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Meglio primi all’inferno che secondi in paradiso

17 commenti

Molti anni or sono, quando ero al secondo anno dell’università, scoprii che secondo alcuni compagni di corso rampanti

un 30 vale di più se è l’unico 30 della sessione

L’idea era che un voto alto avesse più “peso”, nel grande o piccolo schema delel cose, se il resto degli esaminandi veniva respinto, si ritirava o otteneva una valutazione inferiore. Si diventava memorabili, si veniva descritti, nei pettegolezzi del Consiglio di Corso di Laurea, come “il migliore del suo anno di corso”. Una parte sostanziale del proprio percorso di studi diventava perciò danneggiare la concorrenza. E chissà, a guardare la carriera accademica di certi personaggi, forse avevano ragione.

Beh, pare che questo modo di pensare non sia limitato a certi circoli.

E sì, continuiamo a diffondere il segnale, perché si tratta spesso di cose che chi è nell’ambiente conosce – ma a volte anche no.

E poi ragioniamoci su un attimo, come al solito.
Non tanto sulla questione delle minacce – che merita un capitolo a parte – quanto sulla faccenda dell’affossare la “concorrenza”.

Perché esattamente come danneggiare i propri compagni di corso in vista di una sessione di esami universitari, danneggiare i colleghi scrittori con recensioni negative è, per il mio modo di vedere, un sacco di lavoro (o di spesa) a fronte di risultati molto aleatori.

È disonesto, certo, è esecrabile, naturalmente, ma è anche e soprattutto inefficiente.

A differenza di molti colleghi, io non ho idea di chi siano i miei concorrenti, su Amazon.
Chi sono gli autori che i lettori scelgono di acquistare e leggere al posto mio?
Davvero ogni ebook venduto da Alex Girola è un mio ebook in meno che esce dai server di Amazon?
Davvero ogni copia venduta da Eternal War di Livio Gambarini è un Ministry of Thunder in meno che va a fare cassa per Acheron Books?
Forse il successo del gioco di ruolo Scheherazade del mio amico Umberto Pignatelli sta incidendo negativamente sulle vendite di Hope & Glory?

Io non credo.
E non ho modo di saperlo.
E sono fermamente convinto che la storia della concorrenza fra autori sia un retaggio di un’epoca in cui i libri erano di 600 pagine (per risaltare maggiormente sugli scaffali dei supermercati e dei megastore) e costavano 30 euro, per cui diventava per il lettore una questione di scegliere su cosa investire risorse limitate di tempo e denaro – compro e leggo l’ultimo di Neal Stephenson o l’ultimo di Peter F. Hamilton?
Gli ebook hanno cambiato tutto questo.

Però c’è ancora chi ci crede evidentemente – senza sapere che, per ipotesi, chi decide di non acquistare il suo thriller sovrannaturale spenderà quei soldi su un libro di cucina e una selezione di mp3 e non sul thriller soprannaturale di qualche malcapitato che si becca una infilata di recensioni negative “aggratis”.

E succede, in effetti, di sentirsi dire

Pinco Pallino sta danneggiando le mie vendite

E io spesso mi domando, ma se Pinco Pallino ha il superpotere di incidere in questo modo sulle vendite altrui, perché non sfrutta questo stesso superpotere per vendere più copie dei suoi libri, invece di far vendere meno copie agli altri?

E torniamo al discorso dell’efficienza – lavorare per affossare il prossimo è di solito molto più faticoso e molto meno efficiente che lavorare per migliorare se stessi.

Ma forse, come ha dimostrato la mia carriera accademica rispetto a quella di chi cercava di essere “l’unico 30”, sono io che non capisco.
Forse il punto non è migliorare le proprie vendite – o la propria media universitaria, sulla quale i voti altrui non incidono – ma ancora e sempre una questione di immagine, di marketing di se stessi.
Forse.

