strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Beryl

MarkhamBerylOk, parliamo di donne.
E di cavalli.
E di aerei.
E di Africa.

Beryl Clutterbuck nacque nel 1902 in Inghilterra ma nel 1906 suo padre, il colonello Charles B. Clutterbuck, decise di trasferirsi in Africa, per allevarci cavalli da corsa.
Sua moglie Clara ben presto fece i bagagli e tornò in patria con il loro unico figlio maschio, ma la piccola Beryl rimase a Njoro, nella Grande Valle del Rift.
Poi, un giorno, Beryl mise le sue cose in un paio di bisacce, montò in sella e se ne andò, per guadagnarsi da vivere come addestratrice di cavalli – la prima donna con una licenza da horse trainer in Africa.
Aveva 17 anni. Continua a leggere


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Esplorazioni

Ieri pomeriggio ho ordinato, per tre euro, una copia di seconda mano di Beyond Siberia, di Christina Dodwell.
Era l’unico titolo che mancasse alla mia collezione.

Scoprii Christina Dodwell nel 1992, a Londra, sugli scaffali di Hatchard’s, la libreria specializzata in libri geografici.
C’erano scaffali stracarichi di libri sulle esplorazioni – non solo esploratori storici, non solo i grandi eroi della tradizione ottocentesca, ma anche gli esploratori contemporanei.
Christina Dodwell era rappresentata da una bella collana di volumi candidi, della Sceptre. Continua a leggere


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Rosita

Gloria a Dio, lunedì, il settimo giorno del mese di Moharram, il santissimo, primo mese dell’anno 1342, venne a visitarci la bellissima, la perla preziosa, la dotta, ben educata Sayeda Rosita Forbes, la Donna Inglese.
[Mulai Ahmed er Raisuni, Sherif delle Tribù berbere del Riff]

Ah, Raisuni, signore del Riff, quanto t’invidio!

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Rosita Forbes

Per motivi lunghi a spiegarsi*, ho passato le ultime serate spulciando le biografie di avventurieri e viaggiatori della prima metà del ‘900.
Gente a tal punto improbabile, che non ha neanche una pagina su Wikipedia.
Persone che, fra le due guerre, decisero che degli anni ruggenti gliene importava abbastanza poco, e presero la via dell’avventura.
Per rintracciarli tocca avere un minimo di fortuna, spulciare siti, contattare conoscenti, venire a patti con persone improbabili.
E così, ieri sera, inseguendo un aviatore e cavallerizzo americano che fece la spia dietro le line giapponesi durante la seconda guerra mondiale, grazie a un contatto che si occupa di imprese equestri, ho conosciuto Rosita.
E vorrei poter dire seriamente di essermi innamorato di lei, se non fosse improponibile innamorarsi di una donna morta esattamente un mese dopo la mia nascita.

La perla preziosa del Raisuni, Joan Rosita Torr, nacque nel 1890, in Inghilterra, figlia di un politico non troppo fortunato e di una madre che era per un quarto spagnola, e quindi decise di darle come secondo nome quell’improbabile Rosita.
Dopo la solita infanzia ed adolescenza fatta di scuole inglesi e altre attività – alcune non esageratamente femminili, come collezionare carte geografiche – se ne andò da casa a diciassette anni, e a ventuno, nel 1911, sposò il colonnello Ronald Foster Forbes, che era in procinto di partire per l’Oriente – la Cina, l’India e l’Australia, dove nel ’14 il matrimonio andò definitivamente a gambe all’aria (complice il carattere autoritario e violento del Colonnello).
L’unica cosa che conservò da quel matrimonio fu il cognome – e il mondo l’avrebbe conosciuta, e conosciuta bene, come Rosita Forbes.
Rosita tornò in Inghilterra passando per il Sudafrica, e in patria si arruolò come autista di ambulanza – servendo in francia fra il ’15 ed il ’17, ricevendo due onorificenze.

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Immaginazione & Società

È un amaro pork chop express, quello di stanotte.
Tutto comincia da un post sul blog di M. John Harrison, che porta al blog Africa is a Country, ed al post Is Africa Ready for Science Fiction?, che a sua vlta prende le mosse dal blog della scrittrice Nnedi Okorafor.
Il succo della faccenda – lentamente ma inesorabilmente il mercato della fantascienza in Africa si sta espandendo.
Un gruppo di autori in diversi stati africani può già allineare una discreta bibliografia…

Ghanaian author Kojo Laing has a collection of short stories and a novels respectively titled, Big Bishop Roko and the Alter Gangsters and Woman of the Aeroplanes. Congolese author Emmanuel Boundzeki Dongala has a short story called “Jazz and Palm Wine” (the anthology it appears in is also called Jazz and Palm Wine). In South Africa, science fiction is really percolating; The South African literary journal, Chimurenga, recently had an African science fiction themed issue.

… e poi naturalmente c’è la faccenda di District 9 e tutto il resto.

DSCF2002_uRibadiamolo per chiarezza – non si tratta semplicemente di un gran numero di cittadini africani che improvvisamente cominciano a comperare ristampe di Clarke o di Asimov, ma della nascita di quella che potremmo definire una scuola africana della fantascienza.
Il che è un buon segno, direi.
Un ottimo segno, se consideriamo che segnali affini mi indicano che qualcosa di simile sta accadendo in Cina, a Taiwan, a Singapore…

Da una parte, come appassionato del genere, sono della ferma convinto che ilsorgere di nuove voci garantisca nuove idee e sano divertimento per tutti.
E poi c’è la questione del futuro.
Scrivere fantascienza significa porsi in posizione critica nei confronti del presente e del futuro che da questo presente potrebbe scaturire (o, in alcuni casi – come con lo steampunk – nei confronti del passato che è stato e del presente che avrebbe potuto essere).
Non significa solo scrivere storielle sceme con gli ometti verdi, ma guardare avanti.
L’uomo non può fare ciò che non riesce ad immaginare – la fantascienza è un segnale positivo.

Esistono naturalmente dei limiti alla crescita della neonata fantascienza africana.
La necessità di adattare certe idee e certe situazioni al pubblico africano – alla sua sensibilità, alla sua cultura…

It’ll be hard to make people afraid of a future where computers take over the world when they can’t manage to keep the computers on their desk running. These are very western stories. On the other hand, classic science fiction, like space exploration stories, would probably work better…assuming it was adapted for the audience.

Interessante il riferimento all’avventura spaziale – che pare vada forte anche in Cina.

E poi c’è un problema che non può che strapparmi un sorriso molto molto amaro.

In the piece Okorafor also notes that one major reason African science fiction won’t grow has to do with what the publishing industry considers “literature.”

Già – il fatto che l’establishment culturale non consideri la fantascienza letteratura seria è il grosso problema, il grosso freno allo sviluppo.
Vi ricorda qualcosa?
Vi ricorda forse un paese dove a tenere accesi i computer non abbiamo problemi, ma dove per la fantascienza (soprattutto la fantascienza scritta) sembra diventare più piccola ogni giorno?

E qui, come una colossale ciliegina di neutronio sulla nostra torta, cala la considerazione di uno dei frequentatori del blog di harrison…

It seems to me that interest in science fiction is a sign of a forward-thinking, imaginative society. If we ever see a large science fiction market in Africa, that may be a sign that Africa has turned a corner, psychologically, since scifi is so often aspirational.

Una società ricca di immaginazione, che ha svoltato l’angolo.
Da quanto tempo è, che non vi sentite più così?

[immagine da morguefile]

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