strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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È uscito Explorer Pulp!

… e io sono estremamente felice e orgoglioso di essere in compagnia di tre eccellenti autori, e sotto ad una splendida copertina, nella nuova collezione di narativa new pulp1 pubblicata da Pro Se: EXPLORER PULP.

Giungle, caverne, deserti… nella tradizione di vecchie riviste come Adventure o Oriental Stories o Argosy, ma con un picolo twist – perché questo è il ventunesimo secolo.

Disponibile sia in formato digitale che in cartaceo attraverso Amazon o Smashwords.

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  1. quella vera 


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Hope & Glory

Sono molto felice di annunciare che Hope & Glory il mio setting steampulp per il sistema di gioco Savage Worlds è uscito dalla fase di sviluppo ed è stato ufficialmente annunciato.
A breve i primi titoli saranno disponibili per l’acquisto.

semper eadem

Illustrazione di Alberto Bontempi

Per intanto – in attesa di avviare una pagina Facebook, una infilata di social e tutto il resto – potete guardare qui per saperne di più


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Crosbie Garstin

14135Sono un po’ di giorni che sto cercando tre romanzi, usciti fra il 1923 ed il 1926, ed intitolati The Owl’s House, High Noon e West Wind.
Non vengono ristampati da una vita.
Amazon.com me ne offre una copia vecchia di ottant’anni, in volume unico, per 158 dollari, più le spese di spedizione.

Perché li cerco?
Perché stando alle voci che circolano, sono fra i migliori romanzi d’avventura storica a tema piratesco mai scritti.

E perché l’autore, che fu anche uno stimato poeta, morì giovane in seguito a una maledizione druidica.

E ora ditemi che riuscite a trattenervi e a non cliccare qui –> Continua a leggere


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Vecchio e Grasso

Nonostante il titolo, questo non è un post di natura autobiografica.
È successo semplicemente che mi son trovato a guardare, alcuni giorni addietro, il primo episodio restaurato del serial Drums of Fu Manchu, del 1938.

fu_and_nayland_in_drumsLa trama sposta – per comodità – il Signore delle Strane Morti dai bassifondi londinesi alla California, e dietro di lui sposta anche il suo eterno rivale, il britannico Nayland Smith.
Henry Brandon è un Fu Manchu sinistrissimo ed efficace, e William Royle, nei panni di Sir Nayland Smith… diamine, è vecchio e grasso.

O meglio, è un normale cinquantenne stempiato e baffuto, capace di sfuggire ai sicari di Fu Manchu e di affrontare il Pericolo Giallo sul suo stesso terreno, tanto a livello fisico che a livello intellettuale.
A decent chap.

E questo mi ha dato da pensare. Continua a leggere


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Blog Tour – Il Segreto del Mandylion

all-ombra-dell-imperoIl post di oggi è qualcosa di un po’ diverso dal solito – ed è una interessante “prima volta” per strategie evolutive.
Oggi per la prima volta, strategie evolutive ospita una tappa – la terza – del blog tour di Alberto Custerlina, autore di All’ombra dell’Impero – Il segreto del Mandylion, il primo volume in una trilogia storica ed avventurosa di notevole fascino ed interesse.
Il motivo per cui strategie evolutive ospita questa iniziativa è estremamente semplice – ho letto il libro di Alberto Custerlina, e lo avrei recensito a breve – quando mi si è offerta la possibilità di fare un po’ di più e provare qualcosa di nuovo… perché no?

Le prime due tappe del tour sono state sui blog Liberidiscrivere e SognandoLeggendo.
Altre tappe verranno postate nei prossimi giorni.

Cominciamo allora col grigliare l’autore, che proviene dal noir e ora affronta l’avventura storica.
custerlina b&nAlberto Custerlina è stato così gentile da subire con classe ed eleganza le mie curiosità riguardo al suo lavoro ed alla sua scrittura.
Ecco quindi le mie cinque domande per Alberto Custerlina

DM: Il segreto del Mandylion ha in Trieste uno dei suoi personaggi principali. Si svolge a Trieste e avrebbe solo potuto solo svolgersi a Trieste. È venuta prima l’idea della storia, o la città?
AC: Ci sono due motivi che mi hanno spinto a scrivere questo romanzo (che per inciso è il primo episodio di una trilogia). Il primo riguarda il genere del mistero e dell’avventura, che io amo da sempre e che volevo esplorare alla mia maniera. Il secondo, invece, riguarda proprio Trieste, che durante la prima metà del ‘900 ha avuto una storia tormentata che vale la pena di far conoscere al resto d’Italia. Comunque, per rispondere alla tua domanda, è venuta prima la città e poi l’idea della storia.

