strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Ciò che uccide la scrittura

9781453218549Oggi vorrei rubare un’idea al libro di Lawrence Block e parlare di ciò che blocca la scrittura.
Non del blocco dello scrittore, badate – come osserva correttamente Block, anche gli operai in fabbrica hanno il blocco, ma non lo chiamano Blocco dell’Operaio, lo chiamano Disoccupazione.
Diciamo allora che il blocco non esiste, ma esistono fattori che possono in qualche modo inceppare il meccanismo della scrittura, prosciugare le scorte di energia dell’autore, fiaccarlo, metterlo nei guai.

Questa non è la lista di Lawrence Block, però – quella la trovate nel Liar’s Companion.
Questa è la mia.

ed31 . il mondo reale
Non parlo del non aver tempo per scrivere – se scrivere è ciò che volete fare davvero, il tempo riuscirete a trovarlo.
Parlo della necessità di guadagnarsi da vivere, di andare a fare la spesa, di interagire con persone per le quali scrivere non è la priorità (strane creature), vivere tutti i giorni.
Si tratta di distrazioni, di rumore di fondo, di fatica che si accumula.
Passate dieci ore al giorno per un mese al PC a tradurre, e non avrete la forza per passarne altre due a scrivere.
Soluzioni?
L’unica, forse, a parte trovare il modo di conservare delle riserve di energia ed entusiasmo, consiste nel ricordarsi che il lavoro di chi scrive è 24/7, e usare anche ciò che pare distrarci come documentazione, come nuovo materiale per il nostro bagaglio esperienziale.
Qui non si butta via nulla.

hack2 . scrivere altro
Credevate che fosse facile, vero?
Ah, dicevate, a me cosa importa – io mi pago le bollette scrivendo, che il lavoro mi possa distrarre dalla scrittura è un falso problema.
Falso.
Io in questo momento sto scrivendo la mia tesi di dottorato e uno scenario per un gioco di ruolo per un editore americano.
Stessa data di consegna, ironicamente.
Già il cambiare marcia tra un lavoro e l’altro è complicato.
E poi, ammesso di averne la forza, dovrei cambiare ancora, e scrivere un racconto umoristico o un nuovo sword & sorcery?
La scrittura richiede concentrazione, bisogna essere a fuoco – cambiare corsia troppo spesso nella corsa rischia di farci perdere il ritmo.
Soluzioni?
E chi lo sa?
Probabilmente, creare il vuoto mentale, e ricordarsi che i buoi sono lenti, ma la terra è paziente*.

allison-sin-funnel3 . scrivere ciò che non ci piace
Chiunque può scrivere qualunque cosa – esistono delle formule.
Ma la formula da sola non basta – ci vuole qualcos’altro, per dare una scintilla di anima a ciò che si scrive.
Non chiedetemi cosa sia.
Non ne ho idea.
Posso solo dirvi cosa non è – la sofferenza.
Se soffrite per scrivere, pensateci, perché forse fare altro potrebbe non essere una cattiva idea.
Ma se vogliamo per forza scrivere ciò che non ci appartiene – come tema, tono, genere, idea – certo, possiamo farlo.
Ma rischiamo di slogarci la scrittura, di perdere la scioltezza su ciò che ci piace davvero, e di scrivere porcherie – sia nell’ambito che non ci piace, che in quello che ci piace.
Soluzioni?
Scrivere ciò che ci piace ed è congeniale, e se dobbiamo scrivere altro, farlo per molti soldi, e standoci maledettamente attenti.

ehrenkruger4 . il catalogo
La necessità di fare ancora un titolo nella serie X, portare ancora sulla pagina il personaggio Y, fare una cosa che piaccia (o venda!) almeno quanto Z, è fonte di stress incessante.
È come essere perseguitati da un fantasma.

All my lazy teenage boasts
Are now high precision ghosts
And they’re coming down the track
To haunt me*

Soluzione?
Ogni nuovo lavoro è unico.
Ci sono già abbastanza persone pronte a buttarci giù, senza che noi ci si debba anche stressare per l’ansia di reggere il confronto con noi stessi.
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*100 punti a chi individua la citazione.


