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ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Il meglio di Roger Zelazny

Oggi è il compleanno di Roger Zelazny, che nacque in un posto che si chiama Euclid, in Ohio, il 13 di maggio del 1937. Da Wikipedia scopro che ad Euclid, Ohio, venne inventata la lampada ad arco, nel 1876, ed il telefono cordless nel 1967.
E ci nacque Roger Zelazny, nel ’37.

Ci doveva essere qualcosa nell’acqua dell’Ohio, negli anni trenta – Harlan Ellison era nato a Cleveland, Ohio, quasi esattamente tre anni prima di Zelazny, il 27 di maggio del 1934.

Discutevo pochi minuti fa (sì, questo è un instant post) con alcuni contatti in giro per il pianeta, di come Zelazny sia oggi un autore sottovalutato e dimenticato dai più.
Si stava brindando alla memoria dell’autore, e la questione è emersa quasi automaticamente – perché Roger Zalazny non è più famoso?
I giovani lettori di fantascienza, mi diceva un’amica, non sono più interessati alla vecchia fantascienza.
Già, il “giovane e ambizioso Zelazny”, “un nuovo tipo di scrittore che ha l’effetto di un terremoto”, è vecchia fantascienza.
È un altro chiaro segno della mia vecchiaia.

Zelazny è un autore che andrebbe studiato per imparare a scrivere – sì, lo so, credo di averlo già detto in passato – con la consapevolezza dolorosa che tanto, in gamba come Zelazny non lo saremo mai.

C’è un volume – che uscirà in digitale ad agosto – che è praticamente un corso di scrittura tascabile, se si ha la pazienza di leggerlo e rileggerlo, prendendo appunti, smontando i racconti per capirne i meccanismi, ricopiandone delle pagineper vedere in che modo le parole cascano sulla pagina una dopo l’altra, eperché in quell’esatto ordine, e cosa ne deriva in termini di ritmo, si potenza….
Il libro si intitola The Best of Roger Zelazny – vi metto il link, sapete come funziona – è parte della collana SF Masterworks della Gollancz/Gateway (una sussidiaris di Hachette) ed io avrei dovuto riceverne una copia cartacea a inizio aprile, avendola prenotata su Amazon il giorno stesso in cui ne venne annunciata l’uscita.
Ma aprile è arrivato ed è passato, e ha portato solo la notizia che la Hachette ha deciso di cancellare il cartaceo.
Volete il meglio di Roger Zelazny?
Aspettate il 31 di agosto e sciroppatevelo in digitale.

È probabilmente una questione di costi e rischi – i costi per la stampa in cartaceo si sono fatti proibitivi, nell’ultimo anno, e gli editori, nella loro infinita saggezza, nojn stampano più i libri che rischiano di non vendere oltre una certa soglia minima.
E Zelazny è un vecchio autore.

Che orrore.

Il libro non è che mi sia assolutamente indispensabile – ho diverse collezioni della narrativa breve di Roger ZXelazny, e forse un giorno riuscirò a completare la serie in sei volumi che riunisce TUTTA la sua narrativa breve, in ordine cronologico e annotata.
Mi mancano solo due volumi, ma per il momento – ammesso che riesca a trovarli – non me li posso permettere.

Roger Zelazny era stato, prima di diventare un narratore di fantascienza e fantasy, un poeta – e questo è forse il motivo per il suo controllo della prosa, per il suo stile.
Aveva dei temi ricorrenti – primo fra tutti quello della riscrittura in chiave fantascentifica di miti e leggende del passato.
I suoi romanzi ed i suoi racconti erano popolati di eroi iper-competenti, e c’è stato chi ha fatto notare che i suoipersonaggi femminili erano spesso deboli. Più che altro erano visti da lontano, e descritti sempre attraverso gli occhi di personaggi maschili.
Certe scelte hanno delle conseguenze.

Zelazny era anche convinto che l’immortalità fosse un’ottima idea – che il vecchio spauracchio dell’eternità come inesauribile tedio e sofferenza fosse una balla colossale, e che in realtà avendo l’eternità a disposizione ogni evento,ogni singolo istante diventa un’esperienza unica, di cui fare tesoro.
Nei miei giorni migliori condivido questa visione.

