Pork chop express, perché ci vuole.
A dire il vero, oggi ci vorrebbe l’obbligatorio post sul fatto che ieri, per un paio d’ore, Facebook è andato completamente in panne.
Ovunque.
Si tratterebbe di un post relativamente facile, vediamo…
. si potrebbe iniziare con un paio di paragrafi ironici sul panico dell’essere improvvisamente esclusi dal social network
. poi si potrebbe fare la solita battuta sull’apocalisse zombie, e magari metterci un link al vecchio Survival Blog (dove, paradossalmente, al crollo della civiltà non corrispondeva il crollo della rete)
. poi ci potremmo mettere una battuta sulla disperazione di tutte quelle povere anime che non hanno potuto condividere cuccioli batuffolosi o fotografie imbarazzanti
. e qui la meraviglia della riscoperta della vita senza internet, e la realizzazione che no, davero, c’è vita anche là fuori, e non solo nel computer, oh, come avevamo fatto a dimenticarcene…
. e poi chiudere con un bel discorso opportunamente retorico sull’importanza della tecnologia, che sì, è vero, però ah, anche senza, che pace!
Si potrebbe fare.
Io però non posso.
Sono quasi le due di notte, e sto scrivendo questo post in un file txt mentre sono offline da oltre un’ora.
Completamente offline.
Il crollo delle comunicazioni mi ha investito mentre stavo piacevolmente chiacchierando via web con un’amica – mettendo fine alle nostre chiacchiere, e facendomi probabilmente fare anche una figura barbina (come la si fa sempre, quando un nostro discorso viene troncato a metà).
Qui non è Facebook che fa cilecca – qui è l’infrastruttura della rete, che per decisioni inammissibili di aziende e amministrazioni, nel nostro paese al di fuori dei centri urbani principali è ferma ai primissimi anni ’90.
La rete non è in grado di reggere l’alta velocità, penalizza le aziende, limita le comunicazioni, e di conseguenza (con buonapace di revisionisti ed idioti) ostacola lo sviluppo culturale del paese.
Impensabile accedere a corsi online, difficile gestire un blog, assurdo proporre di lanciarsi nell’ecommerce, faticosissimo scambiare idee col resto dell’universo.
Usa il telefono o la posta, se vuoi scambiare idee.
Prendi il treno se vuoi vedere il mondo.
È il digital divide – che non è qualcosa che capita agli altri, ma una ben definita scelta politica e commerciale.
Far correre le fibre ottiche costa troppo.
Rinnovare le centraline di smistamento risalenti al secolo scorso è superfluo.
D’altra parte, cosa può fare, la popolazione abbandonata, se non subire l’abbandono, e ringraziare che non vada peggio?
E poi, c’è il Digitale Terrestre – che di solito non funziona.
Il sito della Telecom afferma che dal 2012 il 98% della popolazione italiana ha accesso alla banda larga.
È una balla.
O se preferite, è una disonesta lettura dei dati.

Perciò non me la sento, in questo momento, di fare un post furbetto sul blackout di Facebook – perché non posso permettermelo, e perché io simili blackout li subisco da settimane, anche quando non sono su Facebook.
La rete cade, in continuazione – brevi black out di tre/quattro minuti ogni due ore, oppure, come adesso, la morte completa, senza alcuna pietà.
Come quando avevo il mio vecchio modem 28.8.
Trasferirmi di ottanta chilometri verso la campagna mi ha spinto di vent’anni nel passato.
L’unica cosa che è adeguata ai tempi è la bolletta.
Ed ora sono qui, offline, che scrivo queste righe, e non ho idea di quando potrò pubblicarle.