Esistono due tendenze generali, nel mondo dei giochi di ruolo – e potremmo chiamarli pesi massimi e pesi leggeri, ma poi qualcuno potrebbe immaginare che si tratti di una questione di qualità, e non lo è.
È, ai fini di questo post, semplicemente una questione di numero di pagine.
Per cui fa una parte abbiamo cose come Pathfinder, Zweihaender o il classico Warhammer Fantasy, che sono dei tomi da 400-600 pagine, e dall’altra una marea di giochi – per lo più indie – che viaggiano sotto alle 150 pagine per un gioco completo.
E dico per lo più indiue perché i tre volumetti di Traveler, o il contenuto della Scatola Rossa che negli anni recenti è diventata un oggetto di culto per coloro che non ci hanno mai giocato, andavano poco oltre il pagecount di un odierno gioco di ruolo indie.
Nei tempi antichi i giochi erano più asciutti – e questo richiedeva da parte dei giocatori un approccio da bricoleur – si aggiungeva materiale fatto in casa, e al manuale si affiancava un quaderno zeppo di appunti, scarabocchi, idee.
“Rules As Written” era ridicolo (io credo lo sia ancora – ma non voglio scatenare una guerra di religione).
Ma francamente, nell’attuale panorama dominato da un singolo sistema e popolato da orde di munchkin che sarebbero capaci di ammazzare una stanza piena di gente con le loro chiacchiere dall’alto del loro corso di scienze politiche sul gioco di ruolo, esplorare i giochi che rientrano nella categoria dei pesi leggeri è spesso una boccata d’aria fresca.
Kin – the Fantasy Tabletop Roleplaying Game è stato scritto e prodotto da Veo Corva, autrice di narrativa fantasy, come prodotto collaterale del suo romanzo Non-Player Character – che non ho letto.
Ho letto invece Kin, che è un manuale di 120 pagine che Jeff Bezos mi ha lasciato per meno di 5 euro, spedizione inclusa. Ho buttato altri 2 dollari come offerta sulla pagina di Itch.io dell’autrice per ringraziarla del voluminoso bundle di materiale aggiuntivo. Perché bisogna supportare gli autori indipendenti.
È scritto bello grande, Kin – per cui l’ho letto in fretta e senza affaticarmi la vista. Ha poche illustrazioni di classe, ed è per circa due terzi sistema, e un terzo setting.
Il sistema è molto semplice, e prende idee in prestito da un sacco di fonti – è abbastanza chiaro che Veo Corva ha una discreta esperienza di gioco. Il motore permette di giocare in due modalità – narrativa e d’azione – per gestire le diverse dinamiche.
È qualcosa che più o meno facciamo tutti, alternando roleplaying e roll-playing nelle nostre partite.
Il sistema di Kin formalizza pratiche che da sempre vediamo attorno al tavolo.
La creazione dei personaggi è rapida, la scelta di opzioni ampia – considerando che risolviamo tutto in poche pagine.
L’idea del gioco è quella di esplorare un mondo nel quale l’intersezione – naturale o artificiale – di diversi piani ha portato ad una situazione di confusione e mutabilità estrema.
Sembra qualcosa di preso da Planescape – e non sarò io a lamantarmi. I giocatori, che interpretano “Planarkin”, non sono troppo distanti dai vecchi Aasimar e Thiefling, opportunamente depotenziati. In effetti, sarebbe possibile usare Kin come motore alternativo per una colossale campagna di Planescape … come non apprezzare l’opportunità?
È molto leggero Kin – nella forma e nel tono – e questa non è una cosa negativa.
È il genere di gioco che richiede un quaderno per metterci appunti e regole della casa – ed ha persino un capitolo intitolato “Create-a-Creature Workshop”, per dare a master e giocatori la possibilità di sviluppare le proprie creature.
Non potevo chiedere di più, viste le dimensioni ed il costo.
Lo giocherò mai?
Non lo so.
Di sicuro, la voglia di buttarlo sul tavolo e vedere cosa ne fanno dei giocatori esperti esiste.
Staremo a vedere.
8 novembre 2022 alle 1:40 PM
Torino, Gilda del Grifone, io sono quello con la barba bianca, seduto al tavolo che ti aspetta. 😉
8 novembre 2022 alle 1:54 PM
Lo vedo improbabile in tempi brevi, ma chissà che un giorno o l’altro…