La notte scorsa stavo ridendo con due amiche, chiacchierando del doppiaggio dei vecchi film.
Avete presente i vecchi film deglia nni ’40 e ’50, con quei doppiaggi per cui la donna fatale parlava con quell’acceNtoh stranameNteh affettatoh e probabilmeNteh, per l’epoca, molto seduceNteh*, e i nomi dei personaggi venivano tradotti per cui George e Beth diventavano Giorgio ed Betta.
In cui Washington è pronunciato Vascingtòn.
Quei doppiaggi lì.
Ecco, parlando di certe cose, si arriva sempre a uno dei piccoli cavalli di battaglia degli appassionati di fantascienza – La Terra contro i Dischi Volanti, un film del ’56 con effetti di Ray Harryhausen che in Italia ha il dubbio titolo di merito di contenere uno dei doppiaggi più curiosi.
Non per via del birignao, ma perché i doppiatori, poco avvezzi all’uso di certi termini, parlano di satellìti, missìli e galassìe
E la cosa mi ha dato un certo brivido.
Poco più che dieci anni prima della mia nascita, termini che per noi sono assolutamente quotidiani – parole che per me fin da bambino erano comuni (e ricche di fascino) – questi termini erano a tal punto esotici da venire pronunciati… beh, in maniera esotica.
È un dettaglio sciocco, me ne rendo conto, ma credo sia una testimonianza di come fossimo allora, e di quanto siamo cambiati in pochi anni – perché cinquant’anni sono pochi, nel grande schema delle cose.
Ora ci sarà chi pensa che non sia poi questo gran cambiamento, e ci sarà chi invece lo vedrà come un sintomo di quanto la vita moderna ci abbia trasformati – e moltio vedono qualunque cambiamento o trasformazione come negativo.
Io lo vedo solo come un segnale minuto di come, in poco più di dieci anni, il quotidiano degli italiani cambiò radicalmente.
Non riesco a ricavarne grandi insegnamenti filosofici o profonde osservazioni sul senso della vita.
Ma ne ricavo una prospettiva, un senso del tempo, che non avrei pensato potesse annidarsi in una simile minuzia.
————————–
* il termine tecnico è birignao.
16 ottobre 2013 alle 9:55 AM
Rivedo con interesse vecchi film di fantascienza, come “ultimatum alla terra” del 51, oppure la serie televisiva britannica UFO…li rivedo con mio figlio di 11 anni e trovo interessante assistere al suo divertimento guardando come i senior fantasticavano sul futuro. Intanto Il Robot Gort interpretava un monito sulla la guerra fredda e il timore del nucleare. UFO le conquiste spaziali di quegli anni, una bella vetrina per Mary Quant e tutto il fashion britannico. Interessante il confronto tra il bimbo protagonista di ultimatum alla terra del 51 con la classica maglietta a righe e pantaloncini corti del tempo e il remake del 2008 con il piccolo Jaden Smith in giubottino di renna e scarponcini da escursionismo. Concludendo penso sia indispensabile riflettere sul senso del tempo, accorgersi delle trasformazioni e analogie, anche attraverso significative rivalutazioni di tutte “le minuzie”.
16 ottobre 2013 alle 10:19 AM
Ci sarebbero anche altre riflessioni su questi vecchi film di fantascienza: in un periodo in cui l’America si viveva come “eroica” e insindacabile, si percepiva nettamente attraverso queste vecchie pellicole la necessità di minimizzare le ricadute e conseguenze della stupidità umana.
Emblematiche sono le scene del fall-out nucleare sbirciato da dietro un anfratto con la protagonista urlante ma che non si spettina mai.
Che ne pensiamo quando ripercorriamo queste scene? Ingenuità o intenzione?
16 ottobre 2013 alle 12:28 PM
Lo si potrebbe definire come un “carotaggio mediatico-sociologico”.
16 ottobre 2013 alle 1:09 PM
In realtà c’ è anche qualcosa di commovente nell’ ingenuità di quell’ epoca.
Rivedo spesso quei vecchi film ed i doppiaggi del passato hanno qualcosa di unico.
16 ottobre 2013 alle 3:02 PM
Parliamo dello stesso accento seducente dato a lady Marian di Batman nel Robin Hood di Mel Brooks? Personalmente trovo che anche oggi mantenga un suo fascino 😀