strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Senza rete

18yptzqv5fdd8jpgLa colpa, naturalmente, è della mia amica Maria Grazia, che un paio di giorni addietro ha condiviso il link al post di Stefano Epifani riguardo all’organizzazione delle conferenze TEDx di Roma 2017.
Il link ve lo passo anch’io, così ve lo leggete e vi fate un’idea.
Fatto?

OK, ora, cominciamo con un dato personale – lo sappiamo benissimo che i dati personali sono una cosa antipatica e poco elegante, ma spero che voi ormai ci siate abituati alla mia antipatia e ineleganza: io vivo in un’area che viene definita in digital divide, e nonostante Telecom mi contatti quasi quotidianamente promettendomi connessioni a 10 o 20 giga, in maniera sempre più invadente e aggressiva, la realtà dei fatti è che io ho una media di 80k in download e 20K in upload.

Detto ciò, la prima cosa che mi colpisce del post di Epifani è quindi la frase

Ma passiamo alla visione del futuro delle città, affidata a Tarik Oualalou e Mohammed Hawar, che predicano un futuro di urbanizzazione delle città, veri epicentri della cultura e del progresso, a sfavore delle campagne, abitate da zotici villani. Nulla di male, in sé: è un punto di vista.

La cosa vedamente tragica è che, sulla base delle mie esperienze, è un’opinione, questa delle campagne popolate di zotici villani che della rete non saprebbero cosa farsene, che è ampiamente condivisa, non senza una punta di orgoglio, proprio dagli zotici villani stessi. Anche dagli zotici villani di successo, i bifolchi col Maserati. Continua a leggere


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Il ritorno del digital divide

22792-vzochat-video-chatLa settimana passata, con tutto che eravamo a cavallo fra Pasqua e il 25 aprile, mi hanno offerto un lavoro.
No, davvero.
Un’azienda straniera.
Si trattava oltretutto di un lavoro che ho fatto in passato, con un discreto successo – insegnare italiano agli stranieri.
Sostanzialmente conversazione.
Nulla di straordinario, come pagamenti, ma col vantaggio di avere orari flessibili e di poter lavorare da casa.
Non male, viste le prospettive attuali.

In teleconferenza.

E quindi ho dovuto rifiutare. Continua a leggere


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Senza rete

digital_dividePork chop express, perché ci vuole.

A dire il vero, oggi ci vorrebbe l’obbligatorio post sul fatto che ieri, per un paio d’ore, Facebook è andato completamente in panne.
Ovunque.
Si tratterebbe di un post relativamente facile, vediamo…

 . si potrebbe iniziare con un paio di paragrafi ironici sul panico dell’essere improvvisamente esclusi dal social network
. poi si potrebbe fare la solita battuta sull’apocalisse zombie, e magari metterci un link al vecchio Survival Blog (dove, paradossalmente, al crollo della civiltà non corrispondeva il crollo della rete)
. poi ci potremmo mettere una battuta sulla disperazione di tutte quelle povere anime che non hanno potuto condividere cuccioli batuffolosi o fotografie imbarazzanti
. e qui la meraviglia della riscoperta della vita senza internet, e la realizzazione che no, davero, c’è vita anche là fuori, e non solo nel computer, oh, come avevamo fatto a dimenticarcene…
. e poi chiudere con un bel discorso opportunamente retorico sull’importanza della tecnologia, che sì, è vero, però ah, anche senza, che pace!

Si potrebbe fare.
Io però non posso.
Sono quasi le due di notte, e sto scrivendo questo post in un file txt mentre sono offline da oltre un’ora.
Completamente offline.
Il crollo delle comunicazioni mi ha investito mentre stavo piacevolmente chiacchierando via web con un’amica – mettendo fine alle nostre chiacchiere, e facendomi probabilmente fare anche una figura barbina (come la si fa sempre, quando un nostro discorso viene troncato a metà).

