strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Jack lo Squartatore e la morte del blog

45 commenti

Ve lo hanno detto, di recente, che la blogsfera è morta?
Che si è parlato troppo, di cose futili?
Che i blogger erano arroganti e presuntuosi, e si erano illusi di fare soldi a palate o di essere “scoperti” da qualche grande editore, e poi invece nulla?
L’avete saputo?

A me lo hanno ribadito un paio di volte, nelle settimane passate.
E io come al solito mi sono chiesto, sarà vero?
E così, durante l’ora d’aria qui nel Blocco C della blogsfera, ho chiesto ai miei vicini di cella se era vero, che i blog sono alla canna del gas, se davvero l’arroganza e la presunzione dei blogger hanno portato alla morte – nel nostro paese e solo nel nostro paese – del blog come mezzo di comunicazione.

E i miei compagni di prigionia, certo, mi hanno detto. Guarda Redjack.

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E io non ho potuto fare a meno di guardare Redjack – anche perché Redjack è il blog di mio fratello1.

Redjack è stato aperto il 28 di marzo del 2013, come spazio dedicato all’hobby del padrone di casa – la storia e lo studio di Jack lo Squartatore, probabilmente il più famoso serial killer della storia.

E qui, sì, forse aveva ragione Dean Winchester a sostenere che andare a pesca è un hobby, giocare a bowling è un hobby – collezionare dati su un serial killer è da malati.
Ma mio fratello ha proprio l’hobby di collezionare dati su un serial killer2.
Persino Ebuzzing/Teads classifica Redjack come blog dedicato al tempo libero3.

Costruito utilizzando la piattaforma Blogger di Google, e utilizzando una quantità di codice scritto ad hoc o modificato appositamente per creare una interfaccia dstintiva, Redjack ospita al momento oltre 250 post, che vanno dall’analisi giorno per giorno dell’Autunno del Terrore del 1888, ai giornali ed ai verbali dell’epoca, dalle foto alle mappe interattive, alle analisi ed alle ipotesi più recenti.
Ci sono contenuti extra scaricabili, e tutti i post possono essere spediti direttamente al Kindle – gratis.
Il tutto in italiano – perchè in italiano non esiste nulla del genere4.

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Il blog viene aggiornato regolarmente ma senza una cadenza fissa, ha una buona selezione di link, uno shop di Amazon, una scelta di merchandise.
Redjack viene considerato la miglior risorsa sugli omicidi del Ripper nella nostra lingua – e questo non dal primo che passa ma dai principali esperti di ripperologia internazionali.
Che lo leggono regolarmente – perché se è vero che Redjack fa circa 100
visite giornaliere, oltre la metà viene dall’estero (circa i tre quarti, a dire il vero).

Insomma, considerando che si tratta di un blog di nicchia, Redjack se la passa in fondo molto bene.
Perché allora segnalarlo come esempio tipico della morte dei blog nel nostro paese?

1205505801_fPerché la media giornaliera dei commenti è zero.
La media dei click sui link segnalati – commerciali o meno che siano, non ha importanza – è zero.
Il livello di interazione coi lettori italiani è zero.
Nessuno ha mai scaricato i contenuti speciali in italiano, nessuno vuol leggere i post sul Kindle.
Nessuno dei lettori italiani vuol fare nulla.

E ribadisco italiani perché le interazioni con gli stranieri, ad altri livelli, ci sono.
È il pubblico italiano – quello al quale Redjack si rivolge, perché di blog in inglese sul Ripper ce ne sono già a dozzine – che latita.
Dove sono, i lettori?

Lo leggono.
E sappiamo che lo leggono perché ci sono le statistiche di Google.
Ma per il resto, i lettori italiani di Redjack sono assolutamente invisibili.
Gradiscono ciò che leggono?
Vorrebbero di più?
Vorrebbero di meno?
Vorrebbero qualcosa di diverso?
Non c’è modo di saperlo.
Non rispondono ai sondaggi, non partecipano a quiz e giochi o giveaway.
Certo, la totale assenza di interazioni dovrebbe essere interpretata come una assoluta mancanza di interesse.
Ma allora perché leggerlo con regolarità?
Perché Redjack viene letto con regolarità.

