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ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

La leggenda dell’autore solitario

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Ok, ieri accennavo al fatto che tutto il lavoro sul mio prossimo ebook è finito (in nottata farò la conversione in mobi prima di caricarlo sul Kindle store), e che dovrei raccontarvi com’è la procedura, perché è interessante.
E allora facciamolo.

Qui ci metto il mio solito disclaimer – sto per raccontarvi quel’è il processo che io seguo per fare il lavoro.
È possibile… no, è probabile, che voi usiate un metodo diverso.
Fantastico.
Questo è il sistema che, al momento, funziona per me – voi avete certamente un sistema che funziona per voi.

Quindi, per me come funziona…

Stories-rule-231x300Si scrive una storia.
Questa è la parte soggettiva e disordinata in cui ciascuno segue le regole che vuole, infrange le regole che vuole, ed in generale usa ed abusa della propria personale scatola degli attrezzi.
Sapete come la penso.
Io, l’ho già detto, butto giù una prima stesura in Gedit, la salvo come .txt, e poi la riverso in LibreOffice Writer, per la prima massiccia riscrittura e revisione. In generale formatto il testo in Courier 10Pitch, 12 punti, interlinea 1,5, pagine formato B5.
Il testo definitivo userà un font diverso, ma la formattazione qui sopra, per me, è la migliore per revisionare.

Nel momento in cui il testo è, per così dire, provvisoriamente definitivo, attacco lo spellchecker, rendo visibili i non-printing-characters, e revisiono.
Revisionando riscrivo.
Non posso farne a meno.

Ora, ai vecchi tempi – che sarebbe poi solo fino ad un annetto fa – davo una bella revisionata al testo, lo lasciavo riposare un mesetto, e poi lo revisionavo un’ultima volta e lo pubblicavo.
Bello liscio.

Il fatto è che poi sorgevano dei problemi.
Sempre.
Col passare del tempo – e complici una serie di eventi imbarazzanti e un paio di buoni manuali – la mia procedura è cambiata.
Si è fatta più lunga e complicata, ma ora va più o meno così.

20246060-warning-sign-wrecking-crew-vector  . quando mi pare di non avere altro di definito da fare sul testo, comincio a tormentare i miei vicini di cella del Blocco C, in cerca di Beta Reader.
Il trucco, per usare i beta reader è chiedere loro qualcosa di specifico.
Del tipo “Ditemi dove si ammoscia”.
Perché è in quel punto, dove la tensione cala, che bisogna metterci una pezza.

Scrivendo narrativa breve è improbabile che i beta reader segnalino qualcosa che richieda una riscrittura radicale (beh, lo si spera!) ma sulla base di ciò che dicono, si comincia a sistemare il testo.
I beta reader sono quelli che macinano il testo dal punto di vista del lettore, e mi portano le istanze sollevate dal lettore.

copy-editing  . qui è dove entrano gli editor.
Ho trovato questa interessante definizione, copy blindness – noi non riusciamo a vedere i nostri errori.
Bisogna trovare un editor.
E i beta reader non vanno bene – perché l’editor è ossessivo, spietato e intransigente )e lo dico col massimo rispetto).
E se si scrive in inglese, è bene trovare anche un editor che si occupi solo di quello, e che sia maledettamente in gamba.
Io sono fortunato – ho due eccellenti editor.

Become-a-Designer . metre gli editor lavorano, penso alla copertina.
Ora, pur essendo negato per il disegno (ogni capacità venen soffocata alle elementari), diciamo che con qualcosa di abbastanza semplice come la copertina di Tyrannosaurus Tex riesco ancora a cavarmela.
Ma per tutto il resto, servono grafici.
Ora, ho un paio di amici, rinchiusi qui con me nel Blocco C per crimini che non staremo ad elencare, che sono degli assi con la grafica – ed io sono uno spudorato, e chiedo loro una mano.
E poi c’è DeviantArt – dove ci sono ettari di artisti disponibili.

Marketing-trends-2012 e nel frattempo ho un esperto in marketing che mi suggerisce delle strategie per vendere più copie possibile.

Ora, tutta questa gente andrebbe pagata.
Io ho coi miei beta-reader e coi miei amici grafici un conto aperto, in pizze, birre e cene cinesi, che mi manderà in bancarotta.
Con la mia copy per l’italiano… eh, le devo ormai un capitale.
Con la mia editrix per l’inglese c’è grazie al cielo un patto di mutua collaborazione, per cui ripago il lavoro col lavoro.
E col marketing monkey siamo intesi che finché non si sviluppa un certo volume di introiti, lui lavora pro bono. O pagato in noccioline.