Negli ultimi anni,la TV ha scoperto Zelazny – e prima che gli sceneggiatori andassero (giustamente) in sciopero, c’era una serie basata su Roadmarks (che qui da noi credo si intitoli Ultima Uscita per Babilonia), e con George R.R. Martin fra gli sceneggiatori, ed una serie basata sul ciclo di Amber curata da Steven Colbert – che oltre ad essere un fanatico di Tolkien è anche capace di riconoscere la buona scrittura, evidentemente.

(posate quei lanciafiamme)

Non so se vedremo mai quelle due serie – e se dovesse succedere, cosa ci sentiremo dire?
Che Amber è un rip-off di Game of Thrones?
Che Roadmarks ha una struttura confusa e non è abbastanza immersivo (qualunque cosa il vostro guru di fiducia abbia deciso che quel termine possa sigtnificare)?

Roadmarks ha solo dei capitoli 1 e dei capitoli 2,alternati.
Mentre i capitoli uno seguono una narrativa lineare, i capitoli due sono fuori sequenza – una volta finito il romanzo, Zelazny mescolò i capitoli due e li distribuì in una sequenza casuale, alternandoli ai capitoli uno.
Ha perfettamente senso, essendo Roadmarks un romanzo su un’autostrada che attragversa il tempo, per cui è possibile uscire a Babilonia per un boccone all’autogrille poi proseguire verso il futuro o verso il passato.

La lista dei titoli indispensabili usciti dalla macchina per scrivere di Roger Zelazny è lunga.
C’è anche un romanzo scritto a quattro mani con Philip K. Dick, che l’editore italiano ha pensato bene di pubblicare col nome di Zelazny un po’ più picolo e defilato sulla copertina.
Perché hey, Philip K. fucking Dick, baby.
Una vergogna.
Zelazny collaborò anche con Robert Sheckley e con vari altri autori
È agli atti che autori diversi come samuel Delany, Stephen Brust, Neil Gaiman hanno ammesso il proprio debito verso Roger Zelazny. E poi Geworge R.R. martin e Walter Jon Williams.
Persino quella vecchia volpe di di AndrzejSepkovski ha definito Zelazny “maestro spirituale.”

Roger Zelazny morì a Santa Fe, il 14 di giugno 1995, all’età di cinquantotto anni, per le conseguenze di un cancro legato, probabilmente, alla sua dipendenza da nicotina. I suoi protagonisti fumano come ciminiere, fino ai primi anni ’80, quando Zelazny smise di fumare, e lo stessero fecero i suoi personaggi.

I suoi romanzi e racconti, nel nostro paese, sono ragionevolmente reperibili – nonostante per anni sia circolata questa voce che Zelazny era “troppo bravo e te lo faceva pesare”.
Urania li ristampa con una certa frequenza, sulle bancarelle a volte si acquista ancora qualche vecchio Cosmo Oro o Cosmo Argento, e non è troppo difficile rintracciare e leggere una buona versione di A Night in the Lonesome October.
Ne abbiamo parlato – il romanzo scritto per scommessa e narrato dal punto di vista del cane di Jack lo Squartatore.
Non vi metto neanche il link.
Cercateli, leggeteli.

Oggi Roger Zelazny avrebbe compiuto ottantasei anni.
Non pochi, ma non un traguardo irraggiungibile. Ironico, per un autore che aveva fatto dell’immortalità uno dei suoi temi portanti.
L’immortalità, i cicli mitologici, e cosa può significare essere (o diventare) un dio.
Almeno su quest’ultimo punto, Zelazny ce l’ha fatta.
Un dio rimane tale anche se viene dimenticato da molti.


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L’Isola delle Statue che Urlano

È un vero piacere poter annunciare che una nuova novella, intitolata The Island of the Screaming Statues, è appena arrivata su Lulu.com
Si tratta della mia seconda incursione nel mondo di Norindaal, creato dall’amico Andrea Sfiligoi per il suo gioco di ruolo 4 Against Darkness.
Il racconto si può leggere senza avere alcuna esperienza col gioco – ma chissà, magari potrebbe invogliarvi a provarlo, e in questo caso in fondo al libro trovate una ricca appendice per adattare la storia.

La novella è un fantasy classico, e segna il ritorno dei quattro scompagnati avventurieri già incontrati in The Heart of the Lizard, questa volta alle prese con un’isola mistriosa, strane creature sovrannaturali, pirati (ovviamente!) e una signora con un grave problema di doppie punte…

Il libro è disponibile in pdf a 4.99 e in brossura a 8.99, ma per un tempo estremamente limitato potete usare il codice GREEN15 e ottenere uno sconto del 15%.
Sono previste distribuzioni su altre piattaforme ed anche una edizione in italiano, ma non saprei indicarvi una data stimata di uscita.


