza, ma che nessuno mette in discussione l’importanza della scienza e della ricerca scientifica) la mia battuta era riferita alla letteratura fantascientifica, che annovera tra i suoi scrittori molti per i quali la scienza è un prodotto della fredda razionalità, tra cui Asimov, di cui si discuteva e per il quale il positivismo è stato appunto spesso oggetto di critica, letteraria, naturalmente, perché si parlava di quello.

    Ma, tu che sei uno scienziato, saprai bene anche che la scienza da tempo in larga misura non è positivista. Bohr, Born, lo stesso Einstein non erano scienziati positivisti, solo per fermarci a un secolo fa. E tanto più oggi che in molti campi delle scienze applicate, le nuove possibilità offerte dal progresso tecnologico aprono spesso tra gli scienziati dilemmi etici (l’ultimo risale a qualche mese fa, circa l’opportunità di rendere pubblici alcuni risultati scientifici).

    PS. spero di non essermi dilungato troppo. Sono arrivato qui fortunosamente, e, di mio, sono abituato a chiarire e a chiedere chiarimenti sulle cose che non condivido, rispettando la difesa delle proprie opinioni. anche una corretta e sana dialettica in fondo è benzina del metodo scientifico

  13. Tranquillo, Robolas – così come si può essere scienziati senza essere positivisti, si può essere ignoranti senza essere schizofrenici.

  14. Post spettacolare che condivido in pieno, anche se non ho avuto una formazione scientifica. Con gli anni mi sono fatto l’idea che i fatti rispondano alle domande meglio di qualunque altra cosa (potrei tirare in ballo religione e superstizione ma lasciamo perdere, sarebbe un discorso troppo lungo e almeno parzialmente fuori luogo), ritengo che la scienza porti a galla più meraviglie di quante un suo detrattore possa immaginare. Se qualcuno ha intenzione di perdersi tutto questo sono cavoli suoi, ma deve avere un’opinione irragionevolmente alta di sé se preferisce le proprie astrazioni a tutto questo.

  15. Davide, ma davvero c’e’ ancora bisogno di chiarire questo punto? Sono un po’ stupito, o forse solo fortunato: non mi capitava una discussione simile da anni.

    Quello che posso dire e’ che certe persone vivono in un mondo tristissimo.

  16. Per non parlare di chi accusa la scienza di mancanza di fantasia… per tentare di capire come funziona l’universo bisogna immaginare cose mai pensate prima, spingendo le capacità speculative oltre i nostri limiti. Esiste un utilizzo della fantasia maggiore di questo?

  17. Grazie Davide, bel post.
    Mi sono spesso mancate le parole per spiegare chiaramente tutto questo
    Essendo io un ricercatore (neuroscienze), la maggior parte delle persone che frequento sono colleghi: sto in America e buona parte dei miei amici li ho incontrati in istituto). In questo ambiente si dà così per assodato il tuo modo di vedere le cose che non è facile per me crearmi strumenti per spiegarlo a chi questo pensiero positivista proprio non lo apprezza.
    Credo che prenderò spunto.
    Ciao

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