Il mio vicino di cella, Alessandro Girola, ha appena pubblicato un nuovo ebook, intitolato Zona Z.
È una storia di zombie, scritta per reazione, io credo, alla quantità di mediocre narrativa a tema zombesco attualmente pepetrata ai danni del lettore ignaro.
L’uscita di Zona Z mi ha colto in un momento curioso – perchè stavo rimuginando alcune cose sugli zombie e sul loro attuale successo. E così mi sono detto, perché non approfittarne e mettere giù qualche idea sul genere, e poi vedere cosa succede?
Proviamo.
I Proletari dell’Orrore
Ho sempre considerato i morti viventi, gli zombie della cinematografia e della letteratura1 come i proletari della paura.
Il vampiro e il licantropo sono rispettivamente l’aristocrazia e la classe media dell’horror.
Essere azzannati dal vampiro in fondo significa entrare a far parte di una elite dotata di superpoteri, e che si nutre del sangue delle proprie vittime.
Il morso del licantropo è una implicita, periodica liberazione dalle pastoie sociali, un assegno in bianco per ciò che riguarda le pulsioni animali.
Ma essere addentati dallo zombie significa semplicemente perdere la propria identità. Si diventa parte di una massa senza volto, che si trascina senza sosta in cerca del modo per placare una fame che è, per definizione, impossibile placare.
Non si diventa fighi, forti, belli o immortali, quando si diventa zombie.
Si diventa – o si continua ad essere – uno qualunque.
E per di più cadavere.
In parte la paura dello zombie nasce da questo – non si tratta di venire sedotti dal vampiro o più o meno violentati dal licantropo. Si tratta semplicemente di venire annientati.
Gli zombie non sono nulla di particolare, sono addirittura facili da accoppare – ma sono tanti, e non dormono mai.
I morti sono sempre stati più dei vivi.
Uomini veri
E se parte del recente successo degli zombie presso il grande pubblico è una conseguenza della paura che tutti abbiamo, chi più chi meno, di cascare oltre l’orlo della società del benessere e diventare creature di nessun conto, devastate dalla fame, io credo che parte del successo del sottogenere dipenda dall’ideologia che sottende normalmente le storie di zombie.
Si tratta di survival horror.
O, in breve, finalmente una buona scusa per ammazzare quegli idioti.
Pensateci un attimo, quali sono le conseguenze della zombie apocalypse?
- il sistema politico collassa
-
la società civile sprofonda nella barbarie
-
i deboli vengono eliminati
-
sono necessarie decisioni irrevocabili
C’è una corrente di autoritarismo strisciante, nelle storie di zombie, che è innegabile.
Che forse potrebbe essere una metafora a grana grossa della nostra situazione attuale
mio Dio, il potere è in mano a un pugno di bastardi autoritari, e la maggioranza dei cittadini è peggio che morta!
… ma lascia il serio dubbio che non sia la paura esistenziale ad alimentare questo genere di storie, ma una sorta di stortissimo wish fulfillment
un giorno resterò solo io al comando, e potrò sparare a questi imbecilli
L’Idiot Plot dall’Oltretomba
L’autoritarismo strisciante è in fondo giustificato perché la zombie apocalypse utilizza con abbandono l’idiot plot secondo il quale, essendo la nostra civiltà composta al 95% da idioti (che guardacaso sono sempre gli altri, mai noi), davanti ad una crisi come una pandemia o una sollevazione generale dei cadaveri, può solo reagire col panico e la follia.
D’altra parte è così, vero?
Quando la vostra auto non va in moto, voi le date fuoco, e poi sparate ai passanti.
No?
Strano – quello pare essere lo standard della reazione umana in questo genere di storie.
Il risultato dell’autoimmolazione – volontaria o inconsapevole – del 95% del genere umano è che rimangono a combattere le orde dei non morti solo gli individui adatti.
Quelli che hanno quel qualcosa che permette loro di sopravvivere.
Che sono, se ci fate caso, di solito il genere di bastardi ai quali difficilmente affidereste i vostri figli mentre fate un salto fino all’angolo per prendere il pane.
In questo senso, la zombie apocalypse è molto molto spesso offerta al pubblico come una forma di wish fulfillment abbastanza elementare.
Perché identificandoci coi protagonisti, se da una parte l’idea che tutti coloro che ci circondino siano morti, e ci vogliano mangiare – strettamente in quest’ordine – è abbastanza spaventosa, dall’altra, beh, siamo sopravvissuti, no?
