Terzo post sulla struttura del rosa, ed un post diverso dal solito.
Ora, il genere rosa o “romance” viene normalmente considerato una lettura “da donne”.
Ci siamo quindi procurati una cavia, una autentica donna viva, sulla quale testare gli effetti del libro che ha scatenato l’intera discussione, il controverso Ti Prego, Lasciati Odiare, di Anna Premoli, recentemente premiato col prestigioso Premio Bancarella*.
Questo post avrà la forma anomala di una specie di dialogo fra me e la mia cavia, Carlotta Sabatini, che già in passato è stata ospite di questo blog**.
Questa è la prima parte.
La seconda, domani.
Buona lettura…
* * * * *
Allora, cosa te ne è parso?
Non possiamo parlare d’altro, vero?
No, il pubblico vuole sapere.
Ok … è complicato.
Allora comincio io col dire che l’ho trovato estremamente aderente alla formula di Mills & Boon che abbiamo visto.
La trama: Jennifer e Ian sono colleghi di lavoro, provengono da classi sociali diverse e ambienti familiari opposti e si detestano. Obbligati a collaborare…
Immaginate il resto.
Non c’è sesso, è molto asettico, questo forse è l’unico elemento in cui si discosta dalla formula.
Ma il problema non è la formula.
È che è quasi illeggibile.
No, aspetta, non è vero–per certi versi è leggibilissimo, io l’ho fatto fuori in una serata.
Ma non perché ne fossi catturata, semplicemente perché è molto leggero. Si legge ad occhi chiusi.
Il che naturalmente non è una colpa.
No! Così come non lo è usare la formula–di Mills&Boon, della Coca-Cola o del Dottor X.
Quello che non funziona è altro.
E vorrei aggiungere che non funziona per me–perché se vende e viene premiato, allora ci sono persone per le quali funziona.
E per me è un pensiero inquietante, ma è un dato di fatto–there’s no accounting for tastes, giusto?
Allora cos’è che non funziona?
Io lamento soprattutto una scrittura sciatta.
Personaggi così fasulli da essere irritanti, dialoghi falsi e snervanti, e zero ricerca.
Oltre alla trama prevedibile, che in questo genere di cose, l’hai detto anche tu, è normale, anzi, probabilmente viene considerata un dato positivo.
E in effetti i personaggi sono terribili, a cominciare dall’io narrante.
Sì, la leggi e non puoi fare a meno di odiarla, poi incontri lui e vorresti legarli assieme a un’ancora e scaricarli nella fossa delle Marianne.
“Sono sempre stata una ragazza forte, decisa, determinata, niente e nessuno mi ha mai intimidito, ma ieri sera sono crollata miseramente di fronte al mio ennesimo fallimento amoroso. E il colpo di grazia è stato non tanto l’essere stata piantata dal mio fidanzato, quanto la terribile consapevolezza che non me ne fregava niente di lui.”
Il problema, Jennifer darling, è che a noi non frega niente di te. Non ora, a pagina 14, né nelle 270+ pagine che verranno.
E i motivi di questo nostro disinteresse sono, per me, due: continui a dirci di essere fantastica, ma ci dimostri il contrario, e anche così non ci mostri nulla. Non fai che raccontare (show don’t tell, mai sentito?)
E ha onestamente un carattere inammissibile in una donna adulta.
Ma poi arriva lui che è ricco, nobile, arrogante, però bello, e quando lei lo guarda negli occhi ha un tremito.
Il fatto è che lui manda in effervescenza gli ormoni di qualunque femmina fertile.
Ci sono talmente tante donne che lo desiderano che se entra in un locale, quelle sciamano.
E lui non ne può più, tanto che chiede a lei di fargli da finta fidanzata paravento …
Come qualunque maschio – l’idea di decine di donne nubili ed eccitate che ti assediano…
Santo cielo, insopportabile.
Davvero!
La fidanzata-civetta diventa indispensabile.
È una fantasia facile-facile, adolescenziale–è un gran figo, tutte lo vogliono, ma lui vuole solo me.
Sono entrambi vergini–lei funzionalmente, lui ideologicamente.
Però di personaggi implausibili è piena la letteratura.
Perché Jennifer e Ian – e tutti coloro che popolano il loro mondo – sono così odiosi?
Perché l’autrice non li rende plausibili?
Io credo che sia il pubblico.
