Ci sono cose che le nostre madri non ci hanno insegnato, ma avremmo dovuto apprendere per osmosi.
E in un certo senso lo abbiamo appreso, solo che lo abbiamo capito quando era ormai troppo tardi.
Per dire, quando un’amica chiedeva una ricetta a mia madre, lei rispondeva
te la trascrivo, e la prima volta che ci vediamo te la passo
o qualcosa di simile.
Non rispondeva
ecco, ti presto il mio libro in cui c’è la ricetta
Ed è per questo che mia madre ha avuto una copia di Cucina Internazionale ed Esotica, di Ginette Mathiot, per quasi quarant’anni, e poi io l’ho prestato a una persona che voleva una ricetta, e quella non me l’ha mai più restituito.
Se avrò tempo e voglia ne cercherò una copia su eBay (so che si trovano) ma naturalmente mancherà il valore affettivo – così come mancheranno le ricette ritagliate dai giornali che mia mamma aveva infilato fra le pagine.
La cosa che mi fa assolutamente infuriare, al di là del valore affettivo (era un libro della mia mamma), è che Cucina Internazionale ed Esotica è stato il primo libro di cucina che io abbia avuto modo di leggere.
Si tratta, com’è ovvo, di un ricettario – una collezione di circa 600 ricette da tutto il mondo, illustrate con fotografie a colori.
Si tratterebbe certamente di uno dei cinque libri di cucina che io inserirei in una lista ideale.
E a questo punto, lo avrete capito, vi infliggo i restanti quattro.
perché dopotutto, non è sempre caviale, giusto?
Di Action Cookbook ho già parlato in passato – il volume risalente al 1965 è una collezione degli articoli di cucina che Len Deighton, ex spia, ex cuoco e cameriere, e autore di una quantità di eccellenti romanzi di spionaggio, pubblicò nel 1965.
Alcune delle pagine del libro si possono osservare, ritagliate e attaccate a uno stipite nella cucina di Harry Palmer, in IPCRESS, film tratto dal primo romanzo di Deighton.
Il libro è piacevolmente datato – è ricolmo di ricette improbabili, di regole empiriche su come rifornire il mobile bar in vista di una festa, e di disquisizioni sui pro e contro di oggetti in fondo superflui come il frigorifero, il frullatore elettrico o la pentola a pressione1.
Il volume trova un suo ottimo, indispensabile complemento in The ABC of French Cooking, sempre di Deighton, ancora una volta illustrato dall’autore, ancora una volta una fonte inesauribile di meraviglie.
Altro libro che ho citato spesso è An Omelette and a Glass of Wine, di Elizabeth David – che, curiosamente, fu anche lei una spia durante la seconda guerra mondiale2.
In realtà è difficile decidere un singolo titolo della David – perché Omelette e non French Provincial Cooking? Perché non A Book of Mediterranean Food?
È una questione strettamente sentimentale – Omelette è il primo libro di Elizabeth David che io abbia letto, ed è la curiosa miscela di memorie di viaggio, osservazioni curiose, ricette e semplice cultura del cibo, che mi ha fatto amare questa autrice.
Potrei aggiungere che An Omelette and a Glass of Wine è anche un libro indispensabile per chi vuole scrivere – ma questa di usare manuali d’altro per imparare a scrivere è una faccenda che discuteremo in un altro momento.
Credo che molti ne abbiano un certo bisogno.
L’Arte di Utilizzare gli Avanzi della Mensa, di Olindo Guerrini, è un altro di quei libriccini che andrebbero letti e riletti, e non solo per le ricette che contengono.
Guerrini, che disse di sé “sono nato (ahimé) a Forlì”, e che fu scrittore e poeta, studioso di letteratura, polemista e gastronomo sui generis, conobbe davvero la fame, e questa raccolta di ricette votate al riciclaggio ed all’improvvisazione sono, assolutamente, indispensabili.
Il libro venne pubblicato postumo nel 1918 (l’autore era scomparso nel ’16), ma lo si trova, fortunatamente, a buon mercato, in una ristampa del 2012.
Ripenso spesso a questo volume, tutte le volte che mi capita d’inciampare in taluni gastronomi televisivi, che dubito abbiano mai avuto l’indispensabile esperienza di fare la fame – esperienza che invece il povero Guerrini fece, eccome, e trasmette con ironia feroce nel proprio libro.
How to Cook a Wolf, di M.F.K Fisher, venne pubblicato nel 1942 e non è, nonostante il titolo, una guida al consumo di specie protette a fine alimentare.
Il libro era inteso come un manuale di sopravvivenza – davvero di sopravvivenza – per le massaie inglesi durante il Blitz. Come continuare a cucinare, e a vivere, nonostante i razionamenti di cibo, il taglio dei combustibili e gli oscuramenti, le notti insonni e il terrore.
Mary Frances Kennedy Fisher è la principale scrittrice di gastronomia americana, e proprio come la David viaggiò estesamente e soggiornò a lungo in Europa.
Esattamente come Elizabeth David, la Fisher scrive non solo di cucina ma dell’esperienza del cucinare – e di mangiare.
Come nel caso della David, i suoi libri sono raramente andati fuori stampa, e si trovano facilmente. Tutti i suoi titoli degli anni d’oro – incluso Wolf – sono stati ristampati di recente nel colossale volumone The Art of Eating (uscito per la prima volta una cinquantina d’anni or sono), che è vivamente consigliato (a parità di prezzo, si portano a casa quasi 800 pagine di eccellente scrittura – e cibo altrettanto spettacolare).
E questo è quanto, come scaffale minimo.
Sì, ho un paio di dozzine di altri libri, incluso un bel volume di ricette vegetariane, un For Dummies e un meraviglioso Teach Yourself How to Cook degli anni ’50, oltre che un paio di libri di Gordon Ramsey, piuttosto divertenti.
Ma per i miei quattrini, i cinque titoli elencati qui sopra sono quelli veramente indispensabil – non solo straordinaria istruzione, ma anche una eccellente lettura.
2 aprile 2015 alle 10:03 AM
Sarebbe bello leggere un post sui manuali di cucina “storica”: ho sentito dire che c’è chi va riesumando l’antica cucina rimana, e chi ci prova addirittura con quella delle civiltà precolombiane.