strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Prigionieri delle pietre

15 commenti

Ieri pomeriggio, considerando che era festa e tutto quanto, mi sono riguardato Children of the Stones – ed erano qualcosa come quarant’anni che non lo vedevo.
Lo trasmise la RAI, credo tra la fine del ’77 e l’inizio del ’78, col titolo di Prigionieri delle Pietre, e da allora non mi risulta sia stato replicato.
Sono sette episodi da mezz’ora, ma togliete i titoli e il riassunto delle puntate precedenti, e ci sta tutto in circa due ore e mezza. Si trova su Youtube, in una versione decente, e me la sono riguardata, e mi ci sono voluti un paio di minuti per rendermi conto che

a . mio dio, ma è a colori! (noi all’epoca non avevamo una TV a colori)
b . ma quello è Gareth Thomas! (l’uomo con cui ho trascorso i miei dopo-cena negli ultimi due mesi)

Alla fine degli anni ’70, in un glorioso bianco e nero, e senza sapere chi fosse Gareth Thomas, Children of the Stones mi terrorizzò alquanto, ed è probabilmente all’origine della mia persistente fascinazione per la preistoria e i siti megalitici.
Ma vorrei evitare di fare di questo post una operazione nostalgia, e parlare invece di un paio di cose che credo siano pertinenti.
Ah, ma prima di andare avanti… questa è la musica dei titoli di testa.

Già, ai vecchi tempi, i programmi per ragazzi erano una cosa diversa (ma ne riparleremo).

Di cosa stiamo parlando: di una bolla di tempo ciclico, intrappolata in un cerchio di megaliti, all’interno del quale gli stessi eventi si ripetono, generazione dopo generazione, alimentando una carica di energia psichica che, se dovesse arrivare alla massa critica, permetterebbe alla bolla di estendersi a tutto il pianeta.
Lo strano fenomeno è in qualche modo legato a una singolarità nello spazio profondo.
OK fino a qui?
Bene.
Perché quando un astrofisico e suo figlio visitano la città di Milbury, racchiusa in un cerchio di megaliti, scoprono che la popolazione è come dominata da una mente-alveare, al servizio di un sinistro individuo, e in procinto di alterare la realtà in maniera definitiva.
Come fermarli?
Come sfuggire al controllo mentale?

s25

Sette episodi da 30 minuti, è c’è una valanga di roba, in questa serie per ragazzi.
Siamo nel 1977, e quindi troviamo tutti i temi “caldi” dell’epoca: fenomeni psichici, folklore, archeologia misteriosa e astro-archeologia, buchi neri, computer e hi-tech (un orologio atomico è un elemento centrale della trama), annientamento dell’individuo, più la sempre popolare diffidenza britannica verso l’eccesso di legge e ordine, e verso le persone troppo felici.
web_childrenofthestonesMa ciò che è veramente interessante, in questa storia inquietante di paranoia crescente, popolata di personaggi sinistri, di alta tecnologia e di antiche leggende1, è il livello di rispetto verso il pubblico.
Questo è uno spettacolo per dodicenni, e in effetti il personaggio di riferimento, Matthew, è un dodicenne un po’ spaesato, arrivato a Milbury a rimorchio del padre astrofisico che deve compiere delle ricerche nel cerchio di megaliti. Matthew è l’osservatore privilegiato, il punto di vista che permette ai ragazzini a casa di immedesimarsi.
E non gli/ci viene abbuonato nulla – certo, esistono personaggi il cui scopo è spiegare in termini comprensibili a un ragazzino cosa sia un buco nero, o come lo spaziotempopossa essere ripiegato su se stesso… ma si tratta di informazioni funzionali alla storia, e l’intero impianto narrativo sottolinea come questo spettacolo, che oggi definiremmo “per giovani adulti” sottolinei con forza quell’adulti.
Prigionieri delle Pietre era fantastico perché non era accondiscendente o paternalistico, e ci trattava da grandi.
Non però, attenzione, da “finti grandi” (ci arriveremo), con strizzate d’occhio e argomenti ipoteticamente “adulti”, ma semplicemente riconoscendo ai protagonisti così come agli spettatori l’intelligenza per capire.