Il fatto che ci sia un pubblico che si accontenta è il motivo per cui chiunque voglia anche solo una tacca in più sull’amplificatore si sente deluso, ma alla maggioranza pare buono.
In questo libro non c’è nulla di sbagliato (a parte la mancanza di ricerca, ma ci arriviamo) … se questo è il genere che ti piace, è ok–è prevedibile, popolato di stereotipi, con dialoghi elementari ed una trama nella quale non si perderebbero neanche i tre topini ciechi.
Ma è tutto eseguito al minimo, è narrativamente povero.
È come la “ragazza biondissima, che occupa la scena fasciata da un abito rosso fuoco davvero succinto e con ai piedi tacchi vertiginosi.”
Non è “sbagliata”–è solo un elemento preconfezionato infilato lì: la bionda sexy coi tacchi, un abito che è solo un colore e un aggettivo, pronta per essere odiata dalla protagonista.
Non c’è alcuno sviluppo–non serve, dico bionda in rosso coi tacchi, e i lettori pensano zoccola, e fanno la loro parte.
È come nel porno, l’idraulico e la casalinga.
. . .
. . .
No, ascolta–nel porno non esiste sviluppo perché il lettore vuole solo l’azione grafica, bang-bang-aaaah!, per eccitarsi.
Della psicologia dell’idraulico o del carattere della casalinga non gli interessa nulla.
Stereotipi minimi? OK!
Comprimari, location … tutto gestibile con un sostantivo e un aggettivo.
Qui è uguale–il lettore possiede già i personaggi, non devi perder tempo a scriverli, ce li mette lui.
Anche se magari aiuterebbe, scriverli.
E poi c’è il dialogo, come dicevi–o la scrittura in genere, che necessiterebbe di un’asciugata.
«Sì?», rispondo stizzita, perché voglio che sia chiaro che sono molto occupata.
«Jenny, c’è tuo fratello all’ingresso», mi comunica la receptionist, per nulla impressionata dal mio tono.
«Chi?», chiedo stupita. In nove anni che lavoro qui, mai nessuno della mia famiglia è venuto a trovarmi. Pensavo che ignorassero del tutto il posto, che l’avessero cancellato dalla loro mappa.
«Tuo fratello Michael. Posso farlo salire?», domanda come se stesse parlando con una cretina.
«Certo, lo aspetto all’ascensore. Grazie mille Emily».
Cerco di riprendermi velocemente dallo stupore e mi avvio in fretta verso l’atrio. In pochi secondi eccolo lì, il mio fratellone, in tutto il suo splendore.
«Ciao Michael!», lo saluto sorpresa, perché questa è davvero una visita che non mi aspettavo di ricevere.
«Ciao Jenny», contraccambia uscendo dall’ascensore e baciandomi sulle guance.
Quando incontri tuo fratello gli dici “Ciao Alessandro” e lui ti risponde “Ciao Davide”?
O vi dite “Ciao” e via?
SÌ, è palesemente falso.
Lei è così stupita che deve ripetercelo due volte.
Ci dice che è stizzita ma non lo dimostra.
Lui esce dall’ascensore (pensa fosse rimasto dentro!)
E tutti si chiamano per nome, sempre, per non scordarselo.
Si potrebbe riscrivere in maniera più economica…
«Che c’è?», rispondo. Un altro contrattempo.
«Jenny, c’è tuo fratello all’ingresso», mi dice la receptionist, impassibile.
«Chi?»
Nessuno dei miei è mai venuto a trovarmi al lavoro.
«Tuo fratello,» dice, accondiscendente. «Posso farlo salire?»
«Lo aspetto all’ascensore. Grazie.»
Cerco di non apparire troppo stupita e raggiungo rapidamente l’atrio. In pochi secondi mio fratello è lì.
«Ciao!», gli dico.
«Ciao Jenny», risponde, baciandomi sulle guance.
Non è Hemingway, ma fila.
Però è nel mio stile, non in quello dell’autrice.
Però fila.
Ma il libro è tutto così–tocca tagliare il 50% …
«Rimani qui questa sera», cerca di convincermi massaggiandomi la schiena.
Sono tentatissima, ma devo resistere. «No, conosci le mie regole», gli rispondo con una voce che è molto influenzata dalle sue mani.
Mi piacerebbe tanto che le tue mani influenzassero la mia voce.