DM: Uno dei piaceri e dei tormenti dello scrivere narrativa a sfondo storico è la ricerca delle informazioni. È stato facile documentare il tuo romanzo? Hai incontrato delle difficoltà o dei problemi? E quando si arriva al dunque, quando bisogna cominciare a raccontare, capita mai che la documentazione si riveli un intralcio anziché un aiuto?
AC: È stato facile, nel senso che riguardo alla Trieste asburgica si trovano moltissime informazioni sotto forma di fotografie, documenti archiviati, giornali d’epoca, saggi storici e romanzi scritti e ambientati in quell’epoca. Viceversa, va anche detto che avere a disposizione tante fonti si tramuta in tormento, perché bisogna leggere tutto, distillare le informazioni e poi fare le verifiche incrociate ove necessario, per evitare di portare avanti errori fatti da altri che si sono stratificati nel tempo.
Per quanto riguarda la tua ultima domanda risponderei con un no. Le informazioni storiche non sono mai d’intralcio, piuttosto sono fonte d’ispirazione. E poi stiamo sempre parlando di un romanzo, per cui l’autore – a necessità – si può anche prendere qualche libertà.

DM:  Ho avuto modo di visitare una sola volta Trieste. Da Torinese, per me Trieste è sempre stata l’Oriente Misterioso – forse l’istanza più vicina e raggiungibile dell’Oriente Misterioso.
Si sente, questo vento d’oriente, di levante, di Est Europa, in città, o è solo una mia strana fissa? E se c’è, come si esprime?
mikadoAC: Il vento dell’Oriente Misterioso si sentiva eccome, ma con la progressiva italianizzazione e l’inesorabile riduzione dei traffici portuali, questa connessione è andata perduta. Il canto del cigno l’abbiamo avuto negli anni ’80, con la successiva sparizione degli acquirenti bosniaci durante e dopo le guerre civili Jugoslave, che ha definitivamente interrotto l’ultimo ponte con l’Oriente. Oggi, l’istanza più vicina e raggiungibile dell’Oriente Misterioso si trova a Sarajevo. Mi spiace di averti deluso. 😉

DM: Il segreto del Mandylion è un thriller avventuroso (a voler applicare un’etichetta). Un genere da sempre popolarissimo ma spesso, e ingiustamente, considerato “facile”. Che effetto fa, scrivere narrativa d’avventura in un paese che legge poco e male?
AC: Devo subito fare una rettifica: io non lo considero un “thriller” nel senso moderno del termine, anche se alla fine (e nel senso che intendi tu) pure Il conte di Montecristo sarebbe un thriller.
Per tornare alla tua domanda, scrivere un romanzo come “Il segreto del Mandylion” in Italia è un po’ come buttare una bottiglia con dentro un messaggio nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico.
È evidente che in Italia vende bene solo chi fa marketing spietato e quindi, con questo in mente, ho creduto opportuno scrivere ciò che mi piaceva, senza curarmi troppo del mercato. Devo dire, però, che il romanzo sta andando bene lo stesso (grazie anche a una distribuzione molto capillare) e quindi sono contento, perché c’è la possibilità che io abbia avuto l’intuizione giusta: forse il lettore italiano ama ancora il genere del mistero e dell’avventura di un tempo.

DM: Il tuo è un romanzo ricco di spunti e di idee. Se ti venisse garantita la sicurezza che una sola delle idee che hai messo nella tua storia venisse recepita dal lettore, quale sarebbe?
È possibile isolarne una sola?
AC: Non è possibile isolarne una sola, perché come tu hai argutamente notato, questo romanzo ha diversi piani di lettura che s’intrecciano come un nodo celtico. C’è il piano della narrazione – che sta tra il giallo e l’avventura – c’è il piano storico e politico, ci sono le riflessioni su modernità e tradizione e le digressioni su positivismo e misticismo. Ogni lettore, poi, s’addentrerà in quelle che gli sono più congeniali, senza perdere nulla della storia narrata.
Da par mio, se proprio tu mi obbligassi a scegliere uno di questi temi per indicarlo come il più importante, allora io sceglierei il piano storico-politico, che ancora oggi ha una grande influenza nella vita di Trieste.