Se qualcuno ha voglia di spiegarmi, i commenti sono aperti, come sempre.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

17 thoughts on “Meglio primi all’inferno che secondi in paradiso

  1. Credo che l’unica spiegazione sia che “certa gente ha le pigne in testa”.
    È plausibile che una persona con soldi limitati faccia delle scelte, ma capita che il “perdente” di un mese diventi il vincitore del mese successivo.
    Un esempio su di me: dopo Lucca, Modena etc. sto sempre a programmare l’acquisto di vari gdr interessanti appena usciti, un mese uno e l’altro il mese successivo.
    E poi, capita anche che qualcosa, pur rientrando in generale nei campi di interesse di qualcuno, non interessi per qualche motivo.
    In pratica, a volte si è proprio fuori dalla “gara”.
    Un altro esempio su di me: mi piace (tra i vari generi che apprezzo) il fantasy, ma non come lo scrive Tizio, o non con gli stupri a raffica, etc.

    Perciò, tutti questi Machiavelli farebbero meglio a usare la loro perizia per tessere intrighi feroci per le loro storie, perché se anche fossero gli unici a vendere quelle storie, non è detto che poi queste verrebbero comprate da tutti gli appassionati del genere.

  2. Temo che il punto sia quello del “tutti peggio nessuno peggio”

    Accade un po’ in tutti gli ambienti.
    Chi è più bravo viene gambizzato dagli altri che non stanno al suo passo.
    Conosco parecchi scrittori che farebbero il ragionamento di cui sopra se solo potessero… e un paio che lo fanno attivamente (e sono direttori di collana ma non diciamo i nomi che è meglio)

    Purtroppo l’idea di migliorare se stessi è sempre mal vista (ovviamente ci si ritiene sempre il massimo del massimo) quindi qualcuno che possa essere più competente è terribile
    E qui partono le definizioni di talento e dono di dio per giustificare la propria pochezza e invalidare le qualità altrui.
    E se non basta ecco che una 100 euro per danneggiare gli altri si trova più facilmente che per fare un corso per migliorare se stessi.

    Trovo la cosa semplicemente assurda

  3. Analisi ineccepibile come ho detto in condivisione. Credo che non ragionino in termini di lettura e di scrittura. Fossero pasticceri avrebbe più senso: apro la mia pasticceria in una via e un centinaio di metri più in là ne apre una seconda che fa dolci anche lei. Allora il nuovo pasticcere mi danneggia. Ma nei libri? Che cosa pensa questa gente? Da lettore se mi piace Mana e mi piace Girola non è che rinuncio a uno per leggere l’altro. Forse è quella mentalità nichilista del “farsi terra bruciata attorno”, non lo so. So che è tutto squallido e meschino, questo sì.

  4. Sono davvero basita! Già mi è sembrato abbastanza vergognoso acquistare recensioni positive per i propri libri e ora scopro che ci sono anime tristi che pagano fior di quattrini per danneggiare gli altri autori, anziché impegnarsi a migliorare il proprio lavoro, come scrivi tu. Ho condiviso volentieri il post e spero che in tanti ti leggano e ascoltino Alex Girola perché non si può arrivare persino alle minacce! . Resto in attesa di scoprire che cosa si nasconda dietro Kindle Unlimited! In ogni modo sono molto contenta di non leggere più le recensioni e di affidarmi solo al mio giudizio per decidere se acquistare un libro o no. Un cordiale saluto.

  5. Ciao Davide, sulla storia dei voti alti universitari sono d’accordo con te: danno prestigio, certo, ma non è detto che ti aiutino a primeggiare per forza nella vita (quante lauree con lode sono state riposte nei cassetti a favorire di vite di casalinghitudine agiata?) e, soprattutto, con l’idea di essere attorniati da nemici e non compagni con i quali fare amicizia (li si vedeva come i concorrenti di domani). Questi Lavaggi del Cervello pesavano in letteratura (mi ricordo di gente che non mi diceva niente delle trame che scriveva nel timore che io gliele rubassi). In realtà, esiste una selezione nella scuola (chi studia va avanti e bene) e nella vita (un buon voto nei curricula dispone in modo favorevole i selezionatori, anche editoriali). Ma la competizione fra autori, la famigerata concorrenza, è un falso inventato ad arte dagli uffici stampa delle case editrici e dai social per creare polemiche e pubblicità (Mark Twain diceva:”Anche male, purché ne parlino”). Una volta, magari, era così sulle riviste cartacee (interviste al vetriolo e resoconti di premi letterari molto polemici). Se un libro vale, perché ha “la scintilla” che lo fa emergere sul Tutto Già Detto odierno, non condanna nessuno. Sono gli autori mediocri a essersi condannati da soli. Mi sembra un po’ un paradosso alla Mark Twain: paragono l’autore bravo all’americano moderno arrivato alla corte di re Artù (quindi nella marea degli aspiranti che leggiucchiano e scribacchiano). Contro la sua pistola, non avrebbe potuto niente neanche Excalibur.