Qui non è Facebook che fa cilecca – qui è l’infrastruttura della rete, che per decisioni inammissibili di aziende e amministrazioni, nel nostro paese al di fuori dei centri urbani principali è ferma ai primissimi anni ’90.
digital_divide-H130830090118La rete non è in grado di reggere l’alta velocità, penalizza le aziende, limita le comunicazioni, e di conseguenza (con buonapace di revisionisti ed idioti) ostacola lo sviluppo culturale del paese.
Impensabile accedere a corsi online, difficile gestire un blog, assurdo proporre di lanciarsi nell’ecommerce, faticosissimo scambiare idee col resto dell’universo.
Usa il telefono o la posta, se vuoi scambiare idee.
Prendi il treno se vuoi vedere il mondo.
È il digital divide – che non è qualcosa che capita agli altri, ma una ben definita scelta politica e commerciale.
Far correre le fibre ottiche costa troppo.
Rinnovare le centraline di smistamento risalenti al secolo scorso è superfluo.
D’altra parte, cosa può fare, la popolazione abbandonata, se non subire l’abbandono, e ringraziare che non vada peggio?
E poi, c’è il Digitale Terrestre – che di solito non funziona.

Il sito della Telecom afferma che dal 2012 il 98% della popolazione italiana ha accesso alla banda larga.
È una balla.
O se preferite, è una disonesta lettura dei dati.

banda_larga_diffusione_italia

Perciò non me la sento, in questo momento, di fare un post furbetto sul blackout di Facebook – perché non posso permettermelo, e perché io simili blackout li subisco da settimane, anche quando non sono su Facebook.
La rete cade, in continuazione – brevi black out di tre/quattro minuti ogni due ore, oppure, come adesso, la morte completa, senza alcuna pietà.
Come quando avevo il mio vecchio modem 28.8.
Trasferirmi di ottanta chilometri verso la campagna mi ha spinto di vent’anni nel passato.
L’unica cosa che è adeguata ai tempi è la bolletta.

Ed ora sono qui, offline, che scrivo queste righe, e non ho idea di quando potrò pubblicarle.


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Kilometri e Kilobyte

SNOW WEATHERLe prossime settimane saranno… interessanti.
Non solo per il fatto che dovrei aiutare mio fratello a traslocare, ma perché l’università richiede inderogabilmente la mia presenza e partecipazione a tre lezioni – le ultime tre lezioni dell’anno – del corso per i dottorandi.
Nei prossimi dieci giorni, di conseguenza, abbandonato mio fratello fra mobili e casse di suppellettili, dovrò sobbarcarmi circa duemila chilometri di autostrada, per un totale stimato di venti/venticinque ore di percorrenza, a fronte di tre ore di lezione.
Più due pernotti.
Per un costo complessivo stimato – fra carburante, autostrada, vitto e alloggio – di 300/500 euro.
Per tre ore di lezione.
Un’ora dalle dodici alle tredici del tredici di dicembre.
Due ore tra le undici ele tredici del diciotto di dicembre.
Tre lezioni estremamente interessanti e tenute da docenti di altissimo livello – e questo significa che se non altro saranno divertenti da seguire.
Ma i chilometri si faranno sentire.
E non oso pensare allo stato delle strade il 18 di dicembre*.

199_n_1146762015Ora, la cosa che mi desta un certo malsamo divertimento, è che nell’arco del 2012 ho seguito circa 60 ore di lezione per due corsi all’Università di Stanford, e circa 100 ore di lezione per tre corsi all’Università di Berkeley.
Le ho seguite con piacere e profitto, senza muovermi dalla sedia sulla quale sono seduto in questo momento.
E senza spendere un centesimo – se non quelli per i DVD sui quali ho salvato il materiale delle lezioni.

Ora, certo, lo sappiamo, Berkeley e Stanford stanno in America, di più, stanno in California, e stanno nel ventunesimo secolo, ma…

… Negli ultimi tre mesi ho macinato qualcosa come 80 ore di lezione, coi miei studenti del corso online di taoismo, ed ancora una volta nessuno di noi si è spostato da casa.
A fine corso avremo totalizzato qualcosa come 100 ore – un bel record, considerando che il mio corrispondente corso dal vivo era di circa dieci ore.
100 ore di lezione online.
E questo senza i potenti mezzi delle università californiane, e facendo i conti con la traballante rete dell’Astigianistan, che mi garantisce nei momenti di grazia ben 78K al secondo di trasferimento in download.
Eppure ha funzionato, ed è stato divertente, e sebbene resti il rammarico di non esserci mai incontrati di persona, magari per farci una pizza a fine corso, per quel che mi riguarda sarò ben felice di rifarlo.

