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Il Gioco del Go come pratica e metafora

8 commenti

Quando andavo al liceo, giocavo a scacchi.
Ci giocavo un sacco, dieci o dodici partite la settimana.
Non ero particolarmente in gamba – avevo un paio di compagni che erano infinitamente più in gamba di me.
Ma era divertente.

shibumisumPoi, tra l’ultimo anno di liceo ed il primo di università, cominciai a giocare a Go.
Mi procurai un bellissimo manuale in una libreria del centro* e incassai un regalo di Natale sotto forma di scacchiera da Go, e cominciai a fare pratica.
In retrospettiva, mi rendo conto che parte del mio interesse per il Go venne stimolato dall’aver letto Shibumi, di Trevanian – e da alcune storie della Guerra del Cambio di Fritz Leiber (che fu un grande scacchista).
Incredibili le cose che succedono nella nostra vita per colpa dei romanzi, vero?

Gioco più o meno seriamente a Go da circa vent’anni – non sono diventato bravissimo: nei giorni di grazia arrivo a un livello di 9 kyu, che sarebbe quello del giocatore occasionale o dilettante prometente.
Per un breve periodo nel 2005 fui 7 kyu.
Potrei entrare in un club, se fossi in estremo oriente, ed essere l’ultima ruota del carro.
Il mondo dei giocatori di primo e secondo dan, che si giocano borse milionarie in tornei internazionali (un torneo maggiore ha solitamente una borsa che oscilla dai 300.000 ai 500.000 dollari, ma in passato sono state giocate borse più alte), è lontano da me quanto Alpha Centauri.

Ora, il gioco del Go è ingannevolmente semplice, ed ha delle regole molto facili da riassumere.

Il Go (o Baduk in Coreano, o Weiqi in Cinese) è un gioco di scacchiera.
La scacchiera è costituita da una griglia di 19 linee orizzontali e 19 linee verticali.
All’inizio del gioco, la scacchiera è vuota.
board-game-goI due giocatori – il Nero, che gioca per primo, ed il Bianco – piazzano a turno una pedina, o “pietra” all’intersezione di due linee.
Se tutte le intersezioni attorno a una pietra o a un gruppo di pietre di uno stesso colore, è bloccata da pietre del colore opposto, la pietra o il gruppo vengono catturati.
Una intersezione completamente circondata da un colore non può essere occupata da una pietra del colore opposto (sarebbe come buttarsi in pasto all’avversario, farsi mangiare in automatico).
Ciascun giocatore può passare la propria mossa quando vuole.
Quando un giocatore passa per due volte consecutive, la partita è finita.
Vince chi occupa la porzione più ampia della scacchiera, ovvero chi occupa più intersezioni, o impedisce che le intersezioni ancora libere siano occupate dal suo avversario.

c8a7225471d846fbedcefdb7571a7cc3Le regole sono poi soggetto di interpretazioni e consuietudini, ma il sistema base è questo.
Il Go è un gioco posizionale (le pedine non si muovono), su una scacchiera vastissima e vuota, che si riempie sempre più, limitando progressivamente le scelte possibili.
In questo è perciò un esatto opposto del gioco degli scacchi – un gioco di movimento che si svolge su una scacchiera piccola e affollata, che progressivamente si svuota.

Giocare a Go contro scacchisti è di solito un’esperienza esilarante – perché per lo scacchista passare dalla mentalità strategica degli scacchi a quella del Go è di solito molto traumatico.
Nel senso che non ci riesce.
Lui è lì seduto davanti a voi, e sa di essere meglio di voi (è uno scacchista, è fermamente convinto di essere meglio), a giocare questo gioco che sembra Othello, e improvvisamente ci sono pedine bianche e nere ovunque, e lui non riesce a starci dietro.
Perde, perde malamente, e come mi risulta essere tipico fra gli scacchisti che ho consciuto, quando perde ne fa una tragedia, o si infuria**.
O magari entrambe le cose***.

