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“Yo soy un profesional” – una Top Five

12 commenti

Qualche settimana addietro mi è capitato di sentirmi chiedere

“Ma quand’è che si diventa uno scrittore professionista?”

Ora, questa è una di quelle domande che, a seconda di chi le rivolge, con quale tono di voce, in quale luogo ed in quale circostanza, può essere una domanda e basta, o un insulto.
Io comunque ho una risposta che funziona sempre – e che in effetti non è mia, è di John D. MacDonald.The-Five-Questions1

Ma prima di arrivare alla mia risposta… ieri riflettevo sul fatto che questa è certamente una delle cinque domande che chiunque scriva si sente rivolgere periodicamente.
E che non sono Chi, Come, Dove, Quando e Perchè… anche se Perché? è sempre in agguato.

E perché non fare una Top Five, allora?

Nella mia esperienza, le domande fisse sono

1 . “E per chi pubblichi?”

Classica domanda che implica che ciò che vi rende affidabili non è che qualcuno sia disposto a pagare per il vostro lavoro, ma piuttosto che ci sia qualcuno disposto a vendere (e quindi ad essere pagato per) il vostro lavoro.
Strano, eh?

2 . “Ho letto qualcosa di tuo?”

E qui la risposta potrebbe essere, “Boh, se non lo sai tu…”, ma anche “Se non te ne ricordi allora no,” non mi dispiace.

3 . “Hai vinto qualche premio?”

Questa dev’essere perché avere un qualche genere di certificazione fa sempre bene. E poi, scrivi per diventare famoso, giusto. Quindi i premi sono essenziali.

4 . “Ma quand’è che si diventa uno scrittore professionista?”

La mia risposta, copiata da John D. MacDonald è “Quando c’è gente disposta a pagare per ciò che scrivi.”
Bello liscio.
Notare che non implica la presenza di un editore, ma nemmeno la esclude.

E la storia della professionalità, mi ricorda sempre…

Fuentes: You know, I-I’m a professional.
Creasy: That’s what everybody keeps saying. “I’m just a professional”. Everybody keeps saying that to me. “I’m just a professional”, “I’m just a professional”. I’m getting sick and tired of hearing that.

5 . “Ma di lavoro, intendo, cosa fai?”

Perché naturalmente scrivere non è un lavoro (ma se può consolarvi, non lo è neanche fare fotografie, suonare o cantare, disegnare o dipingere, eccetera).

E poi c’è la domanda bonus…

Bonus . “Senti, io ho scritto questa [trilogia fantasy, autobiografia, raccolta di poesie, raccolta di storie erotiche, fanfiction]  , non è che avresti voglia di [leggerla, editarla, farla vedere al tuo editore, recensirla sul tuo blog, votarla su facebook]?”

Per questa non ci sono risposte. L’unica è distrarli puntando un dito ed esclamando

“Guarda, Jean Paul Sartre!”*

E fuggire mentre sono distratti.

—————————
* In caso di perpetratori di trilogie fantasy sostituire con “George R. R. Martin“, in caso di praticanti della fanfiction,sostituire con “Sam e Dean che si baciano!”

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Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

12 thoughts on ““Yo soy un profesional” – una Top Five

  1. … E comunque la sufficienza sul volto di chi, le domande te le rivolge, c’è sempre…

  2. Quando gli rispondi Sartre, inevitabilmente prendono lo smartphone e lo cercano su Google

  3. Le domande curiose in sé non sono male anzi. Ma Bonus *ripetizione di una delle domande precenti* + “lo fai ancora?” Con aggiunta di espressione di sufficienza quando è passato del tempo dall’ultimo incontro. “Cioè ti ostini a fare X” SEH. Ci sono sempre quelli che si sorprendono.

  4. Io intanto per non saper nè leggere nè scrivere mi son letto Pianeta Rosso e Marte! durante una lezione universitaria particolarmente lunga e noiosa. Se la prossima settimana si mantengono su quel livello mi compro la storia di Aculeo e me la divoro.

    Professori incapaci e studenti svogliati ti renderanno ricco 😀

  5. Se ti offrono di leggere/recensire/editare una trilogia fantasy (o altro), a seconda della maturità del proponente puoi considerarlo un riconoscimento di professionalità, al di là della domanda in sé! 🙂

  6. La prima però la trovo legittima, dato che ci sono editori che sono disposti a pagare per il lavoro degli scrittori di cui pubblicano il lavoro.

    o forse non ho ben capito io il tuo punto, nel caso fingi non abbia commentato.

  7. a proposito del precedente commento: sottolineando che essere pubblicati da un editore non è sinonimo di essere bravi, e nemmeno essere pagati per il proprio lavoro, secondo me. ma qua si sfora magari nel gusto personale.

  8. La numero 5, poi, sarebbe da fucilazione immediata. Ed è anche la sintesi del pensiero comune di questo paese.

  9. Davide, lo so che non c’entra niente, ma guardati “Gravity” al cinema: è spettacolare! Per me, nerd dello spazio, è stato fonte di commozione…

  10. Direi che è la definizione migliore 😀
    La numero 5, vebè, evitiamo di riaprire il solito discorso sull’Italia che è meglio :/

  11. Oddio, se qualcuno fa la domanda 5 potrebbe ricevere, da parte mia, tanti, tantissimi insulti.

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