Questa è la sensazione che hanno in tanti, in tantissimi, qui nel Blocco C – questo è il vero sintomo della morte dei blog: ogni giorno 300, 400, 1000 persone passano sul blog e lo leggono.
Ed è come se non ci fossero.
Non lasciano traccia.
E sì, ok, ci sono blog con tre lettori fissi due dei quali sono il blogger e la sua mamma – ma che dire dei blog grossi, quelli con svariate centinaia di lettori fissi?

Redjack è stato definito troppo colto, oppure troppo specialistico.
I post sono troppo lunghi, hanno troppi link, ci sono troppi riferimenti incrociati.
È più un sito che non un blog5.
I lettori si sentono in imbarazzo a commentare perché non saprebbero cosa dire, rischierebbero di fare la figura degli ignoranti.

A mio fratello è stato suggerito di farlo in inglese, dove avrebbe certamente un successo colossale.
Perché in italia, i blog sono morti, dicono.


  1. alcune anime semplici da sempre pensano che a gestire Redjack sia io sotto falso nome – sbagliano. 
  2. cosa posso dirti, Dean – ognuno ha il fratello che si merita. 
  3. perché la categoria “True Crime” in Italia non esiste – quelli che commentano i plastici 3D di Vespa sono blog di “Attualità”. 
  4. sì, potete scaricare un magro dossier dal sito di una nota webzine, ma si tratta di un lavoro approssimativo e aggiornato alla fine degli anni ’80. Certo, è molto più figo che un blog: è in pdf. 
  5. qualunque cosa significhi. 

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

45 thoughts on “Jack lo Squartatore e la morte del blog

  1. Ciao, io ti leggo sempre, ma cosa dovrei commentare? Leggo quello che hai da dire, preferiresti un “interessante” alla fine del post? Cosa aggiunge e cosa toglie ai tuoi contenuti? Secondo me nulla.

    Se avessi qualche suggerimento o qualche richiesta di chiarimento, lo scriverei… ma se non ho nulla da dire, ben venga il silenzio ed evitiamo di affollare internet di ulteriori bit inutili.

  2. Beh, meno male che ogni tanto resuscitano 🙂

    Seriamente, io non ho in mano i dati ma credo dipenda molto dal taglio dei pezzi. Ci sono post che non invitano a un confronto, non perché fatti male, ma proprio perché non è quello il loro scopo. E ci sono lettori timidi. io sono uno di quelli, mi sono peritato per mesi prima di intervenire qui, e ancora oggi ho sempre la sensazione di star dicendo cose futili. Certe cose sono segnalazioni, promozione, spunti di approfondimento. Altre sono cose che divertono, che mi piace far girare tra chi so che apprezza, magari discuterne con loro (anche alla luce di un livello di confidenza diverso), solo in alcuni casi che non riesco neanche a definire bene mi sento di aver qualcosa da aggiungere. Specie nei blog ben fatti, dove chi scrive sa il fatto suo.
    A me sembra quasi vero il contrario: l’aumento di qualità generale che mi pare di trovare in giro è un ottimo sintomo di vitalità, che paradossalmente per i motivi detti sopra forse può portare a meno interazione col pubblico, ma che dà da sperare.

    • Quindi per sapere se un blog viene letto da esseri umani o solo dai robot dei motori di ricerca, o troviamo il modo di diventare amici oppure devo abbassare il livello di qualità?

      • Non credo che serva abbassare il livello dei post – giustamente, si ridurrebbe il numero dei lettori. Ma devo dire che non ho una soluzione 😛

      • No, magari solo sollecitare la partecipazione. Il come non lo so, non abbassando la qualità di certo. Il punto è che qualcosa fa venir voglia di commentare, qualcosa solo di leggere, come se ci fosse poco da aggiungere, o ci si sentisse in soggezione. Cerco di spiegare una sensazione, non è facile.

  3. Redjack sembra davvero interessante – non lo conoscevo, ma mi rendo conto ora che c’è pure un bel banner a lato, su questo blog, che lo segnala: non sarò mai un detective dilettante 😛
    È indubbiamente un blog specialistico, l’ideale quando si cerca documentazione per scrivere qualcosa (un racconto? Uno scenario gdr?).
    Dovrò trovare il tempo per esplorarlo, l’argomento è interessante e ne so pochissimo.

