È bello per una volta poter consigliare la lettura di un autore italiano.
Non capita spesso.
Ed è bello poterlo fare, anche perché era un po’ che non parlavo di libri – ed una vita che non parlavo di libri in italiano.
Ho passato gli ultimi due giorni immerso in Manca sempre una piccola cosa, appena pubblicato da Einaudi, di Alessandro Defilippi.
È stata una lettura impegnativa – non perché si tratti di un testo ostico o complicato, o difficile – quanto per la capacità di Defilippi di venirti a prendere, tirati fuori dalla tua corazza ed esporti ad un condensato di esperienze che, ok, sono lì sulla pagina, ma tu le conosci, e le conosci bene.
Sia chiaro – il protagonista di questa storia non mi è esageratamente simpatico.
Ma fra queste pagine ho ritrovato, trasformati dall’opera del narratore, miai ricordi, mie sensazioni.
C’è mio nonno, fra queste pagine.
E un paio di compagni di università.
E alcune persone conosciute en-passant, nel corso degli anni.
Segno che la mia vita non è poi originale come pensavo.
Segno che Alessandro Defilippi è riuscito a connettersi ad una corrente profonda, ed a trascinare Torino, e tanti dei suoi abitanti, sulla pagina.
E sembra che non faccia neanche fatica a scrivere.
La prosa è economica, le descrizioni dosate con parsimonia.
253 pagine.
Forse cinquant’anni di vita.
Posso solo paragonare questo libro a The Course of the Heart, di M. John Harrison.
Non un paragone che si faccia a cuor leggero, ma non si sfugge…
Oh, parliamo di storie diversissime, ma con tanti punti di contatto – come due rotte difefrenti, tracciate verso destinazioni diverse, ma con tappe nei medesimi porti.
Ed il linguaggio è lo stesso.
Ingannevolmente semplice.
Ho sempre ividiato la prosa di M. John Harrison.
Ora la mia invidia ha un bersaglio più vicino.
Ma ugualmente formidabile.