strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

400.000 parole

10 commenti

Facevo due conti, l’altra sera, e così è venuto fuori che da Agosto 2016 a Gennaio 2017 ho scritto quasi 400.000 parole.
Questo contando storie proposte a riviste, ebook, traduzioni, articoli scritti per conto terzi, e i post su strategie e su Karavansara.

In base alla vecchi classificazione di Dean Wesley Smith, 400.000 parole in sei mesi farebbe 800.000 parole all’anno, e quindi saremmo ancora ben al di sotto di Pulp Speed One (che ne richiede un milione all’anno – 83.000 al mese, meno di 3000 al giorno). In altre parole (ah!), niente per cui scrivere (doppio ah!) a casa.

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Ma per me sono state tante.
E ora, con febbraio, mi preparo a accelerare.

Perché qui viene la cosa sulla quale pensare – se tutte quelle 400.000 parole fossero state pagate la tariffa standard professionale di 6 cent a parola, io avrei incassato 24.000 euro in sei mesi. Pagateci anche le tasse, e non sarebbe davvero male.
Niente affatto male.

Ma non è andata così – e se in effetti ho pagato (quasi) tutti i conti, è anche vero che non ho salvato un centesimo, e ogni mattina si ricomincia da zero, e se salta un lavoro salta una bolletta, o un certo numero di cene.

Eppure i miei editori americani mi pagano 6 cent a parola, e anche alcuni dei miei clienti italiani. E le traduzioni sono pagate in maniera più che degna, tutto considerato – o lo saranno (molti committenti pagano a 90 giorni).
Cos’è allora che non gira?

I punti nevralgici sono essenzialmente tre:

 I blog

Se escludiamo l’occasionale caffé pagato col bottone apposito, e i buoni di Amazon di alcuni lettori (grazie!!) che fin qui mi hanno permesso di continuare a leggere, i miei due blog rappresentano un passivo. Un passivo di tempo (ore spese a curarli) e un passivo di denaro (nello specifico, nel caso di Karavansara, per il quale pago un dominio). La soluzione sarebbe perciò quella di eliminare i blog – e trasformare quel tempo e quelle parole in qualcosa di pagante. Articoli, racconti, ebook. Ma senza una valvola di sfogo impazzirei in capo a sei settimane – perciò finché non si trova una valvola di sfogo migliore, i blog restano. E poi ci sono sempre le donazioni e i buoni!

Gli ebook

Un ebook a 99 cent mi frutta 28 centesimi croccanti, un volume a 1.99 me ne frutta 56, uno a 2.99 non vende e basta. Questo vuol dire che se io vendo un racconto di 6000 parole a 99 cent su Amazon, per fare i 360 dollari (o euro) che quel racconto verrebbe pagato alla tariffa standard professionale di 6 centesimi di ebook ne dovrei vendere 1286 (questo senza pagare, oviamente,c opertine e editing). Il che è ovviamente follia: esistono editori veri che per 1286 copie si venderebbero la madre, qui ed ora, senza neanche incartarla. La soluzione potrebbe essere allora smettere di pubblicare ebook e proporre quelle storie a mercati paganti. E in parte lo faccio già, o per lo meno ci provo – ma in effetti non è così grigia: un racconto da 6000 parole lo scrivo in una giornata, e se è vero che mi rende una miseria, è anche vero che mi rende una miseria per l’eternità, e chissà, accumulando miserie su miserie, qualcosa si conclude. E in effetti negli ultimi tre mesi ho pagato la luce e il telefono (anche se spesso in ritardo) con i soli proventi dei miei ebook, e devo ringraziare, ma davvero tanto, i miei lettori.