Davvero grazie, Alberto.

Ed a questo punto dovrei dirvi che Il segreto del Mandylion è un romanzo fantastico, e che dovreste leggerlo.
Ma questo lo sapete già.

Mappa1Mi và allora di proporvi un motivo diverso per leggere questa storia complessa, soddisfacente, misteriosa ed eccitante.
E il motivo è Trieste.
Trieste, come dicevo più sopra, è per me che son cresciuto al lato opposto dell’Italia, una città che ha il sapore dell’Oriente Misterioso.
La visitai una volta sola, in un momento particolarmente importante della mia vita – ero lì per tenere per la prima volta uncorso universitario.
Nottetempo, esplorai la città – tra locali arredati instile ottocentesco, birrerie, ed un incredibile ristorante cinese con draghi che si arrotolavano attorno a colonne rosse all’ingresso.
A Trieste si incrociano le vie di terra e di mare.
Per Trieste passano, le mercanzie, le idee, gli uomini e le donne – mercanti, crociati, profughi, contrabbandieri.
Junk_in_China_Sea_-_LoC_3b37599uDell’Oriente Tireste è stata la porta – prima come tappa lungo il ramo più occidentale della Via della Seta, poi come porto mediterraneo dell’Impero Austro-Ungarico, sorta di Istambul settentrionale, e infine come porta per quell’Oriente che si trovava al di là di una cortina di ferro.
Da qui, andando ad est, il viaggiatore dell’ottocento lascia l’Europa ordinata degli orari ferroviari e delle lettere di credito, e si addentra inquell’universo confuso ed esotico del quale, forse, ha già avuto un assaggio in Italia.
Oltre Trieste, le strade si fanno polverose, treni e diligenze si fanno vieppiù erratici, gli uomini inaffidabili, le donne misteriose e sensuali.
Come Costantinopoli, come Samarcanda, come Alessandria o Casablanca, Trieste merita un posto nell’immaginario come luogo del mistero e dell’avventura, come crocevia del mondo, come luogo nel quale idee, preziosi e materiale genetico si mescolano liberamente.
In questo senso, il romanzo di Alberto Custerlina ne rivendica prepotentemente la centralità nella storia, ed al contempo nell’immaginario.
Non come un vago spettro, ma come luogo che getta la sua ombra lunga si ciò che siamo, su ciò che pensiamo.


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Thriller, Avventura e Fantascienza

1374596686339MasterPiece_Con-SfondoOk, la notizia l’avete sentita tutti, quindi non dilunghiamoci nei dettagli: la RAI lancia un nuovo talent-show, intitolato Masterpiece, che vuole essere la versione letteraria di X Factor.
In X Factor la trasmissione si proponeva di trovare nuovi cantanti e gruppi musicali.
In Masterpiece si propone di trovare nuovi autori di narrativa*.

Avrete certamente anche sentito che alle selezioni sono stati presentati qualcosa come 5000 manoscritti.
Che l’aspirante più giovane è una quattordicenne, il più anziano un novantunenne.

Discuteremo poi magari un’altra volta di come questo possa essere – staremo a vedere – il colpo di grazia a qualunque discorso serio sulla scrittura si voglia fare nel nostro paese.

Ciò che a me interessa oggi, in prima battuta, è questo:

Fantasy e romanzo sentimentale sono i generi più trattati; seguono, in ordine, le autobiografie, i gialli, i romanzi – drammatici, di formazione, storici, sociali e psicologici e, agli ultimi posti, i thriller e i romanzi di fantascienza e di avventura.

