Charles G. Finney era un ragazzo di provincia che si arruolò nell’esercito dopo la Grande Guerra, e venne spedito in Cina, dove trascorse tre anni, dal ’27 al ’29.
mentre si trovava a Tientsin prese un po’ di appunti per un romanzo, e poi, quando tornò in America e si ritrovò a scrivere per un giornale a Tucson, in Arizona, lo mise giù e lo pubblicò nel 1935.
Il romanzo vinse il National Book Award, che veniva assegnato per la prima volta proprio in quell’anno, come romanzo più originale.
Il romanzo si intitolava The Circus of Dr Lao, ed era illustrato da Boris Artzybasheff.
C’è un meme, che circola in questi giorni -elencare i dieci libri che ci hanno maggiormente colpiti.
È un gioco che potrei fare mille volte e darei ogni volta una lista diversa.
Ma oggi, qui, in questa lista ci sarebbe certamente Il Circo del Dr. Lao*.
Di cosa parla, Il Circo del Dr. Lao?
Di un posto che si chiama Abalone, in Arizona, dove un giorno arriva un circo.
Il Circo del Dr. lao.
L’arrivo del circo rappresenta l’irruzione del fantastico nelle vite assolutamente prosaiche degli abitanti di Abalone, che per il prezzo del biglietto d’ammissione possono ammirare un campionario di creature mitologiche e personaggi leggendari.
Ma l’esposizione a queste crteature – per quanto malandate e spelacchiate possano essere – non può essere priva di conseguenze.
Il romanzo di Finney è strano, discontinuo ed eccentrico per linguaggio e struttura, costellato di diavoli cinici, di mostri stanchi, di visioni misteriose.
Apollonio di Tyana fa un numero di previsione del futuro, la Medusa è molto giovane e molto poco vestita, e viene dal Messico. Un satiro cinese è attempato ma ancora seducente. O per lo meno ci prova.
E poi serpenti marini, unicorni, un licantropo non troppo convinto.
C’è, ne Il Circo del Dr. Lao, l’alienazione divertita ma innegabile di un uomo che ha visto il mondo, vasto ed esotico, e poi è finito in fondo a un pozzo, in un paese di provincia.
Senza il circo di Finney non ci sarebbero, probabilmente, i tanti circhi di Ray Bradbury – che tuttavia riesce ad essere più romantico, più idealista, del giornalista che a Tientsin mise giù qualche appunto, e poi arrivato nel deserto dell’Arizona tramutò quegli appunti in un lungo, strano sogno.
Poi arriva una divinità precolombiana, viene sacrificata una vergine – la verginità è sopravvalutata, come garanzia di felicità, nell’universo in cui vivono Finney e i suoi personaggi – e la brava gente di Abalone se ne và per il mondo, in cerca di qualcosa o qualcuno.
Forse senza sapere cosa.
È strano, Il Circo del Dr. Lao.
È un immaginario completo, racchiuso fra due copertine.
È indispensabile, e ingiustamente dimenticato**.
È stato variamente tradotto e ristampato in Italia – ma se possibile, bisognerebbe leggerlo in originale.
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* Sì, potrei fare altri nove post come questo.
Ma anche no, quindi non fatevi delle grosse aspettative.
** Prima che qualcuno pedantemente lo segnali nei commenti – ci fecero un film, nel 1964, intitolato The 7 faces of Dr. Lao.
Che con il romanzo di Finney ha ben poco a che vedere – ma non è male, come film in sé.
12 settembre 2014 alle 7:05 AM
Assolutamente fantastico.
Trovo straordinario (nel senso di evento raro e impensabile) che sia stato finalmente ristampato anche in Italia.
Lo trovo un romanzo ancora migliore del già ottimo “Popolo dell’Autunno”.
Lo consiglio a tutti coloro che vogliono scrivere fantasy o urban fantasy, giusto per non fare riferimento solo ai romanzi moderni.
Questo è diverso… molto.
12 settembre 2014 alle 10:36 AM
Sì, è un ottimo antidoto al fantasy omologato.
Anche se molti lo considereranno “sbagliato” per un sacco di motivi.
12 settembre 2014 alle 8:10 AM
Lo cerco!
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13 settembre 2014 alle 8:57 PM
Ottimo, a me è piaciuto parecchio. Lo spettacolo finale l’ho trovato molto intenso, e i cittadini mi hanno fatto sogghignare più volte. E ho pensato al dottor Lao, quando il Chautauqua Itinerante con le Lezioni Stravaganti di Adam Black è arrivato a Desolation Road, probabilmente lo avrei fatto per altre storie lette in passato. Ora fortunatamente è facilmente reperibile.
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26 Maggio 2020 alle 8:04 AM
Sai che scrivo storie cinesi, mi hai fatto venire in mente una storia, di un mago cinese un po’ rimbambito e di una bella ragazza molto poco vestita… chissà
26 Maggio 2020 alle 9:34 AM
Potrebbe funzionare.
Finney in effetti scrisse un romanzo intitolato Il Mago Venuto dalla Manciuria. In cui c’era anche una signorina molto poco vestita.
Lo spazio di manovra c’è certamente.