Pochi minuti fa (o due giorni or sono, per voi che leggete questo post), mi sono sorpreso a fare una sciocchezza.
Nulla di terminale, badate, ma una sciocchezza che mi ha bloccato per un attimo, e mi ha spinto a scrivere questo post, di getto.
Pochi minuti fa (o due giorni or sono) mi sono colto sul fatto a digitare tre parole nella finestrella
Pacific Rim Ebert
Il che è stupido.
Roger Ebert è morto, così come è morto Gene Siskel.
Le due persone che di più mi hanno insegnato sulla critica cinematografica, non ci sono più.
E io non posso assecondare quell’istinto, e andare a vedere cosa ne dice Roger Ebert, sul film di Guillermo del Toro.
L’opinione critica di Roger Ebert su Pacific Rim la sa Dio.
E Gene Siskel probabilmente non la condivide.
Ora, perché cercare l’opinione di Ebert su Pacific Rim?
Beh, per i soliti due motivi:
- perché leggere Ebert che scriveva di cinema era ed è sempre un gran divertimento
- perché di Roger Ebert io mi fido
E per vedere, in questo caso specifico, in quale campo Roger Ebert sarebbe cascato – se fra i miei amici che mi dicono che Pacific Rim è un’esperienza mistica, o fra i miei amici che mi dicono che Pacific Rim è letame fumante.
Ma tu non hai un’opinione tua?
… domanderà qualcuno.
No, perché il film non l’ho ancora visto.
E perché, a differenza di molti, non ho un investimento emotivo particolarmente elevato nella pellicola – non l’ho attesa con anticipazione, non ne ho letto su siti web e riviste, non credo di aver neanche visto un trailer intero (quelli che passano in TV sono rieditati).
Questo non perché io sia meglio di chiunque altro, o più intelligente, o maledettamente più colto.
È solo che a me Pacific Rim interessa un po’ poco*.
Ci sono pellicole – di prossima uscita, o uscite in passato – sulle quali il mio interese, e quindi il mio investimento emotivo, era ed è molto più alto.
Succede.
Il secondo importante motivo per cui cercavo, istintivamente, poco fa, l’opinione di Roger Ebert su Pacific Rim, è che desideravo una opinione… non imparziale, perché la critica non può essere imparziale, e non educata, perché i filtri culturali sono solo parte della fruizione del film.
Onesta?
Significherebbe tacciare di disonestà coloro che hanno recensito il film finora – molti li conosco, qui nel Blocco C, sono amici, li rispetto.
Non posso certo considerarli disonesti.
Non sono disonesti.
Autorevole?
Beh, in parte sì – Ebert non uscirebbe fuori tema; non ricorderebbe con gli occhi lucidi le serate passate a guardare Goldrake, non farebbe strani discorsi politici su Del Toro regista messicano traditore al servizio del Grande Diavolo Americano.
Ebert mi parlerebbe del film.
Senza onomatopee, senza neologismi dubbi, senza cazzate.
Senza esperienze mistiche e senza dannazioni infernali.
Ebert mi parlerebbe del film.
E non sarebbe possibile chiamarlo ignorante, dirgli che è uno che si fa imbambolare dagli effetti speciali, uno che non ha cultura, uno che non capisce, uno che non ama il cinema, uno che non c’era quando Zion sganciò la colonia su Sidney, uno che ama il passato, uno che vuole solo i blockbuster, un cvitico, un fighetto, uno pseudointellettuale, uno che guarda solo Truffaut…
No, perché lui è (era) Roger Ebert.
E basta.
Ebert mi direbbe la sua.
Aprirebbe il suo pezzo spiegandomi che il cinema di robottoni tira.
Citerebbe investimenti e incassi – non più di un paragrafo.
Poi mi direbbe che l’aspettativa per Pacific Rim è tale che qualunque opinione critica diventa irrilevante per il pubblico.
E poi mi direbbe la sua.
Su com’è stare in sala a guardare Pacific Rim.
E poi io andrei al cinema, e potrei vedere se ancora una volta condivido la sua opinione.
O se, ancora una volta, dovrei dare ragione a Gene Siskel.
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* Vent’anni fa leggevo una rivista che si intitolava Pacific Rim… ma si occupava di cultura, società e tecnologia nel settore del margine del Pacifico.