strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Anime & Politica

Molti anni or sono – ma davvero tanti, era il 1993 – un tale che conoscevo nell’ambiente dei magmamaniaci, che avevano da qualche tempo preso ad autodefinirsi otaku, mi venne a dire che alle prossime elezioni politiche avremmo dovuto votare un certo personaggio, imprenditore e proprietario di tre reti televisive, “perché è quello che ha portato più cartoni animati giapponesi nel nostro paese.”
Sarebbe stato un voto utile, mi spiegò.
Più anime per tutti.

Io avevo altro a cui pensare, ma l’idea mi parve al contempo ridicola, offensiva e pericolosa.
Ricordavo le foto di Reagan di pochi anni prima, con gli adesivi “Rambo is a Republican”, e dissi a quel tale di farsi un giro.
Gli citai anche, ne sono certo, i Campi Hobbit.

Ed ora, quasi trent’anni dopo, in occasione di questa tornata elettorale, ho sentito dire che sarebbe stata una buona idea votare per una certa candidata “perché almeno è una fan di Tolkien”.
E in comizio si è citato il film di Peter Jackson, e si è andati anche a scomodare il povero George R.R. Martin.

Qualunque cosa, pur di trovare un appiglio al nostro immaginario, ed usarlo.

Rambo, Capitan Harlock e Sailor Moon, Conan il Barbaro, Cthulhu, Aragorn figlio di chi sappiamo, Daenerys Targaryen…

È un po’ come quando viene fatto l’ennesimo remake, o il quinto sequel/reboot di un film su un personaggio dei fumetti – perché correre dei rischi proponendo qualcosa di nuovo, quando possiamo far leva su qualcosa che c’è già, nella testa e nell’anima del pubblico?

E quindi in politica, perché avere un programma quando possiamo arruolare i fan di un qualche grosso franchise semplicemente dicendogli “noi e voi siamo uguali, e quindi voi la pensate come noi”?

Ho sempre trovato sottilmente tragico che John Rambo, un veterano traumatizzato ed abbandonato dal sistema, che cerca un posto dove mangiare un boccone e invece viene bastonato e braccato dalla polizia, sia diventato il poster-boy per il partito Repubblicano.

Ho sempre torvato profondamente grottesco che l’opera di Tolkien sia stata dirottata dal lavoro di un critico al quale la buonanima di Tolkien disse “tu non hai capito nulla del mio lavoro”, e che quasi certamente non aveva mai letto i libri.

E trovo profondamente offensivo che un politico di qualsivoglia colore o inclinazione provi ad appropriarsi del mio immaginario al fine di potermi arruolare.

Però succede.
Continua a succedere.
Ed ho l’orrenda impressione che una certa percentuale di persone continui a cascarci.

Sotto il governo Reagan, le politiche a favore dei veterani vennero drasticamente ridimensionate.

A partire dagli anni ’90, le reti Mediaset ridussero drasticamente l’importazione di nuovi titoli di animazione giapponese, e cominciarono a censurare massicciamente le serie che rimasero in programmazione.

E io ho dei forti dubbi che una nuova apertura nei confronti degli elfi di Lothlorién avrà un impatto positivo sulla situazione internazionale, e sullo stato dell’ambiente.
Però, certo, gli elfi sono tutti biondi…


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Fantasmi, strade secondarie, leggende e haiku

Ho appena postato su Binario Morto – l’altro mio blog, quello dove escono solo recensioni di libri – una recensione di Ghostland, di Edward Parnell, un saggio autobiografico in forma di libro di viaggio sulla letteratura sovrannaturale inglese.
Se siete interessati a qualche dettaglio sul libro, vi invito a fare un salto di là.

Quello di cui vorrei parlare qui, invece, è l’idea di un saggio personale sulla letteratura che incroci l’autobiografia e il libro di viaggio.
Che mi pare una cosa fantastica, e che costituisce uno dei “generi” che preferisco.
Perché sì, mi piacciono molto i resoconti di viaggio – ne ho casse piene – ma l’idea di riuscire a infilarci anche la letteratura, e le vite degli autori, intrecciandole con la vita di chis crive… ah, quello è davvero speciale.

E poiché Ghostland non è un caso unico, ci sono per lo meno altri tre titoli che mi vengono in mente, che vale la pena ricordare.

Il primo – perché è il primo saggio di questo genere che mi sia capitato di leggere – è Blue Highways, di William Least Heat-Moon, che uscì in Italia col titolo di Strade Blu, inaugurò una collana di tascabili “giovani” della Einaudi, e successivamente diede il nome a un’intera collana di Mondadori. È quindi abbastanza ironico che oggi nella nostra lingua sia fuori catalogo, e tocchi cercarselo sulle bancarelle, su eBay o in biblioteca.
La storia di un periplo degli Stati Uniti a bordo di un furgone, seguendo le strade secondarie, il volume è una miscela di autobiografia, storia e narrativa di viaggio – e non mancano i riferimenti alla letteratura.

Il secondo volume On the Narrow Road to the Deep North, di Lesley Downer – autrice che divenne successivamente molto famosa con Memorie di una Geisha. Ma Narrow Road è, a mio parere, molto meglio – e ripercorre la vita e l’opera del poeta giapponese Matsuo Basho ed in particolare del suo viaggio a piedi da Edo verso l’Hokkaido. L’autrice ripercorre il cammino di Basho, osserva il Giappone lungo le strade secondarie, e intanto ci offre un’ampia selezione di poesie ed haiku, e di riflessioni sui generis e personali. Letto una trentina di anni or sono, resta uno dei miei libri preferiti sul giappone, la sua storia e la sua letteratura.