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Cinque cose che ho imparato sulla scrittura suonando il flauto

Italiano: Flauto traverso

Italiano: Flauto traverso (Photo credit: Wikipedia)

Parlavo l’altra sera con un amico, di musica, ed è venuta fuori la facenda che sono ormai quasi dieci anni che non tocco il flauto, se non per fargli la manutenzione minima.
Ed è un peccato, perché suonare mi piaceva, per quanto costasse fatica.

A interrompere la mia pratica ci sono state tante cose – dalla scomparsa delle persone con cui avrei potuto suonare, al fatto che il tempo è sempre meno, e a quel punto, dovendo sacrificare uno dei miei troppi interessi, il flauto è passato in secondo piano rispetto alla scrittura.

Però chissà, come buon proposito per il 2014 potrei anche decidere di riprendere in mano il mio vecchio Asahi malandato, e ricominciare a fare un po’ di musica – certo non sarei intollerabile come il batterista qui a due strade di distanza, che ci martoria tutti i giorni dalle cinque alle sette del pomeriggio.

Nel frattempo, visto che la scrittura ha per ora preso il sopravvento sulla musica, ecco una specie di top five sulle cose che ho imparato suonando il flauto, e che mi tornano utili scrivendo.
Facciamoci una specie di pork chop express.

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“Yo soy un profesional” – una Top Five

Qualche settimana addietro mi è capitato di sentirmi chiedere

“Ma quand’è che si diventa uno scrittore professionista?”

Ora, questa è una di quelle domande che, a seconda di chi le rivolge, con quale tono di voce, in quale luogo ed in quale circostanza, può essere una domanda e basta, o un insulto.
Io comunque ho una risposta che funziona sempre – e che in effetti non è mia, è di John D. MacDonald.The-Five-Questions1

Ma prima di arrivare alla mia risposta… ieri riflettevo sul fatto che questa è certamente una delle cinque domande che chiunque scriva si sente rivolgere periodicamente.
E che non sono Chi, Come, Dove, Quando e Perchè… anche se Perché? è sempre in agguato.

E perché non fare una Top Five, allora?

Nella mia esperienza, le domande fisse sono Continua a leggere


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Cinque cose che ho imparato da Karavansara

karavansara-buttonIl mio blog di lingua inglese, Karavansara, sta bene e vi saluta tutti.
Sono ormai nove mesi abbondanti che l’esperimento procede – e con gennaio 2014 Karavansara uscirà dalla fase di shakedown, e comincerà a lavorare a pieno regime*.

Da esperimento, a scusa per obbligarmi a scrivere in inglese, a blog a pieno titolo con una sua piccola comunità di lettori fissi, gestire Karavansara è stata una grande esperienza di apprendimento, e nel complesso un gran divertimento.

E quindi, perché non tediarvi elencando cinque cose che ho imparato gestendo un blog in un’altra lingua?

 release. il template conta
Non finirò mai e poi mai di dire bene di Yoko, il template di WordPress che ho caricato su Karavansara.
È leggero, molto flessibile, e zeppo di features – mi ha permeso nel corso di questi mesi di modificare l’aspetto del mio blog senza dover cambiare template (con conseguente sbalestramento dell’impaginazione e quant’altro).
Gli effetti speciali (dalla possibilità di marchiare i post con un elemento grafico distintivo alle categorie speciali per post costituiti solo da un link, o una citazione) aiutano moltissimo a rendere caratteristico il blog senza dare troppi grattacapi.
Ed è abbastanza chiaro da garantire una buona navigazione.

  . i temi sono per i deboli – anche se…
A differenza di strategie evolutive, che è un baraccone dove anything goes, Karavansara è nato con uno spettro di temi abbastanza stretto e specifico (narrativa, Oriente, avventura pulp), ed ho cercato il più possibile di restare aderente a quella breve lista.
Questo mi era parso un dato positivo in partenza, a metà corsa mi ha fatto sentire un po’ limitato, finché non mi sono reso conto che i temi sono per loro natura fluidi.
Si può spaziare pur restando in vista del tema centrale.
Karavansara non sarà mai il circo equestre che è strategie evolutive – ma c’è parecchia libertà, e credo che lo manterrò a questo livello.
Il pubblico pare apprezzare.

