La sindrome da burnout viene definita da wikipedia come
processo di “logoramento” o “decadenza” psicofisica dovuta alla mancanza di energie e di capacità per sostenere e scaricare lo stress accumulato
Di solito investe persone investite di una qualche responsabilità – medici, sacerdoti, politici*, militari, scrittori e blogger.
Già, ce l’abbiamo anche noi che scriviamo i nostri blog.
Il blogger burnout si manifesta in prima battuta come una perdita dell’entusiasmo per l’attività online.
Si perde empatia coi lettori.
Mal si sopportano i commentatori.
Poi viene la perdita di interesse, la mancanza di idee, la voglia sempre più scarsa di aggiornare le pagine, di mantenere viva la conversazione.
La scarsità di riscontri, i commentatori ostili e gli squallidi leccaculo e gli stalker, la monolitica mancanza di riconoscimento e lo sguardo da encefalogramma piatto di chi non capisce perché gestire un blog e non semplicemente farsi un giro, sono i fattori esterni dello stress alla radice del burnout.
La responsabilità verso il proprio impegno e verso i lettori, le tabelle di marcia e i piani di lavoro sono invece le pressioni interne che facilitano l’insorgere del burnout.
Conosco parecchi blogger in gamba – qui nel Blocco C della Blogsfera – e non uno è sfuggito al burnout.
Alcuni lo hanno bloccato sul nascere, altri lo hanno attraversato come si attraversa un deserto, centellinando le poche risorse rimaste.
Ma ho anche visto blog chiudere.
Soluzioni?
Ah.
Qui su strategie evolutive non vendiamo soluzioni, ci limitiamo a suggerire ipotesi.
Per dire…
a . non negare il problema
L’unico modo per risolvere un problema è ammettere che esiste. Quindi, ok, sono stanco, sfiduciato e abbastanza infastidito dalla pochezza dei miei lettori. Ora che so di avere un problema, posso lavorarci.
b . cambiare la tabella di marcia
Passare da un post al giorno a un post ogni tre giorni, un post alla settimana.
Ridurre la pressione.
c . cambiare argomenti
Statisticamente, chi gestisce blog monotematici, strettamente focalizzati su un solo argomento, corre un maggior rischio di bruciatura: si finisce aparlare sempre delle stesse cose, sempre con le stese persone.
O comunque quella è l’impressione.
Perciò, via, si cambia.
Parliamo d’altro.
Attiriamo lettori diversi.
d . cambiare ruolo
Se abbiamo un problema, può essere una buona idea chiedere aiuto agli amici.
Perciò, mollare il blog per un mese, riducendo magari a un post alla settimana la cadenza di uscita, e affidiamo a quattro o cinque amici altrettanti guest post.
Diventiamo spettatori.
Partecipiamo alle discussioni come commentatori.
Guardiamo come reqagiscono i nostri lettori a uno stile diverso, a temi diversi.
e . cambiare aria
Apriamo un altro blog.
Diverso.
Altri temi, altro pubblico, altri ritmi.
Paradossalmente, la pressione anziché crescere potrebbe diminuire.
Ricordiamoci di quando abbiamo cominciato, e potevamo scrivere quello che ci pareva, quando ci pareva.
Deve per forza cambiare?
Non è detto che questi sistemi funzionino.
L’ho detto, non sono soluzioni, sono ipotesi di lavoro.
Posso dire che funzionano per me.
L’unico, essenziale, io credo sia il primo punto.
Se siamo nei guai, non ne usciremo mai se per prima cosa non lo ammettiamo con noi stessi.
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* sì, ok, fatemi qualche divertentissima battuta su politici e responsabilità.
30 gennaio 2013 alle 7:47 AM
Non so perché, ma ho come la sensazione che la mia battuta su Conan non l’abbia digerita… A parte la mia coda di paglia, per non rischiare di fare la figura dello stalker leccaculo, ometterò di dire quanto apprezzi il tuo blog ecc. ecc. Ma faccio una osservazione, dopo una premessa. Un blog non è un forum, quindi, al di là del processo di fidelizzazione che talvolta comporta una interazione con coloro che leggono e che, con frequenza non costante, lasciano dei commenti, tale processo di interazione rimane piuttosto unidirezionale. Pertanto, al di là dello spessore dei commenti, o della presenza o meno di quest’ultimi, penso ingenuamente (e sottolineo l’avverbio) che le motivazioni personali che spingono qualcuno a tenere un blog, in virtù della unidirezionalità di cui sopra, solo in parte debbano risentire del feedback riscosso dai presunti e potenziali lettori. Poi, è ovvio che se uno scrive, vorrebbe anche essere letto, e che, se ad ogni azione corrisponde una reazione, talune risposte di taluni lettori, sporadici o abituali che siano, possano indurre una sorta di frustrazione in chi scrive. Questo è il mio pensiero spicciolo. Buona giornata.