touch the stone

Poi OK, è una serie TV degli anni ’70, girata a basso costo, spendendo probabilmente di più in sceneggiatura e cast (e per gli esterni nella piana di Avebury) che in effetti speciali e costumi. È facile ridere alla capigliatura permanentata di Gareth Thomas nel ruolo dell’astrofisico professor Brake (curiosa assonanza col personaggio più famoso interpretato da Thomas, il Blake di Blake’s 7), o dei pantaloni a scacchi del cattivo, ma al di là di questi elementi “d’epoca” la serie funziona ancora oggi, è solida, è ben scritta, e fa paura.

avebury

Sì, lo so, siete tutti molto blasé e cool e siete cresciuti con Freddie Krueger e poi avete vinto e chissenefrega, ma credetemi, se siete ragazzini di dieci anni, soli a casa con una TV in bianco e nero, fuori è l’imbrunire, e vi guardate un episodio di Prigionieri delle Pietre, la serie fa paura.hqdefault

“Che cosa spaventosa.”
“Cosa?”
“Non conoscere nessuno.”
“Farai in fretta a fare conoscenza.”
“E se poi risultasse che sono tutti dei matti?”

E certo, qui si rischia di scivolare sul discorso dei bei vecchi tempi, quando gli uomini erano veri uomini e le donne erano vere donne, ma si può anche fare a meno di una simile deriva e osservare oggettivamente che per essere uno spettacolo per ragazzi, questa serie – come molte altre – è maledettamente spaventosa. Di più, è inquietante e soffocante, claustrofobica, giocata su una delle paure fondamentali: quella di perdere la propria identità. Ed è straordinariamente divertente, perché risolve la minaccia in maniera intelligente.
E all’epoca nessuno parve lamentarsi, comunque – non i genitori (che da lì a pochi anni avrebbero cominciato a strapparsi i capelli per la violenza in TV) e non i ragazzi. Perché ricordo bene come ne discutessimo a scuola, concordando tutti sul fatto che era davvero una storia fantastica.

Screen+Shot+2015-08-20+at+10.31.24+PM

E d’altra parte mi trovo d’accordo con quei critici che hanno sottolineato come questo genere di intrattenimento sia in fondo più rispettoso e più sano, per un pubblico di adolescenti, rispetto a molte delle cose offerte loro oggi, e genericamente gggiovini. E badate, oggi le serie per ragazzi contengono materiale che negli anni ’70 sarebbe stato improponibile, e la qualità resta – il più delle volte almeno – molto alta.
Ma quasi sempre si tratta di storie fasulle, senza un vero rischio, senza il vero orrore, ma con una abbondante dose di paraculaggine – una strizzata d’occhio perché “sei grande abbastanza per parlare di queste cose”, senza però un vero rispetto, o una vera comprensione delle dinamiche di quegli anni fra l’infanzia e l’adolescenza.

Anni ’70: un ragazzino qualsiasi che si trova ad affrontare un mistero e una minaccia “sovrannaturale” e deve far ricorso a tutte le proprie risorse per uscirne vivo.
21° secolo: vampiri che scopano.
La difesa ha finito, vostro onore.

Come qualcuno ha osservato, quelle vecchie storie di ragazzini la cui principale preoccupazione era farsi un giro in bici, e poi si ritrovavano a combattere i mostri, ci facevano sentire meno soli di una storiaccia su lei che ama lui ma lui è un bastardo immortale ma bello bello bello e si è appena succhiato la migliore amica di lei, che adesso è una vampira e al ballo di fine anno sarà un casino perché hanno lo stesso vestito …
Meno soli.
Perché tutti prima o poi affrontiamo i mostri, ma non tutti andremo al ballo di fine anno.

Se vi capita, buttate un occhio a Children of the Stones, e pensate a cosa è andato perduto.

Save

Save


  1. perché se l’apparenz è sovrannaturale, in realtà Children of the Stones è fantascienza, vista l’epoca anche abbastanza hard. 

