Quando mio padre e mia madre si sposarono, il sacerdote a un certo punto ingiunse loro, con tono stizzito, di smetterla di ridere.
“Guardate che questa è una cosa seria!”
E subito dopo la fine della cerimonia, una zia abbordò mia madre per dirle che era stata proprio fortunata.
“Hai sposato un uomo buono. Se non fosse stato un buono, sarebbe diventato un criminale come tutti i suoi compagni di scuola.”
Mio padre era andato a scuola dai Salesiani – e l’officiante era stato uno dei suoi insegnanti. La zia aveva evidentemente una pessima opinione di Don Bosco e dei suoi sacerdoti.
Ma la vecchia zia aveva ragione su un punto: mio padre era un uomo buono.
Mio padre era dinamico, intraprendente, coraggioso e molto spiritoso.
Aveva sofferto di una dislessia che i Salesiani avevano cercato di curare a ceffoni1, e aveva una mente matematica meravigliosa che non potendo studiare aveva poi applicato alle sue attività come agente di commercio.
Ed era un uomo buono – e forse questa è l’unica cosa che ha insegnato, a me e a mio fratello.
Non ad esserlo.
Ma almeno a provarci.
Anche quando non si andava d’accordo, anche quando si discuteva.
Ma da quando se ne andò mia madre, nel 2007, mio padre aveva perso qualcosa.
Era estremamente solo, e forse tendeva a isolarsi.
La depressione non aiutò a migliorare le cose.
E poi la malattia, i problemi.
Mio padre era molto stanco.
Aveva smesso di ridere.
Una delle ultime cose che mi ha detto, domenica, prima di andarsene, è stata
“Sono stanchissimo, vorrei solo poter dormire.”
Ora dorme, come Mark Twain e Richard Dawkins hanno detto in passato, quel sonno che era prima di noi e che sarà dopo, e che non deve farci paura.
E io sono qui che contro me stesso e contro tutto ciò in cui credo, spero che finalmente riposi, che sogni, e abbia magari ritrovato la persona con cui rideva.
Grazie a tutti ancora una volta per i messaggi di questi giorni.
- per cui forse la vecchia zia, mah, non aveva tutti i torti, e aveva solo sbagliato mira. ↩
11 Maggio 2016 alle 6:47 PM
Mi hai fatto commuovere… grazie per questo post…
11 Maggio 2016 alle 6:49 PM
A volte le cose si apprendono “per sentito dire” da altri,sono sempre istantanee,impressioni,”
sporcate dalla loro forma mentis,dal bisogno di uniformarsi o prendere le distanze. Ma se una persona ci ė vissuta accanto,per quanto gli altri possano dire,ė l’esempio silenzioso,i gesti,più delle parole,
a lasciare un contorno,
un alone indelebile in noi,
che nulla e nessuno,neppure il tempo,possono cancellare.
11 Maggio 2016 alle 9:50 PM
Tempo di elaborare, amico mio. Di mettere in prospettiva e pensare alle cose migliori. Era un uomo buono, giusto? Direi anche che ha fatto un buon lavoro con voi due. 🙂
11 Maggio 2016 alle 10:12 PM
È un sonno che è come un sogno che non finisce.
Forse, per lui ora è iniziata la parte migliore. 😉
11 Maggio 2016 alle 11:54 PM
La vera immortalità è l’amore con cui i figli ricordano i genitori. Ce n’è tanto in questo ricordo.
12 Maggio 2016 alle 1:42 PM
Non è facile fare i conti con il proprio padre. Comunque egli sia stato. Da un certo punto di vista non si smette mai di ripensarci e abbozzare idee per rinnovare un rapporto che ormai non può più esserci. Col tempo diventa un’abitudine malinconica ma necessaria.
12 Maggio 2016 alle 5:30 PM
Già.
12 Maggio 2016 alle 9:17 PM
bellissimo ricordo. Un abbraccio