karavansara schedule . avere un palinsesto è importante
Altra seria differenza rispetto a strategie, Karavansara ha un palinsesto, una programmazione di massima dei post.
Questo mi aiuta a restare in carreggiata, ed aiuta i lettori a seguirmi.
È particolarmente importante, io credo, proprio in partenza, nei primi mesi, perché facilita il lavoro a chi mi segue ma non mi ha ancora agganciati al feed reader.
E facilita il lavoro a me!
Posso fare sei post del venerdì in una serata, e e sei post del lunedì la sera dopo, se ho tempo e voglia.
Ma non ho mai avuto intenzione di farmi intrappolare eccessivamente – lasciarsi degli spazi liberi nella tabella di marcia è indispensabile per restare vivi e non mummificare.
Utile anche notare che il pubblico anglofono pare avere una preferenza per la frequenza rispetto alla lunghezza: meglio tre post da 300 parole a distanza di sei ore uno dall’altro che uno da 900 in una botta unica.
Postare link e media è sempre gradito, e serve a movimentare i contenuti.

  . un orologio a fusi orari multipli chiarisce molte cose
In particolare serve, in accoppiata con le statistice, per scoprire quali sono gli orari di picco e da dove vengono i lettori.
Perché capita magari di avere un picco dal sud est asiatico, e non vederlo o non “capirlo” per molti giorni.
Sapere che ci sono lettori in una certa area geografica, aiuta a parlare con loro.
In fondo è questa una delle caratteristiche veramente diverse fra Karavansara e strategie evolutive – strategie i lettori li ha tutti (beh, ok, il 95%) nello stesso fuso orario, Karavansara no.
Io uso gworldclock per Ubuntu, che è quanto di più spartano si possa immaginare – ma fa il suo sporco lavoro.

 . abbonarsi a Zemanta è indispensabile
Zemanta è un servizio gratuito che vi fornisce statistiche ampliate sulla vostra utenza, ma soprattutto fornisce contenuti extra di qualità per farcire i vostri post. Particolarmente utili sono i related articles, che permettono di segnalare articoli affini su altri blog (ce n’è uno qui sotto).
Funziona anche sui blog in altre lingue – ma su un blog di lingua inglese Zemanta rende al 100% e produce un solido 30% di visitatori in più,oltre ad aggirare abilmente alcuni problemi di tag e affini generati dai famigerati aggiornamenti di Google.
Usando questo aggeggio (vi parassita il browser e compare quando aggionate il blog), ho trovato una dozzina di lettori fissi nelle ultime due settimane.

Extra: anche una pagina Facebook, un board su Pinterest e un canale Twitter possono risultare interessanti, in termini di visite e di contatti – ma questo lo sapevamo già.

311Bonus
 . non bisogna avere paura di provarci
… e di sperimentare.
Non importa se l’idea sembri stramba – o se la prudenza consigli di rifletterci, pianificare, e lasciar riposare la cosa per quelle sei/otto settimane.
Non c’è una commissione di valutazione del blogging, non c’è un ente certificatore per i contenuti, nessuna scuola che rilasci la patente di blogger, non esistono un manuale imprescindibile ed un culto di strangolatori votati ad eliminare chi non ne rispetta le regole.
Provare a fare qualcosa di diverso di solito viene premiato.
Magari con un commento positivo, o dieci visite in più, o due lettori fissi.
O con la consapevolezza che no, così non gira.
È tutto parte del processo di apprendimento.

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* A meno che la mia vita non prenda una piega diversa per qualche motivo, naturalmente.


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Teorie Letterarie

Oggi un post un po’ diverso, o forse no, ma tanto per cambiare sul tema della scrittura.
Ora, ho già compilato un lungo post-catalogo sui manuali di scrittura, ed ho già illustrato in fin troppi post come io intenda la scrittura, come mi rapporti ad essa, cosa ne pensi, come lo faccia, quando lo faccio, eccetera.

literary-theoryOggi però vorrei parlare un po’ di teorie letterarie.
In altre parole di quelle incastellature teoriche, quelle visioni della scrittura, di cosa sia la scrittura e cosa significhi scrivere.
Una teoria letteraria non è necessariamente un manuale, e non è neanche, ce ne scampino gli dei del Caso e della Necessità, un manifesto.
È piuttosto una specie di condensato di quei precetti “filosofici” (con tutte le virgolette possibili) che l’autore porta con sé quando scrive, ed applica in maniera discrezionale ma consistente al proprio lavoro.