La settimana prossima invece…

teleconferencing-5Ora, ovviamente, non posso chiedere che la mia università organizzi i propri corsi in teleconferenza o in video-chat per favorire un solo studente – ma anche gli studenti che invece di stare a cinquecento chilometri stanno solo a trenta, potrebbero apprezzare.
Ma ripeto, non posso chiedere una cosa del genere.
Il fatto è che comincio ad avere l’impressione che non dovrebbe essere necessario chiederlo.

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* Lasciamo come esercizio a casa per i più curiosi la programmazione di un percorso ferroviario Asti-Urbino e ritorno.


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Sullo spartiacque digitale

[questo post compare in parallelo su Fra le Province, il mio blog occasionale sulle gioie della mia nuova vita nel Monferrato]

Il fattore più traumatico del trasferire la propria vita da Torino al Monferrato è il crollo dei trasferimenti internet.
Castelnuovo Belbo non rientra fra i comuni coperti da servizio ADSL Telecom, Vodafone o Tiscali.
Il Progetto Anti Digital Divide di Telecom (un nome che sarebbe tutto da ridere se non ci fosse da ringraziare il cielo che esista), al 17 marzo 2009 lista il comune di Castelnuovo Belbo fra quelli serviti da una linea con velocità massima di 640 kbps tanto in upload che in download.
Un po’ diverso dal servizio a 20 mega al quale siamo abituati.
Il che non toglie, naturalmente, che i piani tariffari siano gli stessi – per lo meno stando a ciò che si legge sul sito Telecom.

La tariffa più conveniente è quella notturna – Alice Night & Weekend – che per circa dieci euro al mese mi permette di strisciare in rete dopo le 21, durante i finesettimana e le feste nazionali.
Fuori orario sono 3.5 euro l’ora.

Sorge allora la tentazione di abbandonare Telecom per il servizio di Vodafone, che passando per UMTS (la rete cellulare), potrebbe permetterci di scansare i limiti fisici dei cavi di rame che rallentano il nostro angolino di Monferrato.
Ma anche la copertura UMTS non è disponibile per Castelnuovo Belbo.
Così come non è disponibile Fastweb.

outback-australiaÈ un po’ come essere nell’Outback, ma senza i canguri, l’economia stabile e le molte attrattive del continente australiano.

Il problema, naturalmente, non è aggiornare il blog con tempi ai quali non eravamo più abituati dal 1995, ma lavorare.
La schifosa copertura garantita dai provider nazionali significa niente Skype, niente IRC, niente Ekiga…

Ormai rotti al nomadismo digitale, ci orientiamo perciò al sistema antico e collaudato di portare il nostro materiale (su chiavetta o netbook) in un cybercafé e connetterci da lì.
Stando a cybercafé.it – sito benemerito – abbiamo a disposizione un solo locale con cinque postazioni ADSL ad Asti (2.8 euro l’ora… hmmm, meno di Telecom!) e un solo locale ad Alessandria, con 16 postazioni T3 (e, a 3 euro l’ora, rimane ancora più conveniente che Telecom).

E poi, naturalmente, c’è l’hot spot wifi gratis di MacDonald’s, in Piazza Alfieri ad Asti.
Ammesso che sia già attivo.

Il trucco, a questo punto, è organizzare la propria settimana lavorativa in modo da fare un salto per un’oretta al cybercafé ogni due giorni per i trasferimenti massicci (file scambiati con clienti e committenti universitari, aggiornamenti blog, acquisti via internet), e lasciare la minutaglia (essenzialmente la posta) alla rete domestica, strettamente dal tramonto all’alba.

E frattanto, studiare la situazione del WDSL (che comunque pare altrettanto cupa).

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