Mi è tornato in mente questo film, ieri, per ovvi motivi.
Non che Into the Night, di John Landis, 1985, sia mai troppo lontanmo dai miei pensieri: è uno di quei film (una mezza dozzina al massimo) che mi riguardo almeno una volta l’anno.
Commedia-thriller metacinematografica, vuoto esercizio di stile, ennesimo film al quale sarebbero preferibili due ore a guardare il cast che chiacchiera…
La critica non è stata tenerissima con John Landis, e con il suo film.
Ma a me piace.
Di più, è uno dei template, dei modelli che ho sempre più o meno in mente quando scrivo – l’ho riguardato non più di un mese fa per prendere appunti, per una cosa che sto scrivendo ora.
Ma procediamo con ordine…
Ed Okin (Jeff Goldblum) è sotto stress. Di notte non dorme, di giorno si schianta in ufficio e ciò incide negativamente sulla sua carriera. Sua moglie lo tradisce.
E allora lui va a farsi un giro in macchina. E una bionda (Michelle Pfeiffer) gli casca sul cofano dell’auto.
Diana (“come la Principessa”) è inseguita da un gruppo di mediorientali dal grilletto facile, è angariata da un fratello ostile che vive facendo l’imitazione di Elvis… E poi c’è un regista da pochi soldi, un francese misterioso con al proprio servizio un inglese sociopatico, e l’FBI…
Tutti sulle tracce di Diana, e l’unica persona di cui Diana si possa fidare è Ed.
Che è un ingegnere aerospaziale che soffre di insonnia.
E che forse non può fidarsi di Diana.
Sarebbe facile dire che la vera protagonista di Into the Night è Los Angeles, che Landis riprende di notte, andando da Century City a Culver City, al LAX, a Hollywood, fino giù sul Ventura Boulevard.
È, alla fine, la stessa Los Angeles di Ray Chandler…
down these mean streets a man must go who is not himself mean, who is neither tarnished nor afraid. He is the hero; he is everything. He must be a complete man and a common man and yet an unusual man. He must be, to use a rather weathered phrase, a man of honor—by instinct, by inevitability, without thought of it, and certainly without saying it. He must be the best man in his world and a good enough man for any world.
E completo, comune e insolito, Ed Okin lo è, a suo modo. E nel momento in cui si ritrova ad avere qualcosa – e qualcuno – per cui combattere, Ed rivela delle risorse inaspettate e una forza che fa a pugni con l’immagine stralunata e disorientata che Goldblum porta stampata in faccia per gran parte della pellicola.
E questo significa, naturalmente, che Intro the Night non è solo un film su Los Angeles, ma è anche la storia di Ed, l’unico personaggio che sia costantemente in scena per tutta la durata della pellicola, impacciato, fuori posto, incapace di conciliare la sua idea di normalità (un lavoro d’ufficio, un menage monotono) con l’idea che Diana ha di normalità (contrabbandare gioielli, dormire in giro).
La sceneggiatura mescola thriller quasi-alla-Hitchcock (l’uomo innocente coinvolto in un crimine e braccato da nemici sconosciuti), la screwball comedy (il continuo battibeccare di Ed e Diana), la commedia demenziale (i killer iraniani), il noir, il film d’arte.
Poi c’è il cast.
Ammetto di avere una scarsa simpatia per Jeff Goldblum, ma in questa pellicola è perfetto – anche se sarebbe stato meraviglioso se Landis fosse riuscito ad avere Gene Hackman per la parte, come voleva inizialmente.
Michelle Pfeiffer è splendida.
E poi tutti gli altri – Dan Ackroyd, Vera Miles, Irene Papas…
C’è David Bopwie che fa l’inglese schizzato agliordini del francese misterioso – che è Roger Vadim.
E i cameo… diciassette registi partecipano a questo film, e un paiointerpretano la parte di registi.
David Cronenberg è un odiosissimo superiore di Ed.