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Sherlock Holmes, le consulenze

Nel suo primo incontro con il dottor John Watson, Sherlock Holmes si descrive come un “consulting detective” – di fatto uno che viene consultato da altri (privati o polizia) che gli presentano un mistero al quale stanno lavorando, e che lui contribuisce a risolvere, fornendo appunto una consulenza.
E tuttavia nel canone non lo vediamo spesso, il buon Holmes, in questo suo ruolo di semplice consulente.

Per colmare questa lacuna, la Belanger Books – un editore specializzato in pastiches sherlockiani – ha appena lanciato un kickstarter per finanziare una nuova antologia, intitolata The Consultations of Sherlock Holmes – storie nelle quali altri investigatori si muovono sul campo alla ricerca di indizi e di tracce, e Holmes compare solo come distante desu ex machina, per fornire quel dettaglio mancante che permetterà ai veri protagonisti di risolvere il mistero.

Il kickstarter non si ripromette di rastrellare milioni – ha in effetti il solo scopo di coprire le spese di stampa – ma se avrà un particolare successo, gli autori delle storie scuciranno qualche dollaro in più.
Ed essendo io uno di tali autori, vorrei suggerire a tutti coloro che sono interessati al volume, a sottoscrivere il kickstarter invece di aspettare che il libro esca per poi ordinarlo con Amazon.
Non solo ci sono un bel pacchetto di extra inclusi nel pacchetto, ma in questo modo arriveranno anche più soldi nelle tasche degli autori.

Per invogliarvi, ecco anche la copertina del libro, che io trovo splendida.

Per chi fosse interessato, la mia storia si intitola The Consultation of ther Edimburgh Smoker, ed ha per protagonista un detective addetto alla sicurezza di un grande magazzino scozzese, alle prese col misterioso furto di un paio di scatole di costosi aghi per gramofono. Quando l’indagine arriva ad un punto morto, il detective – che ha motivi molto personali per voler arrivare ad una soluzione nonostante l’assurdità del crimine – si reca al 221B di Baker Street per chiedere l’aiuto del suo ben più titolato collega…

E come al solito, tutti i dettagli più assurdi della storia sono assolutamente reali dal punto di vista storico.
Perché io mi diverto così, che ci volete fare.

Per cui, il kickstarter per The Consultations of Sherlock Holmes è aperto per i prossimi 24 giorni.
Fateci un pensiero, se avete voglia.


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La settimana scema

Siamo nella settimana scema fra il weekend lungo del Venticinque Aprile ed il weekend lungo del Primo Maggio, una settimana durante la quale la campagna, passata nel giro di una notte da temperature invernali a un solido 24° tardo-primaverile, è ancora più solitaria e desolata del solito.
Non passa neanche il postino.
Qui nella mia catapecchia, la settimana scema è cominciata con il decesso, in simultanea, di entrambi i forni a microonde – un fatto che ha del sorprendente, ed ha reso momentaneamente inutilizzabili metà delle provviste che abbiamo in forno.

E sì, oddio oddio, sei uno di quelli che usano il microonde, che vergogna, ora mi dirai che spezzi gli spaghetti prima di metterli in pentola…

Finire un romanzo – credo di averne già accennato – mi lascia sempre esausto, e con la pazienza nei confronti del genere umano ridotta ai minimi termini.
A differenza degli scrittori della televisione, chessò, Jessica Fletcher o Richard Castle, alla consegna del manoscritto, l’editor non mi regala una crociera intorno al mondo o una vacanza in località esotiche, né organizza vernissage o photoshoot con fotomodelle dalle gambe lunghe, ma si limita a mandare in pagamento la seconda rata del mio anticipo.
Ed io, invece di risolvere crimini ed essere straordinariamente ironico, metto giù qualche idea per future storie, e cerco riviste su cui piazzarle, e faccio tutto il possibile per tenere a bada l’angoscia esistenziale.

Compenso tuttavia la mancanza di esotismo e crociere (e modelle dalle gambe lunghe) con un giro in libreria – reale o virtuale – e un paio di libri che, già lo so, non avrò tempo di leggere.
Non a breve, non spiaggiato su un divano bevendo un té freddo.
Ma chissà – è la settimana scema, e non è che ci sia granché altro da fare.

