La notizia del giorno – o quasi, i segnali sono partiti ieri – riguarda l’attuale battaglia legale condotta da Alan Dean Foster contro la Disney, che si rifiuta di pagare le royalties maturate dall’autore con i suoi libri della serie di Guerre Stellari.
Alan Dean Foster, che ha un impressionante catalogo di romanzi a proprio nome (la serie del Commonwealth, il ciclo di Pip & Flinx, la serie fantasy Spellsinger), è anche famoso – o famigerato – come autore di novelizations e tie-in, i libri basati sulle sceneggiature di popolari film o che ne rappresentano un seguito.
Sono di Alan Dean Foster il romanzo di Guerre Stellari a suo tempo uscito a nome di Lucas (che qui da noi uscì negli Oscar Mondadori), e le novelization di film diversi quanto Alien e Krull.
Recentemente, con alcuni amici, ci domandavamo se Foster scriverà anche la novelization di Dune.
Ed esistono almeno un paio di casi in cui il romanzo di Alan Dean Foster è meglio del film.
Ma ora sorgono dei problemi.
I romanzi a marchio Star Wars di Alan Dean Foster erano di proprietà della Lucas, ma quando questa ha venduto alla Disney, la House of Mouse ha acquisito anche i diritti sui libri.
I diritti, già, ma non i doveri – o per lo meno così sostengono i legali Disney.
Secondo la Disney, infatti, l’azienda ha acquistato i diritti ma non le “liabilities” dalla Lucas – insomma, hanno il diritto di vendere il libro, ma non il dovere di pagare l’autore la percentuale originariamente dovuta.
Alle proteste di Alan Dean Foster, la Disney ha replicato dicendosi disponibile a un incontro con l’autore, a patto che Foster fosse disposto a firmare una clausola di confidenzialità riguardo a ciò che sarebbe stato discusso durante l’incontro.
Foster ha giustamente rifiutato.
L’intera situazione potrebbe sembrare solo un ennesimo esempio di come la Disney sia ormai il prototipo della megacorporazione malvagia, ma in realtà la faccenda è molto più complicata e molto più seria di così.
Come ha osservato Mary Robinette Kowal, presidente della SFWA
The larger problem has the potential to affect every writer. Disney’s argument is that they have purchased the rights but not the obligations of the contract. In other words, they believe they have the right to publish work, but are not obligated to pay the writer no matter what the contract says. If we let this stand, it could set precedent to fundamentally alter the way copyright and contracts operate in the United States. All a publisher would have to do to break a contract would be to sell it to a sibling company.
Se infatti le affermazioni della Disney in materia contrattuale venissero legittimate, di fatto nessun autore vedrebbe mai più un centesimo di royalties, mai più. Sarebbe semplicemente sufficiente, per l’editore X che ha l’autore sotto contratto, vendere i diritti (ma non i doveri) all’editore Y, e in questa transazione l’unico a non vedere una lira sarebbe l’autore.
Y continuerebbe a vendere il libro, X avrebbe incassato il patuito, el’autore rimarrebbe libero di morire di fame.
È una situazione estremamente grave, che si va ad innestare su quasi cinquant’anni di iniziative da parte della House of Mouse, per modificare a proprio uso il panorama del diritto d’autore. Il che è curioso, se consideriamo che la materia legale sul diritto d’autore ha avuto origine per tutelare, da una parte, la possibilità degli autori di vivere del proprio lavoro e, dall’altra, fatti salvi i diritti degli autori, garantire la circolazione delle idee al fine di mantenere viva e vitale la nostra cultura. L’impressione è che Disney stia ora cercando di configurarsi come monopolio delle idee, con ben poche preoccupazioni per ciò che riguarda la cultura, la civiltà, o i singoli autori.
Questo è molto male.
19 novembre 2020 alle 9:08 PM
Da totale profano di diritto (non solo statunitense) mi sembra di ricordare che acquistare un’azienda ti obbliga anche a onorarne gli accordi non scaduti. Quindi, debiti e contratti.
