Sanda Greeve si sveglia in un bagno nutritivo, con una gamba in meno, e dei ricordi fratturati dell’esplosione della nave spaziale della quale era al comando, durante quella che passerà alla storia come la Battaglia di Dralee, un piccolo scontro locale fra Ada Prime, che controlla un wormhole, e un pianeta marginale dellos tesso sistema, che invece non ha alcun controllo. E la situazione di Sanda si complica molto rapidamente: è a bordo di una nave nemica, controllata da una intelligenza artificiale, e sono passati duecento e trent’anni dalla Battaglia di Dralee. E Ada Prime, il pianeta che Sanda doveva difendere … il suo pianeta, sul quale si trovava la sua famiglia, sul quale vivevano milioni di persone, è stato ridotto ad un campo di asteroidi.
Ma è molto più complicato di così, perché questo è solo il primo capitolo.
Ambientato in un universo in cui il potere viene mantenuto da una elite che controlla la tecnologia dei wormhole che collegano diversi sistemi solari colonizzati dall’umanità, Velocity Weapon, primo volume (a suo tempo candidato al premio Dick) della serie del Protettorato, di Megan E. O’Keefe, è un eccellente esempio di quella che è stata definita da chi è sempre in cerca di nuove categorie merceologiche “la Nuova Space Opera”, che si distingue dalla Vecchia Space Opera perché … beh, perché è stata scritta nel ventunesimo secolo e non nel ventesimo, dimostrando interessi e preoccupazioni diversi da quelli che poteva avere, per dire, Jack Williamson nel 1938, ed una diversa attenzione verso la scienza e la tecnologia.
Incredibile, eh?
E da vecchio appassionato di space opera, è bello vedere che il genere è ancora vivo, ed ha oirmai annullato la distanza che un tempo lo separava – per toni e per ipotetica “dignità” – dalla fantascienza hard.
Il romanzo della O’Keefe si muove ad un passo molto spedito lungo quattro binari:
- c’è Sanda Greeve, che deve imparare a muoversi con un arto artificiale autocostruito e deve costruire un rapporto di qualche genere con una intelligenza artificiale traumatizzata, e intanto accettare il fatto che tutto ciò che ha conosciuto non esiste più da secoli
- c’è Biran Greeve, fratello di Sanda e politico in ascesa di Ada Prime, che nelle ore immediatamente successive alla battaglia di Dralee si convince che sua sorella non sia morta nello scontro (in effetti ha ragione), e che la ragione di stato e gli interessi occulti di chi gestisce il potere stiano nascondendo qualcosa alla popolazione
- c’è Jules, ad anni luce di distanza ed in un ambiente quasi-cyberpunk, che dovrebbe in realtà semplicemente svaligiare un magazzino, ma che va ad inciampare in qualcosa di molto più grande di lei, e la gente comincia a morire male
- c’è il team di ricercatori che sulla Terra, millenni prima, studia uno strano artefatto alieno che potrebbe rappresentare la chiave della tecnologia dei wormhole
Alternando queste diverse trame, apparentemente separate da secoli e anni luce, la O’Keefe mantiene desto l’interesse del lettore, mantiene una quantità incredibile di parti in movimento senza generare alcuna confusione, e intanto riesce a mescolare avventura, politica, azione e mistero.
La struttura potrebbe ricordare a qualcuno l’impostazione generale della serie di The Expanse, ed in effetti la serie del Protettorato è una buona lettura per gli orfani di James S. Corey. Il livello di complessità, l’intelligenza e la sofisticazione delle due serie sono decisamente simili.
E Velocity Weapon è solo l’inizio – perché ci sono due volumi a seguire, intitolati Chaos Vector e Catalyst Gate (quest’ultimo, uscito all’inizio di questa settimana), e questa è una cosa buona, perché così potrò riprendere il primo romanzo, letto nell’autunno scorso, e poi continuare, e passarci l’estate.
Ci sono modi peggiori per trascorrere le proprie ore di veglia, abbracciati al ventilatore.
Al momento, tutti e tre i romanzi sono disponibili in ebook a 2 euro e 99 centesimi.
vale la pena approfittarne.
Che è poi il motivo per cui ho inserito dei link ad amazon in questo post – e qualora voi doveste acquistare i libri, il malvagio Jeff Bezos mi verserà una minuscola percentuale.
