strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Non devo urlare, ma ho una bocca

8 commenti

Sono stato coinvolto in una interessante discussione, ieri, su un forum (sapete che non ne frequento granché) fuorimano.
Un posto molto amichevole (che non è male, tanto per cambiare).
La questione è semplice: una giovane scrittrice americana con quattro volumi autopubblicati in un anno, e distribuiti tramite Amazon, che tuttavia “non tirano”*.
Eppure hanno delle ottime recensioni, e delle copertine decisamente al di sopra della media per una autoprodotta.
Ma il punto non è questo.
Il punto è che tutti consigliano all’autrice di aprire un blog per ottenere visibilità – ma lei è una persona molto schiva, schiva al punto che non saprebbe di cosa parlare sul suo blog, non saprebbe gestirlo.
Non saprebbe, nelle sue parole, come “vendersi”.

La cosa che mi ha colpito e mi ha dato da pensare (e che fa sì che io vi infligga questo post) è questa terribile dicotomia – mi serve un blog per dare visibilità ai miei libri, ma non voglio visibilità per me.

dead-blogE non dico terribile per dire – come ho ripetuto spesso in passato, gestire un blog (quale che sia il motivo per cui lo si fa) richiede una notevole spocchia, una certa idea esagerata della propria importanza.
Si deve partire dal presupposto che ciò che scriverò interessi a qualcuno.
Mancando questo modicum di egocentrismo, gestire un blog “per forza” diventa, io credo, un tormento**.

Dalla discussione sono venute fuori parecchie buone idee, e parecchie osservazioni interessanti.

La prima, e la più ovvia, naturalmente, è che non è assolutamente necessario avere un blog per spingere i propri prodotti.
Di fatto, non pare esista una soluzione unica e garantita.
C’è chi ha degli ottimi risultati limitandosi ad una piattaforma di microblogging come Twitter, ad esempio.
E poi naturalmente si sono discusse tutta una serie di strategie altrettanto interessanti.
Il numero e la cadenza dei post, l’uso e l’abuso di servizi come G+, Pinterest, Squidoo.
Non esiste una sola regola, un solo approccio.

01Salvo forse uno – tutti coloro che hanno avuto i risultati migliori sono coloro che non hanno mai inteso il proprio blog come una macchina per vendere.
Quelli che hanno consigliato alla giovane scrittrice di usare il suo blog per dimostrare semplicemente di essere una persona simpatica.

Da qui, si è anche discusso brevemente di come sempre più spesso vendere il libro significhi vendere lo scrittore – un argomento del quale sarebbe interessante parlare una volta o l’altra.

Ma ancora più interessante, per me, è invece il discorso sull’esporre se stessi – perché alla fine non riguarda la vendita di un prodotto, ma la semplice attività del gestire un blog.
Premesso che io un blog intitolato, per dire, Il Blogger Riluttante, sul quale postare una volta alla settimana sul perché non mi piace bloggare, lo proverei a fare… ma io non sono riluttante affatto, naturalmente…
Ma a parte ciò, forse ci scordiamo quanto sia importante separare ciò che il blogger mette sullo schermo, e la percezione di ciò che viene messo sullo schermo.
Noi (tutti, sui blog o per strada) esponiamo di noi stessi ciò che vogliamo esporre – e talvolta alcuni dei nostri interlocutori possono pensare che quello che esce sulla pagina (o sulla strada) sia tutto.
Il parziale viene interpretato come il totale.
Gli effetti possono essere imbarazzanti.

A me è capitato di sentirmi dire, da amici e conoscenti, alla menzione del fatto che io gestisco un blog (due, a dire il vero)…

Ah, non capisco che gusto ci provi a mettere in piazza tutti i fatti tuoi!

No.
Io non metto in piazza tutti i fatti miei.
Ed è un errore crederlo – un errore per chi legge, ed è ancora di più un errore per chi scrive (se si mette a pensare di doversi esporre totalmente).
Un piccolo, ben serrato nucleo di fatti nostri, come blogger, è giusto che resti tale.
E se a volte può sembrare che io divulghi informazioni molto personali che mi riguardano – beh, se le divulgo, è perché non sono così personali, o non sono così importanti.
Né mi si può accusare di reticenza o di disonestà se mantengo la parte privata della mia vita privata… beh, privata.

E non entriamo nel merito di quella mia buona amica che sostiene – molto probabilmente a ragione – che noi scrittori siamo comunque personaggi assolutamente inaffidabili.

———————————-
* Il che significa che la portano ad incassare meno di 200 dollari al mese.

** Mi domando se non possa essere questo il motivo per cui ci sono blog che ho visto partire con gran pompa, ma che non sono mai decollati.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

8 thoughts on “Non devo urlare, ma ho una bocca

  1. A me molti dicono (tra cui alcuni cari amici): “hai un blog perché sei egocentrico e ti piace parlare di te”.
    Da qui il primo fraintendimento. Il mio blog non parla delle mie disavventure in ufficio o in università. Semmai parla dei miei gusti in fatto di libri, film e fumetti.
    Certo, siamo sempre dalle parti del personale, ma qualunque cosa lo è, perfino un articolo su un quotidiano nazionale, perché il giornalista in fondo fa emergere il suo parere sulla questione trattata.

    Il blog è necessario a uno scrittore?
    Assolutamente sì. Lo dicono anche tutti gli esperti di marketing (quelli veri). In effetti ci sono molti modi per gestire la cosa, anche per i timidi.
    Per esempio un Tumblr di sole immagini e link può generare più traffico di un blog canonico.
    Io poi, per esempio, seguo anche blog di persone che scrivono articoletti di 100 parole. Quando hanno qualcosa da dire, funzionano lo stesso.

    Comunque criticare il blogging è il classico caso di chi attacca qualcosa perché non la capisce.

  2. Ciao, vorrei segnalarti che ti ho nominato per il versatile blogger of the year sul mio blog:
    http://vaderetrofashionblog.wordpress.com/2013/10/08/the-versatile-blogger-of-the-year/

  3. La diatriba del vendere lo scrittore per vendere il libro è un tema che ultimamente mi ossessiona e ne ho discretamente parlato anche sul mio, di blog. Trovo che sia un giocoforza che certo mercato (nazionale) incoraggia e che nell’inevitabile narcisismo di chi scrive, può trovare ampio terreno di coltura. Il problema, come già affermato, sorge quando il “personaggio” scrittore sovrasta il libro. Sul blog, concordo sull’utilità e a tratti necessità, come strumento di dibattito e promozione, anche perché dal mio personale punto di vista, dibattito e promozione, in ambito letterario sono assolutamente complementari e permettono sviluppi diversamente molto difficili da veicolare.

  4. P.s. complimenti per la citazione Hellisoniana 😉

  5. “Sono stato coinvolto in una interessante discussione, ieri, su un forum ….”
    “….Un posto molto amichevole (che non è male, tanto per cambiare).”

    Un forum dove tutti sono amichevoli?
    Accidenti! Questa si che è fantascienza! 🙂

  6. Ma veramente serve un blog per vendere libri..?
    Io vado in libreria, sfoglio il libro e se mi interessa lo compro….. Le recensioni di solito le leggo dopo per vedere se gli altri sono d’accordo …… Boh!?

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