strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Mille euro e una gita fra i monti

Nell’ultima settimana, attraverso il meraviglioso strumento dei post sponsorizzati su Facebook mi sono stati offerti cinque (CINQUE) corsi di scrittura – più una fantomatica “masterclass” sullo stesso argomento.
I corsi vanno dall’estremamente generico (“scopri il piacere della scrittura!”) al ridicolmente specifico (“scrivi fantasy come Brandon Sanderson”), ed hanno un costo che oscilla dai 350 ai 2000 euro.
Sono tutti offerti da scuole di scrittura con nomi tra il roboante e l’accattivante, e tenuti da persone che coprono lo spettro cha va da “e questo chi è?” alle risate isteriche, “ma che, davvero?!”
Uno dei corsi prevede che io parta con tenda canadese e sacco a pelo per andare a scrivere fra le montagne con una banda di sconosciuti “aspiranti scrittori” … e se non è l’incipit di un film horror indipendente questo, non so davvero cosa sia.

E potrei anche dire che, dopo sei anni ormai passati a pagarmi i conti scrivendo, essere martellato da questo continuo “impara a scrivere!” … “vieni a imparare come si scrive!” … “pubblica finalmente il tuo romanzo!” … ecco, non è che faccia benissimo alla mia sindrome dell’impostore … oddio oddio hanno scoperto che non ho idea di come si faccia.
Ma è un momento, e poi mi ricordo che no, ho una buona idea di come si faccia, e la mia banca lo può confermare (sono, in effetti, i miei più grandi fan – specie l’ufficio mutui e finanziamenti).
Lo possono confermare i miei lettori, i miei editori.

Ora, naturalmente, la strada che porta alla scrittura è diversa per ciascuno di noi, e magari c’è davvero qualcuno che, sperduto fra i monti con un paio di migliaia di euro in meno sul conto, alla disperata ricerca di una toilette che non sia una tana di marmotta e braccato dai montanari mutanti cannibali, trova la propria realizzazione come narratore.
E chi sono io per criticare queste persone?

Alla fine è come la persona che, colpita da una malattia odiosa e incurabile, fallito l’intervento di medici e specialisti, alla fine prova anche ad andare dallo stregone, dal guaritore omeopatico di scuola ayurvedica, dal settimino che gli impone le mani. Nessuno può biasimarlo, perché è un suo diritto provare qualunque cosa, davanti alla prospettiva di dover morire.

Possiamo però biasimare, e molto, chi approfitta di questa che è una necessità psicologica di una persona disperata, per farci dei soldi.

I corsi di scrittura – e credetemi, ne ho tenuti, quindi sono stato dall’altra parte della barricata – rispondono ad una forma di disperazione. Meno drammatica certo del sentirsi dire che non c’è cura e non c’è speranza, ma qui non stiamo facendo a gara su chi abbia la disperazione “più importante”.

Ciò che possiamo fare quando teniamo questi corsi è spiegare che non esiste una soluzione uguale per tutti – che l’incertezza è normale, e che esistono pratiche che possono aiutarci a tenerla sotto controllo.
Ma promettere la via, la verità e la luce è disonesto.

All’origine di questa che è ormai palesemente una industria è il problema centrale di chi scrive, ed un problema che tutti hanno affrontato quando hanno messo per la prima volta delle parole in fila su una pagina – “come faccio a sapere che quello che ho scritto è giusto“?

E giusto assume significati diversi per diverse persone – ma negli ultimi anni “scrivere giusto” ha assunto il significato di “seguire le regole”.
Seguire le regole è in fondo la risposta a quella paura che si diceva.
“Ho scritto giusto perché ho seguito le regole. Ergo, il mio è un buon libro.”

