Qualcosa di diverso? Un film, magari?
Un horror, di quelli belli, di una volta?
Un film che magari non avete visto, e del quale sentirete parlare solo qui?
Questo è una sorta di instant post, scritto di getto dopo aver passato parte della notte, complice l’insonnia, a guardare The Love Witch, l’ultimo film di Anna Biller, regista americana che negli ultimi anni si è fatta notare tanto per lo stile visivo dei suoi lavori quanto per il lavoro di (usiamo una parola difficile) decostruzione ideologica operato sul genere.
Che detto così pare una cosa pesantissima, ma non lo è affatto.
The Love Witch è un horror/thriller, o forse è la parodia di un horror/thriller, ed è meraviglioso.
La trama pare fatta apposta per fare ululare alla luna le lettrici di paranormal romance1:
Elaine (Samantha Robinson, splendida e perfetta per la parte) è una giovane donna che, nella sua ricerca del vero amore (o forse solo di una gratificazione fisica), utilizza la stregoneria per sedurre un certo numero di uomini, salvo poi eliminarli quando la relazione si rivela noiosa, o insoddisfacente, o troppo oppressiva. Ma la polizia indaga.
E la trama è tutta qui.
Ma è molto meglio di così.
Perché potremmo anche raccontarla in una maniera diversa:
Elaine è una giovane donna che desidera sopra ogni cosa esere desiderata, adeguandosi per lo meno nominalmente al ruolo che la società le impone. E poi sì, stregoneria, omicidi, horro/thriller eccetera.
Il film, una produzione indipendente, è una delle più feroci e divertenti satire femministe che mi sia capitato di vedere dai tempi di The Stepford Wives, e come la pellicola del ’75 (che viene omaggiata in una scena spettacolare esattamente sette minuti dopo l’avvio del film, e poi viene menzionata apertamente più tardi) è stato in alcuni casi frainteso, o addirittura letto esattamente all’opposto di ciò che è.
Ma Anna Biller, nello scrivere e dirigere la pellicola, è partita avvantaggiata: ben conoscendo il destino toccato al film di Brian Forbes, gioca d’anticipo, usando i pregiudizi di coloro che non potranno che fraintendere The Lovce Witch contro di loro.
Il risultatro finale è una pellicola che è una falsificazione quasi perfetta delle vecchie pellicole horror ed exploitation prodotte dalla scuderia di Roger Corman tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70.
Tutto, dai costumi alle scenografie, dalla recitazione agli effetti speciali, per finire con regia, inquadratura per inquadratura, fotografia e montaggio, tutto è una copia conforme di vecchie pellicole come Season of the Witch 2 o come il classicissimo The Dunwich Horror del 1970 (al quale viene riservata una geniale strizzata d’occhio3).
Pare davvero di guardare una pellicola girata nel 1969, con pochi soldi, magari direttamente per il circuito dei drive-in: c’è tutto, dentro, dalla scena del rituale satanico con nudi integrali al viaggio in auto lungo la costa con il fondale proiettato dietro all’auto in studio, alla canzone che non c’entra nulla. C’è la scena psichedelica e c’è la visita al night club alternativo popolato di hippies. C’è il voiceover, ci sono i flashback.
E le musiche, mio dio le musiche!
Persino il trailer è montato come quarant’anni or sono, persino i titoli un po’ sgranati, da copia malandata.
E parlando della copia: in conformità con la tecnologia d’epoca, il film è stato girato in 35 millimetri e montato senza ausili digitali, e distribuito in formato analogico ai festival.
Ma cosa vuole dirci, Anna Biller nel confezionare questo meraviglioso falso?
Che le fantasie romantiche del paranormal romance sono un’aberrazione mortale?
Che la sessualità femminile viene normalmente contrassegnata come negativa, come “marchio del demonio”?
O che conformarsi allo stereotipo della donna-Barbie è come vendere l’anima al demonio, e bisogna esere malate di mente per cascarci?