La settimana scema significa anche che l’output delle persone normali sui social è ridotto al minimo, e gli algoritmi ci riversano quindi addosso le opinioni non richieste della sorta di persone con le quali non lascereste un bambino incustodito, o un gatto. O un cinghiale.
Sempre sul pezzo, sempre on brand, sempre “orà dirò qualcosa di impopolare…”/”no, ma mi hai frainteso!”, sempre con un glaciale sorriso a novantasei denti che per quanto si sforzino, non arriva agli occhi.
“Dietro gli occhi non c’è nulla,” per citare Christian Bale.
E perché sprecare tempo coi social, quindi? Meglio leggere.

Ed in effetti ho messo le mani su un paio di libri interessanti (OK, cinque… non più di sette, davvero), a questo ultimo giro – il genere di libri che non solo sarà divertente leggere, ma di cui sarebbe bello parlare, anche se non sono usciti tutti la settimana passata, anche se non ne ho ricevuta copia staffetta dall’editore (nota: le staffette non si fermano più qui).
Libri di cui sarebbe bello parlare perché sarebbe bello parlarne, non per una malriposta forma di FOMO – fear of missing out, paura di arrivare in ritardo.

Ciò che manca è il tempo, potrei mentire – ma invero il tempo lo si trova.
Non solo per leggere, ma anche per parlare di ciò che si è letto.
Ciò che manca è la voglia.

Ma chissà – è la settimana scema, e non è che ci sia granché altro da fare.


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La fine del Book Depository

È di queste ultime ore la notizia che The Book Depository, negozio online di libri con sede a Gloucester, UK, chiuderà i battenti a fine mese.
Fondato nel 2004 da un ex dipendente di Amazon, il Book Depository era una interessante alternativa alla bottega digitale del signor Bezos – con un colossale catalogo di libri cartacei, inclusa una vastissima selezione di titoli usati, spediti gratuitamente ovunque nel mondo.

È noto che io acquisto molto volentieri libri usati – che sono spesso più a buon mercato delle versioni in ebook degli stessi titoli, e hanno il valore aggiunto di contenere spesso note, sottolineature ed altre meraviglie dei precedenti lettori.
È mia abitudine acquistare solo di seconda mano i libri sullo zen e sul taoismo – per un vezzo, e perché trovo che le stropicciature e il logorio della carta ben si adattino al contenuto dei volumi, ed all’idea che si stia passando di mano in mano la conoscenza.

Ed uno dei libri che sto leggendo ora – Pirates of Barbary, Corsairs, Conquest and Captivity in the 17th century Mediterranean, di Adrian Tinniswood – arriva proprio dal Book Depository, dove l’ho pagato 3.99 euro contro i quasi tredici che mi avrebbe chiesto Amazon.

I libri del Book Depository mi sono sempre arrivati sempre in ottime condizioni, spesso nuovi di pacca nonostante il prezzo e lo status di “Usato in ottime condizioni”, e a prezzi molto vantaggiosi – si potevano acquistare direttamente dal loro sito, o su eBay, o persino attraverso Amazon.
La filosofia di fondo era che il Book Depository avrebbe reso disponibile ciò che Amazon non aveva in catalogo, o che restava comunque penalizzato dagli algoritmi del colosso delle vendite online, che tendono a spingere una selezione di bestseller.
Il Book Depository, in altre parole, era dove si andavano a cercare a poco prezzo i libri introvabili.

Con la fine del mese di Aprile, tutto questo finirà.
Il 26 del mese è l’ultima data utile per fare degli ordini. Le consegne proseguiranno fino al 23 di Giugno.

Per quale motivo, questa chiusura?

Book Depository era stato acquistato nel 2011 proprio da Amazon, che ora, dopo dodici anni di onorata attività, ha deciso di fargli chiudere i battenti.
A parte una generica nota relativa alla “uncertain economy” ed il dare la priorità alla salute dell’azienda ed alla soddisfazione dei clienti (ovvero il solito bla bla aziendale), i motivi della decisione non sono stati divulgati, ma a inizio anno il negozio online di mister Bezos aveva lasciato a casa oltre 18.000 dipendenti – e molti vedono nella dismissione del Book Depository una delle strategie per ridurre le spese, e limitare quella che è, di fatto, una forma di concorrenza interna.
I costi di gestione del Depository erano oltretutto aumentati negli ultimi due anni – i magazzini sono infatti in Gran Bretagna, e nel dopo-brexit i costi e le tasse per le spedizioni internazionali (gratuite in 160 paesi, ovvero a carico dell’azienda) erano lievitati notevolmente – al punto che le spedizioni in alcuni paesi erano state cancellate perché antieconomiche.