    • Quella del “non ti dico la trama sennò me la rubi” è una assurdità colossale alla quale credono in tanti – di solito coloro che non riescono ad avere due idee in croce per scrivere.
      E poi, se proprio devo rubare un’idea, posso aspettare che esca il libro – abbiamo visto decine di volte opere copiate paro-paro da libri usciti sei mesi prima ottenere risultati migliori dell’originale, perché il mercato favorisce sempre i secondi, nel nostro paese.

      • Anni fa facevo fare un gioco ai miei scrittori, quando facevo i corsi ‘in aula’
        Ognuno doveva scrivere le sue 10 idee migliori e regalarle agli altri… pubblicamente, su un sito.
        Venivano fuori resistenze incredibili, una volta ho visto una ragazza piangere.

        Poi però, dopo aver scritto dieci idee diverse ne facevo scrivere altre dieci e le facevo valutare a tutta la classe.
        E poi altre dieci
        Alla fine del corso praticamente tutti dichiaravano le prime dieci idee come mediocri e/o scadenti
        ^___^

  6. Ma la questione del copiare le trame è interessante, a parte il plagio vero e proprio (che ricordo è un reato) tutto sta nel “come” si sviluppa una storia. Anni fa un gruppo di scrittori “bravi” si sfidò a singolar tenzone partendo da una trama unica, un canovaccio valido per tutti, e i risultati furono interessanti, insomma nessuno scrisse la stessa storia, anzi di più tutte erano belle a modo loro. Oh, cavoli,… forse ho parlato troppo! e se adesso qualcuno mi ruba l’idea! 🙂

    • Una delle cose che ho imparato lavorando nel mondo dei giochi di ruolo è che non puoi metetre il copyright a un’idea – l’unica cosa che puoi copyrightare è il modo in cui la sviluppi, e quello è, ovviamente, unico (a meno chenon copi di sana pianta il testo di un altro, ma quello, appunto, è plagio).
      “Mi rubi le idee” è il marchio del dilettante.

  7. Guarda pure sul plagio ci sarebbe da dire, non so se hai mai letto “La bicicletta blu” di Regine Deforges, praticamente sembra di leggere “Via col vento” nella fase iniziale in ambientazione francese, non scherzo. Tanto che gli eredi di Margaret Mitchell misero su un processo per plagio . Finì che la Regine Deforges fu assolta, poichè le analogie erano evidenti solo nella fase iniziale, poi naturalmente la storia prendeva un’altra piega con venature sentimental erotiche che la Mitchell non si era certo sognata di fare. Per dire a un autore può anche dare fastidio, ma anche dimostrare il plagio effettivo (e avendo il libro della Deforges sotto mano, è bello evidente, hai presente la parte di perdindirindina, uguale uguale) anche lì è stato visto come un omaggio, una citazione, e non come dolo. Ho fatto un esempio naturalmente etremo, ma ti fa capire molte cose.

    • Io pagherei per essere plagiato
      ^___^

      Sai quanto mi sono bullato quando mi hanno plagiato Sì, Oscuro Signore?
      C’è gente che ancora ride
      Volevo farmi la maglietta: Sono un game maker plagiato
      ^__^

      • Il bello è che a volte se denunci di essere stato plagiato, mostrando pure prove evidenti, ti dicono che sogni i giganti. Ma il mondo della musica per esempio è pieno di cause e contro cause, e li le note sono sette non so se mi spiego.

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