strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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You’re not going to control us forever.

Diciamo subito che

ora faccio un remake di Out of the Past

non è la migliore delle idee che possano venire a un regista.
Out of the Past, come si diceva, è un classico immortale, un caposaldo del genere noir, un film praticamente perfetto, l’opera inarrivabile di un genio, con un cast colossale.
Rifarlo?
Ci vuole del fegato.
E non andrà bene. Non può andare bene.
DGAQFall2015InterviewHackfordAgainstAllOddsMa che volete farci – erano gli anni ’80 e Taylor Hackford aveva alle spalle Ufficiale e Gentiluomo, con Richard Gere e Lou Gossett Jr., che aveva fatto una quantità inconcepibile di danaro (129 milioni di incasso contro 6 milioni di spesa), e quindi, perché no?

Perciò, la storia – un tizio competente ma in fondo debole viene incaricato di rintracciare la donna di un personaggio pericoloso, e commette il grave errore di innamorarsene.
Da lì in avanti, non potrà che andare malissimo.

E davvero non andò bene – il film costò tredici milioni di dollari, e non riuscì a raddoppiarli.
Pessimo risultato. E se il publico non comprò i biglieti, i critici lo odiarono.

Quanto al titolo, non avendo la facciatosta di usare quello del vecchio classico, Hackford optò per Against all Odds.
Un titolo profetico, se volete. Continua a leggere


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Baby, I don’t care

In italiano, Out of the Past venne intitolato Le Catene della Colpa – e per una volta i titolisti fecero un buon lavoro.
Il film del 1947 diretto da Jacques Turneur (quello di Cat People), e sceneggiato da Daniel Mainwaring con un piccolo aiuto da parte di James M. Cain è un film sulla colpa, sull’impossibilità di lasciarsi il passato alle spalle. In questo senso il titolo italiano è più esattamente descrittivo – mentre il titolo in inglese gioca su un fraintendimento ironico: dal passato non si viene fuori, per lo meno non in questo film.

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Difficile riassumere la trama senza spoilerare esageratamente.
Il detective Jeff Markham (Robert Mitchum) commette l’errore di innamorarsi della donna che è stato incaricato di ritrovare (Jane Greer), e rimane invischiato in un complicato doppiogioco, un intrigo fatto di soldi e ricatti, e cadaveri. Continua a leggere


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Jonathan Creek

Succedono strane cose…

Cominciamo con un dato autobiografico – nel lontano 1984 (o forse era il 1985), mi venne quella che consideravo una buona idea per una serie di racconti.
L’idea era semplice – un anziano prestigiatore, costretto all’inattività per via di una grave artrosi alle mani, si ricicla come “debunker”, una di quelle persone che vanno a sbugiardare i falsi medium e i ciarlatani in genere.
L’idea era di farne una serie di gialli all’inglese, con il presunto sovrannaturale frutto di abili maneggi.

250px-Jcreek_titleNon ne feci mai nulla – l’idea era ed è ancora, io credo, piuttosto buona (se non proprio il culmine dell’originalità), ma semplicemente io, a metà anni ’80, non avevo la capacità per gestirla.

Poi, una settimana fa, per vie molto molto traverse, ho scoperto Jonathan Creek. Continua a leggere


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I rovinafantasmi

1940.
Per Mary Carter, le cose stanno prendendo una piega decisamente positiva: la morte improvvisa di uno zio l’ha lasciata unica erede di una vasta proprietà a Cuba. Un’isola intera, Black Island, con l’annesso Castillo Maldito.
Intanto, Lawrence L. Lawrence, che conduce una trasmissione radiofonica nella quale si diverte a sbeffeggiare i gangster, va una volta di troppo contropelo a un boss particolarmente vendicativo.

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È il 1940, e la Paramount, nella parole di uno dei recensori dell’epoca, trova la formula magica per far contorcere gli spettatori dalle risate, e al contempo terrorizzarli a morte.

E il pubblico pare gradire – The Ghost Breakers1, di George Marshall, è un successo stratosferico.

In realtà, la formula casomai l’avevano trovata, nel lontano 1909, due gentiluomini chiamati Paul Dickey e Charles W. Goddard. La loro commedia The Ghost Breaker aveva tenuto cartellone per settantadue repliche, ne avevano fatto un romanzo nel 1915, ed era poi stata trasformata in non uno, ma due film muti2.
Stiamo quindi parlando di un remake – e io me li immagino i fan che si strappano i capelli, perché il nuovo film sonoro non sarà mai all’altezza dell’originale muto, e Hollywood sta rovinando la loro infanzia.

Ma bando alle polemiche. Continua a leggere


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The Corsair, Chasing the Mermaid

È con estremo piacere che annuncio al mondo l’uscita del mio nuovo ebook, Chasing the Mermaid, primo volume in una serie di novelle pubblicate dall’americana Raven’s Head Press.

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La serie, che va sotto al titolo collettivo di The Corsair è nata dall’idea di creare un eroe pulp “alla vechia maniera”, ma aggiornato ai gusti moderni e che vivesse le proprie avventure nell’area del Mediterraneo anziché nelle abituali località esotiche della narrativa avventurosa1. Continua a leggere


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Maledetti remake che ci rovinano l’infanzia

Questo post è dedicato a tutti coloro che inondarono internet di proteste, nel 1941, per il remake di The Maltese Falcon, lamentandosi – fra le altre cose – del fatto che Humphrey Bogart era troppo basso per fare Sam Spade, e poi era uno che aveva sempre fatto il cattivo, e facendo notare come Huston fosse alla sua prima prova come regista.

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Questo film non lo voleva nessuno, Warner pensa solo ai soldi

Ricardo Cortez rulla

e poi questo John Huston #chiccazzoè? Il solito figlio di papà raccomandato!

Certo, Bogart, come no.. e poi, gli facciamo fare anche Philip Marlowe?

avete rovinato la mia infanzia, bastardi!

Peter Lorre imposto dalla lobby gay

io già so che mi farà cagare

Mary Astor? Davvero?

Tranquilli, in capo a sei mesi se lo saranno dimenticato tutti.

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Che squallore, vero?
Per fortuna che il pubblico è maturato e certe cose oggigiorno non succedono più.


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High Sierra (1941)

Un post estemporaneo, ispirato a un paio di battute scambiate un paio di notti or sono con la mia amica Lucia.
Si parlava di Ida Lupino.

Ora, io personalmente provo un brivido di disgusto all’idea che ci siano persone là fuori che non hanno idea di chi fosse Ida Lupino.
Erede di una famiglia di attori attiva in Inghilterra dal 17° secolo, Ida Lupino non fu solo uno dei volti fondamentali del cinema noir*. Fu anche un’attrice capace di tener testa agli studios, ed una delle prime registe e produttrici di Hollywood, dove contribuì a scardinare l’idea che i film li potessero dirigere solo gli uomini.
Fu anche un’apprezzata fotografa ed una sceneggiatrice.
Una delle donne più importanti e influenti della storia di Hollywood.

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E fu l’interprete di High Sierra, che è poi il film del quale vorrei parlare adesso. Continua a leggere