Di solito in compagnia di un paio di casi umani che moriranno malissimo, e un paio di partner ideali che non è che avranno una grossa scelta quando si tratterà di ripopolare il pianeta.
Bello liscio.
La zombie apocalypse – così come la pandemia e la guerra atomica – nella fiction serve solo ad eliminare le persone noiose.
Ora, dal punto di vista della scrittura, posso trovare divertenti o interessanti alcune delle situazioni che uno scenario di tipo survival/zombie apocalypse può generare – l’idea che i miei personaggi debbano evolvere in fretta, fare delle scelte difficili, scoprire dentro di sé delle capacità e delle competenze inaspettate.
L’idea che tutto si possa ridurre a una scusa per descrivere ammazzamenti e cadaveri sbrindellati – che è poi ciò che credo abbia alla lunga stancato anche Alessandro Girola e lo ha spinto a scrivere Zona Z – mi stanca abbastanza in fretta.
E anche l’autoritarismo, non è esattamente il mio genere di cosa.
Per questo motivo, io credo, non ho ancora trovato un singolo film – o libro – a tema zombie, che mi abbia completamente convinto e soddisfatto2.
Sarebbe interessante provare a fare qualcosa di diverso.
E sarebbe anche estremamente difficile.
Buoni motivi per provarci, che dite?
Però no, non nell’immediato futuro.
Nel frattempo, se volete una buona porzione di morti affamati, leggete Zona Z.
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- cinematografia e letteratura, in quest’ordine, perchè è sul grande schermo che le orde dei non morti vengono definiti all’origine ↩
- lascio fori da questo discorso le storie di voodoo di Henry S. Whitehead, o film come I walked with a Zombie, che non presentano le orde striscianti dei non morti, ma costruiscono il loro orrore a partire da idee diverse, e non hanno nulla a che vedere con la zombie apocalypse. ↩
5 Maggio 2015 alle 7:11 AM
Intanto grazie per aver parlato del mio “Zona Z” 🙂
Comunque sì, l’esigenza di scrivere una nuova zombie novel è nata soprattutto dall’idea di superare un poco i cliché che citi.
Che poi, se ci pensi, sono tutto sommato recenti. Romero ha lanciato lo zombie 2.0, ma i suoi film avevano le caratteristiche opposte a quelle che si sono imposte negli anni a venire.
L’autoritarismo, per esempio, veniva sbeffeggiato, non esaltato. Perfino nelle dinamiche dei piccoli gruppi di sopravvissuti non è il maschio duro e macho a predominante.
Anzi…
5 Maggio 2015 alle 10:06 AM
Certamente Romero aveva un approccio “sovversivo” alla minaccia zombie.
ma naturalmente puntare su pistoloni, gruppi di sopravvissuti c*zzutissimi e su una retorica da due lire è molto più facile.
5 Maggio 2015 alle 8:10 AM
Io credo che sia successo qualcosa di molto brutto alle storie sugli zombi “classiche” (non quelle alla Fido o alla Warm Bodies, per intenderci) negli ultimi 15 anni e, curiosamente, a partire da 28 Giorni Dopo che neanche è un film di zombi in senso stretto. È lì che è partita la deriva autoritaria, perché Romero non ci pensava proprio e aveva tutte altre idee riguardo all’apocalisse.
5 Maggio 2015 alle 10:08 AM
Io credo che da una parte sia l’influenza della cultura survivalist, e dall’altra una effettiva paura che serpeggia riguardo alle derive autoritarie nel mondo reale. Il problema è che è molto facile passare da un racconto che vuole mettere in guardia riguardo all’autoritarismo, ad uno che invece pare volerne dare una immagine positiva. Anche perché è spesso difficile proporre una alternativa all’autoritarismo in una sitazione di emergenza… e a quanto pare le cose difficili, in narrativa, non vanno più di moda.
5 Maggio 2015 alle 10:33 AM
Io ho sempre pensato (e l’ho anche scritto, sebbene non siano zombie, ma è comunque un’apocalisse) che più del “che bellezza, sfasciamo tutto”, la reazione della gente comune a un evento così assurdo sarebbe una specie di catatonia generalizzata. Almeno i primi tempi. Non ce li vedo tutti questi impiegati che si trasformano in Rambo da un istante all’altro.
Qualche anno fa uscì un film che non era di zombie, ma aveva molte cose in comune con la situazione tipica di uno zombie movie: si ipotizzava che negli Stati Uniti il crimine fosse sparito perché una notte l’anno si dava la possibilità ai cittadini di sfogarsi, rendendo impunito ogni tipo di crimine, omicidio compreso. A parte l’assurdità palese della vicenda, io ho pensato che se una notte del genere venisse realizzata davvero, il 99% delle persone se ne starebbe chiusa dentro casa. E non succederebbe (quasi) nulla.