    Il fatto che abbia pochi commenti può indicare che i suoi lettori siano consapevoli dei loro attuali limiti e che non vogliano “sporcare” i post con scemenze, come spesso faccio io.
    Col tempo qualcuno approfondirà uno o più argomenti e si farà sotto. E credo che valga un po’ per tutti i blog con moderata partecipazione dei lettori: più si alza il livello, più è difficile che qualcuno commenti. Certo, almeno porre qualche domanda sull’argomento…

    • Esiste da due anni – diciamo che la soggezszione a questo punto dovrebbe essere passata.
      Mi fa un po’ ridere, l’idea dei lettori che tremebondi vorrebbero commentare ma non osano per paura di sfigurare su un blog. Da due anni. 😀

      • Io spesso ci metto qualche mese di lurking, prima di commentare 😛
        Nel caso specifico di Redjack, bisogna vedere se i lettori sono sempre gli stessi – immagino che una parte lo sia. Poi non so, io posso parlare solo per me ^ ^

        • Si tratta davvero di una strana forma di timidezza… ecco i dati sugli ultimi quattro anni di strategie evolutive…

          2011
          186.057 visite – 5249 commenti
          (1 commento ogni 35 visite)

          2012
          242.943 visite – 5368 commenti
          (1 commento ogni 45 visite)

          2013
          212.575 visite – 3680 commenti
          (1 commento ogni 58 visite)

          2014
          186.291 visite – 1815 commenti
          (1 commento ogni 103 visite)

          Non è timidezza, è un trend.

          • Si, è decisamente una tendenza.
            Bisogna vedere quanti commenti, quando erano frequenti, fossero in tema e interessanti e quantoi invece fossero “rumore”, perché quel rumore potrebbe essersi spostato su Fakeboobs o Twitter: è successo anche con molti forum – anzi, i forum hanno subito riduzioni di partecipazione più forti.

            Ecco, quando hai scherzato sul ridurre la qualità: forse si può ridurre la profondità, ma non sui blog, sui social. Come un quickstart. E chi vuole approfondire, lo si può dirottare sul blog.

  4. Non so dirò una scemenza, perdonatemi è il caldo, ma anche da me pochi commenti pubblici sul blog, preferiscono commenti privati via mail, o commenti su FB. A voi le opportune riflessioni.

    • Qui via mail solo minacce e insulti – non so se contino come commenti 😀
      Però sì, è probabile che la discussione si sia spostata su facebook.

      • No, da me il contrario, tra i pochi commenti pubblici ci sono più che veri e prori insulti, critiche, più o meno motivate. Con alcuni è stato proprio impossibile continuare un dialogo, soprattutto nei casi in cui “criticano” vivacemente autori o miei collaboratori.

  5. Di recente ho letto diversi post su altri blog dello stesso tenore, e anche nel mio piccolo ho visto che i lettori sono “timidi” e raramente si palesano con qualsivoglia like/commento/condivisione (anche se essendo i miei blog molto inferiori a Strategie Evolutive in quanto a traffico, possono esserci altre cause). Più in generale, ho visto che gli unici a commentare sono i blogger “amici”: ciò mi porta a pensare che per chi non conosce la “vita da blogger” in fondo i blog non siano risorse da supportare e spalleggiare, ma semplicemente una fonte gratuita di opinioni/conoscenza/quel che è, da sfruttare e basta. Non sono proprio certo che sia così, ma ci sono molti elementi che suffragano questa tesi: l’esempio più evidente è che uno dei post più visti del mio blog “generalista” è il mio breve commento a “Una Peccatrice”, libro di Giovanni Verga: tutti la cercano, in coppia con chiavi di ricerca come “riassunto” e “analisi”, ma nessuno commenta. Posso immaginare allora che siano studenti delle superiori che per svolgere i loro compiti prendono il mio post e fanno “copia e incolla”, chiudendo poi tutto senza nemmeno un grazie, il che però è abbastanza avvilente 🙂 !

    P.S. anche io seguo il tuo blog da un po’ ma non ho mai commentato, fin’ora. Non voglio però cercare giustificazioni di sorta, posso solo fare mea culpa 🙂 .