Ora, io un paio di sere addietro ho osservato – mentre eravamo in coda in sala mensa, giù al Blocco C – che se ciò che scrivo non rende migliore me, e migliore chi mi legge, allora sto buttando il mio tempo ed il suo.
Ecco, questa è la mia teoria letteraria – non molto originale, probabilmente, ma per me funziona.
Se non dovesse piacervi, ne ho delle altre.
Mi ha sorpreso che alcuni si siano sorpresi di questa semplice dichiarazione.
Io personalmente sottoscrivo una certa serie di teorie letterarie, che sono alla fine la ragione principale per cui scrivo ciò che scrivo, e nel modo in cui lo scrivo.
Quello che segue è un breve elenco. Continua a leggere


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I Signori della Truffa

Sto pensando alla truffa, in questi giorni – non come scelta professionale (per quanto, nel nostro paese sarebbe certamente una buona strada per la ricchezzaa ed il rispetto popolare) – quanto come scelta narrativa.
E ancora una volta – non come truffa al lettore, come sistema rapido e facile per abbindolare i gonzi vendendo loro come capolavori inarrivabili dei libri orrendi (la concorrenza sarebbe troppa) ma come tema per la narrativa.

E per il cinema, in particolare.
E così ho messo giù un po’ di titoli che considero indispensabili – una mia piccola retrospettiva.
Il mio personale Con Arts Film Festival*.

220px-NightmarealleyposterNightmare Alley (La fiera delle illusioni)
Edmund Goulding – 1947
Tyrone Power, Joan Blondell, Coleen Gray

Dramma della caduta di un truffatore troppo ambizioso e della sua partner – una falsa medium – questo noir è un buon punto da cui partire.
Non si concentra sulla tecnica ma sull’atmosfera di corruzione e decadenza morale dell’ambiente dei truffatori.
La truffa come crimine dell’anima.

movieposterThe Sting (La Stangata)
George Roy Hill – 1973
Paul Newman, Robert Redford, Robert Shaw

Il film che definisce il genere.
La Stangata è il modello ideale sul quale tutti i film che ruotano attorno alla truffa seguiranno nei quarant’anni seguenti.
Cast colossale (noteremo che anche questa è una costante di queste pellicole), colonna sonora storica, un film prossimo alla perfezione.
La truffa come partita a scacchi, come gioco.

210389-1020-aHouse of Games (La Casa dei Giochi)
David Mamet – 1987
Lindsay Crouse, Joe Mantegna, Mike Nussbaum

David Mamet è il regista/sceneggiatore fondamentale quando si tratta di gestire l’inganno.
Qui, una psicologa viene coinvolta in un gioco di carte che è anche una truffa. Il problema, naturalmente, è definire chi sia la vittima, e chi il truffatore.
Cura assoluta per la definizione dei personaggi, senza per questo indebolire il meccanismo truffaldino.
La truffa come labirinto psicologico.

220px-TheGriftersThe Grifters (Rischiose Abitudini)
Stephen Frears – 1990
Anjelica Houston, John Cusack, Annette Benning

Neo-noir di lusso su un trio di truffatori che devono gestire non solo le proprie attività criminose, ma anche le proprie eterodosse dinamiche familiari.
Scritto da Jim Thompson e sceneggiato da lui medesimo, il film è cattivo, morboso, ed estremamente soddisfacente.
La truffa come trappola.

220px-Spanish_prisonerThe Spanish Prisoner (Il Prigioniero)
David Mamet – 1997
Campbell Scott, Steve Martin, Rebecca Pidgeon, Ben Gazzara

Secondo titolo indispensabile della filmografia di Mamet, questa volta alle prese con lo spionaggio industriale.
Un buon numero di capovolgimenti, personaggi ambigui ed inaffidabili, una soluzione finale abbastanza imprevedibile da essere esilarante.
La truffa come campo minato dei sentimenti.

Nueve reinasNueve Reinas (Nove Regine)
Fabián Bielinsky – 2000
Ricardo Darín, Gastón Pauls, Leticia Brédice

Poco conosciuto ma geniale film argentino, gioca benissimo le carte di un cast di volti sconosciuti al grande pubblico, una location diversa dal solito, una cultura che non è quella tipicamente americana. Nessuno sconto per i buoni sentimenti.
L’educazione di un truffatore – o la distruzione di un truffatore?
La truffa come metafora dello stato di una nazione.