Potrei provare a strangolarti.
E poi, ovviamente, c’è l’incresciosa faccenda della caccia al fagiano.
“Ci avviciniamo tutti alla preda e il duca scende da cavallo per prendere la mira. Lo vedo tendere il braccio per premere il grilletto e decido in un secondo il da farsi. Prima che il nonno di Ian riesca a premerlo mi sforzo di starnutire con tutta la forza che ho. Il fagiano, spaventato, si leva in volo proprio un secondo prima di venir colpito.
Caccia al fagiano a cavallo. Classica attività della landed gentry britannica.
E poi la luna chiamata pianeta, molto rinascimentale.
E Lord Beverly, che è un po’ come il Conte Gioppino, nobile toscano, di Martha Grimes. Ecco, Martha Grimes scriveva dei gialli così alieni dalla realtà del sistema legale inglese (e di tutto il resto), che sono praticamente dei fantasy … ma era in gamba, ti cattura, e il lettore non ci bada (a parte Lawrence Block).
Questo invece è non saper usare Wikipedia.
E il fatto che non si tende il braccio per premere il grilletto?
Questa è scrittura sciatta.
È scrivere senza vedere.
E poi Londra, che è rappresentata in contumacia .
Che mi ha anche portato a domandarmi – perché Jennifer e Ian a Londra, e non Mariangela e Gianni a Milano?
Considerando che tutti i dettagli esotici sono o così generici da essere non significativi, oppure sono sbagliati, perché non una ambientazione domestica?
Perché la formula è quella. E se hai interiorizzato una formula, anche se non hai capito che c’è una formula, la applichi quando scrivi.
Perciò non può non accadere a Londra, e non riguardare un Ian e una Jennifer.
Ma noi avremmo potuto fare di meglio, giusto?
Non è quello che qualunque dilettante sostiene?
Sì, ok, vende a vagonate e ha vinto un premio, ma se lo avessi scritto io…
Parliamone …
[continua]
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* Per i miscredenti, il bancarella include nel suo albo d’oro Hemingway, Guareschi, Pasternak, I. B. Singer, Fallaci, Biagi, P. I. Taibo II… mica robetta.
** Ma non farci l’abitudine.
16 agosto 2013 alle 9:16 AM
Basta, mi state facendo venire voglia di leggerlo. Cose così fanno bene all’autostima di noi scrittori che il Bancarella non lo vinceremmo mai. 🙂 bellissimo post, il formato intervista mi piace assai.
16 agosto 2013 alle 9:25 AM
Detto da uno che ha il pallino delle rosse, perché la bella ragazza in copertina di questi libri é così spesso una rossa?
Comunque, sono contento che alla fine il fagiano si sia salvato.
16 agosto 2013 alle 9:40 AM
Tu e l’autentica donna viva siete un attentato alle coronarie. 🙂
Mi piacerebbe davvero capire come mai negli anni si sia passati dal Bancarella assegnato a grandi narratori a questo… questo… “coso”.
16 agosto 2013 alle 9:41 AM
Questi sono i romanzi che oggi vengono premiati e che le masse italiche acquistano. E’ un grazioso ritorno ad origini elementari condito di marketing soavemente cavernicolo. E funziona. E scommetto che l’autrice è anche in buona fede.
La invidio per il premio? Sì. Per la scrittura e il romanzo in sé? Be’, da quel che leggo ora nel blog no.
16 agosto 2013 alle 9:42 AM
Forse bisognava sacrificare il fagiano e starnutire mentre lei scriveva.
16 agosto 2013 alle 9:44 AM
Ricordo ai commentatori che per la curiosa legge italiana, io sono responsabile non solo dei contenuti del post (e dei pensieri di Carlotta… curioso) ma anche dei loro commenti.
Non dite nulla che mi faccia chiudere il blog, ok?
16 agosto 2013 alle 9:51 AM
Se ho scritto cose offensive o scorrette si possono levare di corsa, come mai esistite. Non farti nessun problema. Tra l’altro in effetti stiamo parlando solo della punta di un iceberg che per una volta è visibile per intero. Leva, leva senza rimpianti.
16 agosto 2013 alle 9:54 AM
No, no, tranquillo.