In generale, è una grave perdita per chi ama la lettura – e se è vero che esistono varie alternative, è altrettanto vero che il panorama si è notevolmente ridotto con la chiusura del Depository.
Ci possiamo domandare quale sarà il prossimo passo.
L’impressione è che le cose stiano per cambiare in peggio su un sacco di fronti.


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Parole, parole, parole…

E il titolo potrebbe essere una citazione di Shakespeare o di Mina, a seconda delle vostre inclinazioni.
Il fatto è che questo è un post che da qualche tempo avevo voglia di scrivere, ed ora finalmente ho un paio di minuti per farlo.
Sarà una faccenda un po’ disordinata, ma sapete come vanno queste cose.

Qui sullo scaffale ho un bel libro rilegato in finta pelle (di rinoceronte, presumo), con inserti in oro – è uno dei volumi ai quali sono più attaccato: l’edizione del centenario di una selezione di romanzi di Tarzan, di Edgar Rice Burroughs.

Tarzan of the Apes & Other Tales, pubblicato dalla Orion nel 2012, offre un’ottima panoramica di quello che si può tranquillamente definire “il meglio di Tarzan”:

  • ‘Tarzan of the Apes’ (1912)
  • ‘The Return of Tarzan’ (1913)
  • ‘The Beasts of Tarzan’ (1914)
  • ‘The Son of Tarzan’ (1915-1916)
  • ‘Tarzan and the Jewels of Opar’ (1916)
  • ‘Jungle Tales of Tarzan’ (1916-1917)

E il volume si apre con una nota – perché i romanzi e i racconti contenuti nel volume sono sì usciti fra il 1912 ed il 1917, ma i testi utilizzati per questa edizione sono quelli che nel 1960 vennero “aggiustati” per adeguarli alla sensibilità dell’epoca. A quel punto Edgar Rice Burroughs non c’era più (essendo morto nel 1950), ma i suoi eredi ebbero cura di controllare che tutto venisse fatto come si deve.
Di fatto, sono gli stessi romanzi, è stata semplicemente rimossa quella che gli yankee chiamano “la Parola con la N”.

Left to right are Cheetah the Chimp, Johnny Sheffield as Boy, Johnny Weismuller as Tarzan, and Maureen O’Sullivan, in an undated publicity still. The three starred in several Tarzan movies from 1939 to 1942. — Image by © Bettmann/CORBIS

Ora, la cosa interessante è che nei romanzi di Tarzan, ad usare epiteti razzisti, sono sempre e solo i cattivi – Burroughs, per tutti i difetti che poteva avere (essendo nato nel 1875), sapeva molto bene che certe espressioni mal si adattavano a un gentiluomo, e perciò le metteva in bocca solo ai suoi personaggi negativi.
Per cui sì, la Parola con la N è offensiva per un sacco di gente – ma qui è un ulteriore segnale di quanto coloro che la usano siano persone orribili. Fa parte della caratterizzazione.
O meglio, ne faceva parte, perché sessant’anni or sono qualcuno mise mano iai testi per renderli più acettabili, e ora anche i malvagi, nell amia edizione del centenario, parlano come dei gentiluomini.

Nelle ultime settimane, abbiamo scorto la crescente indignazione – frequentemente espressa da persone che mai e poi mai si farebbero beccare con un libro in mano – per le modifiche postume apportate ai lavori di Roald Dahl e, più di recente, ai lavori di Agatha Christie.

Ora, ciò che dovrebbe essere chiaro a tutti, come punto di partenza, è che questa è semplicemente una manovra da parte degli editori e dei detentori dei diritti, che vogliono continuare a vendere quante più copie possibili di testi considerati dei classici, in barba al cambiamento della sensibilità dei lettori.
Non ci sono altre osacure manovre.
Non è una “guerra delle culture”, non è la “tirannia del politicamente corretto.”