220px-Confidence_filmConfidence (La Truffa Perfetta)
James Foley – 2003
Edward Burns, Rachel Weisz, Dustin Offman, Andy Garcia, Paul Giamatti

Elegante e fin troppo furbo per il proprio bene, tecnico e ben giocato, sviluppa un buon gioco di scatole cinesi.
Eccellente cast con una splendida Rachel Weisz, meccanismo truffaldino troppo perfetto per essere credibile, ma in fondo in questo sta il bello.
La truffa come cultura.

brothersbloomThe Brothers Bloom (non risulta distribuito in Italia)
Rian Johnson – 2008
Rachel Weisz, Mark Ruffalo, Adrien Brody, Rinko Kikuchi, Robbie Coltrane

L’ultimo grande colpo della miglior coppia di truffatori di tutti i tempi. Splendido, comico, romantico, malinconico, con un forte elemento surreale che trasporta la pellicola nella sua personale Ruritania, in una Europa che non è mai esistita (ma dovrebbe esistere).
Di nuovo Rachel Weisz, ma Rinko Kikuchi ruba la pellicola nel ruolo di Bang Bang.
La truffa come fuga dal conformismo.

E poi, per la retrospettiva nella Sala Piccola…

Menzione speciale
Lucky Number Slevin (Slevin patto Criminale)
Paul McGuigan – 2006
Josh Harnett, Lucy Liu, Morgan Freeman, Ben Kingsley, Bruce Willis
Non una storia di truffa ma di omicidi e vendetta, ma giocata come una partita a scacchi sul tema dell’identità.
La soluzione finale è molto soddisfacente.

Menzione Speciale
Sneakers (I Signori della Truffa)
Phil Alden Robinson – 1992
Robert Redford, Sidney Poitier, Ben Kingsley, Dan Akroyd, River Phoenix, David Strathairn. Mary MacDonnell
Truffa, crimine organizzato, spionaggio industriale, aree grigie ideologiche.
C’è forse troppo in questo film, ma il cast è colossale, lo svolgimento divertente.

Menzione speciale
The Freshman (Il Boss e la Matricola)
Andrew Bergman – 1990
Marlon Brando, Matthew Broderick, penelope Ann Miller
Commedia leggera e giovanilistica, merita di essere vista per la feroce satira di Brando verso se stesso, e per il geniale piano per contrabbandare e cucinare un drago di Komodo.

Menzione speciale
The Hustle – 2004 e seguenti
Serie Tv inglese su una banda di truffatori nella Londra contemporanea.
Ben scritto, ben recitato, divertente, e con una morale semplice e meno che manichea.
Il vecchio truffatore stanco è Robert Vaughn, già The Man from UNCLE – ottimo tutto il cast.
Valide per lo meno le prime due stagioni.

il-bidoneE per il Galà della Critica

Il Bidone
Federico Fellini – 1955
Broderick Crawford, Richard Basehart, Franco Fabrizi, Giulietta Masina
Un trio di truffatori pronti a farsi un sol boccone dei risparmi di una popolazione di contadini ingenui.
Fellini ama i meccanismi della truffa, ha simpatia per i propri truffatori e per le loro vittime, e molti elementi della pellicola, a mezzo secolo di distanza, sono profetici.
Il meccanismo è semplice come semplici sono i gonzi.
Nessuna buona azione resterà impunita.
La truffa come inevitabile futuro stile di vita di una nazione.

 

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* Come bonus, divertitevi a confrontare i titoli originali coi titoli italiani.


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Come potete essere utili – una Top Five

Una top five anomala, per aprire questa settimana e segnalare che sta arrivando il periodo dei post disimpegnati delle vacanze.

Anomala, questa top five, perché vuole essere non solo un giochino, non vuole lanciare un meme, ma vuole essere di aiuto e supporto ai blogger, che troppo spesso sentono come un senso di vuoto, come se il vasto mondo là fuori non li considerasse.