Mettevo le mani avanti, sai com’è…
16 agosto 2013 alle 9:55 AM
Non voglio vederti ai ceppi, né desidero abiurare a quanto ho dichiarato divorando tra le lacrime le pagine del romanzo. 🙂
16 agosto 2013 alle 10:08 AM
come dite voi qui sopra, il meccanismo è abbastanza simile a quello della pornografia, dove tutto è già prestabilito in anticipo e tutto ciò che conta è raggiungere un obiettivo designato.
Qui di che obiettivo parliamo?
Coronare un “sogno” d’amore?
Con un uomo che sarebbe da interdire?
Sì, certo, nel primo articolo sul rosa si sottolineava la ricerca di una sicurezza, quindi si legge un romanzo del genere per essere rassicurati.
Quindi è una specie di pornografia delle certezze spicciole?
16 agosto 2013 alle 11:00 AM
forse semplicemente i tempi sono questi e il modello di Letteratura è mutato a uso e consumo non solo dei nuovi gu(a)sti ma ma anche delle nuove risorse. Alla fine si deve vendere e se ciò che si vende è la nuova semplice realtà farcita di luoghi comuni (del luogo comune). Francamente non vedo chi tra editori, distributori o semplici lettori si voglia opporre a tale andazzo.
16 agosto 2013 alle 10:21 AM
Le rispondo io, le rispondo io!
A Lucia rispondo io!
Io considero pornografia mostrare in maniera grafica ciò che non si dovrebbe mostrare.
Perciò il rosa non è necessariamente pornografia–questo romanzo nello specifico non lo è.
I due generi, però, vanno a premere bottoni elementari – l’eccitazione sessuale, il desiderio di sicurezza (o quel che è).
usano storie e forme molto codificate, nelle quali il lettore è complice–come dicevo, ci mette del suo, basta un suggerimento minimo nel codice giusto.
Non si può neanche escludere che il rosa lavori a livello sessuale, ma nella testa anziché fra le cosce.
Mi fa immaginare l’idillio.
O chissà.
Il problema, da un punto di vista scientifico, è che se chiedi a chi legge queste cose “perché lo leggi” ti risponde “perché mi piace” o “perché mi diverte”.
16 agosto 2013 alle 10:34 AM
Aggiungo una cosa che vorrei fosse chiara, perché poi mi prende l’ansia.
Il romanzo di cui parliamo non ha nulla che non và–lo certificano vendite e premi.
Ha un pubblico, ed ha un pubblico soddisfatto.
Esiste poi chi trova da ridire, ma non è il pubblico di riferimento, e quindi le nostre opinioni valgono come la carta su cui le scriviamo.
Esistono dei problemi oggettivi–i fagiani a cavallo, Lord Beverly (che io continuo a immaginare come signore del castello di Beverly Hills)–ma il resto è ampiamente discutibile.
E noi l’abbiamo discusso.
16 agosto 2013 alle 10:38 AM
fosse solo per la serie di post che ha generato, soprattutto per il dialogo qui sopra, il romanzo in oggetto già varrebbe almeno un altro pajo di premi. mi domando come siate finiti a dedicarvi con tanto impegno a sezionare in maniera tanto amabile un libro così. solo colpa (o merito) del premio assegnato? fortuna vuole che la curiosità suscitata dal vostro dialogo à la harry ti presento sally (perlappunto) venga ammazzata a ogni nuova vista della sola copertina, che mi fa venire una voglia matta di pigiare forte il pulsante dell’alzacristalli elettrico.
16 agosto 2013 alle 10:39 AM
E io sono curiosa di capire dove sia quel divertimento
Perché i protagonisti sono antipatici. (non parliamo del fatto che sono scritti male, poco approfonditi e sciatti, restiamo sulla pura antipatia a pelle). Lui è ricco e viziato, lei passa 270 pagine a ripetere quanto sia speciale senza portare nessuna prova di questa unicità.
E allora mi chiedo: non è che lo leggono proprio perché la protagonista femminile è così insopportabile che allora, forse, se il riccone si innamora di lei, potrebbe innamorarsi anche di me?
Si innesca non un meccanismo di identificazione, ma di rivalità. Le sto sparando a cavolo.
16 agosto 2013 alle 11:05 AM
@Melo
Francamente, ne avevo sentito parlare così male, che quando un’amica perfidamente me ne ha regalata una copia, non ho potuto esimermi.
E per contrappasso, ne ho regalata una copia a Carlotta – già pensando di usarla come cavia.