Spero che la Disney prenda tante di quelle sberle, in tribunale, da non provare nemmeno a pensarecerte abominazioni. Trovo che il guadagno sia un fine più che nobile, se perseguito in maniera onesta e professionale, ma la vorace brama di denaro che sta mostrando la Disney la rende più adatta ad altri tipi di roditori che a un allegro e intelligente topolino…
19 novembre 2020 alle 11:08 PM
Disney ha sempre avuto la tendenza a far cambiare le leggi quando non erano in suo favore (si veda il Sonny Bono/Mickey Mouse Act), ma in questo caso rischia davvero di distruggere il sistema per ricavarne un vantaggio.
19 novembre 2020 alle 10:15 PM
ora?
sono decenni che ci provano in tutti i modi e con tutti i mezzi, a configurarsi come monopolio delle idee, con ben poche preoccupazioni per ciò che riguarda la cultura, la civiltà, o i singoli autori.
19 novembre 2020 alle 10:50 PM
Mi chiedo perché la Disney si preoccupi tanto di una faccenda del genere, quanto mai dovranno pagare Foster – adorato il “suo” Alien! – che risparmio può rappresentare? Cioè, mi viene davvero da pensare che sia giusto un caso per impostare un precedente per pesci ben più grossi. Oppure pianificano adattamenti di Star Wars dai suoi romanzi e temono di dover cacciare bei denari? Credo ci voglia una mente malvagia per comprendere le mosse del topo.
19 novembre 2020 alle 11:10 PM
Anch’io credo sia un passo per ulteriormente dirottare la regolamentazione del copyright a proprio vantaggio (magari con un occhio verso altre properties). Il povero Foster ci è solo rimasto pinzato in mezzo.
19 novembre 2020 alle 11:56 PM
A me sembra impossibile che ci riescano, questa volta è veramente troppo. Come hai scritto, una vittoria d Disney sarebbe un precedente catastrofico. Renderebbe il pagamento dei (meritati) guadagni di un autore qualcosa che l’editore concederà graziosamente solo se vuole. Se arriviamo a questo siamo davvero alla tirannia della mega corporazione…
20 novembre 2020 alle 10:13 AM
Sarà interessante vedere come la cosa si sviluppa – dopotutto l’America è la terra degli avvocati.
20 novembre 2020 alle 1:08 PM
che bella l’america, terra di libertà e opportunità.
E che meraviglia la disney a causa della quale il diritto d’autore è una delle peggiori schifezze del mondo.
20 novembre 2020 alle 2:57 PM
La vicenda è la sintesi dell’approccio Disney al mercato. Non a caso hanno in corso centinaia di controversie legali a qualsiasi livello e non a caso investono tanto in azioni di lobbismo. Tecnicamente parlando, l’autore è tutelato. Praticamente, Disney ha tutto l’interesse a creare decisioni controverse e a far pressione per avere dei precedenti legali a suo favore. Sempre in teoria, la SFWA dovrebbe impegnarsi allo stremo per sostenere Dean Foster.
La previsione? Entro cinque anni questo tema arriverà alla Corte Suprema. E no, non la vedo bene.
20 novembre 2020 alle 3:54 PM
La SFWA si sta impegnando, da quello che ho letto – e sì, la Disney ricorrerà alla corte suprema come ha fatto in passato. Speriamo che a questo giro non ci sia nessuno come la buonanima di Sonny Bono a reggere la borsa per il Ratto.
20 novembre 2020 alle 3:25 PM
Grazie a Dio da noi non abbiamo il Common Law
20 novembre 2020 alle 3:54 PM
E d’altra parte, qui da noi pagare gli autori è forse una pratica ancora più improbabile che in casa Disney.
20 novembre 2020 alle 3:59 PM
pagare gli autori o i traduttori, direi.
20 novembre 2020 alle 6:55 PM
Non parliamo di corde a casa dell’impiccato…
21 novembre 2020 alle 9:11 PM
E’ un bel disastro. La Disney, ma anche il suo esempio. Merita di dover “cambiare vela” e prendersi un bella batosta giudiziaria. Però, anche quella clausola di cessione che non contempla cautele per gli autori, andrebbe abolita. Questo darebbe da pensare a certe case editrici europee…
21 novembre 2020 alle 10:04 PM
L’importante è che non prendano ispirazione da Disney e non comincino a fare lo stesso.