Attenzione, ho detto che mi interessa ma non che mi sorprende.
bad-fantasy-defensesLa presenza del fantasy al primo posto mi ricorda i discorsi che facevo a quindici anni, e la vecchia massima cinese attento a ciò che desideri, i tuoi desideri potrebbero avverarsi.
Quando avevo quindici anni, il desiderio di scrivere fantasy in Italia era improbabile come quello di diventare astronauti.
Oggi invece, c’è una sorta di bulimia fantasy in atto, per cui il fatto che ci siano centinaia di persone che si buttano sul fantasy non mi sorprende – l’hanno letto, gli piace, sono convinti di poterlo scrivere.
Lo stesso vale per il romanzo sentimentale.
Ne abbiamo parlato.

Interessante anche notare che “i gialli” non rientrano nella categoria “romanzi”.
I romanzi sono drammatici, di formazione, storici, sociali e psicologici.
Ma forse è solo un problema sintattico.

tumblr_m6lucyyNRl1qbo5dso1_500E poi, sì, è lì che volevo arrivare, i tre generi squalificati, quelli che non si fila nessuno.
Thriller, avventura e fantascienza.

Che sarebbe poi la palude in cui sguazza strategie evolutive, in cui sguazza Karavansara, in cui, maledizione, sguazzo io.
Non solo quindi mi sono scelto una professione – quella del geologo – che in Italia non ha mercato, ma mi sono pure scelto una seconda identità – quella di scrittore di fantascienza e avventura – che non ha sbocchi.

Mi piacerebbe parlare con qualcuno e sapere perché fantascienza, avventura e thriller siano così poco gettonati.
La mia ipotesi – a seconda dei casi, la fantascienza viene considerata scema o troppo difficile; il thriller e l’avventura, invece, vegono considerati generi squallidi, da edicola della stazione, da ragazzini mai cresciuti.

tumblr_m7ohzckIkI1qcgenbo1_500Ricordo bene, l’espressione della mia interlocutrice, quando proposi a suo tempo una conferenza per il centenario di Tarzan, nel 2012.
Perché mai una cosa del genere avrebbe dovuto interessare a qualcuno?, pareva domandarsi. Cosa diavolo propone questo idiota?

In ultima analisi, io credo, la statistica dei generi più rappresentati nella selezione per questo molto dubbio talent show è interessante, io credo, perché ci fornisce un’istantanea di quale sia, nella testa delle persone, da una parte, il valore relativo dei generi e dall’altra, più sottilmente, quali generi vengano considerati più “vendibili” dagli aspiranti scrittori.
Perché questi ragazzi, dai 14 ai 91 anni, è chiaro che non scrivono “per se stessi” – o non avrebbero spedito il manoscritto e fatto la fila alle selezioni.
O no?

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* E mi domando come faranno e in cosa consisteranno le prove alle quali glia utori saranno sottoposti – perché a un cantante, posso chiedergli di farmi la cover di Edge of Seventeen di Stevie Nicks, ma a uno scrittore cosa chiedo, la cover de Il Grande Gatsby?


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La paleontologa e il pirata

Comincia con una donna di trent’anni – anno più anno meno – che dalla ringhiera del ponte di un piroscafo che sta entrando in porto a Djibuti, vede un tizio, a bordo di un veliero, e lo saluta.
Lui la saluta a sua volta.
Siamo nella seconda metà degli anni ’20.

treatLei si chiama Ida Treat, e poverella oggi come oggi non ha neanche una pagina wikipedia a suo nome, ed è veramente criminale.
Ida è un’americana di belle speranze, educata in Inghilterra e in Francia – ha un dottorato in letteratura ed uno in paleontologia.
Ha viaggiato in lungo e in largo per il mondo – l’Europa, l’Asia, il Pacifico – come corrispondente per una rivista parigina, ed ora è sul Mar Rosso per cercare informazioni sul traffico di schiavi ancora fiorente su quelle coste.
Non è il tipo di donna che si faccia sopraffare dalle difficoltà.

lush068Lui è noto come Abd el Hai, ma il suo vero nome è Henry de Monfreid, un quarantenne di famiglia aristocratica (il padre è un famoso pittore) che giunto sul Mar Rosso nel 1914 come mercante di pelli e cuoio, ma  è ben presto riciclato come mercante di perle, trafficante d’armi e contrabbandiere di hashish (e occasionalmente di morfina), convertendosi all’Islam e sviluppando una certa passione per l’oppio.
Ha sempre negato di avere a che fare col traffico di schiavi.
E lui una pagina su Wikipedia ce l’ha eccome!