30 gennaio 2013 alle 9:38 AM
Mi fischiano un pò le orecchie…
Io pur non essendomi mai dato scadenze precise nella pubblicazione degli articoli, cosa che in teoria avrebbe dovuto darmi una certa libertà, mi ero rinchiuso in una struttura troppo rigida, a volte più che scrivere articoli mi sembrava di stare solo facendo una compilazione di schede.
Aggiungendo il fatto che, numeri alla mano, suscitavo poco interesse, ho scelto l’opzione “f: ti conviene dedicarti ad altro”.
E poi c’è da dire che il burnout nel mio caso, ma in fondo immagino possa essere così per tutti, era generalizzato e non riguardava solo il blog.
In ogni caso, per il futuro prossimo ho in cantiere cambiamenti che posso tranquillamente definire radicali, e questo penso proprio che mi porterà stimoli nuovi.
30 gennaio 2013 alle 10:07 AM
Io da quando ho aperto sono in burnout fisso. Gli unici punti che non ho assecondato sono d) ed e), i precedenti tutti, invece. Con discreti risultati.
Per esperienza per, cambiare tema al blog comporta il nascere di una discreta dose d’indifferenza da parte dei commentatori abituali, assuefatti a un solo argomento (nel mio caso, il cinema), e conseguente frustrazione da parte del blogger (io).
Però, dopo qualche tempo, la tattica funziona. Arrivano nuovi lettori… In sostanza c’è il ricambio, un arricchimento del dna. 😀
Ora sto per migrare, quindi procedere con l’ultimo punto. Ho preparato la valigia di cartone. 😉
30 gennaio 2013 alle 10:15 AM
Ora so come si chiama la mia perdita di entusiasmo per il mio blog. Era un blog quasi monotematico poi ho variato. Ho avuto un buco di mesi prima di riprendere. Ora ho deciso di rimettermi a aggiornare il blog. Sono ancora in fase di transizione. Speriamo bene.
Anzi, farò un post analogo al tuo sul Burnout, magari scopiazzandoti ma sicuramente peggiore del tuo. Pazienza 😉
30 gennaio 2013 alle 10:20 AM
Io non ho un blog perciò tutte queste cose mi incuriosiscono molto.
Ho una domanda.
A volte noto anche io che dei blogger che seguo sono in burn out ma io pur essendo una lettrice fissa non ho visto ne troll insolenti nè frecciate da parte di altri blogger.
Però sento tanta amarezza in chi scrive.
Per quali altri canali passa il veleno?Mail?Facebook?Commenti bannati?
30 gennaio 2013 alle 10:30 AM
Oh, ma guarda… Anche a me fischiano un pochino le orecchie. A suo tempo, per un po’, ho postato quotidianamente, poi è diventato un tantino overwhelming e ho ridotto a tre volte la settimana (più un posterellino musical-cinematografico la domenica), e la cosa è stata di mutua soddisfazione per me e per i lettori, si direbbe, a giudicare anche dai numeri in crescita costante.
Poi, un paio di settimane fa, durante un’influenza, mi è sfuggito un post. Uno. Uno soltanto. Ho recuperato l’indomani, ma nel frattempo, dal giorno alla notte, due quinti dei lettori si erano volatilizzati, e ancora non sono riuscita a recuperarli. Non so, magari sono migrati verso climi più sani?
Per qualche giorno ho levato alti e privati lai sull’incostanza dei lettori di blog, ma poi… Se devo essere sincera, ultimamente un briciolo di stanchezza e d’insofferenza nei confronti dell’impegno trisettimanale cominciavo a sentirla, e posso solo immaginare che la qualità dei post non ne sia passata indenne…
È possibile che qualche ripensamento sia necessario, ma al momento la mia visione della faccenda è un tantino gloomy.
30 gennaio 2013 alle 11:29 AM
Rispondo prima di tutto a Cily: da me i commenti che causano amarezza sono quelli aggressivi o offensivi, che finiscono nello spam. Il mio blog è infatti a democrazia limitata. Perché è casa mia, quindi le persone non posso entrare e urlare, imprecare, rompere i mobili (tanto per stare nella metafora). Poi sì, a volte i troll o i semplici maleducati bombardano anche su Facebook.
Venendo a Davide, io sono senz’altro per i sistemi C ed E.
Al contrario non ho mai creduto nelle pause. Perché se prendo una pausa per colpa della gente che mi tormenta, vuol dire che gliel’ho data vinta.
Giammai 😉
30 gennaio 2013 alle 12:42 PM
Ragazzi (e ragazze), rilassatevi.
Se avessi fatto un post su Godzilla, vi sareste affrettati a specificare che voi la Baia di Tokyo non l’avete mai calpestata?
😀
Detto ciò…
@Giuseppe
Un blog è uno strumento di comunicazione.
Se non c’è nessuno con cui comunicare, il blog non ha senso:
Certo, rispetto ad altri, è un mezzo asimmetrico.