Ecco quindi cinque modi in cui i blogger possono essere utili alle persone là fuori.

blog1 . Come cassa di risonanza – potete fornire esposizione a progetti ed eventi organizzati da altri, aiutarli a spargere la voce, ampliare il bacino di utenza dell’iniziativa, darle risalto, persino darle una certa dignità (“ne parlano anche alcuni blog…”)
In fondo non costa nulla, e se andrà bene gli organizzatori potranno far notare quanto anche la blogsfera abbia recepito l’importanza dell’evento.
Se dovesse andar male, naturalmente, sarà evidente che i blogger avrebbero potuto fare di più, ma non sono poi così affidabili.
D’altra parte si sa, giusto, che non sono affidabili?

2 . Come fonte di contenuti – perché la rete ha fame di contenuti, ma non solo: ci sono articoli, tesine, proposte da documentare.
Il semplice copia-incolla dal vostro blog può risparmiare ad una persona che non ha tempo per sciocchezze come bloggare, la fatica di doversi spremere le meningi o, peggio, documentarsi. Il vostro materiale potrà essere riciclato e spacciato come farina del sacco altrui – sempre meglio di Wikipedia, perché a copiare da Wikipedia si viene beccati in un attimo.

3 . Come passepartout – perché, per sconcertante che possa essere, presso certi ambienti il blogger ha una sua mistica, per cui presentarsi in compagnia dell’amico blogger che ha n-mila lettori al giorno potrebbe essere un buon modo, per alcuni, per arrembare contatti accademici, assessori, consiglieri, autori, editori, glitterati vari.
Non che il blogger serva a qualcosa, badate, ma averlo a portata di mano è un buon modo per aprire certe porte, per attaccare certi bottoni che altrimenti non si potrebbero attaccare.
Qualora andasse male, la figura dell’invadente la facciamo fare a lui.
Se invece andrà bene, poi il blogger lo si sgancia.
Non è un problema.

36_258698_unbekannt_galley-slaves-of-the-barbary-corsairs4 . Come fornitore di skill ad hoc – perché nessuno può sapere tutto, ma alla pari dei contenuti dei blog, le conoscenze dei blogger sono là fuori per essere usate, e sono gratuite; questa è gente che lo fa per passione (= NON PER SOLDI!) e quindi una mail ben studiata, che esponga il più chiaramente possibile il problema, probabilmente risulterà in una rapida spiegazione del problema stesso, un elenco delle possibili soluzioni e magari anche una webbografia.
La mail di risposta si chiuderà probabilmente con una frase del tipo “spero che queste info possano tornarti utili, nel caso fammi sapere se posso aiutarti ulteriormente.”
Che fresconi!

5 . Come antistress – perché è sempre possibile guardare al blogger e dirsi che, sì, ok, ma alla fine cosa ha concluso nella vita? Ha un blog, wow, sai che roba.
Un dilettante con manie di grandezza, uno che parla anziché fare, uno che non ha le qualifiche necessarie per farlo seriamente, uno che è meglio perderlo che trovarlo.
Non certo confrontabile con chi ha organizzato eventi ampiamente pubblicizzati, prodotto articoli dettagliati, incontrato gente, fatto cose…
Senza contare che poi, magari è una blogger, e allora sarà possibile infestare viscidissimi la sua area commenti, assumere toni di superiorità,  tempestarla di profferte oscene, e in generale, titillarsi con la convinzione di essere dei meravigliosi maschi alpha che portano avanti la loro sofisticata opera di seduzione.

E poi, naturalmente, il bonus…

6 . Come fonte di legittima indignazione  – ma questa forse non c’è bisogno che ve la spieghi, vero?

Visto?
Non è il caso di buttarsi giù, amici della blogsfera.
I nostri blog rendono migliore la vita di un sacco di persone.


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Questo libro mi ha cambiato la vita

Si chiacchierava un paio di sere or sono di quell’oggetto terribile e sostanzialmente imbarazzante che è il libro che vi ha cambiato la vita.

Li avete mai incontrati, quelli che hanno un libro che gli ha cambiato la vita?
downloadUn libro così straordinariamente meraviglioso e potente, che ha funzionato come una boa, di più, come il pozzo gravitazionale di Giove sul percorso di una sonda spaziale.

Questo libro mi ha cambiato la vita!

E poi vien fuori che son cose imbarazzanti, tipo

. Il Piccolo Principe
. Il Gabbiano Jonathan Livingstone
. Siddharta
. Va’ dove ti porta il cuore
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