    • Grazie del commento e bentrovato.
      Sì, di fatto l’impressione è che i blog siano diventati come le vetrine davanti alle quali si passa per strada – se sono illuminate si guarda cosa c’è di esposto, ma poi si tira dritto.
      È strano – anche perché come dicevo in un altro commento, è un trend. “Una volta non era così.”

      • E’ anche vero che una volta i social erano meno coagulati nell’esperienza del web. A me capita spesso di condividere post come il tuo per discuterne poi tra i commenti di FB con i miei amici. Sarebbe interessante tracciare quei commenti e condivisioni e verificare se il trend persiste.

  6. Sarà che il mio blog è poco seguito e zero commentato, ma non capisco il problema del non avere commentatori o averne pochi. Capirei pochi follower, o poche visite.

    Un maggior numero di commenti rende il blog più visibile? Lo chiedo proprio per curiosità perché nonostante abbia il blog da diversi anni non ho mai analizzato la questione “aumentiamo il parco lettori”.

    • Molto dipende certamente da come intendi il blog – a me (e ad altri) nonpiace parlare al nulla.
      Il commento, in generale, è un segnale – così come il like e la condivisione, naturalmente – che un essere umano è passato dal tuo blog.
      Una conferma che il post è stato letto, e non solo guardato.

      • Fair enough. Io evito di leggere pure i commenti alle mie storie sui forum specializzati, quindi mi rendo conto di essere un caso un po’ particolare.

        Però se t’interessa l’interazione col lettore potresti tentare su Tumblr, che mi pare molto più vivace come piattaforma rispetto al blog. Di primo acchito pare più utile a chi si occupa di roba visuale, ma leggo spesso scambi interessanti tra sceneggiatori di fumetti e scrittori. Oltre all’uso della funzione ask con cui molti interagiscono coi fan.

  7. Se leggo i tuoi articoli fighi su personaggi assurdi realmente esistiti, mi viene più istintivo condividere l’articolo su G+ piuttosto che scriverti “fico” qui sotto, no?

  8. Tutti oggi, con ‘sta storia dei blog che muorono?
    http://fishbowl.pastiche.org/2015/07/08/the_death_of_blogging/

    Il mio pensiero è che il blog ha la sua nicchia d’influenza, ovvero il dibbattito colto, l’eyecandy sopra a siti che non sono altro che un archivio come quello di Scaruffi e, più terra-terra, dare corda per impiccarsi a gente che s’è inguaiata colla dipendenza dalla parola scritta.
    È per questi motivi fra l’altro che sto incominciando a tenere un poco aggiornato phlog. (Sì, quello in gopher, quello che va scritto in ascii sennò le vocali accentate non si leggono)

    Quello che è morto è il feedback per tutto: un po’ se lo sono magnati i socialcosi, un po’ se l’è magnato tumblr. Poi c’è youtube. Internet è una versione disruptive della realtà, e qui la televisione (i siti di videosharing con sistema di feedback) ha annientato ogni possibilità di fare il big cash per i giornali. I quali, siano giornali giornali o blogs o aggregatori, potrebbero accontentarsi di un po’ di soldi, avidi maledetti. Ma vabbé sono scelte.
    Ci sono persone che nel giro di vent’anni nel www sono state distrutte nella psiche, dal feedback, e stanno creando una usenet decentralizzata per non tornare mai più. E quasi tutto aggratis. A voi blogghers e giornalisti dico, guardando i suddetti relitti, che poteva andarvi peggio.

    • Grazie per il commento.
      Sulla morte dei blog si stanno strappando un po’ tutti i capelli – io credo che a morire siano stati i lettori, non i blogger, come spero si intuisca dal mio post.

