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ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Trecento e quaranta

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Pochi giorni or sono, Neil Clarke, editor della rivista Clarkesworld, ha postato un articolo (che se vi interessa trovate QUI) su come nei primi quindici giorni del mese di febbraio di quest’anno, la sua rivista avesse ricevuto 340 racconti generati da Intelligenza Artificiale – usando ChatGPT o software affini.
Trecento e quaranta racconti.
Tutti bocciati, e gli indirizzi email dai quali provenivano, messi in blacklist.
Editor di altre riviste hanno segnalato situazioni simili.

Una settimana dopo, arriva la notizia che Clòarkesworld ha momentaneamente chiuso alle submissions, perché il diluvio di racconti evidentemente non si è interrotto – e valutare e bocciare le ciascuna storia scritta a macchina richiede comunque il lavoro di un editor.
Allo stato attuale, gli editor a disposizione della rivista non bastano.
Quindi fermiamo tutto e cerchiamo una soluzione.

Ora, la prima reazione che mi è capitato di sentire, riguardo a questa incresciosa faccenda, fa più o meno così…

gli autori umani saranno sempre superiori alle intelligenze artificiali che si limitano a campionare testi già scritti, per cui non è il caso di preoccuparsi

Ora, questa è una posizione per molti versi condivisibile – io sono fermamente convinto di riuscire, almeno per ora, a scrivere qualcosa di meglio di ciò che potrebbe fare una AI – ma anche molto romantica e, in ultima analisi, irrilevante.

Le persone che hanno utilizzato ChatGPT per generare racconti da mandare a Clarkesworld non sono assolutamente interessate al valore letterario del materiale che hanno inviato.
Sono interessate al fatto che Clarkesworld accetta storie da 1000 a 22000 parole, e paga 12 centesimi a parola.

Non sono poveri sfigati incapaci di mettere tre parole in fila, e che tuttavia ambiscono a mettere “Scrittore” dopo il nome nel profilo Facebook, che stanno usando ChatGPT per coronare il loro sogno.
Sono scammer, gli stessi che fino a pochi mesi or sono “scrivevano” ebook da postare su Amazon copiando da Wikipedia, o “traducevano” classici fuori copyright con Google Translate, e che in generale gonfiavano il numero di pagine per pompare gli introiti di Kindle Unlimited.
Quelli che hanno inondato Amazon di quaderni con le pagine bianche e le copertine fatte con immagini di dipinti fuory copyright.
Quelli che gestiscono le clickfarm.
Li chiamano book stuffer.

Ora, un testo di 6000 parole che dovesse passare il filtro degli editor di Clarkesworld mi frutterebbe 720 dollari.
Io ne genero 100 con un click, e ci provo.
Se anche mi costa un pomeriggio, ogni storia che passa sono 720 euro.
Se nessuna passa, ne genero altre 100.
E così via.

Quindi ciò di cui stiamo parlando con la letteratura – e tutte le idee più o meo romantiche ad essa connesse – non c’entra nulla.

Il risultato è stato correttamente paragonato ad un attacco Denial of Service – si inonda il destinatario di ciarpame, e quello a un certo punto si blocca.
E infatti, dopo tre settimane di attacco, Clarkesworld ha momentaneamente chiuso le porte ad ogni storia – anche a quelle scritte da normali esseri umani.

Nelle ultime settimane abbiamo assistito a molte discussioni online sull’effetto che le Intelligenze Artificiali potrebbero avere sulla possibilità di autori, musicisti e artisti grafici di guadagnarsi da vivere come hanno fatto finora.
E sempre è venuto fuori il discorso che “humans do it better” – perché preoccuparsi, quando gli esseri umani hanno quella scintilla in più, la creatività, l’istinto, la musa, l’ispirazione…?

La risposta a queste obiezioni è duplice.

Al primo livello resta valido il punto che esistono persone alle quali della scintilla creatrice umana non frega niente se l’alternativa è riuscire a non pagare scrittori, traduttori e artisti.
E prima che ve ne dimentichiate, noi viviamo in un paese in cui a suo tempo un editore si vantò pubblicamente di avere un grande successo semplicemente perché “io non pago nessuno”.

Ma il secondo livello è più sottile, e meno evidente – almeno finché non guardiamo a Clarkesworld, ed alla coda di lettura momentaneamente chiusa.