Ma ridendo e scherzando “autopubblicare” un racconto di 8000+ parole (una novellette, per essere tecnici) richiede il coinvolgimento di una decina di persone, oltre all’autore/editore.
Quindi, auto- per niente.
E se dovessi versare a ciascuno 10 centesimi a copia venduta come compenso, il mio ebook costerebbe un euro in più.
E se il mio ebook normalmente va a 99 centesimi, allora parliamo di raddoppiarne il prezzo (e dimezzarne automaticamente le vendite).

E d’altra parte, l’idea è appunto quella di produrre un ebook il più professionale possibile, che invogli il lettore ad acquistarlo conoscendone la qualità.
È questo, no, che vendono le case editrici?
Un testo di qualità superiore, originale ed intelligente, ben scritto, ben impaginato e formattato, con una bella copertina, senza refusi e sciocchezze…
O no?

Non starò qui a fare la lista dei buoni motivi per pubblicare il nostro lavoro da indipendenti.
Chiunque potrebbe elencarne altrettanti, altrettanto buoni, per appoggiarsi ad una casa editrice.
Credo che alla fine sia una questione di temperamento.
O di esperienze precedenti.

Per quel che mi riguarda, la principale attrattiva è quella di distanziarmi da ciò che mi piace sempre meno, ed al contempo restare agile, mobile ed adattabile.

Certo, c’è un sacco da imparare – ma grazie al cielo ci sono degli ottimi manuali.
Io mi rendo conto che ogni nuova avventura con i miei ebook mi porta ad aggiungere elementi al mio carrozzone.
E l’intero carrozzone comincia a diventare una parte interessante della scrittura – posso, insomma, scrivere considerando fattori successivi, integrandoli nel processo creativo.
Posso immaginare e scrivere una storia in un certo modo in funzione di come sarà impaginata, in funzione della copertina, della modalità di vendita, del tipo di distribuzione.
Posso scrivere con la consapevolezza che ci sono persone eccellenti che mi sosterranno dove incespico.
E che devo loro una quantità di pizze, birre e cene cinesi.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

13 thoughts on “La leggenda dell’autore solitario

  1. Sì, il processo creativo/organizzativo è sempre più interessante e professionale.
    Le differenze con i veri editori sono sottili. Vedendo l’editing di qualche romanzo distribuito in libreria, oserei dire che i tuoi editor sono più in gamba.
    Ci manca la certificazione dei guru, di cui possiamo fare anche a meno.

    La cosa ancora più interessante è che anche la percezione di ciò che facciamo sta cambiando, in positivo. Lentamente, ma sta cambiando.

  2. Penso che l’aumento di interazione all’interno di un’attività come la nostra si renda sempre più necessaria, sopratutto quando troppo sovente, gli editori “professionisti” abbandonano l’autore a se stesso con sempre maggior spudorata disinvoltura. Sto prendendo sempre più in considerazione lo strumento dei beta-reader…

  3. È la serietà e la professionalità che ci portano a voler far uscire un prodotto indipendente che sia ben fatto. La stessa strada che ho scelto io per fare uscire i miei prossimi romanzi. Li farò pagare su Amazon? E allora il prodotto deve essere curato, e per fare questo necessità di collaboratori.

  4. E’ letteralmente un mondo che cambia e sarebbe da sciocchi non tenerlo presente. Da una parte molte case editrici, non tutte per fortuna, stanno tirando i remi in barca e investono sempre meno nel processo produttivo peggiorando di conseguenza il loro prodotto. Dall’altra c’è chi si evolve ed eleva di conseguenza il risultato dei suoi sforzi. Una volta inserito nel confronto il fattore dato dal grande equalizzatore, la distribuzione via Amazon o Smashwords, la competizione può dare esiti sorprendenti.
    A ben vedere, cos’è una casa editrice? Un certo numero di persone che seguono le diverse fasi dello sviluppo di un prodotto. Se si mette assieme un gruppo di persone “esterne” con capacità equivalenti si ottiene lo stesso risultato. Con una differenza importantissima: un’azienda ha una struttura rigida e “deve” produrre a determinati ritmi per potersi sostenere con dei costi derivati piuttosto importanti, la struttura esterna è molto più agile ed è in grado di cambiare nell’arco di un giorno.
    Se poi si va a vedere quanto è il margine per l’autore da indipendente rispetto all’essere sotto contratto con una CE si capisce chiaramente come alla lunga possa diventare economicamente sostenibile l’ipotesi della struttura esterna. Business rule, as always happens. Il che porta a dire che arriverà anche il momento del business plan, giusto?