Il lavoro della O’Keefe è una ennesima dimostrazione di come non solo la fantascienza stia bene e ci saluti tutti, ma anche la lungamente dileggiata space opera sia invece in otttima salute, essendosi perfettamente adattata al nuovo secolo.
Adattata meglio, in effetti, di tantissimi lettori.
Che potrebbero, partendo dalle copertine, restare delusi dal fatto che il Protettorato non sia l’ennesima riciclatura dei romanzi di Hornblower in salsa spaziale.
Il ciclo del Protettorato non è la fantascienza militare di vostro nonno.
Anche per questo vale la pena di leggerlo.
25 giugno 2021 alle 9:35 AM
Sempre un piacere iniziare la giornata con un caffè ed un tuo post.
25 giugno 2021 alle 9:50 AM
Grazie!
Buona giornata, e buon caffè!
25 giugno 2021 alle 2:07 PM
Grazie per la segnalazione, sembrano interessanti.
PS: strano che l’autrice non abbia una pagina su Wikipedia, è solo menzionata per essere stata nominata al Philip K. Dick Award con Velocity Weapon…
25 giugno 2021 alle 8:05 PM
Strano, in effetti.
27 giugno 2021 alle 4:08 PM
Ogni tanto torno su questo blog, conosciuto oltre un decennio fa, e questa è una di quelle volte in cui mi ricordo perché ne vale la pena…
28 giugno 2021 alle 8:10 AM
Grazie!
28 giugno 2021 alle 3:56 PM
Naturalmente, solo in inglese? (Per inciso, ho una fili di libri ed e-book da leggere tale che non so se avrò ancora abbastanza tempo di vita per leggerli tutti… ma la voglia di allungare la fila rimane. Ciao!!!!
28 giugno 2021 alle 4:05 PM
Sì, non mi risulta che sia stato tradotto.
E sì, è sempre bello aggiungere titoli alla lista – è un vizio, ma ci sono vizi peggiori 😛
1 luglio 2021 alle 5:29 PM
Letto, onestamente non mi è piaciuto molto – i personaggi mi sono rimasti indifferenti, i colpi di scena mi sembravano un po’ troppo telefonati e parecchi eventi non mi hanno convinto. Space opera moderna che mi piaccia ho difficoltà a trovarne, devo dire.
1 luglio 2021 alle 9:51 PM
A me non sta dispiacendo, invece.
per la space opera moderna, a parte i soliti Peter F. hamilton (ma quanto scrive!) e Gareth L. Powell, io direi che potrebbe valere la pena dare un’occhiata a Linda Nagata.
Poi ovviamente i gusti non sono tutti uguali.
2 luglio 2021 alle 10:05 AM
Grazie dei suggerimenti! Hamilton mi piace (anche se le sue posizioni politiche sociali si vedono parecchio e, uhm, err, lasciamo perdere), ho apprezzato molto Pandora’s star e sequel ma da lì lo trovo in calo – The Abyss Beyond Dreams pareva un remake di altri libri e The Great North Road mi ha abbastanza deluso.
Di Nagata ho provato solo The Red e ha sbattuto sul fatto che la fantascienza militare mi annoia enormemente. Non mi dispiaceva però, dovrei provarne altri, se ci sono un po’ meno spari.
Non ho mai letto Powell, posso chiederti da cosa conviene cominciare?
Grazie!
2 luglio 2021 alle 6:29 PM
Di Powell, Ack!Ack! Macaque è grandissimo, ma non è space opera.
Altrimenti c’è la serie di Embers of Wars che è piuttosto valida.
Della Nagata, Vast è probabilmente la cosa migliore da cui cominciare.
1 luglio 2021 alle 9:41 PM
L’ha ripubblicato su thebooksareinthehouse.
10 luglio 2021 alle 4:09 PM
Sono d’accordo con te, Davide. Perché è il tipo di SF che istruisce il lettore anche all’aspetto scientifico, appunto del genere letterario in questione. Così, potrebbe fare da scrematura riguardo a tanti aspiranti imitatori degli autori-scienziati. Domanda uno: ne sarei capace? La risposta può darla solo la lettura di testi come quello che hai proposto tu.