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

15 thoughts on “Prigionieri delle pietre

  1. Ammetto la mia totale ignoranza a proposito di questa serie, il che è ulteriore dimostrazione di quanto mi sia prezioso questo blog. 🙂

    • Purtroppo qui da non nn è stata mai replicata (credo) e tutto considerato, credo che oggi verrebbeconsiderata improponibile, un po’ perché “vecchia” (non hanno i cellulari, poi i ragazzi rimangonoc onfusi) e un po’ perché era francamente inquietante.
      Ma in UK è oggetto di culto.

  2. Me l’ero divorata tutta, appiccicato al televisore e in suo onore avevo scritto uno dei miei primi lavori, l’ormai introvabile La voce di pietra, che ruota tutto attorno a un menhir vicino a un quartiere residenziale tra Asti e Torino. Cose così viste a 9/10 anni lasciano in segno bello forte. A proposito di cose da bambini…ripenso quando ero andato a vedere Alien al cinema. Era il 1979, avevo 11 anni e non era vietato. Eppure non ho sbudellato nessuno nella realtà!

    • Io continuo a dire che siamo venuti sù piuttosto bene – avevamo persone con le quali confrontarci, el ‘intrattenimento, anche quando era “estremo”, tendeva a mostrare come ingegno, forza d’animo e un pizzico di incoscienza fossero carte vincenti.

  3. su, non su. non ci va l’accento, davide mana

  4. All’epoca ero appena nata ma se fa paura potrei avere dei problemi a guardarla anche oggi… ci proverò magari di giorno. A parte ciò, il fenomeno che noti non è solo relativo alla tv per ragazzi secondo me. Quando mi capita di vedere trasmissioni che andavano in onda anni fa noto spesso la stessa cosa; venivano proposti, tra l’altro a un pubblico molto meno scolarizzato di quello attuale, programmi che presupponevano dall’altra parte dello schermo uno spettatore intelligente e in grado di capire e interessarsi.

    • Sì, è vero – io resto sempre sorpreso e demoralizzato quando vedo come i documentari siano diventati ripetitivi e semplici-semplici. Il linguaggiocol quale ci si rivolge al pubblico è sempre più simile a quello deilal TV dei ragazzi, anche nei toni e nei ritmi: parole semplici,m pronunciate lentamente, e con un tono abbastanza accondiscendente. SEmbra di avere sempre di fronte un clone del Mago Zurlì. È terribile.

  5. Se a qualcuno interessa io ho le puntate con i sottotitoli in italiano,

  6. Mai sentita questa serie. Ma hai riaperto una ferita… All’inizio degli ’80, credo 1984, dacché sono del ’76 e un po’ dovevo già capire, la rai trasmise una serie che era tipo una caccia al tesoro, con enigmi da sciogliere di puntata in puntata, qualcosa a metà, per intenderci un po’ tra Cussler e Dan Brown.
    Ecco, mica qualcuno qui sopra ricorda qualcosa del genere?

  7. Davide Mana, leggo il tuo post con un anno di ritardo, voglimi bene lo stesso.
    I prigionieri delle pietre, che emozione poter condividere ricordi e stati d’animo (sono una ragazza del ’66). Rilancio con “I compagni di Baal” e vado a cercare nel tuo blog se ne hai già parlato.

    • Non ho (ancora?) parlato dei Compagni di Baal, ma ho parlato altrove di Belphagor, il Fantasma del Louvre.
      E nessun problema per il “ritardo” – il bello di un blog è che i post restano lì per essere letti, anche anni dopo essere stati scritti.
      Quindi buona lettura, e bentrovata!

  8. La serie fu replicata, come era uso in quegli anni, da TMC, sempre in area tv dei ragazzi.
    Peccato che non si trovi più l’audio in italiano, perché i sottotitoli sono “troppo” fedeli all’originale, e noi nostalgici ricordiamo invece benissimo l’adattamento italiano che voleva i “posseduti” identificati con l’aggettivo “gioiosi”, per via del loro modo di salutare (“gioioso dì”), mentre mi sembra che nei sottotitoli scrivano “i felici”…

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.