Esistono dei software per giocare a Go, esistono comunità online – che un tempo frequentavo, e presso le quali giocavo, utilizzando dei client java che si trovano abbastanza facilmente.
Oggi vivo nella campagna depressa e non ho una connessione sufficientemente veloce – giocare coi miei vecchi avversari è un’altra opzione lontana come Alpha centauri, non per limiti miei, ma per limiti della tecnologia nella provincia rurale italiana.
Gioco spesso dei solitari contro il computer – e anche qui il Go è diverso dagli scacchi, perché contro il computer, a Go, anche uno schifoso 9 kyu può vincere, e senza troppa fatica.
Ma è un buon allenamento.

200px-GolibsEd è una buona metafora, il Go – molto più degli scacchi – della realtà che ci circonda, ed è per questo che la notte passata m’è venuta voglia di fare questo post: immaginate, un campo vastissimo, dove chi può cerca di occupare tutti gli spazi disponibili.
Le intersezioni delle linee attorno alla pedina del go si chiamano “libertà” – se si controllano le 4 libertà attorno alla pedina, la pedina “muore”.
C’è di che pensarci, non vi pare?

—————————————-
* Manuale che prestai ad un amico e che andò naturalmente “perduto”
** E si tiene il manuale che si è fatto prestare e poi ti dice di averlo perso.
*** voi non saprete mai cos’è la follia finché non vedrete un adulto paonazzo che urla frasi irriferibili e scaglia in giro per tutta la stanza 361 pedine bianche e nere della dimensione di un bottone.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

8 thoughts on “Il Gioco del Go come pratica e metafora

  1. ho letto il libro qualche anno fà col nome il ritorno delle grù! e uno dei miei libri preferiti in assoluto!
    anche io ho imparato a giocare a go ma siccome non avevo avversari poi ho dimenticato……. purtroppo da me giocano solo a dama e personalmente c’è stato un periodo dove umilmente aprivo il culo a tutti! 🙂

  2. Conoscevo il go soltanto di nome. Un gioco affascinante e filosofico che non può che stuzzicare il mio interesse…. mi piacerebbe approfondire. Magari mettiamo su un circolo di go in Valle Belbo!

  3. Io ho scoperto il Go leggendo “Il maestro di Go” di Yasunari Kawabata. Il manuale che avevi, Davide, era per caso quello di Pierre Aroutcheff edito da Mursia?

    Incredibilmente negli ultimi anni la Panini ha pure pubblicato un manga sul go in 20 volumi, Hikaru no go, storia di formazione di un ragazzo che diventa professionista del go.

  4. @Giuseppe
    Trevanian ci ha rovinati in tanti.

    @Fabri
    Sai che non sarebbe una cattiva idea, quella del Club di Go della Valle Belbo?

    @Wolframius
    No – era un manuale in inglese pubblicato (mi pare) da Kodansha, una cosa splendida e tutta illustrata a colori, che non sono mai più riuscito a reperire.
    Ho il manuale di Aroutcheff, che è geniale nel suo approccio “culturale” al Go, così come ho una mezza dozzina di altri manuali. Ma quel primo libro, non l’ho mai più trovato in vendita da nessuna partre 😦

  5. Pronto a iscrivermi al club, pur essendo di fatto uno scacchista. Trevanian parlava di scacchi (mercanti) contro go (filosofi). Ho amato e amo Trevanian, ma mi sembra questo solo un espediente letterario. La dama è per gli imbianchini, allora? :). poiin efftti non lo dice “lui”, ma lo fa dire ad un giapponese. Il fascino del go risiede in buona parte nel suo essere poco conosciuto alle nostre latitudini, e sull’indubbia bellezza e purezza delle linee del campo di gioco (ben più ampio di quello della scacchiera) e sulle pedine tutte uguali, misteriose, bianche e nere. In effetti le sedute di gioco tra Nikko e il suo maestro sono molto belle, nel romanzo. Anche se situazioni di gioco (tipo appunto Il ritorno delle gru, hanno una loro poesia, che agli scacchi manca.
    Insomma, ditemi quanto costa la tessera del circolo in valle Belbo e se si deve giocare con il kimono. 🙂

  6. Un solitario giocatore di Go nella campagna depressa. Sembra l’inizio per una storia nostrana alla Stephen King. Pensaci!

  7. Sono un appassionato di giochi da tavolo, nel negozio in cui mi rifornisco c’è sempre la scatola del Go in vetrina che mi guarda con occhioni lucidi chiedendomi di comprarla.

    Anche Othello comunque lo ricordo piuttosto divertente 😀

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