Jim Henson dei Muppets è al telefonoin un club privato
Lawrence Kasdan è un detective della omicidi.
Don Siegel sta facendo delle cosacce con una ragazza in uno dei bagni.
In ascensore col cane c’è Jack Artnold, il regista de L’Invasione degli Ultracorpi. E il cane fa una fine bruttissima – perché John Landis, che fa l’uomo dei servizi iraniani, gli spara.
Il maestro del makep-up Rick Baker fa lo spacciatore di droga.
E Carl Perkins, l’uomo che scrisse Blue Suede Shoes, è Mr Williams, e disturbarlo non è una buona idea.
Ci sono case, alloggi, barche.
C’è musica in sottofondo, ci sono televisori accesi che trasmettono vecchi film in bianco e nero.
Ci sono scantinati e parcheggi.
C’è un set cinematografico, c’è un intero back-lot.
In italiano il film si intitola Tutto in una Notte, ed è un titolo sbagliato, perché il film si svolge in due notti e un giorno – ma non andiamo per il sottile.
La città non dorme, comunque.
Into the Night è un film splendido a vedersi e meravigliosamente stratificato. Ed e Diana attraversano la città – spesso di corsa – e attraversano altre storie, che cominciano e finiscono oltre i confini del film, e al contempo intersecano la loro storia. Con successive visioni è possibile mettere insieme dei frammenti di queste storie, come in un puzzle.
Visto al cinema, nel 1985, a diciotto anni, Into the Night mi lasciò inspiegabilmente affascinato – nel senso che mi era piaciuto, molto, ma non capivo perché.

INTO THE NIGHT, Michael Zand, Michelle Pfeiffer, 1985
Col senno di poi, e con infinite seconde visioni, credo che ciò che mi ha sdempre catturato, di questa strana pellicola, girata da Landis mentre era sotto processo per omicidio colposo in seguito alla morte di Vic Morrow sul set di The Twilight Zone… ciò che mi ha sempre catturato, dicevo, è per la storia, per come è costruita e raccontata, per come oscilla tra commedia e dramma, per come è costellata di distruzione e violenza insensata, per il viaggio dell’eroe che il povero Ed, che voleva solamente dormire, si trova a percorrere, uscendone trasformato.
The story is this man’s adventure in search of a hidden truth, and it would be no adventure if it did not happen to a man fit for adventure. If there were enough like him, the world would be a very safe place to live in, without becoming too dull to be worth living in.
Questo, naturalmente, è ancora Chandler.
E funziona.
12 gennaio 2016 alle 6:02 AM
Chandler ovunque passa funziona. Il suo marchio anche quando è stampato male, nobilita. Mi hai fatto venire voglia di rivederlo
12 gennaio 2016 alle 3:37 PM
Credo che Ray Chandler sia stato così preciso e “scientifico” nel cartografare Los Angeles, che ormai la città e l’autore siano assolutamente indivisibili e indistinguibili…
Il che mi fa venire in mente che c’è un libro del quale potrei parlare, prossimamente.
12 gennaio 2016 alle 4:35 PM
Adoro Chandler, un’autentica folgorazione consumata in pochi anni d’approccio, anche se ho scoperto che le prime traduzioni Mondadori l’avevano asciugato in maniera incredibile
12 gennaio 2016 alle 4:37 PM
Sì, le vecchie traduzioni erano abbastanza brutali.
12 gennaio 2016 alle 5:10 PM
Eppure anche così non perdeva la sua eleganza
12 gennaio 2016 alle 7:29 AM
Occhio ai refusi!
Comunque Goldblum lo stralunato interpreta un delizioso Zach Nichols nelle ultime stagioni di L&O: Criminal Intent…
Into the night lo recuperiamo…
Pace profonda nell’onda che corre
13 gennaio 2016 alle 2:17 AM
E poi c’è la canzone scritta da B.B. King appositamente per il film…