Sto per rivelare un antico segreto anticrisi, e al contempo sto per fornire il template base per un tipo di iniziativa che mi piacerebbe da morire organizzare – e così qualcuno la copierà e si prenderà il merito.
Ma forse no.
E chiunque abbia bisogno di rubarsela da qui, l’idea, non ha le capacità per realizzarla.
E il pubblico ha comunque il diritto di sapere.
Si tratta del Minestrone Intellettuale.
Ci fu un tempo, prima che ministeri e segreterie tagliassero i fondi agli studenti universitari, un tempo misterioso ed oscuro in cui gli studenti erano squattrinati allo stesso modo*.
In quei tempi eroici, quando far quadrare il bilancio era un’impresa epica, ed esisteva ancora una certa solidarietà fra compagni di corso, alcuni studenti torinesi inventarono la pratica del minestrone intellettuale.
Ma procediamo con ordine.
Negli anni ’20 e ’30, in piena era del jazz, esisteva la pratica del Rent Party.
Per pagare l’affitto, si organizzava una festa, e chiunque poteva entrare, apatto che mettesse un’offerta in una scatola da scarpe (o contenitore equipollente).
Una lunga nottata di musica, balli sfrenati ed ubriachezza molesta, all’alba della quale di solito si erano raccolti abbastanza quattrini da coprire le spese, i danni, e pagare l’affitto.
Bello liscio**.
Il minestrone intellettuale è un cugino stretto del rent party.
Ne rappresenta, se vogliamo, una variante mediterranea, un classico esempio di italico ingegno applicato alle italiche miserie.
Ed è, soprattutto, più adatto ad un ambiente un po’ ingessato come quello dell’area precollinare torinese (e non parliamo del centro), dove riunirsi per ballare e ascoltare musica jazz, specie fra gli anni ’80 e ’90, era considerato un po’ passé.
Come si fa?
Semplice – si organizza una cena, una cosa non esageratamente complicata, che accontenti tutti, un po’ rustica (e poco dispendiosa, un minestrone, ad esempio), una cosa che possa accomodare almeno venti ospiti a tavola, e si invitano a partecipare un paio di persone interessanti.
- Ricercatori universitari spiantati.
- Artistoidi sfusi.
- Docenti compiacenti.
- Viaggiatori da altri lidi.
- Scrittori e aspiranti tali.
- Varia umanità.
Un paio, solo un paio.
In base agli ospiti della serata, si stabilisce un tema – la musica dodecafonica, le commedie di Shakespeare, la teoria delle stringhe, la filosofia taoista, la vita quotidiana a Tokyo…
E poi si pubblicizza l’iniziativa e si vendono i diciotto posti che avanzano.
Si promette una serata divertente, con una cena sostanziosa, in compagnia di conversatori interessanti e di indubbio fascino.
Una cosa molto esclusiva.

In quei tempi oscuri, si mettevano i coperti a circa ventimila lire a testa.
Facile alzare, pagate le poche spese, 300.000 lire a serata.
Quattro serate al mese?
Sei?
Spese pagate, affitto sistemato.
Magari anche un cachet per gli ospiti – che però, considerando che avevano già scroccato la cena…
Tali e tante sono le variazioni sul tema del minestrone, che è solo una questione di fantasia – non si rischia certo di annoiare i partecipanti.
E poi comunque, vista la varietà di possibili temi, ed il numero limitato di posti, è facile mantenere alto l’interesse.
Lo si faceva in posti diversi.
Alloggi studenteschi, locali gestiti da amici in serata di morta…
Si favoleggiava di un gruppo di studenti che affittavano un vecchio alloggio elegantissimo, in centro, con una grande sala da pranzo, e che intrattenevano in gran pompa.
Ma ci si poteva anche organizzare diversamente.
Unici elementi fondamentali – qualcuno che sapesse cucinare un minestrone (e chi non sa cucinare un minestrone?) e una buona conversazione.
Ricordo un progetto che non riuscimmo a realizzare – la Cena con lo Squartatore, una cena vegetariana*** con chiacchiere storiche, letterarie e criminologiche su Jack lo Squartatore.
Facile.
Ma quello venne più avanti, e già si era cominciato a mettere su un po’ di arie, nel giro universitario torinese.
Non so se oggi si potrebbe fare, in università.
Oggi tirano di più i corsi di sushi.
Eppure, adesso, ormai vecchio e stanco ma sempre comunque spiantato, mi piacerebbe organizzare cose del genere.
Conosco – di fama – un tale che nella zona di Urbino organizza cene col geologo.
Sarebbe un modo divertente di fare cultura, e divulgazione.
E alzare qualche piastra.
Devo trovarmi un complice in zona.
Magari una trattoria…
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* tanto per dire che, anche quando si tratta di causare il tracollo finanziario, ministeri e segreterie sono spesso superflui.
** scoprii nel 1992 che la pratica del rent party era ancora viva e vegeta in certi collegi femminili londinesi, dove poteva assumere anche la variante Bring a Bottle – chi portava una bottiglia di qualcosa, poteva entrare senza versare l’obolo alla scatola da scarpe.
*** ma come feci notare, una selezione di affettati sarebbe stata più in tema.
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