strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Aggiornare il sistema

Quella che stiamo attraversando è una crisi sanitaria e sociale, certo, ma in ultima analisi è una crisi ecologica – perché è legata a fenomeni naturali ed all’impatto ambientale delle attività umane – che sfocerà certamente in una crisi economica e politica – perché l’economia e la politica sono l’ambito delle attività umane.

E in questi giorni di isolamento forzato mi sono ritrovato a leggere libri – o ad ascoltare audiolibri – su quell’area di sovrapposizione di economia ed ecologia nella quale all’improvviso abbiamo tutti scoperto di trovarci. Perché le due sono legate strettamente – e in fondo l’incapacità dell’economia di accettare i limiti imposti dall’ecologia è una componente molto importante della situazione in cui ci troviamo. I sistemi ecologici ci mostrano con chiarezza che non esiste una crescita infinita all’interno di sistemio chiusi; ma la crescita infinita è il fondamento del paradigna economico dominante.
Questo ci riporta alla macchina di cui parlavamo in precedenza – quella che lavora male, ha un’efficenza pessima, e danneggia l’ambiente ed ammazza le persone. Tutto questo succede perché ci ostiniamo a farla girare col software sbagliato.

E allora, sempre nell’ottica di vivere la catastrofe come opportunità e non come vicolo cieco, perché non considerare l’attuale situazione come una opportunità per aggiornare il software, e far girare la macchina sulla base di principi che siano coerenti col sistema nel quale ci troviamo ad operare.
Un sistema che privilegia la stabilità e la resilienza (la capacità di tornare allo stato stabile dopo una perturbazione) e non la crescita infinita.
Esiste, questo software alternativo?

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Una pietra tombale da 220 pagine

Non tutte le persone sono uguali.
Ci sono persone delle quali non mi fiderei neanche a chiedergli l’ora, e persone che se mi consigliano un libro, io lo compro e lo leggo.
Due giorni fa un amico mi ha consigliato un libro, e io l’ho comprato (in ebook) e l’ho letto.
E qui adesso vorrei provare a descrivere la miscela di orrore, furia omicida e esilarazione che questa lettura ha prodotto.
Non sarà facile – ma il libro parla anche delle cose facili, e della rovina che di solito le accompagna, per cui quello aiuta.
Cominciamo con la sinossi presentata su Amazon: Continua a leggere


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Niente denaro

Conosco un tale che, per dieci anni, a Londra, visse più che dignitosamente senza toccare denaro.
Intendo davvero senza mai mettere mano a una banconota, a una carta di credito, a un assegno.
Per dieci anni, da fiero praticante del taoismo, si mantenne con un semplice sistema di scambi – un corso di filosofia in cambio di un posto in cui dormire per tre mesi. Una sessione di massaggi in cambio di tre cene. Sei mesi di scuola intensiva di tai chi in Galles in cambio di vitto, alloggio e del biglietto d’aereo per Los Angeles dove tre mesi come disc jockey verranno ripagati con vitto e alloggio (e il tempo per seguire un corso universitario).
Cose così.
Niente di sibaritico, niente di eccessivo.
Poi, ok, quando si occupò di praticare lo shiatsu su Gwyneth Paltrow, forse scroccò qualcosa in più – a cominciare dalla visibilità sulla stampa britannica – ma niente denaro.
L’idea era quella.
Vivere, bene, da nullatenente.

Ora, prima che qualcuno mi dica che una cosa così non funzionerebbe mai perché l’economia si incepperebbe…

hmmm, avete dato un’occhiata all’economia di recente?
 Vi pare davvero vispa e pimpante?

… prima che mi si dica che non è proponibile, dicevo, ragioniamoci su un secondo.

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Con Thomas Jefferson attraverso la Crisi

Sto diventando un fan di Thomas Jefferson.
E non perché il rivoluzionario e terzo presidente degli Stati Uniti fu anche un naturalista ed un collezionista di fossili – the Mammoth President of the USA – e commissionò la spedizione di Lewis & Clarck nella speranza di trovare ancora qualche mandria di mastodonti allo stato brado.

No, è che ho letto un sacco di cose scritte dal buon TJ negli ultimi giorni, e mi pare fosse un tipo con le idee piuttosto chiare.

Il futuro che ci stanno preparando. Bello, eh?

Complice la non proprio rilassata situazione economica e politica del paese e del continente in cui stiamo seduti, ho messo le mani su un interessante libriccino, ed è stata una lettura divertente e terrificante, che ha impegnato le mie ultime serate.

Non so, dev’essere cominciato tutto con l’ossessionante, continuo martellamento, nelle ultime settimane, sulle reti RAI di documentari e servizi sull’emigrazione italiana nel ventesimo secolo.
Come se volessero renderci familiare e in un certo senso appetibile l’idea di mettere i nostri quattro stracci in una valigia e andare altrove.
A lavorare in miniera.
Perchè, come mi ha detto con una spallucciata un settantenne qualche giorno fa, tanto quello è il futuro

Grazie, vecchio mio, ma anche no, eh?

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L’illusione del risparmio

Ok, qualcosa di completamente diverso.

L'importante è crederci, vero?

Due sere or sono, durante il telegiornale regionale, un simpatico (ma neanche poi tanto) rappresentante di una finanziaria mi ha spiegato che nell’ultimo semestre le spese medie delle famiglie piemontesi sono calate di un 7-14%.
La cosa, a detta del gentiluomo, è rassicurante.