È interessante, in effetti, che molti di coloro che, per anni, su blog e forum, hanno insistito sull’importanza suprema delle regole (sempre e solo quelle quattro o cinque regole, non starò a ripetervele), poi si siano messi a offrire corsi di scrittura.
“Solo io posso insegnarti le regole per scrivere giusto. Vieni con me fra le montagne, ma prima caccia i danari…”

Sorvoleremo qui sul fatto che spesso queste persone non hanno alcuna esperienza di prima mano dell’atto della scrittura, ma sono semplicemente lettori – ed è un po’ come se l’essere assidui spettatori di gare di Formula 1 li qualificasse ad insegnare la guida ad alta velocità.

Ma no, restiamo focalizzati su questo fatto, che esiste una persona o, sempre più spesso, una organizzazione, che a fronte di un pagamento in denaro – un pagamento salato ma non inavvicinabile, perché sennò nessuno abbocca – vi insegnerà a scrivere.

Loro sanno come si fa, e sono disposti a insegnarvelo.
E se alla fine doveste fare un buco nell’acqua, e i vostri racconti dovessero venire usati come esca per il camino dagli editori, beh, siete voi che non vi siete impegnati abbastanza.
E poi, certo, c’è il corso avanzato di scrittura, al quale potreste iscrivervi avendo seguito il corso di base…

Dovremmo porci delle domande.
È davvero solo una questione di soldi e di applicare una serie di regole?
Conta la spesa? Scriverò meglio, seguendo un corso da 980 euro più IVA, di quanto scriverei se seguissi un corso da 350 euro tutto compreso?
Ma più importante, c’è davvero una formula, e alcuni che la possiedono sono disposti a condividerla con noi, e dopo tutto andrà bene?
È alla fine scrivere un libro come preparare una teglia di lasagne – basta seguire la ricetta e rispettare i tempi di cottura?
E se è così, perché ci sono al mondo così tanti ricettari, con così tante ricette diverse per le lasagne, e comunque nostra nonna ride di loro e fa a modo suo e le sue lasagne sono un sogno?

Ma certo, le lasagne sono una cosa diversa – mi basta assaggiarle per sapere se le ho preparate “giuste” oppure no.
Ma ciò che scrivo?
Come faccio a sapere che la mia storia funziona, che non mi rideranno in faccia, che qualcuno sul suo blog non la smonterà riga per riga dandomi del ritardato mentale davanti a un pubblico che nei commenti farà a gara a chi riesce ad essere più odioso?
Posso farla leggere alla mamma, o alla fidanzata, o agli amici, ma cosa ne sanno, quelli?
Ho bisogno di qualcuno che sia autorevole, e che mi liberi da questa paura.
Qualcuno che, metaforicamente, assaggi le mie lasagne dall’alto della sua esperienza, e a fronte di un pagamento e magari una gita fra i monti insieme ad altri aspiranti creatori di lasagne, mi dica come aggiustarle, metaforicamente, di noce moscata…

Il punto alla fine è questo – tutti hanno paura.
Nessuno sa come si scriva “giusto” … nessuno sa davvero cosa sia giusto o sbagliato.
Stiamo tutti improvvisando.
Ciascuno di noi sfrega assieme due idee, decide (forse) una struttura, buttagiù un paio di dialoghi, prova a vedere dove andrà questa storia… Magari riscrive, magari decide di buttare tutto e ricominciare da capo.
L’unica cosa che conta davvero è la pratica.
È la pratica che ci dice quali regole applicare, e dove, e quali ignorare. La pratica che ci dice che queste due idee sono promettenti mentre quelel altre dodici sono belle, sì, ma non funzionano, non qui, non ora, magari la prossima volta.
È la pratica che ci dice che, arrivati alla fine, sì, è una storia decente – e ci spinge a superare l’orrore di spedirla a uno sconosciuto che valuterà se pubblicarla oppure no.

Ciò che un corso di scrittura può fare è mettere ordine nelle nostre esperienze, e fornirci degli esempi, e degli strumenti (le più volte reiterate regole) che tuttavia starà a noi decidere – sul campo e a seconda delle circostanze – come, e quando, e perché usare. Se vogliamo usarli.
I corsi servono ad evitare che noi si debba reinventare la ruota, ma se poi usarla per costruire una carriola o per aprire una bottega di ceramista, quello sta a noi deciderlo.
Il resto è pura improvvisazione, una certa dose di incoscienza, ed una buona quantità di paura.