      • Grazie a te per la risposta 🙂
        È su questo che non sono d’accordo: i lettori vivono ancora, sono gli utenti a non esserci più. Molta moneta che veniva donata ai blog in alternativa al denaro, sottoforma di spunti di riflessione o nuovi punti di vista o espedienti sconosciuti, non c’è più. I lettori affezionati quelli erano e quelli sono, e hanno le stesse abitudini di leggerti senza, in cambio, apportare nulla. E quale sarebbe la differenza fra loro e quelli che googlano una cosa qualsiasi e ti trovano per caso, per poi fregarti i contenuti (per il loro blog, per un tema scolastico, ma anche solo perché è la pappa pronta)?
        Stavo scrivendo “tutti prosumer, nessun fan”, poi sono andato allo specchio del bagno per capire se fossi diventato Massimo Coppola…

        Comunque così la penso: al di là che sia pagante o meno, esiste una linfa vitale del www, a cui eravamo abituati: quelli che commentano, comprano, si facevan vedere ai meetup (o come si voglia chiamare il raduno della community).
        Gente che legge la tua (mia, sua, altrui) roba in qualche maniera si trova, ma quelli che ho detto in Italia non vi sono più, se non tramite accorgimenti che per me non valgono la pena, bisogna essere proprio appassionati di SEO per fare roba alla Beppe Grillo o alla Bagni Proeliator, litigare su Twitter, fare le foto alle fiere del fumetto. Anzi, Charles Miller dovrebbe andare a vedere realtà come Slate Star Codex.

        • Sì, ho capito benissimo il tuo punto – semplicemente quando parlo di lettori dovrei forse usare “lettori attivi”, che è poi un modo diverso di chiamare quelli che tu definisci “utenti” – persone che contribuiscono.
          Perché un blog, come si diceva ai vecchi tempi, vive dei suoi commenti… è da lì che vengono idee per nuovi post eccetera eccetera.
          Per cui sì, manca una componente vitale dell’equazione, comunque la si chiami.

  9. Sono comunque abbastanza divertito dal fatto che delle 112 persone che finora hanno letto questo post solo 8 abbiano seguito il link per buttare un occhio a Redjack.

    • Beh, io redjack l’ho seguito all’inizio, poi l’ho trovato troppo specifico e impegnativo per un argomento che mi interessava il giusto, che senso aveva tornarci spezzando la lettura del post?
      Chi segue SE immagino ci sia già capitato, a farsi un’idea di cosa sia.

  10. Confesso: sono uno di quelli che legge molto e commenta poco. Mea culpa!
    In effetti capisco che il blogger, come lo scrittore, abbia bisogno del feedback dei suoi lettori per correggere il tiro, se necessario, o semplicemente per sapere che sta facendo un buon lavoro e viene apprezzato. D’altro canto penso anche l’integrazione con l’autore sia tutto sommato un fenomeno ancora abbastanza recente, in Italia, che ancora molti fruiscano i contenuti di internet e digitali in genere in modo molto passivo. E ci metto pure una certa arretratezza. Dal canto mio ammetto – non fustigatemi, vi prego – che si tratta soprattutto di fretta e qualche volta di pigrizia. Faccio ammenda e prometto s’impegnarmi di più 😉

  11. Era “interazione”, scusa.

  12. Davide, io ti leggo regolarmente e commento di tanto in tanto. E a volte ho l’impressione che i lettori semi-invisibili come me, in fondo in fondo, tu li disprezzi un po’. Che non li reputi abbastanza in gamba – e probabilmente non lo siamo.
    Ora, capisco la frustrazione di rivolgersi a un pubblico indifferente e pure ignorante; ma forse sibilare di tanto in tanto “Perdio, dove siete?!” non è il modo migliore per cambiare le cose. Un barista che dice “Ok, ora ti faccio un Alice Springs, ma tanto tu non sai nemmeno cos’è” non è un barista che mi invoglia a fare due chiacchiere.
    Non so se sono riuscito a spiegarmi.
    So che non la prenderai a male, ma non mi piace dire queste cose. Io ti seguo da anni, e se capico qualcosa di narrativa e scrittura è in gran parte merito di strategie evolutive e karavansara. Ad ogni modo ti auguro di avere tutto il feedback che desideri.
    Un saluto
    Alfredo

    • Alfredo – io francamente non capisco da dove arrivi questa idea secondo la quale io disprezzerei chi non commenta – come posso disprezzare qualcuno che non so nemmeno se esiste?
      E più in generale, credo che sarei abbastanza noioso se parlassi solo di cose che i miei lettori già conoscono – e se esordisco con “oggi vi parlo di un libro che voi non conoscete”, il sottinteso non è “deficienti”, ma piuttosto “spero che possa interessarvi”.
      E vista la mancanza di commenti la conclusione alla quale naturalmente si arriva è che no, non interessa.