5 Maggio 2015 alle 10:45 AM
Credo anch’io che la maggioranza resterebbe paralizzata – e non dubito che potrebbero esserci elementi populisti pronti a cavalcare il “fenomeno” (gli zombie sono il prodotto delle scie chimiche…)
Però ilpanico è più semplice, e risolve un sacco di problemi narrativi – oltre a supportare una certa ideologia di fondo.
5 Maggio 2015 alle 8:11 AM
Non sono una patita del genere, quindi non ho letto/visto tanta roba, ma The Walking Dead (il fumetto) mi sembra più complesso e interessante di come descrivi qui il livello medio delle produzioni a tema.
5 Maggio 2015 alle 10:10 AM
Non sono neanche io un patito del genere, e confesso di aver girato al largo da The Walking Dead (il fumetto) dopo aver visto un paio di episodi del telefilm.
Non dubito che esistano eccezioni al modella – grazie al cielo! – ma io stavo facendo un discorso generale.
Grazie comunque per la puntualizzazione – è bene segnalare ciò che esiste di valido e che si discosta dai modelli più triti.
5 Maggio 2015 alle 8:21 AM
Una volta, per un raccontino, descrissi una situazione diversa, almeno dal punto di vista del protagonista e di come viveva l’invasione.
La cosa mandò in confusione gli “amanti” del genere.
5 Maggio 2015 alle 10:11 AM
È il rischio che si corre a fare cose diverse. Purtroppo la continua ripetizione di certi modelli porta una parte del pubblico a scordarsi che si potrebbero anche fare le cose diversamente.
5 Maggio 2015 alle 10:33 AM
Era “in un raccontino”… sorry.
5 Maggio 2015 alle 10:41 AM
Io sono (o ero) un grosso patito di morti viventi ma dopo un pò il ripetere alla lunga le stesse coordinate ha stufato al punto tale che ho smesso di interessarmi all ’argomento. Anche perchè pensandoci sopra le alternative su come scrivere gli zombi esistono.
5 Maggio 2015 alle 10:46 AM
In effetti la noia è un rischio reale.
5 Maggio 2015 alle 10:42 AM
Shawn of the dead rappresenta un’eccezione abbastanza recente al cliché. Un film da recuperare, per chi non l’avesse visto.
5 Maggio 2015 alle 8:25 PM
Sul wish fulfillment non avevo mai fatto caso, però effettivamente è un ragionamento azzeccato
5 Maggio 2015 alle 8:31 PM
SE non ci hai fatto caso è perché comunque la scrittura/regia è buona.
Sono aspetti della storia che devono fare effetto ma non venire percepiti.
5 Maggio 2015 alle 10:12 PM
É tutta questione di pornografia tassonomica. La casalinga di Voghera deve poter dire “và, che se domattina mi ritrovo in un discount pieno di zombi so che fare”. Lo zombi medio é un pò Massimo Boldi.
5 Maggio 2015 alle 10:19 PM
L’ennesima ma inedita e approfondita rilettura politica e sociale degli zombies mi è piaciuta molto e sì, è dannatamente vero che la noia e la stereotipizzazione del genere sono dovute sopratutto a un’iconografia di tipo machista e reazionaria. Ho sempre avuto l’idea, nonostante tutto, che la nostra società, invero fragile e morbosamente legata agli agi di tipo tecnologico e a una presunta razionalità che sembra aver anestetizzato ogni spunto vitale, davanti a un evento così sopra e oltre la natura convenzionale delle cose, cioè i morti che escono dalle tombe per nutrirsi della carne dei vivi avrebbe dei contraccolpi psicologici mica da poco: shock, incredulità, il rifiuto di accettare il succedere di una cosa simile da un lato e il tracollo di ogni morale e regola, come contro reazione di fronte all’assurdo. Mi sembra che a parte Romero, specie in Zombi, ben pochi altri si siano concentrati su questi riverberi. Ed è un fattore che mi attrae molto e sul quale non mi dispiacerebbe lavorare di fino.
Pingback: Maggie | ilgiornodeglizombi
22 luglio 2016 alle 10:51 AM
Se ti può interessare qui avevo scritto un’analisi economica semiseria di un’apocalisse zombi: http://leganerd.com/2014/10/07/economic-apocalypse/