In questi tempi di crisi, il calo delle spese indica chiaramente che le famiglie piemontesi sono tornate a dare valore al risparmio.

Nel senso che stanno tornando a mettere da parte un piccolo gruzzolo, invece di bruciarsi i soldi in sciocchezze superflue come facevano prima.
Il che, alla luce di fatti che ciascuno di noi può agevolmente constatare giorno per giorno, è talmente sbagliato… meglio, è talmente falso, da lasciare assolutamente allibiti.

Il punto, infatti, è che il taglio alle spese non corrisponde affatto ad un accaparramento, ad un accumulo di ricchezza, bensì al fatto che i quattrini non bastano più per coprire tutte le spese, e quindi si taglia tutto il tagliabile, e si prega che le cose migliorino.
Nessuno sta salvando nulla – e chi aveva un gruzzolo da parte lo ha già dilapidato, o si trova ormai agli sgoccioli.

Ed è estremamente preoccupante che a livello istituzionale la situazione venga letta in maniera tanto irrealistica.

Sarebbe sufficiente parlare con un po’ di persone all’uscita dal supermercato per annullare qualsiasi illusione – ma la versione ufficiale torna a reiterare la leggenda dell’italiano risparmiatore, unica difesa contro la crisi.

Ed è vero – i risparmi degli italiani hanno dato fiato alla nostra economia… finché son durati.

Il mercato del lavoro è involuto, sclerotico e vecchio di un secolo.
I figli laureati vivono a spese dei genitori pensionati… e non è per pigrizia, bamboccionismo o chissà che altro, ma semplicemente perché chi avrebbe dovuto (politica ed economia) non ha sviluppato il mercato del lavoro abbastanza per accomodare persone con una preparazione superiore.
Sarebbe stato logico spostarsi in avanti, passare alle alte tecnologie, alla ricerca ed allo sviluppo, lasciando la manifattura ordinaria a paesi meno sviluppat, con un mercato del lavoro meno evoluto. Invece si è preferito mantenere lo status quo, abbassando i salari in modo da cercare disperatamente di rendere l’operaio non specializzato italiano competitivo con il lavoratore a cottimo cinese.
Che per di più, poverello, viene dipinto come una specie di orco.
L’avidità ci ha congelati da qualche parte a cavallo fra ‘800 e ‘900.
India e Brasile oggi sono nazioni all’avanguardia nell’hi-tech – noi esortiamo gli ingegneri a fare gli idraulici, o i ciabattini, o offramo loro contratti che non coprono le psese minime di sopravvivenza di un adulto.

Noi il treno ce lo siamo perso...

Si deve compensare col risparmio.
Ed ora i soldi – sempre meno, sempre più difficili da guadagnare – stanno finendo.

Sentimenti condivisibili

L’atteggiamento del gentiluomo in TV è particolarmente preoccupante, poiché è impossibile non ricordare quelle economie che crollarono miseramente, nella seconda metà del ventesimo secolo, poiché non solo la leadership aveva falsato le analisi economiche, ma poi aveva agito sulla base delle proprie false affermazioni.
È comprensibile, certo, se non giustificabile, che si tenti tutto il possibile per mantenere l’ordine e la tranquillità della popolazione, ma come recenti fatti di cronaca hanno dimostrato, abbandonare i cittadin a se stessi, e poi inventarsi delle scuse puerili per aver disatteso i propri obblighi, non è una politica vincente.

E mentre i posti di lavoro si fanno sempre più difficili da reperire, le aziende collassano e gli stipendi si volatilizzano, riprende a circolare la voce odiosa secondo la quale il lavoro c’è, e in abbondanza.
Sono solo i cittadini, come al solito, che non hanno voglia di lavorare.

Il mio amico Angelo Benuzzi, che sta tre celle più in giù lungo questo corridoio, e che in campo economico è molto più ferrato di me, dice che le cose devono cambiare.
Io temo la prima scintilla, poiché prevedo una terribile conflagrazione.


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Il salario dei sociopatici

Ne avevamo parlato qualcosa come sei mesi or sono.
Ricordate?
Il discorso di come sia possibile che ci siano aziende che pagano un ragioniere quaranta euro al minuto, e nessuno abbia ancora pensato di trovarne uno che ne prenda solo quindici, di euro al minuto, per fare lo stesso lavoro.

Beh, ho trovato la risposta.
Nella statistica.
Ricapitoliamo – la maggior parte delle transnazionali là fuori paga i propri amministratori delegati, dirigenti e governatori, delle cifre stravaganti.
Talmente stravaganti da non essere confrontabili con gli stipendi ordinari.
Non puoi dire, il capo guadagna cento volte quello che guadagna l’usciere, perché di fatto il capo guadagna svariate migliaiai di volte di più dell’usciere.
Perché?
Perché pagare un ragioniere 21 milioni di euro l’anno, quando ce ne sono a migliaia, con le medesime qualifiche, che farebbero il lavoro per meno della metà?
Cos’è che distingue quell’uno/tre per cento dei ragionieri superpagati dal restante 99-97% dei ragionieri con pari qualifiche.
Ecco – ila risposta è proprio in quella percentuale, in quell’1-3% della popolazione.
Perché è facile trovare un ragioniere.
Più difficile trovare un ragioniere qualificato.
Ma maledettamente difficile trovare un ragioniere qualificato che sia anche un autentico sociopatico.
Uno capace di distruggere le vite di migliaia di individui senza provare alcuna risposta emotiva, alcun rimorso.
Statisticamente, i sociopatici sono l’1-3% della popolazione.
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