Questi corsi ci promettono la libertà da questa paura.
Ci promettono di liberarci dall’incertezza e dal dubbio.
Hai spuntato tutte le caselle giuste, puoi stare tranquillo.
Alla prova dei fatti, non basta.
Quell’incertezza e quel dubbio sono parte dell’esperienza, esattamente come il divertimento e i momenti di frustrazione.

Volete seguire un corso?
Perché no.
Ce ne sono tanti in giro, per tutti i prezzi – come mi ha dimostrato Facebook nell’ultima settimana – incluso uno che vi insegnerà a scrivere fantasy come Brandon Sanderson.
Brandon Sanderson che, in effetti, ha pubblicato gratis su Youtube il suo corso di scrittura tenuto alla Brigam Young University.

L’importante è essere consapevoli che i corsi, così come i manuali, servono solo a fornirci gli strumenti, e starà poi a noi decidere come usarli.
Le regole della scrittura, come dice un mio buon amico, sono solo convenzioni – e quindi si possono cambiare. Cambieranno, che ci piaccia o no.
Conoscerle è utile, usarle è una questione di esperienza e di pratica, non di formule precotte.

Qualche anno addietro ho postato sul mio blog in inglese un corso di scrittura gratuito in una sola pagina – ed ha avuto un certo successo, anche se alcuni l’hanno considerato uno scherzo o una parodia.
Ho una mezza idea di ampliarlo, tradurlo e distribuirlo di nuovo gratis.
Poche pagine, che potrete portare comodamente con voi in montagna…


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Né artificiale, né intelligenza

Questo è un post un po’ confuso, che andrà un po’ di qua e un po’ di là prima di arrivare, spero, ad una conclusione coerente. È anche uno di quei post in cui uno che si paga (a malapena) i conti scrivendo parlerà di pagarsi i conti scrivendo (a malapena).

Ed è anche possibile che contenga link commerciali, perché sapete come vanno queste cose.

Per cui siete stati avvisati, e potete anche staccare qui se la cosa non vi interessa.

Qualche giorno addietro ho ascoltato una bella intervista a Peter F. Hamilton, il popolare scrittore inglese che è schedato come “il più venduto autore di fantascienza in lingua inglese.” Ora, Hamilton può piacere o meno – io personalmente trovo che abbia delle idee spettacolari ma sia decisamente troppo prolisso; e resta il fatto che Great North Road, con le sue quasi mille pagine, sia un romanzo fantastico. E a quanto pare ci piacciono anche gli stessi libri, per cui provo un istintivo moto di simpatia nei suoi confronti.
Ma che piaccia o meno, si diceva, Peter F. Hamilton ha una infilata lunga un braccio di best-seller, ed emerge dalle interviste come una persona estremamente piacevole, coi piedi saldamente per terra, che ammette candidamente che scrivere è l’unico lavoro che sappia fare, e che quando i suoi libri non venderanno più, sarà davvero in difficoltà.
L’unica cosa che lo tranquillizza, dice ridendo, è che è molto improbabile che una intelligenza artificiale gli porti via il lavoro, checché ne dicano gli entusiasti.

Ed ora, io ho letto l’eccellente You Look Like a Thing and I Love You, il saggio di Janelle Shane, una ricercatrice che ha speso un sacco di tempo a cercare di addestrare una AI per farle generare delle battute “toc toc… chi è?”, dei “dad jokes” e delle frasi per rimorchiare. I risultati – divertentissimi, ed il libro è assolutamente impagabile (e in questi giorni Amazon vi lascia l’ebook a tre euro e mezzo) – mi portano a concordare con Hamilton: è abbastanza improbabile che un computer mi porti via il lavoro in tempi brevi.
Un problema in meno.