Una sociopatica che pratica la stregoneria al fine di trovare nuovi partner, Elaine è al contempo una vocale sostenitrice di un modello di relazione uomo-donna che è, almeno sulal carta, l’opposto di qualunque posizione femminista siamai stata articolata: gli uomini desiderano solo una bella ragazza da adorare,e la libertà di fare ciò che gli pare, ed Elaine sostiene che sia giusto così.
Pari diriti, eguaglianza e rapporti di reciproco rispetto non fanno parte del suo mondo.
Salvo poi uccidere i propri amanti quando si fanno troppo invadenti.
The Love Witch, il film in cui le donne che affermano la propria parità sono le perdenti, gli uomini sono tutti abbastanza tonti e si finisce per fare il tifo per una serial killer, è un film bello a vedersi (se apprezzate l’estetica cormaniana), sottilmente agghiacciante, ed è anche una valanga di risate.
Risate crudelissime.
E poi sì, potrebbe anche seguire il dibattito, stile cineforum.
Qualcuno ha osservato che forse, a 120 minuti, il film è un po’ troppo lungo per la sua esile trama, un po’ troppo lento in certi momenti: ma anche questo è alla fine conforme al modello cormaniano della pellicola.
Uscito l’11 Novembre 2016 negli USA, il film è distribuito da Oscilloscope Laboratories e non è difficile reperirne una copia – il che è un bene, visto che dubito fortemente che qui lo vedremo mai.
Cercatelo, guardatelo.
Seguirà dibattito.
- ma perché pensiamo sempre a loro al femminile? Davvero non ci sono maschietti che leggono quei libri? ↩
- chissà se qualcuno oltre la mia amica Lucia se lo ricorda questo film del 1973, scritto e diretto da un tizio di nome George A. Romero. ↩
- ma il gioco delle citazioni è continuo, e vale la pena di riguardare il film una seconda volta per coglierle tutte. ↩
8 febbraio 2017 alle 9:35 AM
È un po’ di tempo che sto dietro a questo film, però ero anche diffidente: temevo l’operazione nostalgia fatta male, e quindi vuota, puramente imitativa, senza un vero motivo alle spalle.
Ultimamente di queste operazioni se ne vedono tantissime, anzi, sono la maggior parte, ma vertono quasi sempre sugli anni ’80, forse perché è un’estetica più facile da riprendere, più vicina alla nostra, più a portata di mano.
Oppure si fa l’exploitation alla Tarantino, ma andare a replicare film come quello di Romero che hai citato (splendido) o addirittura tornare a riesumare Stepford, è ben altra cosa.
Nel fine settimana lo vedo. Intanto, grazie per avermi rassicurata.
8 febbraio 2017 alle 3:49 PM
Credo riesca ad essere un film “per tutti”, anche per quelli che non lo capiscono.
Mi farai poi sapere cosa ne pensi.
8 febbraio 2017 alle 11:19 AM
Lo voglio vedere assolutamente. È quel genere di storia che mi si confà. E che mi stuzzica parecchio. Mi piacerebbe poter scrivere qualcosa del genere.
8 febbraio 2017 alle 3:50 PM
In effetti dal punto di vista della narrativa è molto interessante – e ha fatto venire voglia anche a me di scrivere qualcosa che sovverta il genere riciclandone i cliché.
9 febbraio 2017 alle 4:36 AM
Non avendo mai amato particolarmente i film horror, probabilmente un’opera di decostruzione come questa non mi racconterebbe molto.
Ma Samantha Robinson è a dir poco meravigliosa, potrei benissimo trasformarmi in uno di quei tonti di cui parli 🙂
P.S. se posso permettermi un off-topic (ma forse restiamo in tema di sovvertimento), che ne pensi di Andrej Sapkovski?
9 febbraio 2017 alle 12:32 PM
Samantha Robinson è splendida e molto molto brava.
E ad Andrej Sepkowski io cerco di non pensarci ;D
9 febbraio 2017 alle 4:31 PM
ahaha, molto eloquente 🙂
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