Un western ambientato in Australia che ha per protagonista un ornitorinco.
Messo giù così, Albert of Adelaide, dell’americano Howard L. Anderson ha tuttele carte in regola per venire definito bizzarro.
E piuttosto improbabile.
Eppure, per quel che mi riguarda, è certamente uno dei migliori romanzi letti quest’anno, tranquillamente uno dei cinque migliori.
Trattandosi di una storia di animali che parlano, è difficile non definire Albert of Adelaide un fantasy – ed immagino che lascerà piuttosto disorientati molti fan del genere, visto che non contiene elfi o oscuri signori, non ci sono incantesimi e lo stile narrativo è quantomai piano e diretto.
E non si tratta di narrativa per ragazzi, nonostante la presenza di animali che parlano.
Albert, fuggito dallo zoo di Adelaide e in cerca della Vecchia Australia dove si dice gli animali vivano ancora liberi e felici, si ritrova invece in un paesaggio di frontiera sospeso fra 19° e 20° secolo, dove ha avventure ben poco fanciullesche e incontri tutt’altro che infantili.
Jack il Vombato piromane.
TJ il procione californiano, pulitissimo e dedito al crimine.
Alvin e Bertrand gli opossum alcoolisti.
E poi una marmaglia di wallabi attaccabrighe e canguri razzisti.
I sevaggi dingo.
E su tutti, a torreggiare leggendario, il Famoso Muldoon.
“Ciò che intendevo è, è questo il posto dove le cose non sono cambiate e l’Australia è come era una volta?”
Il vombato ci pensò a lungo prima di rispondere. “Se intendi un posto dove gli animali vanno in giro senza vestiti e sono braccati da gente con lance e boomerang, la risposta è no. È dannatamente difficile trovare il vecchio Jack in un posto del genere.”
Fra inseguimenti, sparatorie, vagabondaggi per il deserto, tradimenti e pericoli, Albert viaggia in cerca della libertà, ma ciò che scopre sono l’amicizia e la fama, ed un senso della propria identità.
Perché è impossibile essere liberi senza sapere chi siamo, è impossibile godere della libertà se non la si condivide con altri.
Anderson, sessantanovenne veterano di decine di lavori diversi e attualmente residente in Nuovo Messico, descrive con una prosa pulita i deserti e le colline dell’Australia nordoccidentale, e le sue pagine non mancano di una certa poesia.
I dialoghi sono divertenti, e la caratterizzazione è assolutamente straordinaria – quando ci scopriamo a preoccuparci per l’incolumità di un procione dal grilletto facile alle prese con un tasso psicopatico e un wallabi razzista, è segno che l’autore ha fatto perfettamente il proprio lavoro.
Attraverso le 225 pagine della storia, Anderson riesce a intrattenere e divertire, toccando alcuni argomenti fondamentali.
I legami col passato, i rimpianti e la colpa, l’amicizia e la fiducia, la tolleranza e la mancanza della medesima, i pro e i contro dell’essere unici.
È una buona lettura, che scorre veloce e lascia col desiderio di saperne di più, pur restando pienamente autoconclusivo, assolutamente soddisfacente.
Fa molto ridere, ed ha un finale davvero commovente.
Dimostra – qualora ce ne fosse bisogno – che la letteratura fantastica può toccare argomenti significativi, ed ha tutte le carte in regola per diventare un libro di culto.
Non male, per una western ambientato in Australia che ha per protagonista un ornitorinco.
[questa recensione è basata su una review copy fornita dall’editore]
29 novembre 2012 alle 8:53 AM
questo finisce dritto nel paniere appena possibile. l’avevi accennato solamente, tempo fa, ma messa così non si può lasciar andare.
grazie
29 novembre 2012 alle 9:12 AM
Eh no! Deve essere mio! 🙂
Sarebbe un bel regalo per la moglie animalista che tutte le mattine mi prepara il caffe. 😉
29 novembre 2012 alle 9:39 AM
Mentre leggevo la recensione pensavo che questo mi ricorda moltissimo il tuo racconto del dinosauro pistolero…
Credo proprio che lo recupererò, mi divertono tantissimo certe situazioni! 🙂
29 novembre 2012 alle 11:10 AM
Forse è troppo strano per indurmi a comprarlo, soprattutto in inglese, ma devo dire che invidio la capacità di certi scrittori di creare storie così bizzarre, perdipiù con picchi emotivi molto alti (a differenza del genere “bizarre” vero e proprio, che trovo ributtante).
Bella segnalazione!
29 novembre 2012 alle 5:16 PM
Non puoi parlare di Ornitorinchi e Dingo e sperare che non finisca in wishlist. Sembra estremamente divertente, soprattutto perché non è per bambini. Però ammetto che quando l’hai definito “bizzarro” temevo anch’io che si trattasse del genere…
29 novembre 2012 alle 5:47 PM
No, la bizarro fiction si scrive con una z sola, e a me non interessa granché.
Questo è bizzarro proprio perché… voglio dire, gli opossum alcoolisti? 😀
29 novembre 2012 alle 6:23 PM
Questa cosa stupenda immagino non esista in italiano vero? Io adoro le storie con gli animali “antropo…vabbè quella roba lì! Mi ricordo un paio di racconti di fantascienza sul tema e poi La Collina dei Conigli un libro che ho adorato (soprattutto perchè ero tutta sola sola in ospedale e l’ho riletto tipo due volte di seguito…)
29 novembre 2012 alle 6:27 PM
Per il momento esiste solo in inglese.
ma non escludo che possano tradurlo – sta andando molto bene sia in USA che in UK (e in Australia!), e quindi potrebbe risvegliare l’interesse dei nostri editori.
E poi lo pubblica Hacette, che ha anche tentacoli nel nostro paese…
Possiamo ben sperare.
29 novembre 2012 alle 6:49 PM
Spero anch’io….
4 dicembre 2012 alle 6:12 PM
Ma bellissimo! Ora so cosa regalare per Natale alla mia migliore amica (che ha un Ornitorinco per “animale guida”, inteso come quell’animaletto che risiede nel cervello e ci fa fare cose, pensare, creare… io personalmente ho n criceto schizoide.)
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