Ma senza lettori, non esiste.
@Cily
Come dice Mcnab, molte delle sciocchezze al pubblico non arrivano perché vengono filtrate.
E poi ci sono canali diversi – mail, social network.
Come dicevo ieri in una conversazione privata – il mio censore interno mi parla per tramite di terzi.
@Hell & laClarina
Che spezzare il ritmo o cambiare argomento significhi una flessione nelle visite, temo sia inevitabile, come è inevitabile un periodo di rodaggio se si apre un nuovo blog.
D’altra parte,m, ci hanno ripetuto fino alla nausea che il nostro non è un lavoro e che non ci pagherebbero per farlo – perché aspettarsi che ci seguano se cambiamo?
30 gennaio 2013 alle 1:00 PM
Certo, un blog rimane pur sempre un mezzo di comunicazione, e che in quanto tale necessita di almeno un interlocutore. Comunque, non avendo tutti i pezzi del puzzle, la mia rimane una riflessione di carattere generale e niente più.
30 gennaio 2013 alle 1:35 PM
Io la sensazione di burnout l’ ho vissuta in due occasioni, in entrambe mi sembrava che la mia passione stesse diventando un obbligo
Come ho risolto?
Semplice. Mi sono fermato per qualche giorno.
30 gennaio 2013 alle 1:53 PM
Ci sono passato, in fasi diverse della mia gestione del blog. Ho applicato le ipotesi A, B e C, per risollevare la situazione. A ottobre 2012 il “burnout” si è fatto più intenso, lì ho ridotto drasticamente la presenza sul blog e ho atteso che passasse da sola la pressione, e ha funzionato.
Ciao,
Gianluca
30 gennaio 2013 alle 5:08 PM
Ciao Davide. Bel tema, complimenti. Non sto a testimoniare qui il mio pensiero. L’avrei fatto, ma mi rendo conto che avrei superato di un bel po’ la quantità minima ragionevole. Quindi mi limito ad apprezzare e a promettere di entrare sul tema di persona con un post personale, per il quale – naturalmente – ti ringrazio.
30 gennaio 2013 alle 5:16 PM
Io a differenza di McNab invece penso che un periodo di pausa possa essere utile.
Ad esempio, a me che pratico nuoto con regolarità e a ritmi abbastanza sostenuti, capita di arrivare a fine stagione con quello che può essere considerato burnout (in questo caso anche fisico, oltre che mentale, ma il discorso si applica lo stesso); e fortunatamente durante l’estate il tutto prende toni più rilassati, anzi, spesso finisco con non fare più nulla da giugno a settembre. E quando si ricomincia, la voglia di tornare in vasca c’è sempre.
Quindi a livello personale posso garantire che staccare da qualcosa che comunque ci piace può avere anche un effetto positivo, perchè serve a spurgare l’atteggiamento mentale che fa vedere una cosa che dovrebbe essere un divertimento come una specie di impegno imprescindibile e quindi gravoso a livello psicologico gravoso. Passato il periodo, se la voglia c’è ancora, si riparte, sennò era segno che in effetti il capitolo può dirsi chiuso e si può passare ad altro.
Poi è ovvio che gestire un blog è un altro paio di maniche, non è una cosa fatta esclusivamente per beneficio personale ma essenzialmente si sta lavorando anche per altri oltre che per sè stessi, quindi il discorso pausa diventa più laborioso da gestire. In questo caso lo stacco totale forse è poco indicato e i suggerimenti di Davide, dal ridurre l’impegno a coinvolgere altri, mi sembrano tutti validi per alleggerire la pressione in attesa di avere ricaricato le batterie.
30 gennaio 2013 alle 11:56 PM
Dimentichi gli insegnanti
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31 gennaio 2013 alle 9:53 AM
Ah, quanto concordo. Il mio blog è relativamente nuovo, e il problema è lo scarso successo… Ovvio che è colpa mia, sto cercando un modo di rimediare, è il tempo che manca! Per il momento, ho diminuito un po’ la frequenza dei post (uno ogni tre giorni, ma non escludo di scndere ulteriormente a due la settimana) e sto preparando argomenti nuovi. Mai arrendersi!
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2 febbraio 2013 alle 10:53 AM
Eh, io non sono mai stato uno scrit^H^H^H^H poster(?) prolifico. Però mi riconosco nei punti che hai sottolineato, tant’è vero che quando ho bloggato con uno scopo ho inanellato 286 post in meno di un anno (quasi tutti dei resoconti giornalieri dei miei progressi, ma tant’è…). Leggendo il tuo post ho deciso di buttarmi su qualcosa di un po’ diverso. Vediamo se il cambiare prospettiva mi darà la spinta per essere costante….
In ogni caso, bell’articolo!
2 febbraio 2013 alle 11:12 AM
Grazie, e in bocca al lupo!
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