  5. Angelo, lo sai che i business plan sono uno dei miei giochi di società, vero?
    Qui sarebbe interessante definire un business plan che includa proprio la flessibilità e la mobilità di quello che io chiamo il carrozzone rispetto alla più rigida casa editrice.
    Anche perché un baraccone come il mio potrebbe fare cose diverse, offrire servizi diversi, definire “clienti” differenti…
    Ah, lo sai vero che ci lavorerò nelle prossime notti invece di dormire? 😉

  6. Pur non essendo un aspirante scrittore ho trovato molto interessante l’articolo. Però un po’ mi sembra strida con altri articoli (scusa se non li rileggo ora e scrivo cavolate) ad esempio sul lavoro di traduzione e le case editrici. Anche gli editori vorrebbero usare del lavoro ‘pro bono’ o pagato a cene, ma quando si riportano esempi del genere ci fanno sempre una figura da tirchi sfruttatori.
    Naturalmente nel tuo caso sono probabilmente “colleghi” a cui fa piacere fare l’esercizio di correttore o lettore pilota. Ma il problema è sempre che il tuo ebook costerà 1 euro in meno, facendo riferimento a quello scritto nel tuo testo, come esempio) di un altro scrittore che le persone se le deve pagare.
    Detto questo, sarebbe forse figo avere una specie di circolo virtuoso simile alla peer review di articoli scientifici: i reviewers non sono pagati, ma fanno volentieri il loro servizio perchè: a) sono interessati all’argomento, b) avranno bisogno di peer reviewers a loro volta. Poi vabbeh, le riviste scientifiche si fanno pagare lira di dio e non pagano nessuno, ma questo e` un altro discorso 😀
    In bocca al lupo per il nuovo testo, se non avessi già una lista mostruosamente lunga di robe da leggere, e pochissimo tempo, leggerei qualcosa di tuo, non escludo di farlo 😉

  7. Nail, un’azienda che si suppone faccia continuativamente impresa a partire dalla produzione di libri, e che contatti dei professionisti offrendo loro di lavorare venendo pagati in visibilità ed opportunità, è una cosa diversa da un singolo che lancia una richiesta di aiuto e l’ottiene da volontari, pur mettendo bene in chiaro che i soldi non ci sono.

  8. Sto ancora cercando di capire come fai con tutte quelle robe all’inizio (i formati etc. etc.) …

  9. @Giorgia
    Non è complicato – la prima stesura è solo il testo, e quello lo scrivo in un programma tipo notepad, senza formattazione e senza nulla.
    Solo le parole.
    Quando ho finito (o piuttosto, quando sono grossomodo a due terzi), prendo il file .txt, lo apro con Office e a quel punto imposto la pagina – uso un carattere e un’interlinea piuttosto grossi e ariosi, che mi facciano vedere ben chiare le parole. Uso una pagina piccola, per avere meno parole per riga, e non perdermi.
    Con questo secondo file, completo il testo e poi faccio le modifiche del caso.
    Rendere visibili i caratteri nnon stampati (gli a capo, gli spazi, le tabulazioni) mi serve per rendermi conto che c’è qualche sciocchezza che potrebbe scompaginarmi la formattazione.
    Mi aiuta anche a distanziarmi dal testo durante la revisione, obbligandomi a guardare le singole parole e rendendo più difficile leggere le frasi.
    Non è complicato.

  10. Pingback: Baratto, wishlist e una cena pagata | Plutonia Experiment

  11. Ciao Davide, complimenti per l’articolo 🙂
    Per la prima stesura, in alternativa al notepad, ti consiglierei “writemonkey”. E’ un software distraction-free totalmente gratuito e offre la sublime opzione di abilitare i suoni di una vera macchina da scrivere.
    Da quando l’ho provato, non l’ho più mollato.

  12. «È questo, no, che vendono le case editrici?
    Un testo di qualità superiore, originale ed intelligente, ben scritto, ben impaginato e formattato, con una bella copertina, senza refusi e sciocchezze…
    O no?»

    Io dico che no, non è questo quello che vendono le case editrici. Non bisogna mani dare nulla per scontato. In campo di e-book fa meglio un non-editore che un editore, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, ma qualcuno che fa bene ci sta. Eppure, non so perché, ma la lista di chi fa bene al momento conta due editori e non sono grandi, mentre la lista di chi fa male s’allunga giorno per giorno.

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