Però, però, però…

Durante il lockdown, nel 2021, mi arriva un invito per un seminario di scrittura tenuto da una popolare autrice americana di narrativa erotica. E io mi dico, perché no?
Come spesso capita in questi “seminari gratuiti”, lo scopo non era quello di insegnare alcunché, ma di vendere qualcosa – di solito si tratta di corsi o manuali, ma in questo caso era qualcosa di completamente diverso: un software per generare prime stesure di narrativa erotica.
Si inseriscono il numero, il genere e i nomi dei personaggi, si selezionano alcune opzioni, si stabilisce un word-count, e poi si p reme un bottone … e voil°, la prima stesura viene prodota in formato rtf., pronta per essere editata – ed è ovviamente necessario editarla masicciamente, ma hey, la prima stesura non è più un problema. Offerta speciale per i partecipanti al corso, quattrocento dollari per la licenza d’uso del software di base – gli aggiornamenti si pagano extra.

Non è intelligenza artificiale, ma è qualcosa che va ad intaccare, se vogliamo, una certa visione della scrittura – che si ipotizza sia frutto di un mix di logica, emozione e “ispirazione” (qualunque cosa sia), e qui invece si riduce ad un database e ad un modello di query.
A rendere tutto quanto ancora più spiacevole è l’autrice che sta cercando di vendermi il software, e che per un’ora, incessantemente, non fa che parlare di soldi – quanti soldi si fanno con l’erotica, quanti soldi possiamo fare all’anno, al mese, alla settimana, quanti soldi si possono fare sfornando una novella sconcia ogni sette giorni, quante belle cose luccicanti ci si può comperare con tutti quei soldi…

E io mi dico, OK, è americana, loro mangiano pane e realismo capitalista, cosa ci vogliamo fare.
Oerché è chiaro che chi scrive per vivere ai quattrini ci pensa, eccome, ma che diamine, un minimo di eleganza…

Poi però mi capitano due cose, nel giro di 24 ore – proprio mentre sto ascoltando una bella intervista a Claire North, che ha vinto il World Fantasy Award e che dice, sostanzialmente, che scrivere è meraviglioso e per fortuna ora le hanno acquistato i diritti per fare un film da un suo romanzo, perché per quel che ne sa, la sua carriera potrebbe finire domani – quando si scrive per vivere, non ci sono certezze.

Le due cose che mi succedono sono un articolo su una rivista online e un annuncio pubblicitario via Facebook.

L’articolo parla del mercato dei romanzi a base di sesso e licantropi – non fate quella faccia, hanno a quanto pare un certo successo – che stanno diventando oggetto di una sorta di gig economy – una quantità di piattaforme (a cominciare dal nostro amico Amazon) sfornano a cottimo decine e decine di titoli in questo ed altri generi, per un pubblico che macina pagine su pagine.
E gli autori, a seconda della piattaforma e del successo, possono fare dai 300 agli 800 dollari per ciasdcun titolo.
Non è una cosa limitata ovviamente a sesso e licantropi – e molti autoprodotti possono dichiarare cifre del genere, o anche più basse.
Ma ciò che è interessante è il meccanismo, questa sorta di produzione a cottimo, che sa più delle vecchie workhouse di dickensiana memoria che non di redazione di rivista pulp. È una catena di montaggio.
Per soddisfare la richiesta dobbiamo sfornare un certo numero di pagine all’ora, e quindi possiamo pagare qualcuno per “generare contenuti.”