Filtrare il ciarpame sovraccarica di lavoro extra gli editor, che invece di doversi leggere 20 racconti ne devono leggere 200. Questo significa che, se non si cambia il sistema, i tempi di accettazione per le storie valide si allungano.
Clarkesworld (che nel corso degli ultimi tre anni, incidentalmente, ha rifiutato una dozzina mie storie), di solito spedisce la lettera di rifiuto nel giro di tre giorni.
Questo è bene, perché vuol dire che dopo soli tre giorni posso provare a vendere la storia che mi hanno rifiutato a qualcun altro, che magari la compra, e io pago la bolletta della luce.
Se i tre giorni dovessero diventare trenta, o novanta, la mia storia rimarrebbe bloccata molto più a lungo – e per me sarebbe un danno economico, perché avrei le mie opportunità di vendita molto più diluite nel tempo.

Una alternativa, ovviamente, è assumere più editor e più lettori.
Che tuttavia devono essere pagati – e devono essere in gamba, per mantenere il livello qualitativo della rivista. Vogliamo anche evitare che un editor sovraccarico di lavoro o meno che competente bocci una storia autentica scambiandola per una storia farlocca – anche se l’adozione di criteri di valutazione più restrittivi resta probabile, e quindi il rischio di venire esclusi per errore aumenta (un altro problema che danneggia gli autori).
Più editor in gamba da pagare può significare tre cose, tre diverse possibilità:

1 . restando immutati i fondi, si pagano di meno gli autori; e questo mi danneggia sul piano economico.

2 . per coprire le nuove spese, tocca aumentare il costo della rivista o dell’abbonamento, con una possibile flessione delle vendite – il che significa che non è una soluzione, e rischia di limitare la circolazione della rivista, o addirittura portarla alla chiusura; e questo per me è un danno, sia per le mie entrate che per il mio brand, che per il fatto che il numero di mercati a cui spedire le mie storie si riduce.

3 . si chiede un contributo di lettura agli autori – il che significa che mi tocca pagare per sapere se la mia storia verrà acquistata e pubblicata oppure no; e per me questo è chiaramente un danno economico, perché capovolge la direzione del mio flusso di cassa (spesa certa a fronte di entrata incerta).

Il punto tre è stato anche proposto come modo per limitare le submission farlocche – se il mio scammer deve spedire 100 storie, e per ciascuna deve spendere 5 euro, non le spedisce.
Il bene trionfa.

Ma che dire di tutte le persone che verrebbero danneggiate da una simile policy?
Perché io 100 storie al mese non le spedisco, ma magari 5 sì.
E magari per me 25 euro vanno e vengono. Ma ci sono persone che vivono in posti o si trovano in situazioni per cui anche solo 5 euro sono tanti.
Si tratta di un ostacolo in più – grande o piccolo che sia – e che non ha assolutamente nulla a che vedere con la qualità della scrittura.

Divago un secondo: io ho cominciato a scrivere racconti quando avevo 15 anni, e ho cominciato a ragionare sull’idea di spedire le mie storie all’estero quando ne avevo circa 18.
Ma era un’epoca in cui i cavalli andavano ancora a carbone, per cui spedire una storia ad Asimov’s (per dire) richiedeva che il dattiloscritto venisse spedito fino a New York, con acclusa una busta col mio indirizzo per la risposta/restituzione del manoscritto, e 4 International Reply Coupon o Buoni di Risposta Internazionale. Che all’epoca a Torino si poteva acquistare solo alla Posta Centrale, e spesso toccava ordinarli e aspettare che arrivassero.
Era una spesa, un notevole dispendio di tempo, ed un rischio – ed io non avevo (giustamente) una fiducia sufficiente nelle mie storie per buttare tutto quel lavoro e quei (pochi) soldi.
Con l’avvento di internet è cambiato tutto – e la mia prima vendita professionale risale al 1998, quando avevo da un paio d’ani una connessione a internet e di anni ne avevo 31.
Click, e poi dita incrociate.
Una serie di ostacoli essenzialmente economici e logistici hanno frenato la mia “carriera” per tredici anni. Non una tragedia, o forse sì – chi può dire?
Però non voglio che altri vadano a sbattere contro freni del genere.