E per finire c’è il colossale tour de force di Bryan Talbot, Alice in Sunderland, che mescola folklore, letteratura e storia di una regione molto limitata dell’Inghilterra, il Sunderland appunto, intrecciando le proprie osservazioni con l’Alice nel Paese delle Meraviglie. Il fatto che Talbot riesca a fare tutto questo lavorando a fumetti rende questo volume di oltre trecento pagine ancora più incredibile – e Alice in Sunderland resta uno dei miei fumetti preferiti di tutti i tempi. Non mi risulta che sia mai stato tradotto nella nostra lingua, ma scopro che ne esiste una edizione in brossura tutto sommato a buon mercato.

E non dubito che ci siano decine di altri titoli, là fuori, ma questi tre sono i primi che mi sono tornati in mente mentre leggevo il bel lavoro di Parnell.

E naturalmente ci ho messo i link commerciali, e se per curiosità o buon cuore proverete ad acquistare uno o più di questi libri a me verrà versata una piccola percentuale – ed ora siete stati informati.


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Paura & Delirio – Speciale Richard Donner: Superman (1978)

Cambio di programma: la settimana passata, appena chiuso l’ultimo episodio did Paura & Delirio, abbiamo saputo della scomparsa di Richard Donner. Il regista di The Omen, di Superman, di Ladyhawke, di Goonies, di tutta la serie di Arma Letale. Un regista che ha dato forma all’immaginario di una generazione (o forse due), e ha cambiatola storia del cinema.

Impossibile non fare un episodio su Donner, e parlare di Donner significa parlare di Superman.
Che è ciò che abbiamo fatto, per oltre due ore, tra Marlon Brando in forma di valigia e produttori russi progressivamente sempre più nervosi, Gene Hackman e Margo Kidder, gli Steely Dan e i Supertramp, l’Uomo Ragno e Zack Snyder, i Tre Moschettieri e Lo Squalo, il cinema prima ed il cinema dopo Superman.
Era il 1978.
Tutti dobbiamo qualcosa a Richard Donner, e questo episodio per noi è un modo per salutarlo.
Buon ascolto.


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Dieci Libri #8 – Brian Talbot

Ho parlato di un fumetto… pardon, di una graphic novel due giorni or sono, e parlo di un fumetto oggi. Fumetto-fumetto. Uscito a fascicoletti, e solo successivamente riunito in un bel volume unico. Un fumetto che ha vinto un sacco di premi, e che Warren Ellis ha definito il singolo più grande esperimento nel campo dei fumetti di lingua inglese. Mica robetta.

Oggi parliamo di The Adventures of Luther Arkwright, dell’incommensurabile Brian Talbot – e infiniti universi si preparano a collassare.

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Dieci Libri #6 – Posy Simmonds

Questa serie difficilmente si fermerà a dieci, lo abbiamo già detto, perché ci sono talmente tanti volumi dei quali parlare che… ah, non so dove andremo a finire. E sì, lo so, sto diventando monotono, e siamo solo alla sesta puntata. Pensate cosa sarà l’avvio della ventitreesima…

Ma non pensiamoci. Non oggi. Oggi cambiamo registro, e ci occupiamo di un fumetto… pardon, di una graphic novel. Gemma Bovery, dell’inglese Posy Simmonds, liberamente ispirata a un vecchio romanzo scritto da un francese che ha un nome come un fucile ad aria compressa.

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I guardiani del canone

Avete mai l’impressione che manchi qualcosa? Come quando c’è una parola che proprio non vi viene, ce l’avete sulla punta della lingua ma no, niente, e vi viene il dubbio che siano i primi sintomi dell’Alzheimer? Per me è statocosì nelle ultime settimane, dopo aver letto alcune interessanti discussioni su scrittura, pubblicazione, marketing, e alcune ipotesi abbastanza discutibili sul rapporto tra qualità della scrittura, narrativa di genere e intento autorale. C’era qualcoisa che mancava, in tutta la discussione, ma cosa?
L’illuminazione è venuta nelle prime ore di questo 15 Febbraio 2019, e così ho pensato di mettere giù io qualche idea. Non posso garantire che questo sarà un post coerente – il discorso è piuttostocomplicato.
Posso garantirvi però che sarà lungo. Consideratevi avvisati.

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AMARNA, la Figlia dei Faraoni e Cthulhu in salsa pulp

the-future-of-HRQuelli in gamba, di tanto in tanto, sul loro blog, fanno un post in cui illustrano i progetti futuri e le prossime uscite. Questi post funzionano perché servono a mettere sull’avviso i fan, e perchè ci obbligano a portare a termine i progetti che abbiamo promesso di mettere in cantiere.
È un po’ un modo per obbligare noi stessi a scrivere, e a mantenere le tabelle di marcia.
Ora, a mio parere premiarmi con un pezzetto di cioccolato funziona altrettanto bene,  se non meglio, ma al momento ho finito il cioccolato, quindi credo vi racconterò cosa ho in preparazione e come si svilupperà.
Visto mai che interessi a qualcuno. Continua a leggere