I lavori pagati in royalties, ovvero in percentuali sul venduto

Questi sul momento non rendono nulla. Ma in questo caso, ovviamente, la situazione cambierà col tempo, poiché a seconda dell’editore, le royalties verranno versate tre o sei mesi dopo la pubblicazione. E se è vero che non si deve opzionare il futuro, è anche vero che è poi solo questione di resistere abbastanza a lungo, e qualcosa si incassa – pochi giorni fa mi sono stati versati 43 euro di royalties per un volume tradotto quasi dieci anni or sono. Una miseria? Forse, ma vale la stessa cosa che abbiamo detto per le miserie incassate su Amazon: tante miserie messe insieme potrebbero un giorno salvarmi dal taglio della corrente, o dall’andare a cena alla Caritas.

Devo perciò ammettere che se è vero che a 6 cent a parola le mie 400.000 parole mi avrebbero reso molto di più di quanto io abbia incassato, è anche vero che per il tipo di parole che erano, e per dove le ho messe, hanno alla fin fine fruttatoil giusto.
E molte di loro sono ancora al lavoro, su Amazon, a creare un minuscolo profitto incrementale.

Ora il trucco è semplicemente accelerare l’andatura, e aumentare il numero di parole.
Oppure, ovviamente, aumentare i lettori paganti – ma quello è tutto un altro discorso, che magari faremo un’altra volta.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

10 thoughts on “400.000 parole

  1. 400K è comunque un output impressionante, ben al di sopra di parecchi “professionisti” che ci affliggono sui social media. La strada è quella e si spera che il tempo investito nel farsi conoscere aumenti la resa. 🙂

  2. secondo me devi aggiungere al tuo catalogo qualche prodotto da nicchie ben pagate come giochi e manualistica specializzata. Se c’è gente che storce il naso davanti a un racconto a 2.99, c’è gente paga volentieri 8-10 dollari per un manuale di gioco da 48-90 pp. Ti servono 500-600 clienti fissi e hai un discreto stipendio. Per esempio un bel manuale di scrittura, un saggio sul cinema che a te piace, etc. L’unico guaio è che ci vuole qualche anno di questa tortura per arrivare al punto che i mille rivoletti si consolidino in uno stipendio. io ci ho messo 6 anni circa…

    • sì, il mercato di nicchia è un’idea – e in effetti sto lavorando a dei manuali di gioco, e ho due progetti di saggi in cantiere.
      Resta il problema del tempo, per cui si privilegia qualcosa di rapido e che paghi subito perché la banca non aspetta, e il fatto che bisognerebbe comunque orientarsi al mercatoi di lingua inglese.
      Ma pian piano ci si arriva.
      Spero 😛

  3. Se invece di un blog tu gestissi un canale YouTube, guadagneresti di più?

    • Non ne hoidea – ipoteticamente sì, perché mi risulta che youtube faciliti la monetizzazione (ma non ho mai approfondito l’argomento).
      Ma francamente, oltre a non avere i mezzi tecnici, credo che infliggere la mia faccia al mondo sarebbe decisamente una cattiva idea 😀

  4. Le scelte mi paiono (pur non essendo del campo) abbastanza ovvie:
    1. scegliere mercati più floridi
    2. puntare sui contenuti più monetizzabili
    3. aumentare la produzione

    Ci sarebbe, come ha detto Jonnie, anche la scelta del “mezzo”. Immagina di avere un canale su Youtube. Quante visite hai per post sul blog? E’ tutta pubblicità che puoi inserire nei video. Il punto, come dici tu, è saperci fare (e quello non dipende minimamente dalla faccia, come ben immagini). E’ chiaro che in quel momento devi offrire un “prodotto” multimediale appetibile. Hai senz’altro le competenze, ma ci vuole anche talento davanti alla videocamera e idee non banali. Ma è una via obbligata nowadays. Pensa ai pischelli che recensiscono tecnologia sul Tubo. Tantissimi ci campano. A te non servirebbe neanche camparci integralmente. Ma lì si tratta, ripeto, di saperci fare.

  5. O fare scrivere a delle scimmie e poi usare Google translate. Sembra che alcuni fanno cosi’….

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