      Resta tuttavia un problema fondamentale – questo post parla della mancanza di feedback di un altro blog, non di questo. E di un blog molto diverso – monotematico, dedicato all’approfondimento, e scritto da una persona diversa da me, che non credo possa lasciare il dubbio ai suoi lettori di disprezzarli in alcun modo.
      Eppure non ci sono reazioni dai lettori italiani.
      Di questo io ho parlato.
      E mi sorge quasi il dubbio che il gran numero di commenti a questo post derivi dalla falsa perceziobne che sia IO ad essere in cerca di commenti.
      Ma anche così, non è che io stia pensando “guarda questi idioti, ancora una volta hanno letto senza capire”.
      No davvero.
      Però è curioso.

  13. Davide, tu sai benissimo che esistiamo. Siamo “quelli là”, quelli che leggono ma non commentano, o non commentano abbastanza. Incomprensibili figuri che chissà cos’hanno in testa. Volevo dirti cosa passa nella mia, di testa, quando leggo strategie evolutive – non una recriminazione sul fatto che sei un egomaniaco bastardo. Diavolo, non lo penso.
    Penso solo che il modo in cui ti rivolgi al pubblico sia, qualche volta – qualche volta – un po’ scoraggiante. Perché io sono interessato a tutto ciò che di nuovo mi puoi insegnare, ma se qualcuno dice “Tanto questa cosa non la sai” io mi sento un po’ guardato dall’alto in basso. Perché forse io quella cosa la so, e perché diamine uno dovrebbe supporre che gli altri non la sappiano, se non perché si sente più bravo? Questa è l’impressione che passa a me, non necessaramente l’impressione giusta.
    E capisco che ciò di cui stiamo parlando è una situazione generale, ma siccome questo è l’unico blog che seguo costantemente e siccome il post è il tuo, volevo dire la mia sul perché commento solo di rado su QUESTO blog. E poi, è vero, non stiamo parlando di SE, ma so quanto ci tieni tu ai commenti. Ecco, sarà che mi è tornato in mente lo scorso autunno, e io non vorrei mai che si ripetesse una situazione del genere. Mi diverto troppo a leggerti.
    Detto questo, sono uscito di carreggiata. Qui si parla di Redjack, che già conoscevo e su cui ora mi farò un altro giro!

    • Ed infatti non è l’impressione giusta – e chissà, magari con un paio di commenti se ne sarebbe potuto discutere, come ne stiamo discutendo adesso, qualche mese addietro.
      E della discussione avrebbero potuto beneficiare anche eventuali altre persone che avrebbero potuto avere la stessa impressione.

      Questo è il mio blog, e io qui parlo di quello che mi pare – e ne parlo in maniera informale e divertita, se non divertente.
      E tanto per fare un esempio, quando parlo di un libro e dico “e voi non sapete neanche che esiste”, non è una frecciata ai miei lettori, ma piuttosto – se di frecciata si tratta – è rivolta a chi di certi libri dovrebbe parlare per sua natura istituzionale, o a chi dovrebbe pubblicarli/ristamparli.
      Sarebbe un bell’argomento di discussione, non credi, se qualcuno nei commenti domandasse “Ma perché nessuno ne parla? Perché devo passare su un pidocchioso blog di terza categoria come strategie per scoprire queste cose?”
      A volte succede.
      Ma il più delle volte, pare, i miei lettori preferiscono tacere e convincersi che sia il caso di sentirsi offesi.
      Ma davvero credete che se volessi darvi degli idioti, userei dei giri di parole?
      Col rischio che voi non lo capiate?
      😀
      E poi i blog dove si dà dei deficienti ai lettori sono altri – e pare non soffrano di un calo di visite, e i commentatori tornano allegri a prenderne ancora… 😉