La copertina… diciamo che è in sintonia col titolo.
16 agosto 2013 alle 11:13 AM
@Lucia
Lei è così blah che più che identificarti, ti senti superiore.
E può darsi che sia un elemento in più di successo.
Oppure ha così tanti difetti che ci trovo anche il mio, e mi identifico.
Oppure semplicemente ssoddisfa il modello e le aspettative–ha il carattere di una coperta bagnata, e va bene così.
Non lo so–a me piacciono le donne forti, nei romanzi, e quindi l’ho detestata.
Ma come si diceva, io non rappresento lalettrice di riferimento.
E mi piacerebbe sentire l’opinione argomentata di una lettrice di riferimento–non per polemica, ma proprio per capire.
16 agosto 2013 alle 11:26 AM
ma questo non è contrappasso, è malvagità! 😀
comunque il post sui viaggi del tempo è stato tempestivo e salvifico: anche se ormai comincio ad aver letto qualcosina di quel che c’è nei consigli che lasci, ci son sempre delle belle sorprese che mi mettono in salvo da questi primi in classifica (che per fortuna non mi vengono comuqnue regalati da amici malvagi).
della baker bisogna che prosegua la lettura con le storie di Mendoza, di powers (di cui ho amato più il re pescatore, ma è colpa della birra) ho scovato un altro consiglio tra i commenti, moorcock andava approfondito dopo il primo interessante incontro… dovrei aver da leggere almeno finché certa roba non sparisce dalle classifiche.
curiosa comunque, oltre alla foto, la scelta grafica dei caratteri.
non riesco a capacitarmi di come riesca anche solo a vendere per esere letto (prima ancora che a ricevere un premio) un prodotto così confezionato, con tutte le edizioni graficamente più accattivanti che si possono anche solo incocciare per sbaglio in libreria (e che magari nascondono testi terrificanti). ma forse rientra anche questa nella sfera dei gusti estetici personali…
sarà anche che è agosto, il mese dei lettori sotto l’ombrellone, a cui mancava “il-libro-che-non-puoi-non-leggere”?
16 agosto 2013 alle 11:52 AM
Sono andata a dare un’occhiata al regolamento del Bancarella che, a detta del “libraio bibliofilo Alberto Vigevani”, è “un premio che non ha, come tanti altri, ipocrite pretese letterarie o in ogni modo culturali, e viene assegnato ai libri più venduti, in una visione del mondo merceologica e incontrovertibile.”
Nel regolamento si parla di “chiaro successo di merito e di pubblico” (Art. 1) per “le tematiche trattate, l’apprezzamento ricevuto dal pubblico dei lettori e la qualità letteraria” (Art. 3)…
Questo ha, in effetti, l’aria di spiegare alcune cose.
Altre… yes, well.
16 agosto 2013 alle 12:32 PM
Anch’io ho guardato – e mi pare che il regolamento parli di una “valutazione dei meriti letterari” (o comunque una dicitura affine).
Resta poi da vedere, sulla bilancia, quanto pesi il mero fattore vendite, e quanto la “qualità letteraria”.
16 agosto 2013 alle 12:43 PM
la dicitura meriti letterari rimane sul vago ed è buona per tutte le stagioni. In ogni caso il titolo è un capolavoro, e dice tutto ciò che c’è da sapere. Sul successo, poi, come scriveva Eco, più che sul romanzo bisogna forse interrogarsi sui lettori che l’hanno decretato.
16 agosto 2013 alle 8:00 PM
Sembra scritto da una quattordicenne nemmeno troppo brillante. Una ragazzina che legge poco ma si guarda tante, tante soap.
16 agosto 2013 alle 8:27 PM
e a quel tipo di pubblico si rivolge- sembra una frase retorica, ma i tempi sono davvero cambiati.
17 agosto 2013 alle 1:38 AM
Ricorda, neanche troppo vagamente, la scena di Sissi a caccia in Baviera con l’adorato Papili, il Conte Max.
Sì. Si lascia tranquillamente odiare. Senza neanche pregare troppo.
17 agosto 2013 alle 10:33 AM
vero su tutta la linea.
17 agosto 2013 alle 1:53 AM
Sarò un po’ fissata (da grafica) con le copertine… però, almeno, il “vestitino” del libro l’hanno centrato in pieno: sembra un periodico femminile. Hanno ammiccato giusto..