Perché di fatto, se non vi vanno la sommaria crudeltà verso i bambini di Roald Dahl, o l’antisemitismo di Agatha Christie, potete tranquillamente trovare libri per ragazzi o polizieschi all’inglese da leggere chje non presentano gli stessi problemi.
Certo, Martha Grimes non ha il peso di Agatha Christie – (purtroppo) nessuno ha mai fatto dei film dai suoi romanzi; e Netflix ha acquistato in blocco i diritti sull’opera di Dahl, e non quella, per dire, di Astrid Lindgren.
Per cui quelli sono i testi da sistemare – per renderli meglio vendibili a un pubblico i cui gusti, ed i cui standard, stanno cambiando.

Il problema, naturalmente, è che modificare un testo vecchio di un secolo (come i romanzi di Burroughs) per portarlo ad adeguarsi agli standard odierni, rappresenta essenzialmente compiere un falso storico.
Leggendo il Tarzan of the Apes non adulterato, non solo mi godo un’avventura nella giungla, ma mi faccio anche un’idea di quali fossero gli atteggiamenti dell’epoca. Scopro cosa il pubblico trovava normale ed accettabile allora, in quel paese straniero che è il passato. E posso scoprire che un autore molto più progressista di quanto di solito gli si faccia credito era capace di modulare il proprio linguaggio, ed usarlo per rafforzare la caratterizzazione.
Se lo ripulisco e lo normalizzo, qualche lettore potrebbe avere l’impressione che il mondo sia sempre stato come è ora – e faticherebbe a capire certi eventi, certe rivendicazioni…

Cambiare le parole di un testo non è una pratica da incoraggiare.

Ma d’altra parte, cosa potremmo fare per i ragazzini e le ragazzine che leggendo Le Streghe di Roald Dahl si sentono raccontare che tutte le streghe portano la parrucca, perché sono calve – e magari qualcuno di quei lettori ha una madre o una zia in chemioterapia, e che la parrucca la deve portare per necessità (come accadde alla mia mamma, ad esempio)?
Come gestire l’antisemitismo della Christie, quando i suoi romanzi potrebbero finire fra le mani di persone che potrebbero cedere alla tentazione di usarli per giustificare i propri pregiudizi?

Sarebbe bello farci qualcosa – perché siamo persone compassionevoli, e non vogliamo che nessuno soffra inutilmente.

E badate – io non credo che a leggere la Christie che usa espressioni poco urbane verso gli ebrei si diventi antisemiti – o per lo meno, credo possa accadere a una percentuale molto limitata di lettori. Ma potrebbe fornire munizioni per pregiudizi che vengono coltivati altrove – a casa e a scuola, negli stessi posti in cui i giovani lettori di Dahl potrebbero sentirsi spiegare che deridere le persone grasse, o chi è fisicamente diverso, è un comportamento da perdenti.

Ma se davvero volessimo abbandonare i lettori a se stessi, in compagnia di questi libri, e poi si arrangino?

Ecco, qui è dove potremmo cavarcela con una bella introduzione, che fornisca una prospettiva storica al romanzo – perché ha cento anni, è stato scritto e pubblicato in un mondo molto diverso dal nostro.
E onestamente, quelli della mia generazione che sopno cresciuti coi romanzi della Nord e della Fanucci negli anni ’70 e ’80, ci sono passati – le introduzioni di quei libri non solo fornivano dettagli divertenti e suggerivano altre letture, ma inquadravano il romanzo che stavamo per leggere nella storia del genere, discutendo come i tempi fosero cambiati, e come certe opere avvessero influenzato lavori successivi, che ne avevano aggiornato idee e temi.

Non sarebbe difficile.

E tuttavia, forse ricorderemo cosa accadde un paio di anni or sono quando una piattaforma streaming si permise di piazzare una nota introduttiva prima di Via col Vento – essenzialmente per spiegare che il film è basato su un testo sostanzialmente revisionista e che no, non è vero che gli schiavi erano felici nelle piantagioni del Sud.

Anche in quel caso partirono i deliri e le lamentazioni – e ad oggi ci sono persone che ancora non mi rivolgono la parola perché dissi a suo tempo che la nota mi pareva una buona idea, e perciò voglio cancellare Rhett Butler.

Perciò, cambiare i testi è immorale.
Inserire delle introduzioni è illecito.
Invitare il pubblico a leggere altro è cancel culture.
Come la mettiamo?