  14. La mancanza di feedback su un blog (sotto forma di commenti, share, likes…), come di recensioni per un videogioco, blocca lo sviluppo dei contenuti dell’autore. Se i post sono troppo complessi, un commento in merito potrebbe permettere di scrivere in modo più “semplice” o spezzare i post in più parti… Se ci sono curiosità a cui non si è data risposta potrebbero esserci post di approfondimento dell’approfondimento. Se poi devo iniziare a considerare i miei lettori dei babbuini che si siedono davanti ad un monitor a guardare delle scritte o delle figure in movimento… allora forse è meglio non sapere chi mi legge

    • Ma infatti i blog crescono in funzione dei commenti.
      Non in numero di visualizzazioni o di lettori fissi – crescono in qualità e varietà.
      Sono poi la qualità e la varietà che al limite attirano più lettori e generano più condivisioni.
      Ma di fondo, le idee e le novità nascono dai commenti – il rischio in caso contrario è l’autoreferenzialità assoluta.

      • Il linguaggio “tecnico” utilizzato poi viene scelto per attirare un certo target d’utenza. Jack lo Squartatore non è un argomento da adolescenti fanatici di Justin Bieber. Infatti il mio blog è seguito principalmente da utenti tra i 24 e i 35 anni d’età. Da questo tipo di pubblico ci si aspetta una certa “qualità” nel commento e nel feedback ed una padronanza delle capacità comunicative.

  15. Cavolo, sarà perché io ho scoperto strategie evolutive proprio su uno di quei blog dove danno del deficiente con tanta leggerezza. Può darsi che abbia imparato laggiù a partire prevenuto o con lo scudo levato. 😒
    Poi, da quando ho cominciato a bazzicare qui, su quei blog non ci sono più tornato. E non credere che scriva qui per farti sapere quanto sono offeso: io sento un po’ di far parte di una comunità e mi sta a cuore ciò che le capita, tutto qua.
    Solo una cosa, ti prego, non dirla più: “Tanto a voi non interessa.” Perché a noi interessa, solo che non siamo tanto bravi a fartelo capire

    • Ci sono i commenti per quello 😀

    • Ma scherzi a parte – il discorso rimane che i problemi si risolvono discutendone.
      Se pare che qualcosa non funzioni nei post, i commenti servono a segnalarlo – poi magari si potrebbe evitare di segnalare gli errori di battitura, perché ce ne sono sempre a decine, ma per tutto il resto, io non ho mai bannato nessuno per un commento circostanziato.
      Ho bannato un sacco di gente per comportamenti scorretti, ma soprattutto irrispettosi dei lettori e commentatori “sani” del blog.

  16. “Non esistono domande stupide e nessuno diventa stupido, fino a che non smette di fare domande.”

    Charles P. Steinmetz (1865-1923) ingegnere elettrotecnico americano di origine tedesca.

  17. Ricevuto 😉😀

  18. Faccio un uso spropositato della frase “Quando non sai cosa dire è meglio starsene zitti” resa nota da una coniglio animato di Disney? Sì, ma sono anche dell’idea che “Chiunque può imparare qualcosa da chiunque”. Il problema è una timidezza nonché un timore dalle dimensioni a dir poco gargantuesche, ho almeno una decina di commenti che ho volutamente scritto e poi cancellati dopo aver ponderato se premere invio o meno.
    L’ultimo che merita una menzione era per il post su Lafcadio Hearn di circa un mese fa; volevo aggiungere che nonostante la sua importanza per aver avvicinato maggiormente l’attenzione dell’occidente sull’oriente e per le sue ghost stories lo stesso non si poteva dire dei saggi e i trattati, contenenti svariate imprecisioni e inesattezze. (Probabilmente dati dalla sua appartenenza occidentale e la mentalità vittoriana? Per esempio faceva confusione tra il rokurokubi ed il nukekubi, un altro errore riguardava il paradiso degli immortali) Ma non essendo io nemmeno uno studente di orientalistica e non disponendo in quel momento delle fonti per dar credito alle mie stesse parole (Se non vado errando suo fratello E’ un’orientalista come Massimo Soumarè potrebbe sfatare o confermare in un battito di ciglia) ho preferito tacere.
    Per paura di cosa, una bacchettata con la riga sulle mani? L’educazione scolastica della prima metà del novecento ce la siamo lasciata alle spalle, ormai. Francamente essere corretto non mi crea nessun problema all’orgoglio, sarebbe un serio problema se fosse il contrario.

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