Ve la ricordate la vecchia storia che chi scrive scrive, tutti gli altri parlano di scrittura?
Bene, parliamo di scrittura.
La cosa si sta diffondendo qui nel Blocco C della blogsfera – ha cominciato Alessandro Girola, poi lo ha fatto Marco Siena: un riassunto per punti di alcuni elementi che consideriamo fondamentali, o caratteristici, della nostra scrittura.
Come idea – e in questo concordo con Marco – non per esporci, ma per confrontare modus operandi e strategie.
Per imparare.
Alex ha messo giù venti punti, Marco trenta.
Vediamo ora cosa riesco a fare io.
Perciò, siete ancora in tempo, se siete di quelli che scrivono, allora piantatela di frignare e tornate a scrivere.
Se siete dei wannabe che parlano di scrittura, cliccate qui di fianco…
- non ho orari specifici di scrittura, piuttosto faccio cose diverse in momenti diversi – delineo al mattino, scrivo di notte, revisiono al pomeriggio… se riesco – altrimenti, si fa quel che si può
- una parte consistente della mia scrittura si svolge nella mia testa, a letto, tra le sei e le sette del mattino
- in linea di massima cerco di pensare alle storie in termini di struttura, per cui speso faccio mappe, scarabocchi e altre cose strane
- preferisco scrivere senza avere gente attorno, ma se devo, posso scrivere ovunque
- come ho già raccontato fino alla noia, scrivo la prima stesura in Gedit e poi revisiono in LibreOffice
- ho la mano pesante: consumo tastiere come se fossero biscotti. Per questo preferisco le vecchie tastiere meccaniche, che sono infinitamente più robuste
- scrivo sia in italiano che in inglese – può capitare che io scriva in inglese e poi traduca in italiano; non è mai successo il contrario
- normalmente ho tre o quattro lavori in corso, fra articoli e racconti – saltare da un lavoro all’altro aiuta quando ci si trova bloccati su una storia… si passa ad un altro testo, e via
- scrivo prevalentemente dalla novella al racconto breve, tra le 2000 e le 20.000 parole. Questo per motivi pratici (si finisce prima, è più facile vendere), oltre che per inclinazioni personali
- non butto via praticamente nulla di ciò che scrivo, ma solo una storia su tre, in media, arriva alla revisione ed alla stesura definitiva
- la stesura definitiva di solito è più breve della prima stesura: in fase di revisione elimino il 30% di ciò che ho scritto, e aggiungo almeno un 20% di nuovo materiale, ma non è una regola matematica
- collaboro con degli eccellenti editor e beta reader, dei quali mi fido ciecamente – hanno tutti una cosa in comune: nessuno di loro mi ha mai mandato di sua iniziativa una mail con l’elenco degli errori riscontrati nel mio ultimo lavoro; collaboriamo per scelta, non per stalking
- scrivo narrativa di genere – il genere è la tribù alla quale appartengo, è il mio pubblico di riferimento
- tutte le mie storie hanno, nel bene e nel male, anche una colonna sonora e una galleria d’immagini di riferimento
- la fase di documentazione è essenziale per le mie storie, ma poiché faccio narrativa d’immaginazione, non manualistica, mi riservo il diritto di ignorare, modificare o inventare i fatti in funzione delle mie necessità
- ci sono un sacco di quelli che io chiamo “giochini” nelle mie storie – citazioni, riferimenti obliqui, in-jokes. Coglierli non è essenziale per la comprensione della storia, ma chi li coglie ne ricava, spero, un extra
- credo che solo gli scrittori stupidi abbiano lettori stupidi, e di conseguenza sono fermamente convinto che il lettore possa e debba fare la propria parte, il che significa che non sempre spiego esplicitamente tutto ciò che caccio nei miei racconti
- ritengo che l’autore non debba mai giustificare le proprie scelte – il che spiega perché non rispondo a certe domande dei lettori (per quanto io ami parlare di me stesso, come avrete intuito)
- d’altra parte, aggiungo sempre una postilla alle mie storie, non per giustificare alcunché, ma per raccontare qualche dettaglio sullo sviluppo e sulla scrittura – una abitudine presa, credo, dai romanzi di Piers Anthony
- ho un notes con la copertina tigrata sul quale annoto le buone idee (e chi me le ha date, per poterlo ringraziare in postilla)
- ovviamente odio le recensioni negative del mio lavoro, ma
- preferisco una recensione onestamente negativa al benevolo paternalismo di certi recensori che dicono sempre bene, ma in maniera assolutamente insultante
- una buona storia deve lasciarmi qualcosa, fosse anche solo la soddisfazione di avermi fatto scordare i miei guai quotidiani per un paio d’ore, che io l’abbia letta, o che io l’abbia scritta
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