La seconda cosa che mi capita sott’occhio è invece una pubblicità che Facebook è assolutamente convinto mi interesserà – si tratta di un corso di scrittura, destinato a giovani dai 18 ai 30 anni (ah, mister Zuckerberg, lo prendo come un complimento), equiparato a una laurea triennale: diecimila euro l’anno di iscrizione, più vitto alloggio e spese in una grande città, perché i corsi sono tutti in sede, e tutti in presenza. Ma l’iscrizione al corso ci garantisce fino al 20% di sconto per la permanenza in residence.
E qui il mio cervello surriscaldato comincia a macinare numeri – trentamila euro di iscrizione, più per lo meno altrettanto per vivere per quei tre anni. Sessantamila euro. Come minimo.
Ora, è estremamente improbabile che un esordiente riesca a scucire più di 5000 euro di anticipo sul suo primo romanzo nel nostro paese, ed all’estero è quasi impensabile che l’anticipo per un primo romanzo superi i 10.000 dollari. Di solito parliamo di cifre molto molto più basse.
In altre parole, a fronte di un investimento di sessantamila euro, ci toccherà vendere non meno di sei, più probabilmente una quindicina di romanzi.

E lo so, ora mi direte sì, ma una laurea in astrofisica costa uguale e quando mai l’ammortizzi lavorando…

Ma non stiamo parlando di astrofisica – stiamo parlando di scrittura.
On writing, di Stephen King, vi costa meno di otto euro in ebook, in italiano, più il tempo necessario per leggerlo, e magari trenta euro di classici di vostra scelta da leggere perché se non leggete non potrete mai scrivere. E OK, io personalmente non considero il testo di King questo grande manuale di scrittura su cui tutti piangono commossi, ma ne abbiamo parlato in eterno – non esiste un manuale che vada bene per tutti. Io per esempio preferisco Monkeys with Typewriters, di Scarlett Thomas, ma a ciascuino il suo.
Basta stare alla larga dallo Strunk & White, e va tutto bene.
E ammettiamolo, con sessantamila euro, di manuali di scrittura ce ne compriamo un container.

Senza contare, naturalmente, che ci sono fior di corsi online – da quelli a costo decisamente modesto ma eccellenti di Holly Lisle, a quelli assolutamente gratuiti di Brandon Sanderson pubblicati su Youtube.
Certo, bisogna conoscere l’inglese. Ma un corso di inglese costa molto meno di sessantamila euro – e molto meno di un corso di scrittura in italiano. E conoscere l’inglese è molto più utile che conoscere lo show don’t tell e l’infodump.

Ma al di là di queste considerazioni pratiche, ciò che mi colpisce in questo uno/due, articolo più pubblicità, è che se è vero che per ora l’intelligenza artificiale non minaccia leprofessioni creative e la scrittura in particolare, è anche vero che vediamo sempre più di frequente delinearsi due ambiti in cui “l’ambiente della scrittura” si sta dividendo – da una parte gli scrittori a cottimo, che per vivere al minimo della sussistenza devono sfornare due romanzi al mese, scrivendo con formule così ben definite che possiamo programmare un database per generare trame, e quelli per i quali la scrittura è essenzialmente un giocattolo per ricchi – trentamila euro di corso, e tre anni in residence.
Ed è particolarmente orribile, per me, che i primi vengano considerati scribacchini ed i secondi possano fregiarsi di titoli altisonanti e parlare di arte, di ispirazione, di muse e altre divinità improbabili dei quali sarebbero i prediletti. Premi, interviste, salotti, rubriche su riviste a bassa tiratura, e poi l’oblio.

Ciò che mi preoccupa, e che preoccupa molti altri, è la scomparsa, anche nel mondo della scrittura, della classe media, del semplice artigianato, della professione contrapposta al lavoro a cottimo o al lifestyle per il gusto del lifestyle – quegli scrittori che con due romanzi l’anno si mantengono dignitosamente, e che quando postano sul loro blog le belle recensioni del loro ultimor omanzo si sentono dire “però non è vera letteratura.”
Questo, e non le AI, è ciò che mi fa temere per il mio futuro professionale.


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Corsi e workshop – cose fatte e cose da fare

Nuovi progetti1.

twprofile_400x400 (1)I corsi di scrittura e self-publishing della prima metà dell’anno si stanno concludendo, e sono stati, in linea di massima, un successo.
Abbiamo dovuto fare i conti con Google che cambia le regole dei suoi servizi in corsa2, con le connessioni ballerine e con altri problemi di cui parleremo far un attimo, ma in generale è stato un successo.
Pare che sia anche piaciuto ai partecipanti.