I due scoprono di andare perfettamente d’accordo – per cui Ida si traveste da marinaio e spacciandosi per un uomo si imbarca sulla Altair, la nave di de Monfreid, ed i nostri eroi prendono il mare per esplorare le coste del Mar Rosso, contrabbandare merci illegali e, in linea di massima, spassarsela.

E a questo punto, se fosse un film, sarebbe fantastico.
E se fosse un romanzo, ne vorremmo una copia in tanti.

Invece è una storia vera – che Ida Treat racconterà prima in una serie di articoli per il National Geographic, e poi in un volume intitolato Pearls, Arms, Hashish (che oggi si trova in circolazione a prezzi stravaganti).
In particolare, durante una crociera di unmese, Treat e de Monfreid esplorarono la costa del Dankali nella Somalia Francese – un territorio al quale l’accesso era proibito.
de Monfreid, d’altra parte, abituato a seminare le cannoniere della Royal Navy quando contrabbandava armi, non si preoccupava granché della guardia costiera coloniale.

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Concluse quelle avventure per mare, le strade dei due si separarono.
Ida Treat proseguì nei suoi viaggi e nelle sue avventure, fu amica di personaggi interessanti come Padre Teilhard de Chardin e si sposò due volte – tutte e due le volte con dei francesi. Ma mantenne il suo nome sda sposata per i suoi libri ed i suoi articoli.
Poi, nel 1948 tornò in patria e divenne insegnante di letteratura.
Henry de Monfreid scrisse dei libri sulle proprie avventure (si trovano anche in italiano, ad un prezzo piuttosto abbordabile, in tre volumi editi da Addictions-Magenes Editoriale), durante la guerra fu prigioniero degli inglesi in Kenya, e successivamente tornò in Francia, dove si stabilì in una casa di campagna dove si coltivava i suoi papaveri da oppio, e trascorreva il tempo a dipingere (era una cosa di famiglia), e a scrivere.
Il suo catalogo di romanzi è piuttosto nutrito – ed in Francia si trovano con una certa facilità.
Gira anche dei film.
Fa una comparsata in una delle avventure di Tin Tin.
Molto amato dal bel mondo per la sua mistica di nobile, avventuriero e pirata, aveva il vezzo di presentarsi alle feste in smoking ed espadrillas.

Ida Treat morì nel 1978.
Henry de Monfreid nel 1974.

Tutto questo, per ricordarci ancora e sempre che la storia è di solito molto molto più interessante di quanto non cerchino di farci credere.
e ci fu un tempo in cui gli avventurieri erano fitti sulla terra come i peli sulla schiena di un gatto persiano.
Poi… mah.

Tutta colpa della televisione.


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Owen & Eleanor, un viaggio di nozze

DOL2Se è vero che la Via della Seta mi affascina da quand’ero ragazzino, è dai primi anni ’90 che cerco di raccattare tutto quello che riesco a trovare da leggere sull’argomento – dal Milione di Marco Polo ai resoconti di viaggio di Colin Thubron, passando per quella che rimane la mia autentica passione – i resoconti di viaggio autografi di esploratori, viaggiatori ed avventurieri fra la fine dell’epoca vittoriana e la Seconda Guerra Mondiale.
Ho oramai una bella scaffalata di volumi – per lo più in inglese – e una bella collezione di ebook.
Più mappe, CD, l’occasionale documentario in DVD… e persino il vecchio Silk Road della NHK, su VCD.

I personaggi legati a quel periodo popolano il mio agile volumetto – Il Crocevia del Mondo, presto disponibile nella sua terza edizione ampliata e riveduta – e costituiscono un pantheon di figure alle quali mi sento particolarmente legato.

Fra i personaggi “scoperti” in questi più o meno vent’anni di letture nessuno è più esecrabile del Barone Pazzo Roman von Hungern-Sternberg; Ja Lama, anche noto come Dambiijantsan, è certamente il più misterioso e romanzesco.
E se per fascino e simpatia nessuno eguaglia Rosita Forbes o Leonard Clarke, è anche vero che nessuno ha suscitato in me più rispetto e curiosità di Owen Lattimore.
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