Forse, c’è spazio per tutti.
Le storie di Conan di Robert E. Howard vennero ampiamente editate per rimuovere le espressioni offensive quando la Lancer (e poi la Ace – e qui da noi la Fantacollana Nord) le ristamparono fra gli anni ’60 e gli anni ’80.
Si tratta delle edizioni con le quali io ho conosciuto Robert E. Howard e il suo protagonista – e successivamente sono andato a cercarmi i testi originali (che negli anni ’80 vennero ristampati da Karl Edward Wagner, in aperta polemica con L. Sprague de Camp sulla questione degli edit).
Senza la versione “ripulita”, non avrei scoperto uno dei miei autori preferiti.
Senza le versioni integrali, non avrei mai avuto modo di apprezzarne i pregi ed i difetti.
E poi c’erano le prefazioni, le introduzioni, le note, tanto di Sprague De Camp che di K.E. Wagner e, qui da noi, di Riccardo Valla e successivamente di Giuseppe Lippi, a fornire un valore aggiunto – e un utile orientamento – al lettore.

Quindi forse tutta l’indignazione è fuori luogo.
Nessuno ha cancellato Tarzan, o Rhett Butler.
Nessuno intende imbavagliare Poirot o mettere finalmente a tacere quella vecchia ficcanaso di Miss Marple.
Questa non è una guerra.


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Le principesse del pulp

È appena uscito, ed è disponibile per 92 centesimi su Amazon, Princesses in Pulp, la più recente antologia pubblicata dalla ProSe Press – che ha una copertina assolutamente spettacolare (del grande Antonino Lo Iacono), e contiene un mio racconto, intitolato Away with the fairies.

L’idea era quella di scrivere delle storie ispirate alle grandi favole classiche, e dare all’intreccio un taglio pulp – per cui nel mio caso specifico, ho preso una storia (Le Tre Fate) dal Pentamerone di Giambattista Basile, e l’ho trasformata in un noir alla maniera di Black Mask.

Si tratta anche, io credo, della mia storia più scollacciata.
Però con classe, perché la classe è importante.

E qualora voleste acquistare una copia dell’ebook (o del volume cartaceo, se non per altro, per avere una copia di quella fantastica copertina), sappiate che io vedrò una minima percentuale. Siete stati avvertiti.


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Giornata internazionale degli scrittori

Ieri era la giornata del libro, oggi è la giornata degli scrittori – e con tutte queste feste, finiremo che qui non lavora più nessuno.

La giornata internazionale degli scrittori (International Writers’ Day) si celebra dal 1986, su iniziativa del PEN Club – una organizzazione fondata a Londra nel 1921 che riunisce Poeti, Saggisti e Romanzieri (Poets, Essayists and Novelists … P.E.N.) ma aperta anche ad editor e sceneggiatori e autori teatrali.

La giornata internazionale degli scrittori dovrebbe essere l’occasione per celebrare chi scrive – ed il modo migliore per farlo potrebbe essere acquistare un libro – cosa che ho fatto, andando nella bottega del signor Bezos e comprandomi per 99 centesimi croccanti una copia in digitale di The Big Book of Science Fiction, dei coniugi VanderMeer, mille e trecento pagine di storie di fantascienza dalle origini ai giorni nostri.
Un modo perfetto per celebrare una quantità di autori ai quali devo moltissimo.


Il resto di questa giornata dedicata agli scrittori questo specifico scrittore l’ha dedicata a revisionare e riorganizzare le prime 70.000 parole di Dreams of Fire, che entro dieci giorni deve arrivare sulla scrivania dell’editor.
Ho spostato un paio di cose, compattato i capitoli, segnato le parti mancanti.
Ho scritto un paio di pagine (ne mancano ancora una cinquantina), e ho evidenziato quali siano i problemi da risolvere. Annotando magari come risolverli.
Una parte della scrittura – questa delle revisioni strutturali in fase di completamento – che di solito non viene discussa, che non finisce nelle fotografie scattate per pasturare un pubblico che è tragicamente molto più interesato alle foto dellì’autore che non ai suoi libri.

Leggo in giro di autori che celebrano la chiusura del loro manoscritto con vini pregiati e cene di lusso, in compagnia di persone bellissime.
Io credo celebrerò la chiusura di questo romanzo – che è stato finora un gran divertimento – con due giorni filati di sonno, una vaschetta di gelato e probabilmente un paio di pagine di appunti per i prossimi lavori.
Non credo verranno pubblicate fotografie delle celebrazioni.

Ma chissà, magari ne parliamo, fra qualche giorno.