Ora conto di riproporre i corsi – quelli già fatti, e anche corsi nuovi – con l’autunno, e intanto intendo mantenere in piedi i workshop, che sono stati una sorpresa positiva.
Ma dovrò cambiare un po’ di cose. Continua a leggere


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Tutti hanno bisogno di un hobby

stickman-151357_960_720Ho parlato in passato della mia inettitudine al disegno, dei miei disorganizzati e personali tentativi di aggirarla, e come io attribuisca l’uccisione delle mie capacità ad una scuola che alle elementari privilegiava la parola scritta rispetto alla grafica, e che tra medie e superiori mi fece subire insegnanti ai quali di insegnare interesava poco o nulla, e che partivano dal presupposto che le foto fossero sbagliate se ciò che mostravano non si adeguava alle loro aspettative.

Poi nei giorni passati sono successe tre cose. Continua a leggere


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Corsi & Workshop

Il Corso di self-publishing di strategie evolutive si chiude questa settimana – in ritardo rispetto ai tempi previsti a causa di cattiva salute, maltempo e connessioni web metereopatiche. Nel complesso è stato divertente, spero positivo per i partecipanti, ed un primo esperimento che ha insegnato un sacco di cose a me – a cominciare dai pro e contro del sistema Classroom e di Hangouts, entrambi messi a disposizioni da Google e caratterizzati dalla simpatica volatilità di Google, che tende a cambiare le regole appena gli utenti le hanno imparate.

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Ora ci prepariamo alla prima lezione live del Corso di worldbuilding di strategie evolutive, che possiamo prevedere fin d’ora andrà meglio – in parte perché ho imparato un sacco di cose, in parte perché eviterei se possibile di farmi altri dieci giorni a letto, senza voce e con l’energia sotto i piedi.

E intanto si pensa a nuovi corsi, nuove idee.
Ad esempio – il Corso di Worldbuilding prevede un workshop. Continua a leggere


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Questo è un mondo veloce

never-stop-learningNon si fa in tempo a dire che si hanno 4 corsi online sul piatto per questo trimestre… che i corsi diventano 7.
Più uno già in coda per il secondo trimestre.
Ma in fondo, non è che io abbia delle serate così piene, da queste parti, e come ho detto altrove, i MOOC sono sempre e comunque meglio che la programmazione televisiva che ci viene offerta dalle reti nazionali1.

E intanto, come conseguenza del mio post precedente, forse il mio progetto sul paesagio riceverà una qualche forma di sostegno ufficiale. A patto che si trovi un accordo, naturalmente.
Come succedono in fretta le cose, di questi tempi, vero?
Vi terrò informati.


  1. e, in tutta onestà, anche molto meglio di un sacco di corsi universitari per i quali ho pagato fior di tasse e trascorso ore ed ore in treno. 


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Il primo corso dell’anno

Rapidissimo post autopromozionale.
Avendo passato la mattinata a leggere un libro meraviglioso del quale vi parlerò (estesamente) nei prossimi giorni, dedico questo pomeriggio alla revisione e riorganizzazione de miei appunti.

Il CentrOriente di Torino mi ha infatti contattato per tenere nuovamente il mio corso sulla Filosofia Taoista, a partire da marzo – posto che si trovino abbastanza studenti per pagare le spese di riscaldamento dell’aula.

Tenere il corso significherà dormire per sei notti raggomitolato sul divano di mio fratello (che, ammettiamolo, è molto ascetica, come situazione) – ma anche incontrare persone in gamba e trascorrere due ore ogni settimana a discutere con loro di argomenti diversi quali la natura della realtà, il legame tra filosofia e politica nella Cina arcaica, l’identità terminale di cucina e medicina secondo i taoisti e cosa abbiano in comune la storia cinese e Grosso Guaio a Chinatown di Carpenter…
Sarà divertente.

Le possibilità sono infinite.