Richiedere un pagamento – così come l’altra idea, chiedere che i testi siano dattiloscritti o scritti a mano anziché in formato digitale – frenerebbe forse le AI e gli scammer che le usano, ma renderebbe la vita molto difficile a un sacco di gente … e ad un sacco di gente in situazioni già critiche: i poveri, coloro che vivono in nazioni meno che illuminate, persone con diversi tipi di disabilità fisiche…

E qui qualcuno potrebbe dirmi, ma questi, poveri e disabili che vivono in un paese di merda, avrebbero anche il tempo per scrivere e la presunzione di pubblicare?
Non hanno preoccupazioni più urgenti?

Ed è così che la scrittura diventa un giocattolo per i ricchi.
Che poi i ricchi in questoi caso saremmo poi noi, vale a dire coloro che si possono permettere l’euro, o i cinque euro, o i dieci, per spedire la storia agli editor.
E senza voler essere offensivo nei confronti di nessuno dei presenti, saremmo tutti dei ricchi abbastanza miserabili.

Però piace, a molti, questa idea del fatto che scrivere sia un hobby per spacciarsela, e non un lavoro per pagare i conti.
Magari un giorno ne parleremo.

La soluzione più probabile, naturalmente, è quella di usare un’AI contro le AI – adottare dei software antiplagio, che filtrino i racconti e cestinino in automatico le storie fasulle.
Ma attenzione – non dimentichiamo che software simili hanno a suo tempo bloccato il file audio del miagolio di un gatto identificandolo come musica coperta dal copyright della EMI.
Un filtro alimentato da una AI non garantisce risultati corretti al 100%, specie all’inizio.
Storie scritte da autori umani verrebbero certamente scambiate per storie fatte a macchina, e cestinate.

Non se ne esce, e come spero sia chiaro da ciò che ho scritto qui sopra, le meravigliose qualità umane della creatività e dell’ispirazione, che rendono le nostre opere sempre superiori all’output di un software, non c’entrano assolutamente nulla.

Stiamo semplicemente assistendo allo sversamento di una quantità enorme di spazzatura all’interno di quello che era, finora, un ecosistema sano.
L’effetto è quello solito, di danneggiare l’ecosistema e i suoi abitanti.
E poi per ripulire il sistema dalla spazzatura, toccherà spendere un sacco di soldi, e fare dei sacrifici.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

9 thoughts on “Trecento e quaranta

  1. Probabilmente sarebbe da risolvere ciò che spinge qualcuno a tentare di fregare una casa editrice con racconti fatti a macchina, ma sembra un desiderio da concorso di bellezza.
    Immagino che la storia sia fatta anche di questo, di una certa percentuale di persone che trovano escamotages più o meno discutibili per mettere insieme pranzo e cena o pagarsi conti al di fuori delle proprie possibilità.

  2. Sono più i meno gli stessi tizi, immagino, che rubavano le opere di artisti digitali per realizzare NFT, e che in seguito hanno fatto lo stesso usando immagini generate dalle IA.
    È un’infezione, più che un mercato, e coinvolgerà forse ogni contesto in cui si producono contenuti digitali.
    Penso (spero) sempre che sia un loop autodistruttivo, una bolla che necessariamente deve scoppiare. Il problema è il danno che si porterà dietro: saranno dolori per tutti (chi produce, chi fa da intermediario, chi consuma).

  3. Ti lovvo tanto.
    Stavo facendo considerazioni simili in un gruppo di scrittura.
    Siamo tutti un po’ depressi per la situazione che si sta avvicinando… perché purtroppo è chiaro che è solo l’inizio.

  4. Situazioni del genere mi fanno sempre desiderare cinicamente la caduta di un meteorite perché non siamo più degni del nostro nome, razza umana. Hai detto benissimo tu, stiamo inquinando anche un ecosistema metaforicamente immateriale come quello della scrittura o dell’arte e lo facciamo per la nostra innata e dannata abitudine di cercare sempre il mezzuccio, l’imbroglio o più o meno grosso con il quale aggirare un ostacolo, qualunque esso sia, o derubare il prossimo. Condivido la tua amarezza e la tua preoccupazione. Buona serata.

  5. Ero già a conoscenza di queste truffe nel mercato dell’autopubblicazione su Amazon. Alessandro Girola, in passato, ha fatto dei video su YouTube a riguardo, ma trovo che questo passo ulteriore, che si avvale dell’utilizzo di pseudo IA alla Chat GPT sia molto inquietante e preoccupante, e lo dico esclusivamente come un lettore

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